Sostegno dell’UE alle regioni carbonifere Modesto accento posto sulla transizione socioeconomica ed energetica
Contenuto del documentoIl graduale abbandono del carbone è essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici dell’UE, e nel 2020 l’UE ha istituito il Fondo per una transizione giusta, dotandolo di 19,3 miliardi di euro, per sostenere la transizione verso la neutralità climatica. Per trarre insegnamenti ai fini dell’attuazione di detto Fondo, la Corte ha valutato se il sostegno dell’UE nel periodo 2014-2020 abbia effettivamente contribuito alla transizione socioeconomica ed energetica in regioni dell’UE nelle quali l’industria carbonifera era stata in declino. La Corte conclude che tale sostegno ha avuto un accento ed un impatto limitati sulla creazione di posti di lavoro e sulla transizione energetica e che, malgrado i progressi generali, il carbone resta una fonte significativa di emissioni di gas a effetto serra in alcuni Stati membri. La Corte raccomanda misure per l’utilizzo efficace ed efficiente del Fondo per una transizione giusta, nonché per una migliore misurazione e gestione delle emissioni di metano provenienti da miniere chiuse o abbandonate.
Relazione speciale della Corte dei conti europea presentata in virtù dell’articolo 287, paragrafo 4, secondo comma, del TFUE.
Sintesi
I Per decenni il carbone è stato una fonte di energia fondamentale nell’UE. La riduzione della produzione di carbone ha determinato un calo significativo del numero di persone occupate in tale settore, per lo più prima del 2000. Il graduale abbandono del carbone a fini di generazione di energia è stato considerato nel Green Deal europeo un fattore essenziale per conseguire gli obiettivi climatici per il 2030 e realizzare la neutralità climatica entro il 2050.
II La Corte ha valutato se il sostegno dell’UE abbia effettivamente contribuito alla transizione socioeconomica ed energetica nelle regioni dell’UE dove l’industria carbonifera era in declino. L’audit della Corte ha compreso un campione di sette regioni dell’UE e ha riguardato oltre 12,5 miliardi di euro di fondi dell’UE concessi nell’ambito del quadro finanziario 2014-2020 entro la seconda metà del 2021. La Corte si aspetta che le risultanze e le raccomandazioni da essa formulate contribuiranno all’attuazione efficiente del Fondo per una transizione giusta (JTF), mirante a mitigare l’impatto socioeconomico e ambientale della transizione verso la neutralità climatica, comprendente il graduale abbandono del carbone.
III La Corte conclude che il sostegno dell’UE alle regioni carbonifere ha avuto un accento ed un impatto limitati sulla creazione di posti di lavoro e sulla transizione energetica e che, malgrado i progressi generali, il carbone resta una fonte significativa di emissioni di gas a effetto serra in alcuni Stati membri.
IV Nella maggior parte delle regioni rientranti nell’estensione dell’audit, i lavoratori licenziati hanno sperimentato una situazione generalmente positiva sul mercato del lavoro. Per i lavoratori del settore che erano stati licenziati erano disponibili corsi di formazione finanziati dal Fondo sociale europeo, ma i dati riguardanti la loro partecipazione non sono disponibili. Il numero di posti di lavoro creati direttamente in tali regioni attraverso gli investimenti a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale è stato relativamente basso, soprattutto se confrontato con il numero totale di disoccupati nelle medesime regioni. La Corte ha riscontrato che, nella maggior parte delle regioni incluse nel campione di audit, i progetti finanziati non hanno prodotto un impatto significativo sul risparmio energetico o sulla capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili.
V Dal 2018 la Commissione ha messo a disposizione delle regioni carbonifere diversi tipi di competenze. L’UE ha altresì istituito il Fondo per una transizione giusta, con una dotazione finanziaria di 19,3 miliardi di euro, ma non ha valutato l’entità delle esigenze di finanziamento. La Corte ha individuato alcune problematiche concernenti l’utilizzo entro i termini stabiliti, da parte degli Stati membri, dei finanziamenti disponibili per sostenere una effettiva transizione. Vi è dunque il rischio che i fondi intesi a contenere i costi socioeconomici e ambientali della transizione possano essere spesi senza che quest’ultima abbia effettivamente luogo. A seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, tale rischio è aumentato.
VI La Corte ha rilevato che vi è stata una notevole riduzione di emissioni di CO2 generate dalla combustione del carbone, ma che il carbone prodotto dai singoli Stati membri è stato talvolta sostituito da importazioni o da altri combustibili fossili. La rendicontazione delle emissioni di metano derivanti da miniere chiuse o abbandonate non è stata sufficientemente attendibile. Una proposta della Commissione, pubblicata nel dicembre 2021, punta ad affrontare tale problematica. L’uso del metano proveniente da miniere chiuse o abbandonate per scopi energetici è stato marginale negli Stati membri oggetto dell’audit, ad eccezione della Germania.
VII La Corte raccomanda alla Commissione di:
- verificare che il Fondo per una transizione giusta sia utilizzato in modo efficace ed efficiente per mitigare l’impatto socioeconomico della transizione verso la neutralità climatica nelle regioni carbonifere e in quelle ad alta intensità di carbonio;
- condividere buone pratiche concernenti la misurazione e la gestione di emissioni di metano prodotte da miniere di carbone chiuse o abbandonate.
Introduzione
Il declino del settore del carbone e il suo impatto sull’approvvigionamento energetico e sull’occupazione
01 Il carbone ha costituito la principale singola fonte di energia per la produzione di energia elettrica e termica in Europa fino al 2013, allorché è stato superato dall’energia da fonti rinnovabili (cfr. figura 1). Nel 2020 il carbone rappresentava ancora quasi il 14 % dell’elettricità e del calore derivato prodotti nell’UE1.
Figura 1 – Quota di produzione di energia elettrica e di calore per tipo di combustibile
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base di dati Eurostat.
02 Vi sono due principali tipi di carbone: il “carbone marrone” (comprendente la lignite), di seguito chiamato “lignite”, e il carbon fossile vero e proprio (comprendente il carbone termico, il carbone da coke e l’antracite). La lignite viene principalmente estratta in miniere di superficie (note anche come miniere a cielo aperto), mentre il carbon fossile è perlopiù estratto nel sottosuolo. La figura 2 mostra lo sviluppo della produzione e dell’uso del carbone dal 1990. La lignite viene prodotta e utilizzata all’interno dell’UE e le importazioni sono trascurabili.
Figura 2 – Produzione e consumo di carbone nell’UE-27(in milioni di tonnellate)
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base di dati Eurostat.
03 Il consumo di carbon fossile nei 27 Stati membri dell’UE è sceso da 390 milioni di tonnellate nel 1990 a 144 milioni di tonnellate nel 2020. Nel 2020, il 61 % del carbon fossile consumato nell’UE era importato e quasi il 54 % di tali importazioni proveniva dalla Russia. Nell’allegato sono riportate informazioni sul consumo e sulla produzione di carbone da parte di ciascuno Stato membro nel 2010, 2015 e 2020.
04 Secondo uno studio pubblicato nel 20212, nel 2018 il 76 % del carbone consumato nell’UE era utilizzato per l’energia elettrica e il riscaldamento, e il 24 % era destinato alla produzione di energia e di materiale nell’industria (principalmente nell’industria siderurgica).
05 La diminuzione della produzione di carbone ha comportato un considerevole calo del numero di persone occupate nel settore dell’estrazione del carbone (cfr. esempi riportati nella tabella 1). I più elevati tassi di riduzione della forza lavoro si sono registrati prima del 2000. Secondo uno studio pubblicato nel 20213, nel 2018 circa 159 000 persone erano direttamente occupate nel settore dell’estrazione del carbone, 49 000 nelle centrali elettriche a carbone e un numero aggiuntivo stimato in 130 000 posti di lavoro era distribuito lungo la catena di approvvigionamento. Nel suddetto anno, il settore carbonifero rappresentava meno dello 0,2 % della popolazione occupata dell’UE.
Tabella 1 – Esempi di periodi di transizione nell’UE-27 e relativo impatto sull’occupazione nel settore dell’estrazione del carbone
| Stato membro (regione) | Principale periodo di declino | Riduzione di posti di lavoro nel principale periodo di declino | Occupazione nel 2018*** |
|---|---|---|---|
| Cechia (diverse regioni)* | 1990-2000 | 100 000 | 14 000 |
| Germania (regione della Ruhr)** | 1957-1977 | 350 000 | 7 800 |
| Germania (regione della Lusazia nel Brandeburgo e Sassonia)** | 1990-2000 | 80 000 | 6 200 |
| Spagna (diverse regioni)* | 1985-2015 | 29 000 | 1 700 |
| Paesi Bassi (provincia del Limburgo)* | 1965-1975 | 75 000 | - |
| Polonia (regioni dell’Alta Slesia, Małopolska e Lubelskie)* | 1990-2002 | 230 000 | 83 000 |
* IDDRI & Climate Strategies, Lessons from previous “COAL TRANSITIONS”, 2017, pag. 5.
