L’Europa in 12 lezioni

L’Europa in 12 lezioni

L’Europa in 12 lezioni Edizione agosto 2017

Pascal Fontaine

di Pascal Fontaine

A che cosa serve l’Unione europea? Come è nata e perché? Come funziona? Quali risultati ha conseguito per i suoi cittadini e quali nuove sfide deve affrontare oggi?

In un mondo globalizzato l’Unione è in grado di competere con le altre grandi economie preservando i suoi valori sociali? Come si può gestire l’immigrazione? Quale sarà il ruolo dell’Europa sulla scena mondiale negli anni a venire? Dove saranno tracciati i confini dell’Unione? E quale futuro attende l’euro?

Sono queste alcune delle questioni esaminate dall’esperto di affari europei Pascal Fontaine nella presente edizione 2017 del suo popolare opuscolo L’Europa in 12 lezioni. Pascal Fontaine è un ex collaboratore di Jean Monnet ed ex professore all’Institut d’Études Politiques di Parigi.

Le opinioni espresse nella presente pubblicazione sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista ufficiale della Commissione europea.

Indice

  1. Perché un’Unione europea?
  2. Dodici tappe storiche
  3. Allargare l’UE e intrattenere buone relazioni con i vicini
  4. Come funziona l’Unione europea?
  5. Di che cosa si occupa l’Unione europea?
  6. Il mercato unico
  7. L’euro
  8. Economia digitale: investimenti e crescita
  9. Che cosa significa essere cittadini europei?
  10. Un’Europa di libertà, sicurezza e giustizia
  11. L’Unione europea sulla scena mondiale
  12. Quale futuro per l’Europa?
  13. Cronologia dell’integrazione europea

Capitolo 1: Perché un’Unione europea?

Capitolo 1: Perché un’Unione europea?

L’UNIONE EUROPEA SI PREFIGGE DI:

I. PACE

Prima di concretizzarsi in un vero e proprio progetto politico, l’idea di un’Europa unita era soltanto il sogno di filosofi e visionari. Victor Hugo, ad esempio, vagheggiava gli «Stati Uniti d’Europa» ispirandosi a ideali pacifisti e umanisti. Ma questo sogno fu brutalmente infranto dalle terribili guerre che prostrarono l’Europa nella prima metà del XX secolo.

Dalle macerie della Seconda guerra mondiale sorse tuttavia una nuova speranza. Alcuni degli uomini che avevano combattuto i regimi totalitari erano ormai decisi a superare gli odi e gli antagonismi tra le nazioni e a porre le basi per una pace duratura. Fra il 1945 e il 1950 statisti coraggiosi come Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Winston Churchill si impegnarono a guidare i popoli dell’Europa occidentale verso una nuova era, che avrebbe visto la nascita di nuove strutture, fondate su interessi comuni e su trattati miranti a garantire il rispetto delle leggi e l’uguaglianza fra le nazioni.

Il 9 maggio 1950, ispirandosi a un’idea di Jean Monnet, l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman propose di istituire la Comunità europea del carbone e dell’acciaio. La produzione del carbone e dell’acciaio di paesi un tempo in guerra fra loro passò sotto il controllo di un’autorità comune, l’Alta Autorità. Così, con grande senso pratico e altissimo valore simbolico, quelle stesse materie prime che avevano contribuito a innescare il conflitto furono trasformate in strumenti di riconciliazione e di pace.

Oggi i cittadini dell’Unione europea (UE) vivono in pace in regimi democratici che rispettano lo Stato di diritto e i diritti fondamentali. Inoltre i paesi della ex Jugoslavia, che fino a poco tempo fa, negli anni novanta, erano in guerra tra loro, hanno ormai aderito o si preparano ad aderire all’UE.

La pace, tuttavia, non deve mai essere data per scontata. Nel corso della recente crisi economica e sociale l’Europa ha visto emergere tendenze populiste, estremiste e nazionaliste che minacciano la democrazia e il processo di integrazione europea. Molti movimenti a livello sia nazionale sia europeo nutrono scetticismo nei confronti delle istituzioni attuali. Resta da vedere se una nuova crescita economica basata su soluzioni comuni sarà in grado di allentare tali tensioni.

