Ambiente marino: la protezione esercitata dall’UE è estesa ma non va in profondità
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La perdita di biodiversità marina e la scomparsa di habitat marini rappresentano una sfida continua per i mari d’Europa. Nella presente relazione, la Corte analizza come questa sfida viene affrontata dalle principali politiche e dai principali programmi di spesa dell’UE in parti dell’Atlantico e del Mediterraneo.
Malgrado l’esistenza di un quadro per tutelare l’ambiente marino, gli interventi dell’UE non hanno riportato né i mari a un buono stato ecologico, né la pesca a livelli sostenibili in tutti i mari. Le norme UE di protezione non hanno condotto al recupero di ecosistemi e habitat significativi; le aree marine protette dell’UE forniscono una protezione limitata; le disposizioni volte a coordinare la politica della pesca con la politica di protezione dell’ambiente marino sono poco utilizzate nella pratica; e una parte relativamente piccola dei fondi disponibili viene utilizzata per misure di conservazione.
Mentre nell’Atlantico vi è stato un miglioramento misurabile negli stock ittici, ciò non è avvenuto nel Mediterraneo.
La Corte indirizza alla Commissione raccomandazioni volte a risolvere queste problematiche, insieme agli Stati membri.
Relazione speciale della Corte dei conti europea presentata in virtù dell’articolo 287, paragrafo 4, secondo comma, del TFUE.
Sintesi
II mari dell’Unione europea (UE) sono vasti, ricchi di habitat e specie diversi. L’UE ha posto in essere una politica per la protezione dell’ambiente marino e l’uso sostenibile delle sue risorse. Gli scienziati e i responsabili delle politiche hanno riconosciuto che la pesca, tramite l’estrazione delle risorse e il danno arrecato ai fondali, è una delle principali fonti di pressione sui mari dell’UE.
IILa politica comune della pesca dell’UE riguarda la pesca nei mari dell’Unione e si prefigge di garantire che le attività di pesca siano sostenibili dal punto di vista ambientale. La Commissione svolge un ruolo di maggior rilievo per la preservazione delle risorse biologiche marine rispetto a quello che le è attribuito per le politiche ambientali, per le quali condivide la responsabilità con gli Stati membri. Le politiche più importanti in materia di ambiente marino sono definite nella direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, nonché nelle direttive Uccelli e Habitat. I fondi dell’UE sono erogati tramite diversi strumenti di finanziamento.
IIIIl 2020 è stato un anno cruciale per l’UE in termini di conseguimento degli obiettivi per l’ambiente marino e nel 2021 si terrà una conferenza concernente la Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica. La relazione della Corte può contribuire ad alimentare il futuro dibattito strategico.
IVLa Corte ha verificato se il quadro dell’UE per rispondere alle principali pressioni sulla biodiversità e sugli habitat marini fosse ben ideato e realmente applicato in zone selezionate dell’Atlantico e del Mediterraneo, nonché se i fondi UE erogati abbiano prodotto risultati.
VLa Corte ha riscontrato che, in generale, malgrado l’esistenza di un quadro per tutelare l’ambiente marino, gli interventi dell’UE non avevano riportato né i mari a un buono stato ecologico, né la pesca a livelli sostenibili in tutti i mari. Tale valutazione è confermata da una relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), pubblicata in concomitanza con la conclusione dell’audit della Corte, in cui si osserva che la biodiversità marina nei mari dell’Europa continua ad essere minacciata. Secondo l’AEA, da un’alta percentuale di valutazioni condotte sulle specie e gli habitat marini continua ad emergere uno “stato di conservazione sfavorevole” o la mancanza di informazioni al riguardo. La Corte ha constatato che l’azione dell’UE ha determinato progressi misurabili nell’Atlantico, ma che lo sfruttamento delle risorse ittiche del Mediterraneo permane decisamente eccessivo e che una modesta quota del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca è stata usata per sostenere la conservazione dell’ambiente marino.
VIIn particolare, la Corte ha riscontrato quanto segue:
- le norme UE di protezione non hanno condotto al recupero di ecosistemi e habitat significativi. La rete delle aree marine protette non era rappresentativa dei diversi mari dell’UE e talvolta forniva scarsa protezione. In pratica, le disposizioni emanate per coordinare la politica della pesca con la politica ambientale non hanno funzionato come si desiderava, e le specie e gli habitat protetti dalle direttive Uccelli e Habitat sono stati individuati in base a valutazioni non aggiornate delle minacce;
- nell’Atlantico, dove la gestione della pesca è legata per lo più ai limiti imposti alle catture ammissibili, c’è stato un miglioramento misurabile. La maggioranza degli stock ittici era oggetto di una pesca sostenibile. Tuttavia, molti stock erano ancora oggetto di pesca eccessiva;
- nel Mediterraneo, dove la gestione della pesca prevede per lo più limitazioni dello sforzo di pesca (e non delle catture), i tassi di pesca avevano raggiunto livelli due volte superiori a quelli sostenibili;
- gli Stati membri visitati dagli auditor della Corte hanno utilizzato il 6 % dei rispettivi finanziamenti ottenuti dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca per interventi direttamente connessi a misure di conservazione ed un ulteriore 8 % per interventi indirettamente connessi a dette misure; sono stati inoltre rilevati esempi positivi di progetti finanziati tramite LIFE e Interreg.
In base a queste constatazioni, la Corte formula raccomandazioni volte a:
- individuare le modifiche amministrative e normative necessarie a proteggere le specie e gli habitat vulnerabili;
- migliorare le misure di protezione nel Mediterraneo;
- accrescere il potenziale dei finanziamenti UE.
Introduzione
I mari e gli oceani dell’UE
01L’Unione europea (UE) si è impegnata a promuovere l’uso sostenibile degli oceani e a proteggere gli ecosistemi marini. Sia l’UE in quanto organizzazione sia i singoli Stati membri hanno sottoscritto diversi accordi internazionali concernenti la protezione degli habitat e delle specie marini. Tra questi figurano le convenzioni sul diritto del mare, sulla diversità biologica, sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica (Convenzione di Bonn), e sulla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (Convenzione di Berna). Anche le convenzioni marittime regionali e le organizzazioni regionali di gestione della pesca svolgono un ruolo importante.
02Nel 2015, l’ONU ha adottato gli obiettivi di sviluppo sostenibile, che fissano valori-obiettivo per la “vita sott’acqua” (cfr. riquadro 1). L’UE si adopera per raggiungere questi obiettivi nei propri mari.
Riquadro 1
Obiettivo di sviluppo sostenibile n. 14 delle Nazioni Unite: la vita sott’acqua
Tale obiettivo mira a conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine. Esso prevede di:
- conseguire il valore-obiettivo di Aichi di tutelare, entro il 2020, il 10 % delle acque marine tramite aree protette o altre misure efficaci di conservazione;
- porre termine, entro il 2020, alla pesca eccessiva, illegale, non dichiarata e non regolamentata e ai metodi di pesca distruttivi;
- vietare, entro il 2020, determinate forme di sussidi alla pesca;
- fornire ai piccoli pescatori artigianali l’accesso alle risorse marine e ai mercati.
I mari dell’UE sono vasti (nella presente relazione il termine “mari” è usato per indicare sia l’Oceano Atlantico sia altri mari). Ricchi di habitat e di specie, rivestono un’importanza economica, sociale e ambientale per l’UE, come illustrato nella figura 1.
Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) dispone che l’UE integri la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile nelle proprie politiche1.
05In base al TFUE, l’UE ha competenza esclusiva sulla conservazione delle risorse biologiche marine tramite la propria politica comune della pesca (PCP)2. La Commissione e gli Stati membri3 condividono la responsabilità per le politiche ambientali, tra le quali le più importanti per i mari sono stabilite in alcune direttive: la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino4 e le direttive Uccelli e Habitat5.
06L’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) ha pubblicato nel 2015 una relazione sul cattivo stato di molte specie e habitat marini, concludendo di non poter considerare “sani” o “puliti” i mari europei6. Nel 2020 l’Agenzia ha riferito che la perdita di biodiversità marina nei mari dell’Europa non si era arrestata e che un’alta percentuale di valutazioni delle specie e degli habitat marini denunciava uno stato di conservazione sfavorevole; in alcuni casi, invece, lo stato di conservazione non era noto7. La figura 2 mostra la classificazione stilata dall’AEA delle condizioni della biodiversità nei mari d’Europa.
La pesca, a causa dell’estrazione delle risorse e dei danni arrecati ai fondali marini, costituisce una delle principali fonti di pressione sull’ambiente marino. Nel 2020, l’Agenzia europea per l’ambiente ha segnalato8 che le attività di pesca erano responsabili di alcune delle principali pressioni sugli ecosistemi dei mari d’Europa; nel 2019, la piattaforma intergovernativa scientifico-politica per la biodiversità e i servizi ecosistemici (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) ha avvertito9 che era la pesca ad avere l’impatto più grande sugli ecosistemi marini. L’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) delle Nazioni Unite osserva che i pescherecci per traino hanno effetti devastanti sull’ecosistema, che comprendono i danni fisici arrecati al fondale, la pesca eccessiva di specie demersali, nonché l’ingente quantitativo di catture accessorie (accidentali) e il relativo rigetto in mare degli scarti10. La figura 3 illustra il rapporto fra pesca e conservazione e l’allegato I descrive brevemente alcune tecniche di pesca.
La pesca può comportare la cattura accidentale di specie vulnerabili (come gli squali), o di mammiferi marini, uccelli marini e tartarughe. Anche i cambiamenti climatici, l’inquinamento, lo sviluppo costiero, la perturbazione dei fondali e la diffusione di specie non autoctone incidono sulla biodiversità marina. Nel 2015, l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) ha riferito che il 7,5 % delle specie ittiche marine europee erano minacciate di estinzione e che non vi erano informazioni scientifiche sufficienti per valutare il rischio di estinzione di un ulteriore 20,6 % di specie ittiche11.
Azione dell’UE
09L’UE ha definito un quadro per la tutela dell’ambiente marino che include varie direttive ambientali e regolamenti sulla pesca. La figura 4 traccia una panoramica delle politiche dell’UE più pertinenti ai fini del presente audit.
Politica comune della pesca
10La politica comune della pesca (PCP)12 stabilisce le regole per la pesca nell’UE. Si prefigge, inoltre, di garantire che le attività di pesca siano sostenibili dal punto di vista ambientale e abbiano un impatto negativo ridotto al minimo sugli ecosistemi marini13. La PCP mira ad assicurare che, entro il 2020, il tasso di pesca non superi il “rendimento massimo sostenibile”14 (cfr. riquadro 2).
Riquadro 2
Rendimento massimo sostenibile (RMS)
L’applicazione dell’RMS dovrebbe consentire di ottenere livelli elevati di catture mantenendo al contempo stock ittici produttivi in ecosistemi marini sani: se le catture superano tale livello, gli stock ittici diminuiscono. Rispettare l’RMS implica mantenere livelli più elevati di stock ittici rispetto all’“approccio precauzionale” richiesto dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo e dal relativo accordo sugli stock ittici. L’approccio precauzionale mira a mantenere gli stock ittici al di sopra di limiti biologici di sicurezza e rappresenta una condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’RMS. Tanto l’approccio precauzionale quanto l’RMS rientrano nell’approccio ecosistemico in materia di gestione della pesca e implicano livelli decrescenti di catture.