** GermanWatch, Transformation experiences of Coal Regions: Recommendations for Ukraine and other European countries, Complete Study (Esperienze di trasformazione delle regioni carbonifere: raccomandazioni per l’Ucraina e altri paesi europei – Uno studio completo), 2020, pag. 21.
*** Commissione europea – JRC, Recent trends in EU coal, peat and oil shale regions (Tendenze recenti nelle regioni dell’UE del carbone, della torba e degli scisti bituminosi), 2021, appendice C.
06 Uno studio della Commissione pubblicato nel 20214 ha chiarito che le chiusure di miniere di carbone sono state il risultato di diversi fattori: produzione di carbone inefficiente e costosa, relativa economicità del carbon fossile importato e crescente volatilità dei prezzi del carbone da coke sui mercati internazionali. Lo studio ha altresì stimato che, a causa della potenziale chiusura di miniere non competitive, sussisteva un elevato rischio che andassero persi dopo il 2020 circa 86 000 posti di lavoro nel settore dell’estrazione del carbone, rappresentanti più della metà del numero totale di posti di lavoro in tale settore.
L’impatto negativo dell’estrazione e della combustione del carbone sulla salute, l’ambiente e il clima
07 L’estrazione e la combustione del carbone hanno un notevole impatto negativo sulla salute, l’ambiente e il clima. In uno studio pubblicato nel 20185 si è giunti alla conclusione che vi sono elementi concordanti che attestano il nesso tra l’estrazione del carbone e un ampio spettro di patologie in persone che vivono nei pressi di zone in cui vengono svolte attività estrattive.
08 La combustione del carbone incide negativamente sulla qualità dell’aria in molte regioni nell’UE. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), nel 2019 il particolato fine (PM2.5) ha provocato oltre 300 000 decessi prematuri nell’UE6. Le caldaie e le stufe a uso domestico alimentate con combustibili solidi, compreso il carbone, costituiscono la principale fonte di tali emissioni, a cui è imputabile oltre la metà di tutte le emissioni di PM2.5 nel 20197.
09 Secondo l’inventario annuale dell’UE dei gas a effetto serra8, che comprende anche il Regno Unito e l’Islanda, nel 2019 alla combustione di carbone era imputabile il 15 % delle emissioni di gas a effetto serra (escluse le emissioni e i pozzi di assorbimento derivanti dall’uso del suolo, dal cambiamento dell’uso del suolo e dalla silvicoltura, nonché le emissioni generate dall’aviazione internazionale). L’estrazione di carbone, in particolare nelle miniere sotterranee, comporta altresì emissioni di metano che, se non ridotte, proseguono anche dopo la chiusura delle miniere, seppure in quantità minori. Si stima che nel 2019 le emissioni di metano derivanti dall’estrazione di carbone e dalle miniere chiuse abbiano rappresentato lo 0,7 % delle emissioni di gas a effetto serra totali, pari a 4 067 milioni di tonnellate di CO2 equivalente9.
10 Il potenziale impatto negativo dell’attività mineraria sull’ambiente comprende, tra l’altro, la distruzione dei paesaggi e degli habitat, la contaminazione delle acque sotterranee, l’inquinamento idrico, l’erosione del suolo e l’inquinamento dovuto a polveri e sostanze chimiche. La combustione di carbone produce inoltre grandi quantità di rifiuti solidi contenenti contaminanti quali mercurio, uranio, torio, arsenico e altri metalli pesanti.
Aiuti di Stato in calo per il settore dell’estrazione del carbone
11 Per aiuti di Stato si intende il sostegno pubblico diretto o indiretto a un’impresa od organizzazione, che la pone in condizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti. La regolamentazione settoriale per il periodo 2003-201010 consentiva l’erogazione di aiuti di Stato a favore dell’industria carbonifera, al fine di assicurare l’approvvigionamento energetico nell’UE. Secondo uno studio pubblicato nel 201411, nel periodo 2000-2012 sono stati erogati 87 miliardi di euro sotto forma di aiuti di Stato ai produttori di carbon fossile nell’UE.
12 Nel 2010 il Consiglio ha deciso l’adozione di norme transitorie per il settore del carbone, al fine di agevolare la chiusura di miniere di carbone non competitive nel periodo 2011-202712. Ai sensi della decisione del Consiglio, gli aiuti di Stato sono considerati compatibili con il buon funzionamento del mercato interno se sono destinati alla copertura di:
- perdite della produzione corrente delle unità di produzione di carbone (“aiuti per la chiusura”) fino al 2018, purché le miniere che beneficiavano del sostegno fossero chiuse entro la fine del 2018;
- costi derivanti dalla chiusura di unità di produzione di carbone (“oneri straordinari”), che si è verificata nel passato o si verificherà fino al 2027. I tipi di costi ammissibili agli aiuti di Stato comprendono le prestazioni sociali per il personale dimesso o mandato in pensione, e i costi correlati alla conversione o riqualificazione dei siti di estrazione del carbone.
13 Dal 2011 la Commissione ha pubblicato 21 decisioni, riguardanti 10 Stati membri, relative al rispetto delle norme in materia di aiuti di Stato ai sensi della decisione del Consiglio del 2010. La Commissione ha riferito alla Corte che quasi 19,3 miliardi di euro di aiuti di Stato sono stati erogati a imprese carbonifere in otto Stati membri nel periodo 2011-2020.
L’agenda climatica dell’UE sempre più ambiziosa
14 L’accordo di Parigi del 2015 ha fissato un obiettivo mondiale in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici: mantenere il riscaldamento globale “ben al di sotto” di 2°C e proseguire gli sforzi per mantenerlo a 1,5 C. L’UE e gli Stati membri di quest’ultima hanno ratificato tale accordo nel 2016. Nel 2019, la Commissione ha pubblicato la comunicazione sul Green Deal europeo, mirante “a trasformare l’UE in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva”. Il graduale abbandono del carbone a fini di generazione di energia è stato considerato nel Green Deal europeo un fattore essenziale per conseguire gli obiettivi climatici per il 2030 e realizzare la neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050.
15 Nel 2021 l’UE ha adottato la “normativa europea sul clima”, che ha fissato come obiettivo vincolante per l’UE l’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Ha anche stabilito un valore-obiettivo intermedio di riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990)13.
16 A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, la Commissione ha preso atto del fatto che, nel breve periodo, i paesi potrebbero avere la necessità di aumentare il consumo di carbone prima di passare alle rinnovabili, al fine di evitare una dipendenza dal gas fossile, nel rispetto però degli obiettivi climatici ed energetici del 2030. La Commissione ha altresì affermato che l’UE dovrebbe accelerare la transizione verso l’energia da fonti rinnovabili14.
Fondi dell’UE messi a disposizione delle regioni carbonifere
17 La produzione di carbone nell’UE è stata concentrata in determinate regioni negli Stati membri. Nel 2018 il carbone veniva ancora estratto attivamente in 29 regioni di livello NUTS 2 in 11 paesi dell’UE (cfr. figura 3).
Fonte: Commissione europea – JRC, Recent trends in EU coal, peat and oil shale regions (Tendenze recenti nelle regioni dell’UE del carbone, della torba e degli scisti bituminosi), 2021, pagg. 100-101.
18 Le caratteristiche di tali regioni carbonifere variano tra di loro.
- In talune regioni, l’industria carbonifera è distribuita su un’ampia area geografica (come nelle Asturie in Spagna e nella Slesia in Polonia). In altri, tale industria è maggiormente concentrata su zone più piccole (ad esempio, le province di Palencia e León in Spagna e la micro-regione della valle del Jiu in Romania).
- Alcune regioni carbonifere sono situate in zone edificate o in prossimità di esse, mentre altre si trovano in ambienti rurali più periferici.
- In alcune regioni carbonifere, l’industria del carbone, spesso direttamente connessa alla produzione di energia elettrica e termica, domina l’economia, mentre in altre il carbone ha fatto parte di un panorama industriale più diversificato.
- Alcune regioni carbonifere, grazie alle loro caratteristiche geografiche o socioeconomiche, hanno un considerevole potenziale per lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili15.
19 Fino alla recente introduzione del Fondo per una transizione giusta (cfr. paragrafo 45), l’UE non aveva messo a disposizione alcun programma di finanziamento specifico a favore delle regioni che attualmente producono carbone o che lo producevano in passato. Affinché la transizione socioeconomica ed energetica affrontasse gli obiettivi in materia di clima e le conseguenze delle chiusure delle miniere, gli Stati membri e le regioni, oltre a poter beneficiare di finanziamenti nazionali e regionali, hanno potuto avere accesso alle risorse disponibili nel quadro dei seguenti fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE):
- Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), con una dotazione di bilancio per il periodo 2014-2020 pari a 228 miliardi di euro, al fine di migliorare la coesione economica e sociale nell’UE riducendo le disparità tra regioni. Tra i principali settori che hanno beneficiato di tale sostegno si annoverano ricerca e innovazione, l’agenda digitale, le piccole e medie imprese e l’economia a basse emissioni di carbonio;
- Fondo sociale europeo (FSE), con una dotazione di bilancio per il periodo 2014-2020 pari a 100 miliardi di euro, al fine di promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e la mobilità dei lavoratori.