II. L’UNIFICAZIONE DELL’EUROPA

Dopo la caduta del muro di Berlino, avvenuta nel 1989, l’Unione europea incoraggiò la riunificazione della Germania. Successivamente, con il crollo dell’impero sovietico nel 1991, anche i paesi dell’Europa centrale e orientale, costretti per decenni a vivere al di là della «cortina di ferro», riacquistarono la libertà di scegliere il proprio destino. Molti decisero che il loro futuro sarebbe stato accanto alle nazioni democratiche europee. Otto di loro hanno fatto il loro ingresso nell’Unione europea nel 2004, seguiti da altri due paesi nel 2007 e dalla Croazia nel 2013. Anche gli Stati mediterranei di Cipro e Malta sono membri dell’Unione dal 2004.

Il processo di allargamento dell’UE è ancora in corso. Sette paesi si trovano in diverse fasi di preparazione in vista di un’eventuale adesione. Tuttavia, a causa della difficile situazione economica in cui versa l’Europa, è improbabile che nuovi paesi entrino a far parte dell’UE nel prossimo futuro.

Parallelamente, nel referendum del giugno 2016 la maggioranza dei cittadini britannici ha votato a favore dell’uscita dall’Unione europea.

Il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato al Consiglio europeo l’intenzione di recedere dall’Unione europea, a norma dell’articolo 50 del trattato sull’Unione europea. I negoziati fra l’Unione europea e il Regno Unito sull’articolo 50 sono iniziati il 19 giugno 2017.

III. SICUREZZA

L’Europa del XXI secolo continua a dover affrontare importanti questioni legate alla sicurezza.

A sud dell’Europa il fanatismo religioso è in aumento ed è spesso all’origine di attacchi terroristici. Gli attentati compiuti in Europa dal cosiddetto Stato islamico o «Daesh» hanno indotto i paesi dell’Unione a intensificare lo scambio di informazioni e di intelligence.

A est, sotto la guida di Vladimir Putin la Russia sta perseguendo una strategia volta ad accrescere il proprio potere. L’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 e gli scontri nell’Ucraina orientale sono eventi tragici che sono avvenuti e avvengono alle porte dell’Unione. In particolare i paesi dell’UE che hanno subìto la repressione nell’Unione sovietica si aspettano che l’Unione europea si mostri solidale con l’Ucraina.

I cittadini auspicano che l’UE provveda con efficacia alla sicurezza dei suoi Stati membri. L’Unione deve collaborare in modo costruttivo con le regioni situate fuori dai suoi confini: Nord Africa, Balcani, Caucaso, Medio Oriente. Deve inoltre tutelare i suoi interessi militari e strategici collaborando con i suoi alleati, in particolar modo nell’ambito della NATO, e definendo un’autentica politica europea in materia di sicurezza e difesa.

La sicurezza interna e la sicurezza esterna rappresentano due facce della stessa medaglia. Per lottare contro il terrorismo e la criminalità organizzata è necessario che le forze di polizia di tutti i paesi dell’Unione europea operino in stretta collaborazione. Dal 2015 la ricerca di soluzioni comuni a livello europeo nei settori dell’asilo e dell’immigrazione è una priorità dell’agenda UE, in quanto l’Europa deve far fronte a un afflusso senza precedenti di rifugiati in fuga dalla fame, dalla guerra e da regimi dittatoriali.

Una delle nuove sfide è fare dell’Europa uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, in cui i cittadini abbiano pari accesso alla giustizia e siano uguali di fronte alla legge; per vincerla occorre una cooperazione rafforzata fra gli Stati. Anche organi quali Europol (l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto) ed Eurojust (che promuove il coordinamento fra magistrati, giudici e funzionari di polizia dei diversi paesi dell’UE) possono assumere un ruolo più attivo.

IV. SOLIDARIETÀ ECONOMICA E SOCIALE

L’Unione europea è stata creata per conseguire obiettivi politici, che persegue mediante la cooperazione economica.

Per garantire la crescita economica e far fronte alla concorrenza delle altre grandi economie mondiali, i paesi europei, il cui peso demografico è in costante diminuzione su scala globale, devono restare uniti. Nessuno Stato membro dell’Unione europea è da solo sufficientemente forte da influire sulle decisioni politiche che riguardano l’economia mondiale. Per conseguire economie di scala e conquistare nuovi clienti, le imprese europee necessitano di una base più ampia rispetto al proprio mercato interno nazionale, ed è il mercato unico europeo a fornirla. Per permettere a quante più persone di beneficiare di questo mercato europeo di oltre 510 milioni di consumatori, l’UE sta cercando di rimuovere gli ostacoli al commercio adoperandosi per liberare le imprese da un’eccessiva burocrazia.