La PCP si prefiggeva di raggiungere l’RMS “entro il 2015, ove possibile, e progressivamente al più tardi entro il 2020” per tutti gli stock. Nel 2019, l’AEA riteneva improbabile che l’UE raggiungesse nel Mediterraneo l’obiettivo strategico della PCP del 202015.
12Secondo la normativa della PCP, i pescherecci dell’UE possono pescare in tutti i mari dell’Unione. Nelle acque costiere, sono gli Stati membri a gestire l’accesso, a titolo di un’eccezione temporanea che è stata più volte prorogata dal 198316.
13La gestione della pesca dell’UE è organizzata in maniera diversa nell’Atlantico e nel Mediterraneo: nell’Atlantico, viene applicato per lo più un sistema di quote, mentre il mediterraneo è regolato prevalentemente da un regime di gestione dello sforzo di pesca. Per l’Atlantico, ogni anno, l’UE stabilisce limiti alle catture, denominati “totali ammissibili di catture” (TAC) e li assegna ai vari Stati membri e in base alle zone di pesca17. Nel Mediterraneo, si applicano in aggiunta due regolamenti dell’UE: il “regolamento Mediterraneo”18 e il regolamento per la pesca nella zona coperta dall’accordo della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (“regolamento CGPM”)19, contenenti misure tecniche e di gestione. Il riquadro 3 fornisce un esempio di TAC e di sforzo di pesca.
Riquadro 3
Raffronto fra “totali ammissibili di catture” e “sforzo di pesca”
Nel gennaio 2020, il Consiglio ha stabilito i “totali ammissibili di catture ” per taluni stock ittici nell’Atlantico per il 2020. Questi comprendevano 922 064 tonnellate di sgombri (Scomber scombrus) ripartite fra 14 Stati membri dell’UE, Norvegia e Isole Fær Øer, in base a zone marine definite. Per lo stock in questione non vi erano limiti riguardo alle giornate in mare dei pescherecci.
Nel dicembre 2019, il Consiglio ha stabilito, per il 2020, lo sforzo di pesca massimo consentito per taluni stock ittici nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Esso comprendeva un massimo di 108 349 giorni in mare per i pescherecci italiani e 39 257 giorni per quelli croati, per la pesca del nasello, del gambero rosa mediterraneo, dello scampo e della triglia di scoglio nel Mare Adriatico. Non vi erano limiti alle catture per questi stock.
Fino al 2019, quando è entrato in vigore il piano pluriennale di gestione per il Mediterraneo occidentale ed è stato adottato il piano pluriennale di gestione della CGPM per gli stock demersali dell’Adriatico, i piani di gestione nazionali fissavano i limiti per lo sforzo di pesca dello Stato membro e non vi era alcun quadro per monitorare la riduzione dello sforzo a livello dell’UE.
15L’UE, i suoi Stati membri e altre nazioni del bacino mediterraneo fanno parte della CGPM. Gli obiettivi della CGPM comprendono la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse marine viventi nel Mare Mediterraneo20. Nel 2017, i membri della CGPM, compresa l’UE, hanno firmato la dichiarazione ministeriale MedFish4Ever21.
Politiche ambientali
Le aree marine protette dell’UE (Natura 2000)
16La direttiva Uccelli (1979) e la direttiva Habitat (1992) mirano a proteggere le specie e gli habitat minacciati in tutta l’UE e insieme creano la rete di aree protette “Natura 2000”. I siti Natura 2000 sono designati e gestiti dagli Stati membri. Le aree protette in mare sono denominate aree marine protette (AMP). Alla fine del 2019, le aree marine protette erano più di 3 000.
Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino
17Nel 2007 la Commissione ha adottato una politica marittima integrata22, allo scopo di rafforzare il coordinamento fra diversi settori di intervento. La direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino del 2008 è il pilastro ambientale di questa politica.
18La direttiva designa regioni e sottoregioni marine (cfr. figura 5) e impone agli Stati membri di conseguire un “buono stato ecologico” nei propri mari entro il 202023. Gli Stati membri sono tenuti ad attuare strategie per i propri mari, in cooperazione con altri Stati membri con cui condividono una regione o una sottoregione marina.
Gli Stati membri hanno dovuto valutare le proprie acque marine in base a 11 descrittori qualitativi (cfr. riquadro 4) e hanno proposto programmi di monitoraggio e misure per conseguire un buono stato ecologico entro il 2020.
Riquadro 4
Sintesi dei descrittori qualitativi per la determinazione del buono stato ecologico
- La biodiversità è mantenuta.
- Le specie non autoctone restano a livelli che non alterano negativamente gli ecosistemi.
- Le popolazioni di tutti i pesci e molluschi sfruttati a fini commerciali restano entro limiti biologici di sicurezza.
- Tutti gli elementi della rete trofica marina, nella misura in cui sono noti, sono in grado di assicurare l’abbondanza a lungo termine delle specie.
- L’eutrofizzazione di origine umana è ridotta al minimo.
- L’integrità del fondo marino è ad un livello tale da garantire la salvaguardia degli ecosistemi.
- La modifica permanente delle condizioni idrografiche non influisce negativamente sugli ecosistemi marini.
- Le concentrazioni dei contaminanti non raggiungono livelli dannosi.
- I livelli dei contaminanti presenti nei pesci e in altri frutti di mare sono bassi.
- I rifiuti marini non provocano danni.
- L’introduzione di energia, comprese le fonti sonore sottomarine, non ha effetti negativi sull’ambiente marino.
Nel 2018 la Commissione ha concluso24 che occorreva apportare miglioramenti a tutti i programmi di misure e che il conseguimento di un buono stato ecologico entro il 2020 in tutte le regioni marine e per tutti i descrittori era improbabile25. Nel 2020, la Commissione ha riconosciuto26 che i progressi compiuti nel conseguire un buono stato ecologico non erano stati abbastanza rapidi e ha individuato aree critiche da migliorare.
Strategie sulla biodiversità
21Nel 2011, la Commissione ha adottato una comunicazione sulla strategia relativa alla biodiversità fino al 202027, che stabiliva l’obiettivo di arrestare, entro il 2020, la perdita di biodiversità e il degrado del suolo e dell’ecosistema marino dell’UE. Nel 2015, in occasione della revisione intermedia della strategia, si è preso atto del persistere del declino delle specie e degli ecosistemi marini nei mari dell’UE e del fatto che la rete marina Natura 2000 era ancora incompleta28. Nel maggio 2020, la Commissione ha pubblicato una nuova Strategia sulla biodiversità che mira a proteggere almeno il 30 % dell’area marina dell’UE entro il 2030 e a proteggerne rigorosamente almeno il 10 %.
Le responsabilità della Commissione e degli Stati membri
22Poiché la conservazione delle risorse biologiche marine è di esclusiva competenza dell’UE, la Commissione svolge in questo campo un ruolo più importante di quello che le è attribuito per l’ambiente marino, per il quale condivide la responsabilità con gli Stati membri. La Commissione propone regolamenti per la gestione della pesca (in particolare riguardo alle catture ammissibili, ai metodi di pesca e ai controlli, nonché ai finanziamenti). La Commissione ne sorveglia l’attuazione, da parte degli Stati membri, in entrambi i settori di intervento, tramite: per la pesca, la direzione generale degli Affari marittimi e della pesca (DG MARE) e, per l’ambiente marino, la direzione generale dell’Ambiente (DG ENV). Il comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP) è un pool di esperti che fornisce consulenza alla Commissione sulla gestione della pesca; il Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM) è un organo intergovernativo per la ricerca marina nell’Atlantico del Nord che presta consulenza scientifica alla Commissione.
23La tabella 1 illustra la ripartizione delle competenze per le politiche dell’ambiente e della pesca fra la Commissione e gli Stati membri in diverse zone marine. Gli Stati membri sono responsabili delle misure volte ad attuare le direttive ambientali nonché dell’applicazione delle norme stabilite dalla PCP. Tra queste figura il diritto di adottare misure protettive nelle proprie acque marine (ad esempio, ricorrendo agli articoli 11 e 20 del regolamento PCP).
Finanziamenti UE
24Il finanziamento UE può sostenere la protezione dell’ambiente marino tramite vari strumenti (come il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), il programma LIFE e l’iniziativa Interreg), nessuno dei quali però riguarda specificamente la protezione dell’ambiente marino. Ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (UE) n. 508/2014, fra gli obiettivi del FEAMP figura il sostegno alla PCP per la conservazione delle risorse biologiche marine. La Commissione non riferisce esplicitamente in merito al totale dei finanziamenti UE destinati all’ambiente marino.
Estensione e approccio dell’audit
25La Corte ha esaminato il quadro strategico e di spesa dell’UE e la risposta da essa fornita alle principali pressioni sulla biodiversità e sugli habitat marini, concentrandosi in particolare sulla pressione esercitata dalla pesca a fini commerciali. A tal fine ha verificato se:
- il quadro dell’UE fosse ben impostato e applicato dalla Commissione e dagli Stati membri;
- siano stati compiuti progressi nell’Atlantico e nel Mediterraneo; e se
- la Commissione e gli Stati membri abbiano conseguito risultati tramite i fondi UE.
L’audit ha coperto il periodo intercorrente tra l’adozione, nel 2008, della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e il 1° marzo 2020. Ha riguardato sostanzialmente il golfo di Biscaglia e la costa iberica, la Macaronesia e il Mediterraneo occidentale e ha compreso visite negli Stati membri nei quali parte della fascia litoranea si affaccia su queste zone marine, ossia Spagna, Francia, Italia e Portogallo. La figura 6 illustra l’estensione geografica dell’audit svolto.
L’audit della Corte non ha riguardato la direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo29 né la strategia per la crescita blu, dato che gli Stati membri non riferiranno alla Commissione in merito alla pianificazione dello spazio marittimo prima del 2021.
28Nel corso dell’audit la Corte:
- ha esaminato le proposte, le linee-guida e le pertinenti relazioni della Commissione;
- ha incontrato autorità nazionali e regionali e rappresentanti del settore della pesca e di organizzazioni ambientali in Spagna, Francia, Italia e Portogallo;
- ha passato in rassegna i finanziamenti UE per progetti intesi a proteggere l’ambiente marino ed esaminato tali progetti e 21 aree marine protette istituite da tempo nonché diversi obiettivi di tutela relativi alle aree marine selezionate;
- si è valsa della consulenza di un gruppo di esperti per analizzare i collegamenti fra la politica ambientale e quella della pesca;
- ha esaminato studi e relazioni pertinenti, comprese quelle del Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP) e dell’Agenzia europea dell’ambiente.
Il 2020 è un anno fondamentale per l’UE per quanto concerne il conseguimento degli obiettivi di conservazione previsti dalla strategia del 2011 sulla biodiversità, dalla PCP e dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. Nel 2021 dovrebbe aver luogo la Conferenza delle Parti della Convenzione sulla diversità biologica. La presente relazione analizza i risultati conseguiti finora sulla protezione della biodiversità marina e può quindi contribuire al dibattito sulle opzioni future.