- Fondo di coesione (FC), con una dotazione di bilancio per il periodo 2014-2020 pari a 61 miliardi di euro per 15 Stati membri, al fine di ridurre le disparità economiche e sociali e promuovere lo sviluppo sostenibile. Detto fondo sostiene le misure di miglioramento nelle reti transeuropee dei trasporti e progetti che rientrano nelle priorità ambientali dell’UE.
20 I principali documenti strategici degli Stati membri relativi all’uso di tali fondi sono costituiti da accordi di partenariato e programmi operativi (PO). Alcuni di questi ultimi sono gestiti a livello centrale negli Stati membri, mentre altri sono gestiti a livello regionale. La Commissione fornisce orientamenti, approva tali documenti di programmazione e ne controlla l’attuazione. Le autorità nazionali e regionali sono responsabili della pianificazione e dell’attuazione della transizione socioeconomica ed energetica delle regioni carbonifere, nonché dell’utilizzo dei fondi SIE a tale scopo.
21 Sulla base delle informazioni ottenute dalle sette regioni che rientrano nell’estensione dell’audit (cfr figura 4 dopo il paragrafo 25), i fondi SIE menzionati nel paragrafo 19, nel contesto del quadro finanziario 2014-2020, avrebbero sostenuto progetti in tali regioni con oltre 12,5 miliardi di euro di finanziamenti.
Estensione e approccio dell’audit
22 Tramite il presente audit vengono fornite informazioni sul ruolo dei fondi dell’UE nel contesto della transizione socioeconomica ed energetica nelle regioni in cui l’industria carbonifera era in declino. Per transizione socioeconomica ed energetica di una regione carbonifera si intende il processo di rifocalizzazione dell’economia di detta regione al fine di rimpiazzare i posti di lavoro persi a causa del graduale abbandono del carbone, realizzare risparmi di energia e passare a fonti di energia compatibili con gli obiettivi climatici dell’UE. Con le risultanze e le raccomandazioni scaturenti dall’audit si intende contribuire all’attuazione efficiente del Fondo per una transizione giusta (JTF).
23 La Corte ha appurato se il sostegno dell’UE abbia effettivamente contribuito alla transizione socioeconomica ed energetica nelle regioni dell’UE in cui l’industria carbonifera era in declino. La Corte ha verificato in particolare quanto segue:
- se siano state offerte una formazione e un’assistenza appropriate ai lavoratori licenziati nelle industrie connesse al carbone;
- se gli Stati membri, assieme alla Commissione, abbiano individuato le esigenze in termini di sviluppo socioeconomico e abbiano orientato i fondi opportunamente;
- se le emissioni di gas a effetto serra derivanti dal carbone termico siano diminuite in linea con il calo della produzione di carbone termico nell’UE.
24 L’audit della Corte ha riguardato un campione di sette regioni dell’UE. In sede di valutazione dell’uso dei fondi dell’UE, la Corte si è concentrata sul Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo di coesione per il periodo 2014-2020. Sono state esaminate anche altre azioni di sostegno alle regioni carbonifere, compresa l’iniziativa per le regioni carbonifere in transizione e la concezione del JTF. Al momento dell’audit della Corte, era prematuro includere i piani territoriali per una transizione giusta di cui al paragrafo 47 nell’estensione delle attività di audit.
25 Gli auditor della Corte hanno acquisito elementi probatori tramite:
- esami documentali e interviste con i rappresentanti di cinque direzioni generali della Commissione (Concorrenza; Energia; Occupazione, affari sociali e inclusione; Politica regionale e urbana; Centro comune di ricerca) e con il segretariato dell’iniziativa per le regioni carbonifere in transizione;
- un’analisi dei dati sulla produzione di carbone dell’UE, sul suo uso e sulle relative emissioni di gas a effetto serra; sull’efficienza energetica e le fonti energetiche rinnovabili; sulla popolazione regionale e la situazione economica (dati principalmente ricavati da Eurostat);
- un’analisi di diversi studi che valutano la transizione energetica, le emissioni di metano e la situazione relativa allo sviluppo economico generale nelle sette regioni carbonifere che compongono il campione della Corte;
- interviste con i rappresentanti di sette regioni carbonifere in transizione selezionate in cinque Stati membri (cfr. di seguito figura 4), nonché esami documentali delle strategie e dei documenti sull’utilizzo dei fondi dell’UE nel periodo 2014-2020. Tali regioni sono state selezionate sulla base del numero di miniere di carbone chiuse tra il 2010 e il 2018 e del numero di persone occupate nel settore dell’estrazione di carbone nel 2014.
Figura 4 – Caratteristiche delle regioni carbonifere selezionate
Fonte: Eurostat, dati raccolti dagli Stati membri; Commissione europea – JRC, Recent trends in EU coal, peat and oil shale regions (Tendenze recenti nelle regioni dell’UE del carbone, della torba e degli scisti bituminosi), 2021, pagg. 100-101.
Osservazioni
La domanda sul mercato del lavoro ha rafforzato le prospettive sull’occupazione, ma i dati non sono sufficienti per valutare in che modo i lavoratori del carbone abbiano beneficiato della formazione finanziata dall’UE
26 La Corte ha appurato se le autorità degli Stati membri abbiano fornito una formazione e un’assistenza adeguate agli occupati dell’industria carbonifera che sono stati licenziati. Ha verificato:
- se siano state offerte attività di formazione e di assistenza sufficienti ad aiutare i lavoratori licenziati a trovare un nuovo posto di lavoro, tenendo conto del numero di esuberi e della situazione sui mercati del lavoro regionali;
- se esistessero dati per appurare il contributo apportato da tali attività.
I lavoratori dell’industria carbonifera licenziati hanno sperimentato una situazione generalmente positiva sul mercato del lavoro
27 Nelle regioni carbonifere incluse nell’audit, nel 2020 il numero di persone occupate direttamente nel settore dell’estrazione del carbone rappresentava meno del 2 % della popolazione degli occupati, ad eccezione della Slesia (PL) e della valle del Jiu (RO), in cui tale percentuale ammontava rispettivamente al 4 % e al 14 %. La figura 5 mostra la riduzione del numero di persone direttamente occupate nel settore dell’estrazione del carbone tra il 2014 e il 2020. In alcune regioni, tali riduzioni settoriali di personale sono state realizzate attraverso fluttuazioni naturali di occupati e pensionamenti, mentre in altre regioni, ad esempio nella Moravia-Slesia (CZ), le imprese carbonifere hanno dovuto licenziare i propri lavoratori.
Figura 5 – Posti di lavoro diretti nel settore dell’estrazione del carbone tra il 2014 e il 2020
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base di dati trasmessi dagli Stati membri.
28 La figura 6 illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dal 2005 in alcune regioni produttrici di carbone. Il calo del tasso di disoccupazione a partire dal 2014 denota che la situazione sul mercato del lavoro era, in generale, positiva per le persone in cerca di occupazione, il che ha ridotto il rischio che i lavoratori dell’industria carbonifera licenziati rimanessero disoccupati. Al 2020, il tasso di disoccupazione era sceso al di sotto del 5 % in tutte le regioni esaminate, ad eccezione delle due regioni in Spagna, nelle quali il tasso di disoccupazione si attestava comunque al di sotto del tasso nazionale (15,5 %). Malgrado tali miglioramenti, alcune difficoltà presenti sul mercato del lavoro potrebbero non essere rilevate analizzando il tasso di disoccupazione (cfr. riquadro 1).
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base di dati Eurostat relativi ai tassi di disoccupazione nella popolazione di età compresa tra 15 e 74 anni.
Nella valle del Jiu (Romania), tre quarti delle persone di età compresa tra i 15 ed i 65 anni non hanno un lavoro
Nella valle del Jiu, a seguito della ristrutturazione del settore carbonifero, il numero di persone occupate è sceso da 70 000 nel 1995 a 25 000 nel 2019. Nel 2019 vi erano 100 000 persone di età compresa tra 15 e 65 anni, di cui solo 1 489 erano considerate disoccupate, poiché erano attivamente alla ricerca di un’occupazione ed erano registrate presso l’ufficio di collocamento. Il tasso di disoccupazione fornisce dunque un quadro incompleto della difficile situazione relativa all’occupazione nella valle del Jiu.
Secondo l’iniziativa per le regioni carbonifere in transizione16, la valle del Jiu presenta un’economia perlopiù non diversificata che dipende tuttora, in forte misura, dalle attività estrattive. I collegamenti limitati e le infrastrutture di trasporto deteriorate, il degrado ambientale e le chiusure di miniere consecutive, con le loro ondate di licenziamenti, hanno comportato un calo generale della popolazione nella valle del Jiu. Nonostante un certo livello di ristrutturazione economica, la regione presenta un’attrattività limitata per gli investitori privati.