Ma una concorrenza libera a livello europeo deve essere controbilanciata da una solidarietà a pari livello. I vantaggi per i cittadini europei sono tangibili: ad esempio, in caso di alluvioni o di altre catastrofi naturali, si può attingere al bilancio dell’Unione per portare assistenza alle persone colpite. I «Fondi strutturali», gestiti dalla Commissione europea, favoriscono ed integrano gli interventi attuati dalle autorità nazionali e regionali per ridurre le disparità fra le diverse regioni d’Europa. Il bilancio dell’Unione europea e i prestiti della Banca europea per gli investimenti contribuiscono a sviluppare le infrastrutture di trasporto europee (ad esempio attraverso l’ampliamento della rete autostradale e della rete ferroviaria ad alta velocità), rompendo l’isolamento delle regioni periferiche e incentivando gli scambi transeuropei.

La crisi finanziaria mondiale del 2008 ha provocato la maggiore flessione economica della storia dell’UE. I governi e le istituzioni dell’UE hanno dovuto agire prontamente per salvare alcune banche e l’Unione ha fornito assistenza finanziaria ai paesi maggiormente colpiti. I programmi di assistenza per Cipro, Irlanda, Portogallo e Spagna sono stati efficaci e, anche grazie a riforme nazionali spesso difficili, sono stati portati a compimento, quasi tutti nel 2014. La Grecia ha incontrato maggiori difficoltà nell’attuare le necessarie riforme strutturali nel suo settore pubblico; al termine di complessi negoziati sul debito pubblico, nell’estate del 2015 sono stati conclusi con questo paese nuovi accordi sulle riforme.

Nonostante la particolare situazione della Grecia, la condivisione di una moneta unica ha contribuito a proteggere la zona euro dalla speculazione e dalla svalutazione durante la crisi. L’UE e i suoi Stati membri hanno operato congiuntamente per cercare di ridurre il proprio debito pubblico. La grande sfida per i paesi europei negli anni a venire sarà quella di uscire dalla recessione in maniera tale che nascano nuovi posti di lavoro sostenibili, in particolare nei settori delle tecnologie digitali e delle tecnologie verdi.

Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea.

La solidarietà economica e sociale è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione europea e della Commissione, guidata da Jean-Claude Juncker.

V. IDENTITÀ E DIVERSITÀ EUROPEE IN UN MONDO GLOBALIZZATO

Le società postindustriali europee diventano sempre più complesse. Il tenore di vita continua a crescere, ma persiste un notevole divario fra ricchi e poveri, che può essere ulteriormente acuito da fattori quali la recessione economica, la delocalizzazione dell’industria, l’invecchiamento della popolazione e i problemi riguardanti le finanze pubbliche. È importante che gli Stati membri dell’Unione collaborino per far fronte a queste sfide.

Ma collaborare non significa cancellare l’identità culturale e linguistica dei singoli paesi. Al contrario, molte attività dell’Unione promuovono una crescita economica basata proprio su elementi regionali unici e sulla ricchezza delle diverse tradizioni e culture d’Europa, dalla gastronomia regionale al turismo e all’arte. Grazie alle tecnologie digitali la diversità culturale diventerà un fattore ancora più forte, in quanto sarà tecnicamente più facile distribuire prodotti culturali a carattere locale.

Un coro di bambini canta con l’insegnante.

Unita nella diversità: insieme è possibile raggiungere traguardi più alti.

Sessantacinque anni di integrazione europea insegnano che l’unione fa davvero la forza: con iniziative comuni ed esprimendosi con un’unica voce l’Unione europea ha molto più peso economico, sociale, tecnologico, commerciale e politico di quanto ne avrebbe se i suoi Stati membri agissero singolarmente.

Altre potenze mondiali, quali la Cina e gli Stati Uniti, tentano di influenzare le regole dell’economia mondiale. È dunque più importante che mai che gli Stati membri dell’UE si riuniscano tra loro dando vita a una «massa critica» e mantenendo così la loro influenza sulla scena mondiale. Nella pratica tale influenza è esercitata ad esempio attraverso il ruolo svolto dall’UE nei negoziati internazionali sulle regole commerciali. I paesi dell’Unione hanno definito di comune accordo molti principi e norme tecniche che incidono sulla vita quotidiana dei loro cittadini e che fungono da modello per molte altre regioni del mondo. Ne sono un esempio le norme in materia di salute e sicurezza, la promozione delle fonti di energia rinnovabili, il «principio di precauzione» per la sicurezza alimentare, gli aspetti etici delle nuove tecnologie e così via. L’UE inoltre rimane all’avanguardia negli sforzi internazionali per combattere il riscaldamento globale.