Osservazioni
Gli Stati membri incontrano difficoltà nell’applicare il quadro UE per proteggere l’ambiente marino
30Il quadro giuridico dell’UE impone agli Stati membri di proteggere l’ambiente marino. La Corte ha esaminato tale quadro per appurare se sia stato istituito e applicato per agevolare tale compito. A tal fine, ha verificato se il quadro abbia fornito strumenti efficaci per proteggere le aree marine e stabilito una base chiara per gli interventi, se sia stato integrato con altri settori di intervento che incidono sull’ambiente marino, nonché se sia stato basato su una consulenza scientifica aggiornata in grado di individuare le specie e gli habitat maggiormente in pericolo.
Le aree marine protette dell’UE forniscono in realtà una protezione limitata
31La Commissione definisce le aree marine protette come aree istituite con l’obiettivo primario della conservazione della natura. Per essere efficaci, le aree marine protette devono avere obiettivi chiari, con azioni ben gestite basate sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili30. In applicazione della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, gli Stati membri sono tenuti a includere nelle proprie strategie misure di protezione spaziale, contribuendo in tal modo a reti coerenti e rappresentative delle zone marine protette31.
32Le aree marine protette coprono diversi obiettivi di conservazione attraverso varie misure di protezione, che possono includere restrizioni alla pesca. Gli Stati membri applicano all’interno delle aree protette diversi livelli di restrizioni di pesca (cfr. esempio nel riquadro 5). Nel 2018, l’AEA ha concluso che la rete di aree marine protette non era ecologicamente rappresentativa32.
Riquadro 5
Diversi livelli di protezione nell’area marina protetta delle Cinque Terre (Italia)
L’area marina protetta, che si estende su 4 554 ettari, prevede tre livelli di protezione. La zona A (divieto di pesca) copre solo 104 ettari (2,3 % dell’AMP). Nelle zone B e C, i pescatori locali possono pescare solo previa autorizzazione dell’autorità di gestione. La zona C è una zona tampone fra le aree di maggior interesse in termini di biodiversità e le aree esterne all’AMP dove le restrizioni sono meno rigorose.
Le aree marine protette non possono essere inserite nella rete natura 2000 dell’UE, a meno che non contengano habitat o specie elencate nelle direttive Uccelli e Habitat. Le AMP designate si sovrappongono spesso l’una con l’altra e con le aree protette nazionali. La figura 7 mostra come tali aree possano essere interconnesse.
Laddove le aree marine protette operano in risposta a pressioni sulla pesca, forniscono livelli di protezione diversi. La Corte ha esaminato come le disposizioni giuridiche degli Stati membri abbiano tutelato le 21 AMP Natura 2000 istituite da tempo (cfr. allegato II), rilevando quanto segue:
- tre aree (14 %) prevedevano divieti di pesca nella maggior parte dell’area protetta (AMP);
- nove (43 %) imponevano alcune restrizioni alle attività di pesca – vietando taluni metodi di pesca, esigendo autorizzazioni o consentendo la pesca nella maggior parte dell’AMP;
- in nove AMP (43 %), gli Stati membri non avevano imposto restrizioni specifiche, o ne avevano imposto poche, alle attività di pesca.
La normativa UE non impone alle aree marine protette di predisporre piani di gestione, ma per l’OCSE33 questi ultimi costituiscono una buona pratica. I piani di gestione definiscono gli interventi necessari per tutelare le AMP e designano le autorità incaricate di approntarli. Poco più della metà delle AMP esaminate dalla Corte disponevano di piani di gestione. Nel 2019 il Fondo mondiale per la natura (WWF)34 ha indicato che, sebbene le AMP coprissero il 12,4 % dell’area marina dell’UE, solo l’1,8 % era coperto da piani di gestione delle AMP. Nel 2020, secondo l’AEA, meno dell’1 % delle AMP europee potevano essere considerate riserve marine soggette a una protezione totale (ad esempio, tramite divieti di pesca); la gestione delle AMP, inoltre, doveva essere rafforzata35.
36Gli Stati membri possono usare le AMP per tutelare le aree marine da un’ampia gamma di pressioni diverse dalla pesca (esercitate, ad esempio, dal dragaggio, da miniere, da prospezioni di giacimenti di petrolio e di gas, da sversamenti industriali, dall’ancoraggio, dalla navigazione o da cavi sottomarini).
37Nel 2019, uno studio scientifico36 ha concluso che, nel 59 % delle AMP analizzate, la pesca a traino a fini commerciali era praticata in misura superiore rispetto alle zone non protette e che molte AMP non tutelavano le specie vulnerabili. Nello studio si osservava che gran parte della rete di AMP dell’UE, di vastissime dimensioni, apporta un falso senso di sicurezza riguardo allo svolgimento di azioni concrete di conservazione. Laddove le aree marine protette prevedevano restrizioni della pesca, la Corte ha riscontrato esempi di pratiche di protezione aggiuntive (cfr. riquadro 6).
Riquadro 6
Le aree marine protette e la protezione dalla pesca
Nell’area marina protetta delle Cinque terre (Italia), benché vigano divieti di pesca, i responsabili della gestione sono al corrente di frequenti episodi di pesca a strascico illegale all’interno dell’area protetta. Nel 2009 hanno collocato dei dissuasori antistrascico (cfr. foto) per ridurre la pesca illegale. I blocchi impediscono lo strascico e aggrovigliano le reti.
Nel 2018, l’AEA ha riferito37 che l’UE aveva raggiunto l’obiettivo di copertura spaziale che consisteva nel designare, entro il 2020, almeno il 10 % delle proprie acque come aree marine protette, ma che tali aree risultavano oblique rispetto alle acque costiere e non coprivano sufficientemente il mare profondo. L’AEA ha concluso che la rete di AMP non era ancora rappresentativa di tutta la biodiversità presente nelle aree interessate e che la biodiversità marina necessitava di una migliore protezione38. Nel 2020 la Commissione ha stimato che meno dell’1 % delle aree marine dell’UE beneficiava di una protezione rigorosa39.
39La tabella 1 mostra la variazione delle responsabilità in materia di politica dell’ambiente e della pesca per tipo di area marina. Gli Stati membri devono rispettare gli impegni in materia di conservazione dell’ambiente marino di cui alla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e alle direttive Uccelli e Habitat; a tal fine, designano aree marine protette e impongono restrizioni ai propri pescherecci. Nelle rispettive acque territoriali possono anche limitare l’accesso alla pesca per i pescherecci che operano tradizionalmente in quelle acque, provenienti da porti situati sulla costa adiacente, ma non possono farlo unilateralmente per le AMP al di fuori della zona costiera (cfr. figura 8) e devono avviare discussioni multilaterali a titolo della PCP.
Gli strumenti di regolamentazione che collegano la politica dell’UE sulla biodiversità marina alla PCP non hanno, di fatto, funzionato correttamente
40La normativa UE riguardante sia la biodiversità marina che la PCP contiene disposizioni per collegare la protezione dell’ambiente marino (della quale sono responsabili principalmente gli Stati membri) con le misure di conservazione delle risorse ittiche (di esclusiva competenza dell’UE). La Corte ha analizzato come hanno funzionato, nella pratica, tali misure nelle aree marine esaminate elencate al paragrafo 26.
Regolamento PCP, articolo 11.
41Gli Stati membri sono responsabili dell’istituzione di aree marine protette e devono rispettare gli obblighi di conservazione di cui alle direttive Uccelli e Habitat e alla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. Tuttavia, essendo la pesca di competenza dell’UE, l’articolo 11 del regolamento PCP consente agli Stati membri, nel tentativo di limitare l’impatto esercitato da pescherecci di altri Stati membri, di presentare raccomandazioni comuni per permettere alla Commissione di adottare misure.
42Gli Stati membri visitati dagli auditor della Corte non hanno sfruttato la possibilità offerta dall’articolo 11 del regolamento relativo alla PCP. Agli auditor è stato spiegato che una delle ragioni principali era che il processo, basato su raccomandazioni comuni seguite da atti delegati della Commissione, era complesso da attuare e che poteva:
- condurre a restrizioni finali più blande di quelle inizialmente proposte dallo Stato membro che ha preso l’iniziativa;
- richiedere lunghe discussioni durante le quali l’area rimarrebbe aperta a pescherecci di altri Stati membri e continuerebbero i danni arrecati ulteriormente ad habitat vulnerabili (cfr. esempio nel riquadro 7).
Riquadro 7
Esempio di difficoltà incontrate nell’applicazione dell’articolo 11 del regolamento PCP
Qualora, ad esempio, per ottemperare alla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, la Francia necessiti di imporre restrizioni di pesca in una piccola zona situata nelle proprie acque della zona CIEM 8.a (cfr. sotto), può applicarle ai pescherecci francesi. Per estendere le restrizioni a tutti i pescherecci dell’UE, la Francia dovrebbe concordare una raccomandazione comune con gli altri Stati membri aventi un “interesse di gestione diretto” nell’area (la Commissione ha informato la Corte che otto Stati membri dichiarano catture nella zona 8.a).
Tuttavia, non è previsto alcun termine entro cui gli Stati membri consultati sono tenuti a reagire alla proposta della Francia. Se e qualora reagissero, potrebbero accettare una raccomandazione comune con misure più blande di quelle proposte. Se la Francia non acconsentisse, dovrebbe corroborare la propria richiesta con prove scientifiche, ma è difficile dimostrare in modo inconfutabile i benefici delle misure di protezione sull’ambiente marino. L’intero processo può richiedere diversi anni.
La Commissione ha riconosciuto che gli atti delegati che recepiscono le raccomandazioni comuni di cui all’articolo 11 del regolamento relativo alla PCP “hanno richiesto tempi di elaborazione più lunghi e riguardano soltanto alcune zone del Mare del Nord e del Mar Baltico”40. In sette anni, la Commissione ha adottato sei raccomandazioni comuni relative al Mare del Nord e al Mar Baltico41; nessuna di esse riguardava aree incluse nell’estensione geografica dell’audit e nessuna il Mediterraneo. La Corte ritiene che questa procedura non sia in grado di assicurare una protezione tempestiva dalla pesca per un gran numero di AMP Natura 2000. Osserva che l’AEA ha segnalato nel 2020 che, a seguito della procedura di cui all’articolo 11, spesso gli interessi della pesca a fini commerciali hanno prevalso sugli obblighi di conservazione della natura42.
44Nel 2018 la Commissione ha proposto di estendere la definizione di zone soggette a restrizioni dell’attività di pesca a ogni area protetta designata dagli Stati membri. Conferire a questi ultimi il potere di controllare le attività di pesca in queste aree43 semplificherebbe il processo attualmente previsto dall’articolo 11.
Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, articolo 15.
45Qualora, per raggiungere l’obiettivo della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino che consiste nel conseguire un buono stato ecologico nelle proprie aree marine, gli Stati membri identifichino misure che vanno oltre i loro poteri (per quanto riguarda, ad esempio, la politica della pesca), possono sollevare la questione a livello dell’UE in forza dell’articolo 15 della direttiva suddetta (“Raccomandazioni per un’azione comunitaria”). Dei quattro Stati membri visitati, solo il Portogallo si era valso di questa possibilità.