29 Fatta eccezione per la regione della Lusazia (DE) e per le Asturie (ES), le altre regioni incluse nel campione hanno fatto registrare una migrazione netta negativa nel periodo 2013-2020; in altre parole, più persone hanno lasciato le regioni in questione rispetto al numero di persone che vi si sono insediate (cfr figura 7). Ciò ha altresì contribuito in parte alla riduzione del tasso di disoccupazione, in quanto alcune persone disoccupate hanno deciso di abbandonare le regioni in questione per cercare una nuova occupazione altrove.
Figura 7 – Migrazione netta nelle regioni selezionate, 2013-2019
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base di dati Eurostat.
La formazione finanziata dall’UE era a disposizione dei lavoratori del settore del carbone licenziati, ma i dati riguardanti la partecipazione non sono disponibili
30 Nella figura 8 si fornisce una sintesi del sostegno erogato a titolo del Fondo sociale europeo a favore di corsi e attività di formazione destinati a persone disoccupate, compresi gli occupati delle miniere di carbone licenziati, nelle regioni contemplate dall’audit della Corte. Nella maggior parte delle regioni, sono stati utilizzati anche fondi nazionali per offrire formazione e riqualificazione professionale a persone disoccupate e a lavoratori licenziati del settore carbonifero.
Figura 8 – Attività finanziate dall’FSE nel periodo 2014-2020
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base di dati trasmessi dagli Stati membri.
31 Nel riquadro 2 vengono descritti due progetti che hanno sostenuto in modo specifico gli ex lavoratori dell’industria carbonifera. I partecipanti a questi progetti hanno rappresentato meno del 2 % dei posti di lavoro persi nel settore minerario carbonifero nelle regioni esaminate. Per i due progetti finanziati nella Moravia-Slesia (CZ) e nelle province di Palencia e León (ES), può constatarsi che erano inizialmente rivolti a un numero più elevato di partecipanti rispetto al numero di persone che, alla fine, vi hanno partecipato.
Esempi di misure finanziate dall’UE rivolte ai dipendenti dell’industria carbonifera licenziati
Nella Moravia-Slesia (CZ), l’FSE ha destinato 370 000 euro a un progetto che offriva ai partecipanti psicodiagnostica e bilanci delle competenze, formazione, riqualificazione professionale e abbinamento tra offerta e domanda di lavoro. Delle 338 persone coinvolte in tale progetto, 260 (ossia il 77 %) provenivano da un’impresa di estrazione del carbone. Al momento dell’audit, le misure previste sono state completate da 324 partecipanti, e 278 partecipanti hanno ottenuto un lavoro dopo aver concluso il programma. La dotazione finanziaria iniziale per il progetto in questione era quattro volte superiore, ma è stato necessario ridurla a causa di sviluppi positivi nel mercato del lavoro che hanno comportato un interesse inferiore alle aspettative da parte dei potenziali partecipanti.
Nelle province di Palencia e León (ES), il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ha fornito 1,02 milioni di euro per finanziare un progetto volto a migliorare l’occupabilità di ex lavoratori del settore minerario. L’obiettivo di tale fondo consiste nell’affrontare gli esuberi su ampia scala dovuti alla ristrutturazione industriale. Tramite detto progetto è stata fornita formazione a 198 ex lavoratori del carbone, che rappresentavano il 58 % del valore-obiettivo iniziale (339). Secondo le informazioni disponibili, 81 lavoratori (ossia il 41 %) sono riusciti a trovare un posto di lavoro a seguito della formazione.
32 La normativa disciplinante l’FSE non impone agli Stati membri di trasmettere separatamente i dati relativi agli ex occupati nell’industria carbonifera. Le autorità pertinenti nelle regioni selezionate non sono state in grado di estrarre le informazioni riguardanti gli ex lavoratori dell’industria del carbone. Di conseguenza, non è stato possibile stabilire il numero di dipendenti licenziati dell’industria carbonifera che hanno partecipato alle misure finanziate dall’UE, né il contributo di queste ultime in termini di aiuto ai partecipanti nella ricerca di un nuovo lavoro. Erano disponibili informazioni solo riguardo a pochissime misure mirate, quali quelle illustrate nel precedente riquadro 2.
Gli Stati membri hanno usato i fondi dell’UE per la coesione territoriale senza concentrarli sulla transizione delle regioni carbonifere
33 La Corte ha controllato se gli Stati membri, assieme alla Commissione, avessero individuato le esigenze in termini di sviluppo socioeconomico e avessero orientato i fondi in base a queste ultime. Ha verificato:
- se gli Stati membri avessero individuato la questione del declino dell’industria del carbone nella loro analisi dei punti di forza, di debolezza, delle opportunità e delle minacce (SWOT) nei rispettivi PO, nonché se avessero elaborato documenti strategici che contemplavano la transizione socioeconomica;
- se gli Stati membri, con il sostegno della Commissione, avessero investito i fondi dell’UE in azioni contribuenti alla transizione energetica e allo sviluppo del tessuto economico delle regioni carbonifere interessate, nonché se avessero prodotto chiari benefici quali la creazione di posti di lavoro, l’aumento di capacità di in termini di risorse rinnovabili e la riduzione del consumo energetico;
- se la Commissione, dopo l’adozione dell’accordo di Parigi, avesse intrapreso azioni intese a sostenere le regioni carbonifere in transizione, in linea con le rispettive esigenze specifiche.
La maggior parte delle strategie di transizione sono state sviluppate di recente
34 Non vi era alcun obbligo, a livello dell’UE, di preparare una strategia per la transizione socioeconomica o energetica per le regioni carbonifere nel periodo 2014-2020. Tuttavia, la Corte ritiene che sarebbe stata una buona prassi disporre di una tale strategia, soprattutto considerando che tutte le regioni selezionate, ad eccezione del Brandeburgo, erano confrontate con una forte contrazione della produzione del carbone, e che l’estrazione di carbone non costituiva più un’attività redditizia. Nella tabella 2 viene riportata una panoramica dell’elaborazione delle strategie socioeconomiche nelle regioni carbonifere selezionate. Gli auditor della Corte hanno esaminato le strategie di transizione, rilevando che quelle pubblicate tra il 2018 e il 2021 contengono una valutazione della analisi SWOT o di analisi analoghe della rispettiva regione, e che i principali portatori di interessi erano stati coinvolti nella formulazione di tali strategie.
Tabella 2 – Panoramica delle strategie di transizione socioeconomica nelle regioni selezionate
| Regione | Osservazioni |
|---|---|
| Moravia-Slesia (CZ) | Nel 2015 il governo ceco ha deciso di attuare il programma “RE:START”, volto a sostenere la ristrutturazione economica di tre regioni carbonifere in Cechia. Il primo piano di azione RE:START è stato elaborato per il periodo 2017-2030. In una strategia regionale per il periodo 2019-2027, pubblicata nel 2019, è stata evidenziata la necessità di una transizione socioeconomica, nonché l’impatto negativo dell’industria carbonifera sull’ambiente e sul clima. |
| Lusazia (DE) | Apposite strategie di transizione socioeconomica per la regione della Lusazia sono state formulate dopo il 2017, a seguito dell’adozione della strategia tedesca di abbandono del carbone, la quale ha destinato 17 miliardi di euro di aiuti nazionali al Brandeburgo fino al 2038. |
| Asturie (ES) | In un contesto in cui un numero relativamente basso di minatori era attivo nel 2013 e le attività estrattive erano cessate nel 2018, i fondi nel quadro della strategia per il 2013-2018 erano stati perlopiù spesi per la compensazione di ex minatori. Le strategie per il 2019-2027 sono incentrate sulla riattivazione economica e su uno sviluppo alternativo delle regioni minerarie, al fine di trasformarle strutturalmente. |
| Palencia e León (ES) | |
| Slesia (PL) | La necessità di una transizione socioeconomica ed energetica era già stata posta in evidenza in una strategia del 2013, ma il rispettivo piano di azione per la “trasformazione della regione” è stato pubblicato solo nel 2019. Nel 2020 è stata adottata una nuova strategia regionale, nella quale si rivolge una maggiore attenzione alla trasformazione socioeconomica della regione. |
| Małopolska (PL) | Sebbene una strategia del 2011 contemplasse misure relative alla transizione socioeconomica, le misure previste nella strategia del 2020 affrontano meglio i bisogni connessi alla transizione. |
| Valle del Jiu (RO) | Al momento dell’audit, era in fase di approvazione una strategia per il 2022-2030, rivolta allo sviluppo socioeconomico e ambientale della valle del Jiu. Elaborata grazie ai fondi dell’UE, tale strategia era basata su una serie di analisi di sfide e opportunità nella micro-regione, e teneva conto dell’opinione dei portatori di interessi pertinenti. Si tratta della terza strategia di sviluppo per la valle del Jiu. La strategia approvata nel 2016 non è mai stata attuata. La strategia per il periodo 2002-2010 non ha avuto un impatto significativo sulla situazione socioeconomico nella valle del Jiu. |
Fonte: Corte dei conti europea.
35 Gli impegni ufficiali volti al graduale abbandono del carbone sono stati formulati tra il 2016 e il 2022 (cfr. figura 9) e hanno contribuito alla recente definizione delle strategie di transizione nelle regioni selezionate. I piani nazionali integrati per l’energia e il clima (PNEC) per il 2021-2030 delineano le modalità con le quali gli Stati membri intendono affrontare questioni quali l’efficienza energetica, le rinnovabili e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. L’ultimo aggiornamento di tali piani è stato effettuato nel 2019, il che implica che l’impatto degli impegni più recenti non si riflette ancora nei piani attuali. Gli Stati membri dovranno presentare alla Commissione un progetto di aggiornamento dei loro PNEC entro giugno 202317.
Figura 9 – Abbandono graduale del carbone, situazione per paese (maggio 2022)
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base delle informazioni detenute dalla Commissione europea.
Il sostegno del FESR e dell’FC era disponibile, ma il relativo impatto sulla transizione energetica e sui posti di lavoro è stato limitato
36 La figura 10 mostra l’utilizzo del sostegno del FESR da parte delle regioni carbonifere selezionate, compreso quello nel quadro di programmi a livello nazionale. Nella Lusazia (DE), nelle province di Palencia e León(ES) e nella Małopolska (PL), un’elevata percentuale dei fondi FESR è stata destinato alla ricerca, all’innovazione e allo sviluppo d’impresa. Nella valle del Jiu (RO), in Slesia (PL) e nella Moravia-Slesia (CZ), sono state investite considerevoli percentuali dei fondi al fine di migliorare le infrastrutture sociali, sanitarie, dell’istruzione e di trasporto. In tutte le regioni, ad eccezione della Lusazia, oltre il 18 % dei fondi FESR è stato destinato a misure volte a migliorare l’ambiente, quali impianti di trattamento delle acque reflue, o a interventi intesi a migliorare la qualità dell’aria. Fino all’ultimo trimestre del 2021, le sette regioni oggetto dell’audit della Corte avevano approvato un sostegno finanziario dell’UE pari a 9,5 miliardi di euro per finanziare una serie di progetti a valere sul FESR.
Figura 10 – Utilizzo del FESR nel periodo 2014-2020 nelle regioni carbonifere selezionate
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri e dalle regioni carbonifere selezionate.
37 Oltre ai fondi FESR, un importo pari a 2,5 miliardi di euro a valere sul Fondo di coesione è stato utilizzato a sostegno di alcuni progetti in quattro regioni. Nella valle del Jiu (RO), l’entità di tale finanziamento è stata considerevole, in quanto ha rappresentato il 46 % della spesa combinata del Fondo di coesione e del FESR destinata alla regione. I progetti sovvenzionati erano mirati alla ristrutturazione e all’ammodernamento del sistema idrico e di quello delle acque reflue nel distretto di Hunedoara. In Slesia (PL) e nella Małopolska (PL), il Fondo di coesione ha rappresentato rispettivamente il 28 % e il 22 % dei due fondi combinati, la maggior parte dei quali è stata spesa per la costruzione di ferrovie, autostrade e strade, nel quadro della rete transeuropea dei trasporti. Nella Moravia-Slesia (CZ), il Fondo di coesione ha rappresentato il 14 % di questi due fondi combinati ed è stato anche ampiamente utilizzato a sostegno di progetti nell’ambito delle infrastrutture di trasporto.
38 La tabella 3 mostra il numero di posti di lavoro creati direttamente con il sostegno del FESR, secondo i dati trasmessi dalle autorità di gestione. Il livello è basso (inferiore al 5 %) rispetto alla disoccupazione media per il 2014-2020 nelle regioni selezionate. Stimolando la domanda di prodotti e servizi per i progetti sovvenzionati, il FESR genera posti di lavoro anche indirettamente, ma i dati su tali posti di lavoro creati indirettamente non sono disponibili.
Tabella 3 – Panoramica dei posti di lavoro creati direttamente con i progetti finanziati dal FESR nel periodo 2014-2020
| Regione | Numero di posti di lavoro (A) | Numero medio di persone disoccupate nel periodo 2014-2020 (B) | Espresso in % (A/B *100) |
|---|---|---|---|
| Moravia-Slesia (CZ) | 387 | 33 800 | 1,1 |
| Lusazia (DE) | 110 | 24 000 | 0,5 |
| Asturie (ES) | 668 | 74 700 | 0,9 |
| Slesia (PL) | 3 802 | 93 600 | 4,1 |
| Małopolska (PL) | 2 151 | 70 500 | 3,1 |
| Valle del Jiu (RO) | 104 | 75 000 | 0,1 |
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri e da Eurostat (le informazioni relative alle province di Palencia e León (ES) non sono state fornite dalle autorità spagnole). Per la valle del Jiu (RO) è stato utilizzato il numero di persone nella popolazione attiva senza lavoro, anziché il numero medio di persone disoccupate (cfr. riquadro 1).
39 In una relazione pubblicata dalla Commissione europea nel 202018 si valuta la potenziale capacità delle ex regioni carbonifere di livello NUTS 2 di investire nelle fonti di energia rinnovabile e di creare posti di lavoro attraverso tali tecnologie ad energia pulita. Le sette regioni selezionate sono state valutate nel modo di seguito indicato.
- Il Brandeburgo (Lusazia, DE), le Asturie (ES), e la regione di Castilla y León (province di Palencia e León, ES) costituiscono aree con un elevato potenziale di occupazione derivante dalla diffusione delle tecnologie ad energia pulita.
- La Małopolska (PL) e la Vest (Valle del Jiu, RO) potrebbero lentamente sviluppare l’occupazione attraverso le tecnologie ad energia pulita entro il 2030, ma il potenziale di tali tecnologie per la creazione di posti di lavoro potrebbe essere pienamente realizzato solo entro il 2050.
- La Moravia-Slesia (CZ) e la Slesia (PL) hanno una limitata capacità di sostituire pienamente i posti di lavoro connessi al carbone con occupazione nel settore delle tecnologie ad energia pulita.
40 I fondi dell’UE di solito non sovvenzionano progetti di più ampia portata per l’installazione di tecnologie mature di energia da fonti rinnovabili, poiché tali progetti dovrebbero oggigiorno generare flussi di entrate sufficienti e non riceverebbero una sovvenzione19. I fondi SIE, pertanto, offrono solitamente sostegno a impianti di più piccole dimensioni. Ciò è stato confermato dall’analisi condotta dalla Corte sulla spesa del FESR nelle sette regioni selezionate, fondi impiegati perlopiù per realizzare nuove installazioni di pannelli solari. La valle del Jiu (RO) non ha finanziato impianti di energia da fonti rinnovabili e quattro delle regioni selezionate hanno destinato meno dell’1 % dei fondi FESR da loro giuridicamente impegnati alle fonti energetiche rinnovabili. Per la Slesia (PL) l’importo dei contratti firmati ha raggiunto la percentuale più elevata della spesa FESR destinata alle rinnovabili, pari a circa il 3 %; ciò fornirà una nuova capacità di energia da fonti rinnovabili, il 2,3 % della capacità tecnica potenziale per la regione, secondo la relazione del 2020 menzionata al paragrafo precedente.
41 Il principio dell’UE “l’efficienza energetica al primo posto” significa occuparsi dell’efficientamento energetico prima di investire in ulteriore approvvigionamento di energia. Nelle regioni sottoposte all’audit, la spesa FESR per progetti di risparmio energetico nelle infrastrutture pubbliche, nel patrimonio edilizio esistente, nelle PMI e nelle grandi imprese andava dal 2,4 % della spesa FESR oggetto di contratti nelle province di Palencia e León (ES) al 15 % nelle Asturie.
42 La Corte è stata in grado di determinare l’impatto previsto di questi progetti di efficientamento energetico finanziati dall’UE sono per la Moravia-Slesia (CZ), dove si prevede che i progetti per il 2014-2020 producano un risparmio energetico annuo quasi equivalente al 5 % del consumo annuo complessivo di calore nella regione. Per la Slesia (PL) e la Małopolska (PL), le autorità hanno fornito dati sull’impatto dei programmi regionali, ma non su quello dei programmi di livello nazionale. Per ciascuna di queste due regioni, si prevede che il risparmio energetico finanziato dall’UE sarà inferiore al 3 % del consumo annuo di calore e inferiore all’1 % del consumo annuo di energia elettrica. Le rimanenti regioni incluse nel campione non hanno fornito agli auditor della Corte dati sufficientemente completi per effettuare una stima.
43 Nella relazione sull’efficienza energetica nelle imprese, la Corte ha altresì rilevato che i progetti di efficientamento energetico finanziati dall’UE apporterebbero solo un contributo modesto agli obiettivi dell’UE20. Uno studio del 2020 condotto dalla Commissione europea21 mostra che la maggior parte dei risparmi di energia a livello nazionale22 proviene dagli obblighi di efficientamento energetico o dalla tassazione dell’energia.