46Nel 2014, per adempiere ai propri obblighi a norma delle direttive Uccelli e Habitat e della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, il Portogallo ha vietato ai propri pescherecci di praticare la pesca a strascico in una vasta area della propria ZEE e della piattaforma continentale di propria competenza (cfr. figura 9). Nel luglio 2015, il Portogallo ha chiesto alla Commissione, in forza dell’articolo 15 della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, di rivolgersi alla NEAFC per estendere il divieto ad altri pescherecci, UE e non UE. Nel 2016, la Commissione ha chiesto al Portogallo di fornire ulteriori studi scientifici; le autorità portoghesi hanno dichiarato agli auditor della Corte che non lo ritenevano necessario. Di conseguenza, i pescherecci portoghesi non sono autorizzati a praticare la pesca a strascico in quella zona, mentre, al momento dell’audit, i pescherecci di altri Stati membri continuavano a farlo.
Le norme UE di protezione non hanno condotto al recupero di ecosistemi e habitat marini significativi
47La normativa UE protegge specifici habitat e specie minacciati elencati negli allegati alle direttive Uccelli e Habitat, mentre alcune specie minacciate (come gli squali) beneficiano di restrizioni alle catture nel quadro della politica comune della pesca. La direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino consente agli Stati membri di proteggere specie o habitat minacciati, lasciando loro la decisione in merito a quali proteggere.
48Gli allegati alle direttive Uccelli e Habitat dell’UE sono stati approvati più di 25 anni fa e non tengono conto di recenti conoscenze scientifiche né coprono a sufficienza gli habitat marini. Ad esempio, la razza maltese (Leucoraja melitensis) – una specie ritenuta gravemente minacciata (critically endangered) dall’IUCN44 – e i suoi habitat di crescita (fondali sabbiosi e fangosi a profondità maggiori di -60 metri) non rientrano nelle direttive Uccelli e Habitat. Dette direttive prevedono procedure di aggiornamento degli elenchi delle specie e degli habitat protetti, ma la Commissione non vi ha ancora fatto ricorso45.
49Nel 2015, l’AEA46 ha segnalato che le direttive sulla protezione della natura “escludono significativi ambiti dell’ecosistema marino dai regimi di protezione formali”, riferendosi in particolare alle specie ittiche marine (ad esempio, quelle sfruttate commercialmente), alle specie invertebrate (ad esempio, mitili e stelle marine) e agli habitat marini d’altura (ad esempio, banchi sabbiosi a più di 20 metri di profondità o habitat con fondi morbidi) e alle relative comunità di flora e fauna [trad. a cura della Corte].
50Aggiungere specie agli allegati delle direttive Uccelli e Habitat renderebbe più agevole portarle sotto la protezione delle norme disciplinanti la politica comune della pesca. Ad esempio, il regolamento Mediterraneo vieta la cattura di specie elencate nella direttiva Habitat47. In forza di questo regolamento, rimane legale catturare specie minacciate (ad esempio, spugne e coralli) che non sono elencate nell’allegato di detta direttiva. In modo simile, il regolamento sulle misure tecniche48 fa spesso riferimento alle specie elencate nella direttiva Habitat.
51L’UE ha preso iniziative per proteggere gli squali (cfr. riquadro 8), ma non ha designato aree protette. Al contrario, gli Stati Uniti hanno, dal 2006, definito habitat ittici essenziali per i grandi migratori atlantici, tra cui gli squali.
Riquadro 8
Iniziative dell’UE in materia di protezione degli squali
Ai sensi della politica comune sulla pesca, è vietato pescare in modo mirato alcune specie di squali, che dovrebbero essere rigettati in mare, morti o vivi, se catturati accidentalmente.
Nel 2009, la Commissione ha adottato, e il Consiglio dei ministri dell’UE ha approvato, un piano d’azione per la conservazione e la gestione degli squali49. Nel 2019, lo CSTEP ha rilevato indizi di passi in avanti nella gestione e conservazione degli squali nei 10 anni precedenti, ma ha anche sottolineato che lo status di molte popolazioni di squali restava fonte di preoccupazione50.
Dal 2003, l’UE ha vietato di asportare le pinne di squalo a bordo dei pescherecci (“spinnamento”), una delle principali minacce alla conservazione degli squali51.
Progressi nell’Atlantico ma scarsi risultati nel Mediterraneo
52Nell’ambito della PCP, è obbligatorio conservare le risorse biologiche marine e gestire in modo sostenibile le risorse alieutiche, pescando entro i livelli del rendimento massimo sostenibile. La Corte ha verificato se l’attuazione della PCP abbia sostenuto la conservazione delle risorse e degli habitat marini. Per ottenere ciò, la Corte osserva che la PCP dovrebbe stabilire misure conformi alle migliori conoscenze scientifiche disponibili per contrastare la pesca eccessiva, nonché prevenire lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine adeguando la capacità delle flotte pescherecce a livelli di cattura compatibili con una pesca sostenibile52. La Corte ritiene che l’esistenza di un efficace sistema di controllo delle attività di pesca costituisca un elemento cruciale.
53L’AEA nel 2020 ha segnalato che l’obiettivo della PCP di pescare tutti gli stock entro i livelli dell’RMS entro il 2020 non sarebbe probabilmente stato raggiunto53. Nella medesima relazione, si osservava che, nonostante alcuni gradi di incertezza, “il messaggio è chiaro: l’UE non è riuscita ad arrestare la perdita di biodiversità marina entro il 2020” [trad. a cura della Corte]54. Ciò viene illustrato nella figura 10, assieme all’insufficiente disponibilità dei dati necessari a valutare le condizioni della biodiversità in molte zone.
Nell’Atlantico, la PCP ha iniziato negli scorsi anni a far diminuire la pesca eccessiva. Nel Mediterraneo, la pesca eccessiva rimane a livelli insostenibilmente alti. La Corte ha esaminato i fattori che ritiene abbiano contribuito a questi risultati disomogenei di conservazione.
Miglioramento misurabile nell’Atlantico
55Per gli stock per i quali sono disponibili pareri scientifici in merito all’RMS, il numero di limiti concernenti il totale ammissibile di cattura fissati in linea con detti pareri è aumentato negli scorsi anni55. La Commissione ha concluso che, al 2020, la pesca sostenibile coprirà il 99 %, in volume, del pesce catturato e il 73 % degli stock biologici.
56Nel 2019, lo CSTEP ha osservato che nell’Atlantico occidentale la biomassa dello stock registrava, in media, miglioramenti56. Gli stock presso la costa iberica e il golfo di Biscaglia mostravano un notevole incremento della biomassa. Tuttavia, lo CSTEP ha segnalato che, nel complesso, molti stock per i quali erano disponibili informazioni di valutazione erano ancora oggetto di pesca eccessiva nel 2017 (40 %) o al di fuori dei limiti biologici di sicurezza (35 %) ed i progressi compiuti apparivano troppo lenti per poter conseguire l’RMS entro il 2020.
57Il CIEM fornisce consulenza per molti stock ittici. Nel 2017, lo CSTEP ha osservato che, stanti le limitazioni riguardanti i dati, il CIEM non aveva potuto fornire una stima dell’RMS per più della metà degli stock57. Per i 156 stock ittici soggetti a quote, il CIEM ha potuto fornire consulenza in tema di RMS in 86 casi (55 %)58. Negli altri casi, il CIEM ha seguito l’approccio precauzionale, il che può comportare tassi di pesca più alti rispetto a quelli nell’ambito dell’RMS (cfr. riquadro 6).
58Da alcune relazioni è emerso che la Commissione in passato ha proposto limiti alle catture che eccedevano, talvolta, i pareri scientifici forniti dal CIEM. A sua volta, il Consiglio ha innalzato a volte i limiti proposti dalla Commissione (cfr. riquadro 9).
Riquadro 9
In alcune relazioni, i limiti alle catture fissati per l’Atlantico sono stati oggetto di critiche
Nella relazione del 2019 di Client Earth intitolata “Taking stock – are TACs set to achieve MSY?” si affermava che la percentuale di limiti alle catture nella quale la proposta della Commissione superava i livelli raccomandati nei pareri scientifici è andata dal 41 % al 47 % tra il 2015 e il 2019, e che la percentuale di limiti alle catture decisi dal Consiglio che andava oltre i pareri scientifici è stata più alta.
Nella relazione del 2019 della Pew Charitable Trusts dal titolo “EU fisheries management improves but still lags behind scientific advice” si affermava che la percentuale di limiti alle catture nella quale la proposta della Commissione andava oltre i pareri scientifici stava diminuendo nel tempo. Si rilevava inoltre che la percentuale di limiti alle catture stabiliti dal Consiglio a livelli superiori a quelli raccomandati nei pareri scientifici era anch’essa in diminuzione, ma che rappresentava il 42 % degli stock dell’Atlantico nordorientale nel 2019.
Numerose azioni dell’UE non hanno ridotto la pesca eccessiva nel Mediterraneo
59Nella propria relazione del 2019 sul monitoraggio della performance della PCP, lo CSTEP ha concluso che gli stock ittici nel Mediterraneo restavano in un cattivo stato59. La Commissione ha calcolato che il Mediterraneo e il Mar Nero venivano sfruttati a tassi 2,2 volti maggiori di quelli compatibili con una pesca entro i livelli dell’RMS; e dal 2003 al 2016 la biomassa delle risorse alieutiche non ha mostrato alcun significativo incremento60. Nel 2020, l’AEA ha segnalato che solo il 6 % degli stock esaminati nel Mediterraneo rispettava i criteri dell’RMS61.
60Lo CSTEP ha constatato i limiti del regime di gestione dello sforzo di pesca utilizzato nel Mediterraneo e ha suggerito di vagliare alternative basate sulle catture (totale ammissibile di cattura). La Commissione ha proposto tali misure per le AMP dell’UE nel Mediterraneo occidentale e nell’Adriatico, ma dette proposte sono state respinte dai co-legislatori. Lo CSTEP ha osservato che riduzioni dello sforzo di pesca non si traducono automaticamente in minori catture62.
61Lo CSTEP ha stimato che, nel 2016, le piccole flotte costiere dell’UE operanti nel Mediterraneo comprendevano circa 17 500 pescherecci63. I grandi pescherecci catturano quantitativi di pesce notevolmente più elevati rispetto ai piccoli pescherecci. Nella figura 11 viene indicata la percentuale approssimativa del numero totale di pescherecci e del peso totale delle catture per piccoli e grandi pescherecci.
Gli Stati membri dovrebbero monitorare gli sbarchi nei rispettivi porti; la normativa UE dispone che tutti i prodotti della pesca siano commercializzati per la prima volta o registrati in un centro di vendita all’asta o ad acquirenti registrati o ad organizzazioni di produttori64. Di conseguenza, le autorità degli Stati membri e i gestori dei siti di sbarco dovrebbero essere in grado di fornire banche dati complete sulle catture. Nel 2017, lo CSTEP ha osservato progressi nella valutazione dello stock mediterraneo, ma ha affermato che “i dati disponibili non sono abbastanza attendibili, in quanto le informazioni sulle risorse ittiche sono spesso parziali e imprecise e le serie storiche relativamente corte” [trad. a cura della Corte]65. Ha poi osservato che il monitoraggio, da parte degli Stati membri, dei livelli di sforzo di una grande parte della flotta mediterranea dell’UE era insufficiente66.