Di recente l’UE ha accresciuto notevolmente il suo sostegno a favore della transizione delle regioni carbonifere
44 Nel dicembre 2017 la Commissione ha annunciato il varo dell’iniziativa per le regioni carbonifere in transizione (“CRiT”), con una dotazione finanziaria di 3,1 milioni di euro. L’iniziativa era costituita da una piattaforma aperta che riuniva tutti i portatori di interessi pertinenti, promuovendo in tal modo lo scambio di conoscenze e di esperienze tra le regioni carbonifere. Ha altresì fornito assistenza tecnica a sette regioni carbonifere specifiche, tra cui le Asturie (ES), la Slesia (PL), la Małopolska (PL) e la valle del Jiu (RO). Nel giugno 2020 la Commissione ha varato la piattaforma per una transizione giusta, che partiva dall’esperienza maturata grazie alla piattaforma CRiT. Nelle relazioni pubblicate dal JRC23 viene individuata una serie di tali regioni, di cui è stato illustrato il profilo.
45 Nel quadro del Green Deal europeo, la Commissione ha proposto il meccanismo per una transizione giusta, rivolto alle regioni e ai settori maggiormente colpiti dalla transizione verso un’economia neutrale dal punto di vista climatico, e che sono dipendenti dai combustibili fossili, tra cui carbone, torba e scisti bituminosi, e da processi industriali a elevate emissioni di gas a effetto serra (“regioni colpite dalla transizione”). Detto meccanismo si fonda su tre pilastri:
- il Fondo per una transizione giusta24, con una dotazione di 19,3 miliardi di euro disponibile principalmente per sovvenzioni, attuato in regime di gestione concorrente tra la Commissione e gli Stati membri (cfr. figura 11);
- un regime per una transizione giusta, che fornisce garanzie di bilancio nell’ambito di InvestEU per attrarre investimenti privati;
- uno strumento di prestito per il settore pubblico, con il quale i prestiti della Banca europea per gli investimenti verrebbero combinati alle sovvenzioni dell’UE.
Figura 11 – Calendario relativo al Fondo per una transizione giusta
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base della normativa e delle informazioni ricevute dalla Commissione.
46 Nel parere25 sulle proposte della Commissione di un regolamento concernente il Fondo per una transizione giusta, la Corte ha evidenziato che la Commissione non aveva svolto un’analisi completa delle realizzazioni conseguite in queste regioni grazie ai precedenti finanziamenti dell’UE, né delle necessità ancora da soddisfare. La Corte ha sottolineato l’importanza del coordinamento e della complementarità delle varie fonti di finanziamento, evidenziando, in particolare, il rischio che i fondi intesi a contenere i costi socioeconomici e ambientali della transizione verrebbero spesi senza che la transizione abbia effettivamente luogo, poiché alcune regioni non trasformerebbero le loro industrie ad alta intensità di carbonio. Tale rischio è accentuato dalla durata limitata del programma. I fondi a titolo dello strumento per la ripresa dell’UE, che ammontanti a 10,87 miliardi di euro, dovranno essere impegnati entro la fine del 2023 e utilizzati entro la fine del 2026.
47 I piani territoriali per una transizione giusta costituiscono un elemento centrale per l’attuazione del JTF. Ad agosto 2022, erano stati approvati dieci piani territoriali per una transizione giusta. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 e i relativi effetti sul mercato dell’energia potrebbero comportare ritardi nel graduale abbandono del carbone, e potrebbero incidere sull’attuazione dei piani di transizione.
48 Il regolamento sul JTF definisce una serie di elementi che gli Stati membri devono descrivere nei rispettivi piani per una transizione giusta, compresi il processo di transizione a livello nazionale, le difficoltà dovute alla transizione cui devono far fronte i territori più colpiti e il contributo previsto del sostegno del JTF26. In un documento di lavoro dei servizi della Commissione sui piani territoriali per una transizione giusta27 viene presentato il giudizio dei servizi della Commissione in merito ai requisiti della programmazione. Per quanto riguarda le condizioni per l’accettazione dei piani, il documento illustra i casi in cui la Commissione prevedrebbe di accettare o respingere le proposte degli Stati membri. Dette condizioni potrebbero ridurre in parte alcuni dei rischi individuati nel parere della Corte; tuttavia, al momento dell’audit, era troppo presto per valutare in che modo esse sarebbero state applicate nella pratica.
Malgrado i progressi generali, il carbone rimane una fonte significativa di emissioni di gas a effetto serra in alcuni Stati membri
49 La Corte ha esaminato l’evoluzione delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dal carbone. Ha verificato:
- se l’utilizzo del carbone per la generazione di energia elettrica e termica (e le corrispondenti emissioni di CO2) sia stato ridotto in linea con il calo di produzione di carbone termico nell’UE;
- se fossero disponibili stime affidabili sulle emissioni di metano derivanti dalle miniere di carbone in attività e abbandonate, unitamente a norme e incentivi volti a limitare le emissioni di carbone provenienti dalle miniere chiuse.
Le emissioni di CO2 generate dalla combustione del carbone sono diminuite, ma il carbone prodotto a livello nazionale è stato talvolta sostituito da importazioni o da altri combustibili fossili
50 Nell’UE-27, le emissioni di CO2 derivanti dall’uso di carbone per la produzione di energia elettrica e calore sono calate del 59 % tra il 1990 e il 2020. La figura 12 mostra che, nel 2020, la quota di produzione lorda di energia elettrica e calore ottenuta dal carbone si attestava ancora al di sopra del 15% in sei paesi dell’UE. Nei sei paesi dell’UE descritti nella figura 12, alla combustione di carbone per la produzione di energia elettrica e calore era imputabile una percentuale compresa tra il 9 % e il 32 % delle rispettive emissioni di gas a effetto serra totali del 2020 (escluse le emissioni e i pozzi di assorbimento nel settore della destinazione del suolo, del cambiamento della destinazione del suolo e della silvicoltura, nonché le emissioni generate dall’aviazione internazionale)28.
Figura 12 – Quota di produzione lorda di energia elettrica e di calore dal carbone
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base dei dati pubblicati da Eurostat.
51 La percentuale di energia elettrica e calore prodotta utilizzando il carbone in tutta l’UE è scesa di 11 punti percentuali tra il 2013 e il 2020, passando dal 25 % al 14 %. La percentuale di energia elettrica e calore prodotta da fonti energetiche rinnovabili è cresciuta di 11 punti percentuali nello stesso periodo, ma la percentuale prodotta utilizzando gas fossile è anch’essa aumentata di 4 punti percentuali (cfr. figura 1). Nelle regioni incluse nell’audit e nei rispettivi Stati membri, gli auditor della Corte hanno generalmente osservato che il carbone non era stato sostituito solo da fonti di energia sostenibili.
- in Cechia, la produzione di carbon fossile nella Moravia-Slesia è calata del 60 % tra il 2014 e il 2019. A causa dell’aumento delle importazioni di carbon fossile, in Cechia le emissioni di CO2 provocate dalla combustione di suddetto carbone sono diminuite solo del 32 %.
- In Lusazia (DE), le miniere attive hanno prodotto più carbone, al fine di coprire la perdita di produzione dovuta alla chiusura della miniera di Cottbus.
- In Spagna, le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di carbone per la produzione di energia elettrica e calore sono diminuite del 63 % tra il 2013 e il 2019. Tuttavia, circa il 40 % di tale calo delle emissioni di CO2 è stato compensato da un incremento dell’uso di gas fossile.
- In Polonia la produzione di carbon fossile è diminuita del 25 % tra il 2014 e il 2020, mentre il suo utilizzo è diminuito del 15 %, poiché la produzione nazionale è stata in parte sostituita da importazioni.
- Nella valle del Jiu (RO), la diminuzione nella produzione di carbone è stata in parte compensata dall’aumento di importazioni di gas fossile.
52 La figura 13 mostra gli Stati membri dell’UE che hanno importato la percentuale maggiore di carbone, di cui il carbon fossile rappresentava il 91,5 % nel 2019. La Germania e la Polonia hanno aumentato in misura significativa le loro importazioni di carbone negli ultimi 15 anni, mentre nel resto dell’UE tali importazioni registrano un generale calo.
Gli Stati membri hanno finora prestato poca attenzione alle emissioni di metano derivanti dalle miniere di carbone chiuse o abbandonate
53 La figura 14 mostra che la Polonia è di gran lunga il maggiore emettitore di metano derivante dall’estrazione e dalla movimentazione del carbone, seguita da Romania e Cechia, che rappresentano insieme l’89 % di tutte le emissioni di metano di questo tipo29. Come può vedersi dal diagramma, inoltre, le miniere sotterranee attive costituiscono il maggiore contributore singolo alle emissioni di metano. Le concentrazioni di metano in tali miniere sono costantemente monitorate per motivi di salute e sicurezza; pertanto, le stime delle emissioni di metano rilevate negli inventari nazionali dei gas a effetto serra per le miniere sotterranee attive sono considerate attendibili.
Figura 14 – Stima delle emissioni di metano derivanti dalle miniere di carbone nel 2019 (migliaia di tonnellate)
Fonte: Corte dei conti europea, sulla base dei dati degli inventari dei gas a effetto serra dell’AEA.