63Nel 2019, lo CSTEP ha esaminato ex post 22 piani nazionali di gestione adottati nel quadro del regolamento Mediterraneo, concludendo che “i piani nazionali di gestione più datati adottati nell’ambito del regolamento Mediterraneo nella maggior parte dei casi non hanno contribuito al miglioramento del cattivo stato degli stock mediterranei” [trad. a cura della Corte]. Inoltre, lo CSTEP ha osservato che il varo di alcuni di questi piani era associato a richieste di deroga alle disposizioni del regolamento Mediterraneo67.
64Il regolamento Mediterraneo mira a proteggere zone di riproduzione e habitat vulnerabili68. Disponeva che gli Stati membri trasmettessero alla Commissione, entro il 31 dicembre 2007, informazioni pertinenti all’istituzione di dette zone e che il Consiglio, entro la fine del 2008, designasse “le zone di pesca protette situate essenzialmente al di fuori delle acque territoriali degli Stati membri, indicando i tipi di attività di pesca vietati o autorizzati in tali zone”. Gli Stati membri non hanno fornito tali informazioni alla Commissione.
65Nel 2019, l’UE ha adottato un piano pluriennale per sei specie che vivono vicino al fondale marino nel Mar Mediterraneo occidentale69. Detto piano contiene misure di salvaguardia70: è possibile adottare misure correttive (come chiusure) qualora dai pareri scientifici emerga che gli stock sono minacciati, ma vi sono difficoltà nel monitorare le catture e ottenere dati di buona qualità (cfr. paragrafo 62). La Commissione valuterà il piano nel 2024, data molto prossima alla data-obiettivo di raggiungimento dei livelli di pesca dell’RMS (1° gennaio 2025).
66Le misure tecniche sono norme disciplinanti le modalità, i tempi e i luoghi della pesca da parte dei pescatori commerciali. Nel 2019, l’UE ha adottato il regolamento sulle misure tecniche71, applicabile a tutte le acque dell’UE. Uno degli obiettivi di detto regolamento è che la gestione della pesca dovrebbe contribuire all’applicazione della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e delle direttive Uccelli e Habitat72.
67Prima dell’adozione del regolamento sulle misure tecniche, non vi era alcun meccanismo per monitorare i progressi. Il regolamento citato conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati, ove necessario73, ed introduce una rendicontazione triennale. La prima di queste relazioni triennali è prevista nel 2020.
68Il regolamento Mediterraneo74 e il regolamento CGPM75 prevedono inoltre misure tecniche applicabili solo nelle aree di applicazione dei due regolamenti. L’UE è membro della CGPM, ma ha il diritto di adottare norme più rigorose se ritiene che le misure della CGPM non vadano abbastanza lontano in termini di prevenzione degli impatti distruttivi della pesca76. È possibile fare in modo che le misure tecniche contribuiscano più efficacemente a ridurre il più possibile l’impatto negativo delle attività di pesca sull’ambiente marino nel Mediterraneo.
69I dati sulle attività di pesca sono ottenuti a norma del regolamento che istituisce un regime di controllo unionale77 e del regolamento sul quadro per la raccolta dei dati. La valutazione del regolamento che istituisce un regime di controllo unionale condotta nel 2017 dalla Commissione ha concluso che detto regolamento non era “del tutto adatto alla finalità per cui è stato concepito”78, il che ha indotto la Commissione a proporre un nuovo regolamento79. Una questione particolare è l’esenzione dalle notifiche per i pescherecci di lunghezza inferiore a 12 metri, nonché per le catture inferiori a 50 kg. Detta proposta, ancora nel processo legislativo, contiene disposizioni che potenziano il monitoraggio della piccola pesca e prevede l’obbligo per tutti i pescherecci di disporre di sistemi di tracciamento dell’imbarcazione.
70Finora, la CGPM ha istituito otto zone di pesca soggette a restrizioni (come la zona di restrizione nella Fossa di Jabuka/Pomo) per proteggere habitat vulnerabili di acque profonde e habitat ittici essenziali, che coprono circa l’1 % del Mar Mediterraneo (cfr. figura 12). In aggiunta, dal 2005 la CGPM ha vietato l’utilizzo di draghe trainate e di reti da traino in tutte le acque a più di 1 000 metri di profondità (che costituiscono il 59 % del Mediterraneo e del Mar Nero), al fine di proteggere gli habitat poco conosciuti dei fondali marini.
Nel Mediterraneo, la gestione condivisa delle risorse di pesca con paesi non-UE costituisce una difficoltà in più. Nel 2017, in termini di peso le catture UE hanno rappresentato il 52 % circa di tutte le catture nel Mediterraneo. Come può vedersi dalla Figura 13, quattro Stati membri dell’UE effettuano quasi tutte le catture UE, e quattro altri paesi effettuano oltre l’80 % delle catture non-UE80.
Gli strumenti dell’UE di contrasto alla sovracapacità di pesca non sono strettamente allineati con i bisogni regionali e gli impatti ambientali
72La PCP mira a prevenire lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine adeguando la capacità di pesca dei pescherecci a livelli di cattura compatibili con l’RMS81. Nella relazione annuale di attività per il 2017, i servizi della Commissione hanno osservato che “la sovracapacità è ritenuta una delle cause principali della pesca eccessiva nel Mar Mediterraneo, data la generale assenza di controlli sulle catture e dato che si fa affidamento sullo sforzo di pesca per regolare la mortalità alieutica” [trad. a cura della Corte].
73Ai sensi del regolamento PCP, gli Stati membri sono tenuti ad adeguare la capacità delle rispettive flotte alle opportunità di pesca a loro disposizione. Il regolamento fissa limiti massimi di capacità di pesca per Stato membro in termini di stazza e di potenza motrice e obbliga gli Stati membri ad applicare un “piano di entrata/uscita”82, in modo che l’entrata di una nuova capacità nella flotta possa avvenire solo dopo il ritiro di una capacità equivalente. I limiti massimi di capacità sono ridotti quando i pescherecci sono demoliti con aiuti pubblici.
74A fine 2019, le capacità delle flotte non superavano i limiti di capacità aggiustati: complessivamente, il 21 % minori in termini di stazza ed il 15 % minori in termini di potenza motrice. Pertanto, detti limiti massimi incentivano in modo limitato gli Stati membri ad adottare misure in materia di capacità di pesca (cfr. figura 14).
Il piano di entrata/uscita non contiene condizioni specifiche per il Mediterraneo, dove la pressione di pesca è più intensa di quella dell’Atlantico. Detto piano permette che nuovi pescherecci sostituiscano pescherecci inattivi e che i nuovi pescherecci utilizzino tecniche maggiormente dannose. Ad esempio, permettere l’entrata nella flotta di un nuovo peschereccio con reti a strascico in sostituzione di un peschereccio con reti da circuizione risulterà in un maggior danno agli habitat dei fondali marini. Il regolamento PCP consente alla Commissione di adottare atti di esecuzione che stabiliscono norme per l’applicazione di detto piano, ma la Commissione non lo ha ancora fatto83.
Una piccola percentuale dei fondi UE viene utilizzata per sostenere la conservazione dell’ambiente marino.
76Il sostegno finanziario dovrebbe rispondere a bisogni effettivi e contribuire ad interventi che migliorano la conservazione dell’ambiente marino. Nell’audit, la Corte ha verificato se l’utilizzo del FEAMP, del programma LIFE e di Interreg nei quattro Stati membri visitati abbia contribuito alla preservazione dell’ambiente marino.
77Il FEAMP sostiene il conseguimento degli obiettivi della PCP, tra i quali ridurre al minimo l’impatto negativo delle attività di pesca sugli ecosistemi marini e far sì che la pesca non degradi l’ambiente marino84. Il FEAMP non dovrebbe essere utilizzato per finanziare azioni che accrescano la capacità di pesca di un peschereccio85.
78I fondi totali del FEAMP per il 2014‑2020 superano i 6 miliardi di euro. Cinque dei sette maggiori destinatari dei fondi del FEAMP sono paesi con coste mediterranee (cfr. figura 15). Di questi, i due maggiori destinatari hanno coste sia atlantiche che mediterranee.
Il FEAMP sostiene le attività di pesca e di acquacoltura ed è inteso contribuire alla protezione dell’ambiente marino, in linea con quanto previsto dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino86. Può finanziare misure di conservazione direttamente e anche indirettamente tramite altre misure utili (tra le quali quelle in materia di conoscenze scientifiche, di raccolta di dati, di monitoraggio e di esecuzione)87. La Corte stima che i quattro Stati membri da essa visitati avevano utilizzato, a fine 2019, il 6 % circa dei rispettivi fondi FEAMP complessivi per quelle misure di conservazione più direttamente collegate alla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e alle direttive Habitat e Uccelli88 e un ulteriore 8 % per misure aventi un impatto meno diretto sulla conservazione. Di questo ammontare, ne avevano utilizzato meno di 2 milioni di euro (lo 0,2 %) per limitare l’impatto della pesca sull’ambiente marino (cfr. figura 16). In uno studio del 2020 finanziato dalla Commissione89 si è constatato che, al 2019, gli Stati membri dell’UE avevano usato 14 milioni di euro di fondi FEAMP per la protezione di specie vulnerabili. Nel 2020, l’AEA ha rilevato la necessità di un migliore allineamento tra i finanziamenti del FEAMP e la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino90.
Nel 2011, la Corte ha segnalato che la sovracapacità delle flotte pescherecce dell’UE aveva messo in pericolo la sostenibilità degli stock ittici91. Il FEAMP era inteso finanziare la pesca sostenibile e l’attuazione della politica comune della pesca tra il 2014 e il 202092. Poiché alcuni stock ittici commerciali erano oggetto di pesca eccessiva, una condizione per utilizzare i finanziamenti era che questi ultimi non potevano essere usati per accrescere la capacità di pesca delle flotte pescherecce. Pertanto, il FEAMP non ha finanziato la costruzione di nuovi pescherecci né l’aumento della capacità di pesca dei pescherecci esistenti93.
81La proposta della Commissione per un nuovo fondo per il periodo 2021‑2027 escludeva ancora una volta il sostegno finanziario a qualunque aumento della capacità dei pescherecci esistenti e prevedeva il sostegno finanziario per la prima acquisizione di pescherecci adibiti alla piccola pesca costiera, a specifiche condizioni94. Nel giugno 2019, le conclusioni del Consiglio95 sulla proposta della Commissione hanno previsto, a specifiche condizioni, il sostegno finanziario per la prima acquisizione di pescherecci e hanno inserito una deroga all’esclusione dal sostegno degli aumenti di capacità di pesca. Al momento dell’audit della Corte, le autorità legislative non avevano ancora adottato la normativa in questione. La Corte osserva che fornire sostegno per l’acquisizione di pescherecci e per aumenti della capacità di pesca può condurre ad una maggiore pressione sugli stock ittici e sugli habitat marini vulnerabili.
82Il programma LIFE96 è lo strumento dell’UE più specificamente mirato al sostegno dei progetti ambientali. Dal 2014, il programma LIFE ha istituito progetti integrati miranti specificamente a sostenere, con importi di finanziamento più elevati, gli Stati membri dell’UE ad attuare la normativa dell’UE in materia di ambiente e clima. Tre dei quattro Stati membri visitati hanno promosso progetti di questo tipo che prevedono azioni di protezione dell’ambiente marino: PI-LIFE “Intemares” in Spagna; PI-LIFE “Marine Habitats” in Francia; e PI-LIFE “Azores Natura” in Portogallo. Nei quattro Stati membri visitati dagli auditor della Corte, sono stati rilevati buoni esempi di progetti di finanziamento LIFE UE relativi alla protezione dell’ambiente marino; la Corte ha inoltre constatato un buon utilizzo dei fondi Interreg. Il riquadro 10 fornisce esempi di casi in cui i fondi UE hanno fatto la differenza.
Riquadro 10
I fondi UE possono fare la differenza
Nell’arcipelago delle Berlengas (sito Natura 2000 in Portogallo), l’UE ha cofinanziato con circa 0,7 milioni di euro il progetto LIFE Berlengas. Il progetto mirava a ripristinare le popolazioni di uccelli marini e a ridurre le catture accidentali degli stessi. Tra gli interventi figuravano l’eradicazione delle specie invasive (topo comune) e il controllo della popolazione dei predatori. Alla fine del progetto, una coppia di uccelli delle tempeste di Castro era ritornata a nidificare nell’isola principale. Il progetto, utilizzando un aquilone che imitava un uccello predatore, ha fatto diminuire le catture accidentali di uccelli marini nella pesca con reti da circuizione. La stretta collaborazione tra biologi e pescatori ha contribuito a sensibilizzare in merito alle catture accidentali.
L’UE ha cofinanziato con circa 3,5 milioni di euro il progetto Interreg FISHMPABLU2, che interessava 11 AMP in sei paesi del Mediterraneo (Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia e Slovenia). Il progetto mirava a promuovere la piccola pesca sostenibile all’interno delle AMP e intorno ad esse, testando diversi tipi di misure (ad esempio, assunzione di pescatori per compiti di sorveglianza e monitoraggio e per compiti decisionali, sostituzione di attrezzature da pesca, riduzione dello sforzo di pesca, ecc…). Il progetto ha prodotto una “cassetta degli attrezzi per la governance” per ciascuna misura, ad uso dei gestori delle AMP e dei pescatori artigianali.
Conclusioni e raccomandazioni
83La Corte ha verificato se il quadro dell’UE per rispondere alle principali pressioni sulla biodiversità e gli habitat marini fosse ben ideato e realmente applicato in zone selezionate dell’Atlantico e del Mediterraneo, nonché se i fondi UE erogati abbiano prodotto risultati. Autorevoli organismi scientifici hanno rilevato che la pesca costituisce una delle principali pressioni sull’ambiente marino. Di conseguenza, nell’esaminare il quadro d’intervento, i fondi UE e il modo in cui questi sono stati applicati, la Corte ha fatto particolare attenzione alle questioni concernenti la pesca.
84In generale, malgrado l’esistenza di un quadro per tutelare l’ambiente marino, gli interventi dell’UE non avevano riportato né i mari a un buono stato ecologico, né la pesca a livelli sostenibili in tutti i mari. La Corte ha constatato che l’azione dell’UE aveva contribuito ai progressi registratisi nell’Atlantico, dove molti stock ittici si sono stabilizzati e/o sono migliorati, ma che, nel Mediterraneo, non vi è stato alcun segno concreto di progressi.
85Le aree protette marine (AMP) rappresentano la misura più emblematica di conservazione dell’ambiente marino. Ai sensi della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, gli Stati membri sono tenuti a creare reti coerenti di dette aree; l’UE aveva poi l’obiettivo di proteggere il 10 % dei propri mari entro il 2020. La valutazione del ruolo delle aree marine protette operata dalla Corte è in linea con quanto riscontrato dall’Agenzia europea dell’ambiente: quest’ultima ha rilevato l’assenza di una rete di AMP efficace, ben gestita e ben connessa (cfr. paragrafi 31-38). Di conseguenza, dette aree hanno fornito una limitata protezione della biodiversità marina.
86Gli Stati membri non possono imporre restrizioni alle attività di pesca oltre le rispettive acque territoriali senza intraprendere discussioni multilaterali. Ciò complica la protezione dell’ambiente marino (cfr. paragrafo 39).
87La normativa UE in materia di politica comune della pesca e di biodiversità marina prevede disposizioni specifiche miranti a coordinare le misure in tema di pesca con le misure in tema di protezione dell’ambiente marino. La Corte ha constatato che le disposizioni dell’articolo 11 del regolamento PCP e dell’articolo 15 della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino non operavano in pratica come voluto nelle aree da essa esaminate. Ciò ha indebolito il coordinamento tra questi settori d’intervento (cfr. paragrafi 40-46).
88La rete Natura 2000 istituita dalle direttive Uccelli e Habitat è la pietra angolare degli sforzi profusi dall’UE per proteggere la biodiversità. Altri strumenti normativi dell’UE prevedono disposizioni di protezione che si riferiscono a specie e habitat elencati in queste due direttive. La Corte ha osservato che gli elenchi delle specie e degli habitat minacciati stilati oltre 25 anni fa non tengono conto di recenti conoscenze scientifiche. Pertanto, detta normativa non protegge alcune specie minacciate (cfr. paragrafi 47-51).
Raccomandazione 1 – Individuare le modifiche amministrative e normative necessarie a proteggere le specie e gli habitat vulnerabiliPer rafforzare i collegamenti tra la politica dell’ambiente e quella della pesca, la Commissione, insieme agli Stati membri, dovrebbe individuare le modifiche amministrative e normative necessarie a proteggere le specie e gli habitat vulnerabili; tali modifiche dovrebbero:
- facilitare una più celere applicazione delle misure di conservazione previste dal regolamento PCP e dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino ed
- estendere la protezione a più specie (in particolare quelle ritenute gravemente minacciate) e a più habitat, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche.
Data-obiettivo di attuazione: 2022
89Nell’Atlantico, dove la gestione della pesca è legata ai limiti imposti alle catture ammissibili, si è rilevato un miglioramento misurabile degli stock ittici; la Commissione prevede che la pesca sostenibile coprirà il 99 % degli sbarchi per le catture esclusivamente UE e il 73 % degli stock biologici. Per gli stock ittici per i quali sono disponibili pareri scientifici sull’RMS, la biomassa dello stock era in aumento. Tuttavia, la Corte ha rilevato che per oltre la metà degli stock biologici non erano disponibili pareri sull’RMS, che molti stock continuavano ad essere oggetto di pesca eccessiva e che l’obiettivo generale di pescare in linea con pareri sull’RMS tutti gli stock entro il 2020 non verrà raggiunto (cfr. paragrafi 52-58).
90Il competente organo scientifico dell’UE (CSTEP) ha segnalato nel 2019 che nel Mediterraneo la pesca raggiungeva livelli doppi rispetto a quelli sostenibili (paragrafi 59 e 60).
91La Corte ha constatato che l’UE non aveva istituito le zone di pesca protette UE previste dal regolamento Mediterraneo del 2006. Per i bacini marittimi, le zone di restrizione della pesca possono essere istituite tramite altri strumenti. La CGPM consente inoltre di istituire zone di restrizione della pesca sulla base di pareri scientifici. Dal 2019, il piano pluriennale per il Mediterraneo occidentale prevede uno strumento alternativo per l’istituzione di zone di restrizione della pesca. Detto piano proroga il termine ultimo per conseguire l’obiettivo generale di ottenere l’RMS dal 2020 al 1° gennaio 2025. La Commissione valuterà il piano nel 2024, in prossimità di questo nuovo termine ultimo (paragrafi 61 e 65).
92È possibile fare in modo che le misure tecniche contribuiscano più efficacemente a ridurre il più possibile l’impatto negativo delle attività di pesca sull’ambiente marino nel Mediterraneo. Le misure tecniche previste dalla normativa UE e applicabili al Mediterraneo sono difficili da far rispettare e non sono state ancora sufficienti a proteggere le risorse marine. Nel 2018, la Commissione ha proposto un nuovo regolamento sul controllo, che ovvia ad alcune delle note carenze concernenti la pesca nel Mediterraneo – segnatamente il monitoraggio delle catture e della posizione dei pescherecci (paragrafi 66-69).
93L’UE, i suoi Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo e altre nazioni del bacino mediterraneo sono membri della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM). Le zone di pesca soggette a restrizioni istituite dalla CGPM coprono l’1 % circa del Mediterraneo; la CGPM ha vietato alcune tecniche di pesca dannose (paragrafo 70) in tutte le acque a più di 1 000 metri di profondità (che costituiscono il 59 % del Mediterraneo e del Mar Nero).
94I limiti massimi UE di capacità di pesca e il piano di entrata/uscita non sono stati concepiti per rispondere alle specifiche circostanze dei mari regionali dell’UE e non hanno tenuto conto dell’impatto ambientale dei diversi tipi di tecniche di pesca (paragrafi 72-75).
Raccomandazione 2 – Migliorare le misure di protezione nel MediterraneoDato il degrado degli ecosistemi marini registrato da lungo tempo nel Mediterraneo, la Commissione, insieme agli Stati membri interessati, dovrebbe:
- valutare l’opportunità di istituire ulteriori zone di pesca protette UE nel Mar Mediterraneo a livello di bacino marittimo;
- riferire periodicamente sui progressi compiuti e sulla necessità di azioni correttive, nel quadro del piano pluriennale per il Mediterraneo occidentale, affinché possano essere individuate e adottate azioni correttive.
Data-obiettivo di attuazione: 2023
95Secondo le politiche dell’UE, i finanziamenti dell’UE dovrebbero sostenere la protezione dell’ambiente marino. A tal fine, l’UE dispone di numerosi strumenti. Il FEAMP è adatto a sostenere il conseguimento degli obiettivi della PCP. Può sostenere misure di conservazione sia direttamente che indirettamente. Per i quattro Stati membri visitati, la Corte stima che, a fine 2019, il 6 % dei fondi FEAMP totali utilizzati riguardava direttamente misure di conservazione e che un ulteriore 8 % aveva un nesso indiretto con obiettivi di conservazione (paragrafi 76-79).
96Uno dei fattori all’origine della pesca eccessiva è la sovracapacità della flotta peschereccia nel Mediterraneo. La Corte ha osservato che la proposta della Commissione relativa a un nuovo Fondo per il periodo di programmazione 2021‑2027 ha sostanzialmente mantenuto le esistenti restrizioni ai finanziamenti che aumentino la capacità di pesca (paragrafi 80 e 81).
97Il programma LIFE dell’UE mira a sostenere progetti ambientali, in particolare mediante progetti integrati. Anche Interreg può finanziare progetti a favore dell’ambiente marino. Negli Stati membri visitati, la Corte ha individuato alcuni esempi di buon utilizzo di detti fondi (paragrafo 82).
Raccomandazione 3 – Aumentare le potenzialità dei finanziamenti UENel contesto dell’esercizio di programmazione del prossimo FEAMP, la Commissione dovrebbe, assieme agli Stati membri, individuare in che modo aumentare il contributo dei fondi FEAMP al conseguimento degli obiettivi di conservazione dell’ambiente marino.