54 Le emissioni derivanti dalle miniere di superficie non possono essere misurate in modo continuo, poiché sono diffuse su una vasta area. Di conseguenza, la metodologia della stima più accurata si basa sulle quantità di carbone estratto in ciascuna miniera attiva moltiplicate per un fattore di emissione. Le stime sulle emissioni di metano derivanti dalle miniere sotterranee chiuse o abbandonate sono le meno precise, in quanto in tali miniere chiuse non vi è una misurazione continua del metano che consenta il calcolo di fattori di emissione più affidabili. Uno studio del 202030 ha previsto che per l’intera industria carbonifera la quota di emissioni di metano provenienti dalle miniere chiuse (non allagate) o abbandonate aumenterà notevolmente in futuro, principalmente a causa della minore percentuale di emissioni derivanti dalle miniere attive e dai pozzi più profondi nelle miniere chiuse di recente.
55 Alcuni Stati membri, tra cui Cechia, Germania e Polonia, hanno posto in essere incentivi sotto forma di sovvenzioni, aiuti di Stato e agevolazioni fiscali per operare investimenti nei sistemi che impiegano il metano derivante dalle miniere chiuse o abbandonate a fini di generazione di energia elettrica e termica. Tuttavia, nei paesi oggetto dell’audit della Corte solo per pochi progetti operativi viene utilizzato il metano proveniente da miniere chiuse o abbandonate per la generazione di energia elettrica; fa eccezione la Germania, dove sono operativi più di 50 progetti di questo tipo31.
56 Attualmente non vi sono norme valide in tutta l’UE che limitino le emissioni di metano derivanti dall’estrazione e dalla movimentazione di carbone. Ciononostante, la Commissione è intervenuta per ottenere migliori informazioni sulle emissioni di metano provenienti da miniere di carbone attive, chiuse o abbandonate, nonché per ridurre tali emissioni, pubblicando una proposta di regolamento nel 202132. La figura 15 descrive gli elementi di tale proposta, che sono pertinenti per il settore carbonifero.
Conclusioni e raccomandazioni
57 La Corte ha valutato se il sostegno dell’UE nel periodo 2014-2020 abbia effettivamente contribuito alla transizione socioeconomica ed energetica in sette regioni selezionate dell’UE dove l’industria carbonifera era in declino. La Corte conclude che il sostegno dell’UE alle regioni carbonifere ha avuto un accento ed un impatto limitati sulla creazione di posti di lavoro e sulla transizione energetica e che, malgrado i progressi generali, il carbone resta una fonte significativa di emissioni di gas a effetto serra in alcuni Stati membri.
58 In primo luogo, la Corte ha verificato se i lavoratori del settore del carbone licenziati avessero ricevuto una formazione e un’assistenza adeguate che utili per trovare un nuovo lavoro. Le autorità regionali sono state in grado di utilizzare sia i fondi nazionali che i fondi dell’UE a tale scopo. Gli auditor della Corte hanno riscontrato che erano disponibili corsi di formazione finanziati dall’FSE per i lavoratori del carbone licenziati, ma che per questo specifico gruppo i dati riguardanti la partecipazione non erano disponibili. Una situazione generalmente positiva sul mercato del lavoro nella maggior parte delle regioni rientranti nell’estensione dell’audit ha ridotto il rischio che i lavoratori del settore del carbone licenziati rimanessero disoccupati (paragrafi 26-32).
59 In secondo luogo, La Corte ha controllato se gli Stati membri, assieme alla Commissione, avessero individuato le esigenze socioeconomiche delle regioni carbonifere e se avessero orientato i fondi in base a queste ultime. Le regioni carbonifere selezionate hanno impiegato i fondi dell’UE in diversi modi, con l’obiettivo di ovviare ai propri bisogni specifici, ma prestando poca attenzione alla transizione socioeconomica ed energetica. La Corte ha osservato che la maggior parte delle regioni ha definito le proprie strategie di transizione verso la fine del periodo 2014-2020.
60 Ha constatato che il numero di posti di lavoro creati direttamente in queste regioni attraverso gli investimenti a titolo del FESR è stato relativamente basso. La Corte ha riscontrato che, nella maggior parte delle regioni incluse nel campione di audit, i progetti finanziati non hanno prodotto un impatto significativo sul risparmio energetico o sulla capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili (paragrafi 33-43).
61 Dal 2018 la Commissione ha messo a disposizione delle regioni carbonifere diversi tipi di esperti e, nel 2020, ha formulato una serie di proposte volte a istituire il Fondo per una transizione giusta, dotato di 19,3 miliardi di euro. Nel parere sulle proposte della Commissione di un regolamento concernente il Fondo per una transizione giusta, la Corte ha evidenziato che la Commissione non aveva svolto un’analisi completa delle realizzazioni conseguite in queste regioni grazie ai precedenti finanziamenti dell’UE, né delle necessità ancora da soddisfare. La Corte ha inoltre individuato alcune problematiche concernenti l’utilizzo entro i termini stabiliti, da parte degli Stati membri, dei finanziamenti disponibili per sostenere una effettiva transizione. Da tali debolezze emerge il rischio che i fondi intesi a contenere i costi socioeconomici e ambientali della transizione possano essere spesi senza che quest’ultima abbia effettivamente luogo. A seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, tale rischio è aumentato (paragrafi 44-48).
Raccomandazione 1 – Verificare che il Fondo per una transizione giusta sia utilizzato in modo efficace ed efficiente per mitigare l’impatto socioeconomico della transizione verso la neutralità climatica nelle regioni carbonifere e in quelle ad alta intensità di carbonio
All’atto di approvare i programmi e piani territoriali per una transizione giusta e le relative modifiche, nonché in sede di monitoraggio e rendicontazione della loro attuazione, la Commissione dovrebbe verificare se gli Stati membri abbiano:
- specificato le misure previste e la tempistica del graduale abbandono del carbone e della trasformazione delle attività ad alta intensità di carbonio in linea con gli obiettivi dell’UE in materia di clima;
- provveduto affinché le risorse programmate non superino le esigenze finanziarie individuate, e che restino allineate al ritmo della transizione;
- garantito la complementarità e il coordinamento tra le varie fonti di finanziamento nazionali e dell’UE.
Data-obiettivo di attuazione: 2022 per l’adozione dei piani territoriali e programmi per una transizione giusta; 2026 per il monitoraggio e la rendicontazione
62 Da ultimo, la Corte ha appurato se le emissioni di gas a effetto serra derivanti dal carbone siano diminuite in linea con il calo della produzione di carbone nell’UE. La Corte ha rilevato che vi è stata una notevole riduzione delle emissioni di CO2 generate dalla combustione del carbone, ma che il carbone prodotto a livello nazionale è stato talvolta sostituito da importazioni o da altri combustibili fossili. Nel 2020, la quota di produzione lorda di energia elettrica e calore ottenuta dal carbone si attestava ancora al di sopra del 15% in sei paesi dell’UE.
63 La Corte ha altresì constatato che la rendicontazione delle emissioni di metano derivanti da miniere chiuse o abbandonate non è stata sufficientemente attendibile e che, ad eccezione della Germania, si registra un utilizzo solo marginale di metano proveniente da tali miniere. Attualmente, la rendicontazione e la mitigazione di tali emissioni non sono regolamentate in maniera efficiente, ma una proposta della Commissione pubblicata nel dicembre 2021 mira ad affrontare tali questioni (paragrafi 49-56).
Raccomandazione 2 – Condividere buone pratiche per la misurazione e la gestione delle emissioni di metano
Partendo dalla proposta di regolamento sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore dell’energia, la Commissione dovrebbe raccogliere e condividere esempi di buone pratiche negli Stati membri relative alla misurazione e alla gestione delle emissioni di metano prodotte da miniere di carbone chiuse o abbandonate.
Data-obiettivo di attuazione: 2025
La presente relazione è stata adottata dalla Sezione I, presieduta da Joëlle Elvinger, Membro della Corte, a Lussemburgo, nella riunione del 21 settembre 2022.
Per la Corte dei conti europea
Klaus-Heiner Lehne
Presidente
Acronimi e abbreviazioni
CO2: biossido di carbonio
FC: Fondo di coesione
FESR: Fondo europeo di sviluppo regionale
Fondi SIE: Fondi strutturali e di investimento europei
FSE: Fondo sociale europeo
JRC: Centro comune di ricerca
JTF: Fondo per una transizione giusta
PM2,5: particolato fine
PNEC: piano nazionale per l’energia e il clima
PO: programma operativo
SWOT: punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce
Glossario
Accordo di Parigi: accordo internazionale firmato a Parigi nel 2015 per limitare il riscaldamento globale a meno di 2° C, facendo ogni sforzo per limitarlo a 1,5° C.
Accordo di partenariato: accordo stipulato tra la Commissione e uno Stato membro o un paese non appartenente all’UE, nell’ambito di un programma di spesa dell’UE, in cui sono stabiliti, ad esempio, i piani strategici, le priorità di investimento, le ragioni di scambio o le disposizioni concernenti gli aiuti allo sviluppo.