Data-obiettivo di attuazione: 2023
La presente relazione è stata adottata dalla Sezione I, presieduta da Samo Jereb, Membro della Corte, a Lussemburgo, in data 28 ottobre 2020.
Per la Corte dei conti europea
Klaus-Heiner Lehne
Presidente
Allegati
Allegato I — Tecniche di pesca
Il presente allegato spiega brevemente le principali caratteristiche di alcune tecniche di pesca97.
Una rete a strascico è una rete conica trascinata orizzontalmente (da una o due imbarcazioni) lungo il fondale marino. In genere, dispone di due ali laterali sporgenti dall’apertura e va a stringersi verso una chiusura stretta (“sacco”) che trattiene i pesci catturati. La rete è concepita per catturare le specie che vivono sul fondale marino o in prossimità di esso.
Una rete da circuizione è una lunga rete circolare intelaiata ai bordi superiore e inferiore. Il bordo inferiore ha anelli in cui scorre un filo d’acciaio o una corda, utilizzati per “contrarre” o per chiudere il fondo della rete e intrappolare i pesci. È di solito l’attrezzatura più efficiente per la pesca in mare aperto, lontano dal fondale.
Le reti da imbrocco derivanti sono costituite da un insieme di reti tenuto più o meno verticale da galleggianti sulla lenza superiore (“lima da sugheri”) e da pesi sulla lenza inferiore (“lima da piombi”). Le reti derivano con la corrente, di solito in prossimità della superficie o in acque di media profondità, catturando dalle branchie i pesci che vi si imbattono. Le reti derivanti possono essere fissate all’imbarcazione oppure lasciate alla deriva e recuperate in seguito.
Un palangaro fisso è costituito da una lunga lenza principale e da numerose lenze più piccole (“braccioli”), equidistanti, che terminano ognuna con un amo. Può essere fissato in prossimità del fondale o, meno comunemente, in acque di media profondità o in prossimità della superficie. La sua lunghezza varia da alcune centinaia di metri per la pesca costiera a più di 50 km per la pesca meccanizzata su larga scala. Nel caso del palangaro derivante, la lenza principale viene mantenuta in prossimità della superficie o ad una certa profondità utilizzando galleggianti equidistanti.
Allegato II — Aree marine protette (AMP) selezionate
Sottoregioni marine: Golfo di Biscaglia e costa iberica (BIC); Macaronesia (MAC); Mar Mediterraneo occidentale (WM)
Anno: Anno di proposta come sito di importanza comunitaria
SPAGNA
AMP Natura 2000 | Sottoregione | Anno | Superficie marittima (ha) | |
ES1200055 | Cabo Busto-Luanco | BIC | 2004 | 7 712 |
ES1110006 | Complexo húmido de Corrubedo | BIC | 1997 | 7 410 |
ES6200048 | Valles submarinos del Escarpe de Mazarrón | WM | 2000 | 154 082 |
ES0000020 | Delta de l’Ebre | WM | 2006 | 35 972 |
ES7020017 | Franja marina Teno-Rasca | MAC (Isole Canarie) | 1999 | 69 490 |
FRANCIA
AMP Natura 2000 | Sottoregione | Anno | Superficie marittima (ha) | |
FR5400469 | Pertuis Charentais | BIC | 1999 | 456 027 |
FR7200811 | Panache de la Gironde et plateau rocheux de Cordouan (Système Pertuis-Gironde) | BIC | 2008 | 95 256 |
FR9402013 | Plateau du Cap Corse | WM | 2008 | 178 265 |
FR9301613 | Rade d’Hyères | WM | 2002 | 44 958 |
FR9301602 | Calanques et îles marseillaises, Cap Canaille et massif du Grand Caunet | WM | 2003 | 39 512 |
ITALIA
AMP Natura 2000 | Sottoregione | Anno | Superficie marittima (ha) | |
IT5160002 | Isola di Gorgona – area terrestre e marina | WM | 1995 | 14 611 |
ITB010082 | Isola dell’Asinara | WM | 2002 | 11 862 |
IT5160018 | Secche della Meloria | WM | 2011 | 8 727 |
ITA010026 | Fondali dell’isola dello Stagnone di Marsala | WM | 1995 | 3 442 |
IT1344270 | Fondali Punta Mesco – Rio Maggiore | WM | 1995 | 546 |
IT1332674 | Fondali Monte Portofino | WM | 1995 | 544 |
PORTOGALLO
AMP Natura 2000 | Sottoregione | Anno | Superficie marittima (ha) | |
PTCON0062 | Banco Gorringe | BIC | 2015 | 2 292 778 |
PTCON0012 | Costa Sudoeste | BIC | 1997 | 163 870 |
PTCON0056 | Peniche /Stª Cruz | BIC | 1998 | 5 474 |
PTDES0001 | Ilhas Desertas | MAC (Madeira) | 1995 | 10 060 |
PTMIG0021 | Reserva Natural Marinha do Banco D. João de Castro (Canal Terceira – S. Miguel) | MAC (Azzorre) | 1997 | 1 648 |
Acronimi e abbreviazioni
AEA: Agenzia europea per l’ambiente
AMP: area marina protetta
CGPM: Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (General Fisheries Commission for the Mediterranean)
CIEM: Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare
CMR: convenzioni marittime regionali
CSTEP: Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca
FAO: UN Food and Agriculture Organization (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).
FEAMP: Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca
IUCN: International Union for Conservation of Nature (Unione internazionale per la conservazione della natura)
NEAFC: North East Atlantic Fisheries Commission (Commissione per la pesca nell’Atlantico nord-orientale)
ONU: Organizzazione delle Nazioni Unite
ORGP: organizzazioni regionali di gestione della pesca
PCP: politica comune della pesca
RMS: rendimento massimo sostenibile
TFUE: trattato sul funzionamento dell’Unione europea
UE: Unione europea
ZEE: zona economica esclusiva
Glossario
Approccio ecosistemico in materia di gestione della pesca: si tratta di un approccio integrato che tiene conto dell’intero ecosistema. L’obiettivo è mantenere gli ecosistemi in una condizione sana, pulita, non tossica, produttiva e resiliente, per far sì che i vantaggi derivanti dalle risorse marine viventi siano elevati, mentre l’impatto delle attività di pesca sugli ecosistemi marini sia basso e non danneggi gli ecosistemi nel futuro.
Area marina protetta (AMP): porzione di mare che, per legge o in altro modo, viene designata ai fini della protezione e del mantenimento della biodiversità, delle risorse naturali e dei siti del patrimonio culturale.
Biomassa dello stock: il peso combinato di tutti i singoli pesci di uno stock capaci di riprodursi.
Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare: trattato multilaterale concluso nel 1982, sotto l’egida dell’ONU, che definisce i diritti e le responsabilità degli Stati in relazione al loro utilizzo dei mari e degli oceani del mondo e che fissa linee-guida sull’ambiente e sulla gestione delle risorse naturali marine.
Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (convenzione di Berna): trattato multilaterale concluso nel 1979, sotto l’egida del Consiglio d’Europa, sulla conservazione della flora e fauna selvatiche e dei loro habitat, ed in particolare di quelle/i minacciate/i o vulnerabili.
Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica (convenzione di Bonn): trattato multilaterale concluso nel 1979, sotto l’egida dell’ONU, sulla conservazione delle specie migratorie in tutta la gamma delle aree in cui vivono.
Convenzione sulla diversità biologica: trattato multilaterale concluso nel 1992, sotto l’egida dell’ONU, in materia di conservazione della biodiversità, uso sostenibile dei suoi elementi e ripartizione giusta ed equa dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche.
Convenzioni marittime regionali (CMR): strutture di cooperazione miranti a proteggere l’ambiente marino che coinvolgono Stati membri dell’UE e paesi vicini che ne condividono le acque marine. Le quattro CMR europee sono: la convenzione per la protezione dell’ambiente marino dell’Atlantico nordorientale (convenzione OSPAR), la convenzione sulla protezione dell’ambiente marino della zona del Mar Baltico (convenzione di Helsinki), la convenzione sulla protezione dell’ambiente marino e del litorale del Mediterraneo (convenzione di Barcellona) e la convenzione sulla protezione del Mar Nero contro l’inquinamento (convenzione di Bucarest).
FEAMP: strumento dell’UE per finanziare la politica marittima e la politica della pesca dal 2014.
Interreg: insieme di programmi finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale che sostiene la cooperazione transfrontaliera tramite il finanziamento di progetti. Mira a affrontare congiuntamente le sfide comuni e a trovare soluzioni condivise in vari campi, tra cui l’ambiente.
LIFE: strumento dell’UE per finanziare l’azione ambientale e per il clima dal 1992.
Limiti biologici di sicurezza: insieme di parametri che, se rispettati nella gestione di uno stock ittico, garantiranno una bassa probabilità di esaurimento dello stock; sono meno restrittivi dell’RMS.
Organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP): organizzazioni internazionali costituite da paesi con interessi comuni di pesca in determinate regioni. Le ORGP gestiscono sia grandi migratori (come nel caso della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico) sia stock ittici per area geografica (come nel caso della NEAFC).
Piano di entrata/uscita: quadro giuridico per gestire la dimensione della flotta peschereccia dell’UE in linea con determinati limiti massimi, anche facendo sì che gli Stati membri dell’UE non possano aggiungere nuovi pescherecci senza tener conto della capacità ritirata.
Regime di gestione dello sforzo di pesca: approccio alla gestione degli stock ittici mediante l’imposizione di limiti allo sforzo di pesca.
Rendimento massimo sostenibile (RMS): la massima quantità di pesce che può essere catturata in modo continuo alle condizioni esistenti senza far esaurire lo stock.
Sforzo di pesca: misurazione dell’attività di pesca che tiene conto della capacità di un peschereccio o di una flotta e del numero di giorni passati a pescare.
Specie demersali: specie o gruppo di pesci che vive la maggior parte della propria vita sul fondale marino o in prossimità di esso.
Specie pelagiche: specie marine che trascorrono la maggior parte del tempo lontano dalla costa e dal fondale marino.
Stock biologico: un gruppo di individui appartenenti ad una specie all’interno di un’area specificata.
Totale ammissibile di cattura (TAC): volume massimo che può essere catturato da uno stock ittico ogni anno a norma della politica comune della pesca.
Zona economica esclusiva (ZEE): porzione di mare, immediatamente oltre le acque territoriali di uno Stato costiero, nella quale detto Stato ha alcuni diritti ed obblighi a norma della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
Équipe di audit
Le relazioni speciali della Corte dei conti europea illustrano le risultanze degli audit espletati su politiche e programmi dell’UE o su temi relativi alla gestione concernenti specifici settori di bilancio. La Corte seleziona e pianifica detti incarichi di audit in modo da massimizzarne l’impatto, tenendo conto dei rischi per la performance o la conformità, del livello delle entrate o delle spese, dei futuri sviluppi e dell’interesse pubblico e politico.
Il presente controllo di gestione è stato espletato dalla Sezione di audit I “Uso sostenibile delle risorse naturali”, presieduta da Samo Jereb, Membro della Corte. L’audit è stato diretto da João Figueiredo, Membro della Corte, coadiuvato da: Colm Friel, primo manager; Michela Lanzutti e Antonella Stasia, auditor. Michael Pyper ha fornito assistenza linguistica. Marika Meisenzahl ha fornito supporto grafico.
Note
1 Articoli 7 e 11 del TFUE.
2 TFUE, articolo 3: “1. L’Unione ha competenza esclusiva nei seguenti settori: […] conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca”.
3 TFUE, articolo 4: “2. L’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri nei principali seguenti settori: […] e) ambiente”.
4 Direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino), GU L 164 del 25.6.2008.
5 Rispettivamente, direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
6 AEA, State of Europe’s Seas, 2015.
7 Relazione n. 17/2019 dell’AEA, Marine messages II, Navigating the course towards clean, healthy and productive seas through implementation of an ecosystem‑based approach, 2020.
8 Relazione n. 17/2019 dell’AEA, Marine messages II, figura 4.1.
9 IPBES, Global assessment report on biodiversity and ecosystem services, 2019.
10 Cfr. studio della FAO, Ecosystem Effects of Fishing in the Mediterranean: An Analysis of the Major Threats of Fishing Gear and Practices to Biodiversity and Marine Habits, 2004.
11 IUCN, European Red List of Marine Fishes, 2015.
12 Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca (GU L 354 del 28.12.2013). Questo regolamento è l’atto di base della politica completato da molti altri atti giuridici. A fini di semplificazione, nella presente relazione detto regolamento verrà indicato con l’acronimo “PCP”.
13 Regolamento PCP, articolo 2.
14 Regolamento PCP, articolo 2, paragrafi 1 e 2.
15 AEA, Status of marine fish and shellfish stocks in European seas, 2019.
16 Regolamento PCP, articolo 5.
17 Per le possibilità di pesca nel 2020, cfr. regolamento (UE) 2020/123 del Consiglio, del 27 gennaio 2020, che stabilisce, per il 2020, le possibilità di pesca per alcuni stock ittici e gruppi di stock ittici, applicabili nelle acque dell’Unione e, per i pescherecci dell’Unione, in determinate acque non dell’Unione (GU L 25 del 30.1.2020).
18 Regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio, del 21 dicembre 2006, relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo (GU L 409 del 30.12.2006).
19 Regolamento (UE) n. 1343/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativo a talune disposizioni per la pesca nella zona di applicazione dall’accordo CGPM (Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo), GU L 347 del 30.12.2011.
20 Accordo CGPM, articolo 2: “L’obiettivo dell’accordo è di assicurare la conservazione e l’uso sostenibile, a livello biologico, sociale, economico e ambientale, delle risorse marine viventi, […] nella zona di applicazione” (trad. a cura della Corte).
21 Conferenza ministeriale sulla sostenibilità della pesca nel Mediterraneo del 2017, dichiarazione ministeriale di Malta MedFish4Ever. L’Egitto non ha firmato detta dichiarazione.
22 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, “Una politica marittima integrata per l’Unione europea”, COM(2007) 575 definitivo del 10 ottobre 2007.
23 Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, articolo 1.
24 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Valutazione dei programmi di misure condotti dagli Stati membri a norma della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, COM(2018) 562 final del 31 luglio 2018.
25 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Valutazione dei programmi di misure condotti dagli Stati membri a norma della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, COM(2018) 562 final del 31 luglio 2018.
26 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (direttiva 2008/56/CE), COM(2020) 259 final del 25 giugno 2020.
27 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, “La nostra assicurazione sulla vita, il nostro capitale naturale: strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020”, COM(2011) 244 definitivo del 3 maggio 2011.
28 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio “Revisione intermedia della strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020”, COM(2015) 478 final del 2 ottobre 2015.
29 Direttiva 2014/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo.
30 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sui progressi realizzati nella messa a punto di zone marine protette (a norma dell’articolo 21 della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (2008/56/CE)), COM(2015) 481 final del 1° ottobre 2015.
31 Articolo 13, punto 4.
32 AEA, Marine Protected Areas: Designed to conserve Europe’s marine life, marine protected areas are a globally recognised tool for managing and enhancing our marine ecosystems, 2018.
33 Marine Protected Areas Economics, Management and Effective Policy Mixes, https://www.oecd.org/environment/resources/Marine-Protected-Areas-Policy-Highlights.pdf.
34 WWF, Protecting Our Ocean – Europe’s Challenges to Meet the 2020 Deadlines”, 2019.
35 AEA, Marine messages II, riquadro 3.2, 2020.
36 Dureuil e altri, “Elevated trawling inside protected areas undermines conservation outcomes in a global fishing hot spot”, Science, Vol. 362, numero 6421, 2018, pagg. 1403‑1407.
37 AEA, EU reaches the Aichi target of protecting ten percent of Europe’s seas, 2018.
38 AEA, Marine Protected Areas, 2018.
39 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, “Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030. Riportare la natura nella nostra vita”, COM(2020) 380 final del 20 maggio 2020..
40 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa alla situazione della politica comune della pesca e alla consultazione sulle possibilità di pesca per il 2020, COM(2019) 274 final del 7 giugno 2019.
41 Cfr. https://ec.europa.eu/fisheries/cfp/fishing_rules_it.
42 AEA, Marine messages II, riquadro 3.2, 2020.
43 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n. 1224/2009, (CE) n. 768/2005, (CE) n. 1967/2006 e (CE) n. 1005/2008 del Consiglio e il regolamento (UE) 2016/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli nel settore della pesca, COM(2018) 368 final del 30 maggio 2018.
44 IUCN, European Red List of Marine Fishes, 2015.
45 Cfr. articolo 19 della direttiva Habitat; articoli 15 e 16 della direttiva Uccelli.
46 Relazione n. 3/2015 dell’AEA, Marine protected areas in Europe’s seas.
47 Cfr. articolo 3 del regolamento Mediterraneo.
48 Regolamento (UE) 2019/1241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo alla conservazione delle risorse della pesca e alla protezione degli ecosistemi marini attraverso misure tecniche (GU L 198 del 25.7.2019, pag. 105).
49 “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa a un piano d’azione comunitario per la conservazione e la gestione degli squali”, COM(2009) 40 definitivo del 5 febbraio 2009.
50 Cfr. CSTEP 19-17.
51 Cfr. regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio del 26 giugno 2003, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci, come da ultimo modificato (GU L 167 del 4.7.2003, pag. 1).
52 Regolamento PCP, articoli 2 e 3.
53 AEA, Marine messages II, 2020, pag. 11.
54 AEA, Marine messages II, 2020, pag. 25.
55 Cfr. documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2019) 205 final, pag. 9.
56 CSTEP, Monitoring the performance of the Common Fisheries Policy (STECF-Adhoc-19-01). Si tratta di una relazione del marzo 2019 presentata da un gruppo di esperti allo CSTEP. I dati si riferiscono agli anni fino al 2017. Si vedano le pagg. 7 e 11.
57 STECF 19-01, pag. 11.
58 Cfr. documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna il documento COM(2019) 274 final, pag. 7.
59 Cfr. STECF-Adhoc-19-01.
60 COM(2019) 274 final del 7 giugno 2016.
61 AEA, Marine messages II, 2020, pag. 17.
62 Cfr. le seguenti relazioni dello CSTEP: PLEN 17-02, PLEN 18-01, STECF 18-09 e STECF 18-13.
63 CSTEP, The 2018 Annual economic report on the EU fishing fleets (relazione economica annuale 2018 sulla flotta peschereccia dell’UE), STECF 18-07, p. 163.
64 Cfr. considerando (21) e articolo 59 del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio.
65 Cfr. STECF 17-02.
66 Cfr. STECF PLEN 17-02.
67 Cfr. STECF PLEN 19-01.
68 Cfr. considerando (18) e articoli 5 e 6 del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio.
69 Regolamento (UE) 2019/1022, adottato il 20 giugno 2019.
70 Cfr. articoli 17 e 6.
71 Regolamento (UE) 2019/1241.
72 Cfr. articolo 3, paragrafo 2, lettera d)
73 Cfr., ad esempio, l’articolo 10, paragrafo 4, l’articolo 12, paragrafo 2, l’articolo 15, paragrafo 2, l’articolo 23, paragrafi 1 e 5, l’articolo 27, paragrafo 7, e l’articolo 31, paragrafo 4.
74 Regolamento (CE) n. 1967/2006.
75 Regolamento (UE) n. 1343/2011.
76 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa alle pratiche di pesca distruttive in alto mare e alla protezione degli ecosistemi vulnerabili delle profondità marine, COM(2007) 604 definitivo del 17 ottobre 2007.
77 Cfr. STECF PLEN 17-02.
78 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, “Applicazione e valutazione del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo unionale per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, come previsto a norma dell’articolo 118”, COM(2017) 192 final del 24 aprile 2017.
79 COM(2018) 368 final del 30 maggio 2018.
80 Fonte: banca dati della CGPM.
81 Cfr. articolo 2, paragrafo 5, lettera d), del regolamento PCP.
82 Regolamento PCP, articolo 23.
83 Cfr. articolo 23, paragrafo 2, del regolamento PCP.
84 Articolo 2, paragrafo 3, del regolamento PCP.
85 Cfr. articolo 1 del regolamento FEAMP (regolamento (UE) n. 508/2014).
86 Regolamento FEAMP, considerando (10).
87 Regolamento FEAMP, articolo 6.
88 Regolamento FEAMP, articoli 37-40, intitolati rispettivamente: “Sostegno all’ideazione e all’attuazione delle misure di conservazione e alla cooperazione regionale”; “Limitazione dell’impatto della pesca sull’ambiente marino e adeguamento della pesca alla protezione delle specie”; “Innovazione connessa alla conservazione delle risorse biologiche marine”; “Protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini e dei regimi di compensazione nell’ambito di attività di pesca sostenibili”.
89 EMFF use for the protection of sensitive species, relazione finale, marzo 2020.
90 AEA, Marine messages II, 2020, pag. 53.
91 Corte dei conti europea, relazione speciale n. 12/2011, “Le misure dell’UE hanno contribuito ad adeguare la capacità delle flotte pescherecce alle possibilità di pesca?”.
92 Regolamento FEAMP, articolo 5.
93 Regolamento FEAMP, articolo 11.
94 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e che abroga il regolamento (UE) n. 508/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, COM(2018) 390 final del 12.6.2018, articoli 13 e 16.
95 Conclusioni del Consiglio sulla proposta della Commissione per un nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, giugno 2019.
96 Regolamento (UE) n. 1293/2013.
97 Sulla base di informazioni reperite sul sito Internet della FAO.
Cronologia
Evento | Data |
---|---|
Adozione del piano di indagine (APM)/Inizio dell’audit | 5.6.2019 |
Trasmissione ufficiale del progetto di relazione alla Commissione
(o ad altra entità sottoposta ad audit) |
15.7.2020 |
Adozione della relazione finale dopo la procedura in contraddittorio | 28.10.2020 |
Ricezione, in tutte le lingue, delle risposte ufficiali della Commissione (o di altra entità sottoposta ad audit) | 17.11.2020 |
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