Aiuto di Stato: sostegno pubblico diretto o indiretto a un’impresa od organizzazione, che la pone in condizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti.
Analisi SWOT: una valutazione dei punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce di un’entità, una giurisdizione o un programma.
Carbone termico: carbone utilizzato principalmente per la produzione di energia elettrica e di calore.
Fondi strutturali e di investimento europei: i cinque principali fondi dell’UE che, congiuntamente, hanno sostenuto lo sviluppo economico in tutta l’UE nel periodo 2014-2020, ossia: il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
Gas a effetto serra: gas presente nell’atmosfera, quale il biossido di carbonio o il metano, che assorbe ed emette radiazioni, intrappolando il calore e provocando in tal modo il riscaldamento della superficie terrestre tramite il fenomeno del cosiddetto “effetto serra”.
Green Deal europeo: strategia di crescita dell’UE, adottata nel 2019, volta a rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050.
Neutralità climatica: situazione in cui le attività umane non hanno effetti netti sul clima.
NUTS: Nomenclature des unités territoriales statistiques (nomenclatura delle unità territoriali per la statistica) – sistema che classifica le regioni dell’UE in tre gruppi, secondo la dimensione della popolazione, a scopi statistici e ai fini del processo decisionale regionale; NUTS 1 rappresenta l’unità più grande e NUTS 3 l’unità più piccola.
Piccola e media impresa (PMI): un’impresa che occupa meno di 250 persone, il cui fatturato annuo è inferiore a 50 milioni di euro oppure il cui bilancio totale annuo è inferiore a 43 milioni di euro.
Programma operativo: quadro di riferimento di base per l’esecuzione dei progetti di coesione finanziati dall’UE in un dato periodo; riflette le priorità e gli obiettivi stabiliti negli accordi di partenariato tra la Commissione e i singoli Stati membri.
Regioni ad alta intensità di carbonio: regioni nelle quali i combustibili fossili sono largamente utilizzati per la produzione di energia elettrica, il riscaldamento o nei processi industriali, generando un elevato livello di emissioni di gas a effetto serra.
Risposta della Commissione
Équipe di audit
Le relazioni speciali della Corte dei conti europea illustrano le risultanze degli audit espletati su politiche e programmi dell’UE o su temi relativi alla gestione concernenti specifici settori di bilancio. La Corte seleziona e pianifica detti compiti di audit in modo da massimizzarne l’impatto, tenendo conto dei rischi per la performance o la conformità, del livello delle entrate o delle spese, dei futuri sviluppi e dell’interesse pubblico e politico.
Il presente controllo di gestione è stato espletato dalla Sezione di audit I “Uso sostenibile delle risorse naturali”, presieduta da Joëlle Elvinger, Membro della Corte. L’audit è stato condotto da Nikolaos Milionis, Membro della Corte, coadiuvato da: Kristian Sniter, capo di Gabinetto, e Matteo Tartaggia, attaché di Gabinetto; Emmanuel Rauch, primo manager; Jindřich Doležal, capoincarico; Gareth Roberts, Kurt Bungartz, Krzysztof Zalega, Pekka Ulander, Maria Eulàlia Reverté I Casas e Mihaela Vacarasu, auditor. Marika Meisenzahl ha fornito supporto grafico. Richard Moore e Laura Mcmillan hanno fornito assistenza linguistica.
Da sinistra a destra: Kristian Sniter, Emmanuel Rauch, Maria Eulàlia Reverté I Casas, Nikolaos Milionis, Matteo Tartaggia, Pekka Ulander, Jindřich Doležal.
Note
2 Commissione europea – Centro comune di ricerca (JRC), Recent trends in EU coal, peat and oil shale regions (Tendenze recenti nelle regioni dell’UE del carbone, della torba e degli scisti bituminosi), 2021, pag. 61.
3 Commissione europea – JRC, Recent trends in EU coal, peat and oil shale regions (Tendenze recenti nelle regioni dell’UE del carbone, della torba e degli scisti bituminosi), 2021, pagg. 2-4.
4 Commissione europea – Centro comune di ricerca (JRC), Recent trends in EU coal, peat and oil shale regions (Tendenze recenti nelle regioni dell’UE del carbone, della torba e degli scisti bituminosi), 2021, pagg. 50 e 65.
5 Cortes-Ramirez e altri, BMC Public Health, Mortality and morbidity in populations in the vicinity of coal mining: a systematic review (Mortalità e morbidità nelle popolazioni che vivono in prossimità di miniere di carbone: una rassegna sistematica), 2018, pag. 1.
6 AEA, Air quality in Europe 2021 (Qualità dell’aria in Europa 2021), 2021.
7 AEA, Inventario delle emissioni ai sensi della direttiva sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni (disponibile in inglese), dati per il 2019.
8 AEA, Annual European Union greenhouse gas inventory 1990–2019 and inventory report 2021 (Inventario annuale dell’UE dei gas a effetto serra 1990-2019 e rapporto d’inventario 2021), 2021.
9 AEA, Annual European Union greenhouse gas inventory 1990–2019 and inventory report 2021 (Inventario annuale dell’UE dei gas a effetto serra 1990-2019 e rapporto d’inventario 2021), 2021, pag. 344.
10 Regolamento (CE) n. 1407/2002 del Consiglio, del 23 luglio 2002, sugli aiuti di Stato all’industria carboniera (GU L 205 del 2.8.2002, pag. 1).
11 Izabela Jonek-Kowalska, State aid and competitiveness of the hard coal mining industry in the European Union (Aiuti di Stato e competitività dell’industria mineraria del carbon fossile nell’Unione europea), 2014.
12 Decisione del Consiglio, del 10 dicembre 2010, sugli aiuti di Stato per agevolare la chiusura di miniere di carbone non competitive (2010/787/UE) (GU L 336 del 21.12.2010, pag. 24).
13 Articoli 1, 2 e 4 del regolamento (UE) 2021/1119 che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica (“normativa europea sul clima”) (GU L 243 del 9.7.2021, pag. 1).
14 Intervento alla commissione ENVI del vicepresidente esecutivo Frans Timmermans sulla guerra in Ucraina e sull’impatto sulla politica dell’UE in materia di energia e di clima, 7 marzo 2022.
15 Commissione europea – JRC, “Clean energy technologies in coal regions: Opportunities for jobs and growth: Deployment potential and impacts”, 2020, pag. 5.
16 Commissione europea, “Regional profile Jiu Valley” (Profilo regionale della valle del Jiu), iniziativa per le regioni carbonifere in transizione, 2020.
17 Articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999 sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1).
18 Commissione europea – JRC, Clean energy technologies in coal regions: Opportunities for jobs and growth, 2020, pagg. 5-6.
19 Articolo 61 del regolamento (UE) n. 1303/2013 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
20 Relazione speciale 02/2022, “Efficienza energetica nelle imprese – In alcuni casi è stato conseguito un risparmio energetico, ma vi sono debolezze nella pianificazione e nella selezione dei progetti”, paragrafi 117-120.
21 Commissione europea, Valutazione 2019 dei progressi realizzati dagli Stati membri nel conseguimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica per il 2020 e nell’attuazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica a norma dell’articolo 24, paragrafo 3, della medesima, 2020; figura 3, COM(2020) 326 final.
22 Risparmi ai sensi dell’articolo 7 della direttiva sull’efficienza energetica.
23 Commissione europea – Centro comune di ricerca (JRC), EU coal regions: opportunities and challenges ahead, 2018; Clean energy technologies in coal regions: Opportunities for jobs and growth, 2020; Recent trends in EU coal, peat and oil shale regions, 2021, pag. 61.
24 Regolamento (UE) 2021/1056 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2021, che istituisce il Fondo per una transizione giusta (GU L 231 del 30.6.2021, pag. 1).
25 Parere 05/2020 sulle proposte della Commissione 2020/0006 (COD) del 14 gennaio 2020 e del 28 maggio 2020 di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo per una transizione giusta.
26 Articolo 11 del regolamento (UE) 2021/1056.
27 Documento di lavoro dei servizi della Commissione sui piani territoriali per una transizione giusta, SWD(2021) 275 final.
28 AEA, Annual European Union greenhouse gas inventory 1990–2020 and inventory report 2022, 2022, pagg. 80 e 102.
29 AEA, Annual European Union greenhouse gas inventory 1990–2019 and inventory report 2021, 2021, pag. 346.
30 N. Kholod e altri, “Global methane emissions from coal mining to continue growing even with declining coal production, Journal of Cleaner Production” (Emissioni di metano globali derivanti dall’estrazione del carbone destinate a crescere nonostante il calo della produzione di carbone), Journal of Cleaner Production, volume 256, 120489, 2020.
31 Banca dati del metano da miniere di carbone (Coal Mine Methane Database), elaborata dal programma a vasto raggio di azione sul metano da carbone dell’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, su richiesta del sottocomitato per il carbone della Global Methane Initiative.
32 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore dell’energia e recante modifica del regolamento (UE) 2019/942, COM(2021) 805 final.
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