In tutto il mondo i valori europei si manifestano anche attraverso la cooperazione allo sviluppo e gli aiuti umanitari gestiti dall’Unione.

L’antico detto «l’unione fa la forza» è più pertinente che mai per gli europei di oggi.

VI. I VALORI DELL’EUROPA

L’Unione europea promuove valori umanitari e di progresso e si adopera affinché l’umanità possa beneficiare dei grandi cambiamenti planetari attualmente in corso e non esserne vittima. Le forze del mercato o l’azione unilaterale dei singoli paesi non bastano a soddisfare le esigenze dei cittadini.

L’Unione sostiene quindi una visione umanista e un modello sociale che la stragrande maggioranza dei suoi cittadini sente di condividere. I diritti umani, la solidarietà sociale, la libertà d’impresa, l’equa distribuzione della ricchezza, il diritto a un ambiente tutelato, il rispetto delle diversità culturali, linguistiche e religiose, un’armoniosa combinazione di progresso e tradizioni costituiscono per gli europei un ricco patrimonio di valori comuni.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza nel dicembre 2000, è uno strumento giuridicamente vincolante che sancisce tutti i diritti attualmente riconosciuti da tutti gli Stati membri e dai loro cittadini. I valori e i diritti condivisi contribuiscono ad accomunare gli europei in un sentimento di fratellanza. A titolo di esempio: tutti i paesi dell’Unione europea hanno abolito la pena di morte.

Capitolo 2: Dodici tappe storiche

Capitolo 2: Dodici tappe storiche
  1. Il 9 maggio 1950 è proposta, con la dichiarazione Schuman, la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, che si concretizza con il trattato di Parigi del 18 aprile 1951. Creando un mercato comune del carbone e dell’acciaio, i sei paesi fondatori (Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Repubblica federale di Germania) intendono anzitutto garantire la pace fra i vincitori e i vinti della Seconda guerra mondiale, associandoli e inducendoli a cooperare in un quadro istituzionale comune improntato al principio dell’uguaglianza.
  2. I «sei» decidono poi di dare vita, con i trattati di Roma del 25 marzo 1957, alla Comunità europea dell’energia atomica e alla Comunità economica europea. Quest’ultima avrebbe implicato la creazione di un mercato comune più ampio, comprendente tutta una serie di beni e servizi. I dazi doganali tra i sei paesi sono aboliti il 1o luglio 1968 e già negli anni sessanta sono perseguite politiche comuni, prime fra tutte la politica agricola e quella commerciale.
  3. Il successo è tale che Danimarca, Irlanda e Regno Unito decidono di aderire. Il primo allargamento, da sei a nove membri, avviene nel 1973. Ad esso si accompagnano nuove politiche in ambito sociale ed ambientale e l’istituzione, nel 1975, del Fondo europeo di sviluppo regionale.
Foto di archivio di Robert Schuman mentre rilascia la sua famosa dichiarazione a Parigi il 9 maggio 1950.

Il 9 maggio 1950 il ministro francese degli Affari esteri, Robert Schuman, espone per la prima volta pubblicamente le idee che porteranno alla nascita dell’Unione europea. Il 9 maggio si celebra la «Giornata dell’Europa».

  1. Il giugno del 1979 segna una tappa fondamentale, con la prima elezione del Parlamento europeo a suffragio universale diretto. Queste elezioni si svolgono ogni cinque anni.
  2. Nel 1981 entra a far parte delle Comunità la Grecia, seguita nel 1986 dalla Spagna e dal Portogallo. L’adesione di questi paesi avviene all’indomani della caduta dei rispettivi regimi dittatoriali. Questa espansione delle Comunità nell’Europa meridionale rende ancora più necessario attuare i programmi di aiuto alle regioni.
  3. Agli inizi degli anni ottanta la recessione mondiale alimenta una corrente di «europessimismo». Nel 1985 la Commissione europea, presieduta da Jacques Delors, pubblica un libro bianco che accende nuove speranze. La Comunità decide infatti di completare il mercato interno entro il 1o gennaio 1993. Sancisce tale ambizioso obiettivo l’Atto unico europeo, che viene firmato nel febbraio 1986 ed entra in vigore il 1o luglio 1987.
  4. L’assetto politico del continente subisce una radicale trasformazione con la caduta del muro di Berlino nel 1989, la riunificazione tedesca nell’ottobre 1990, la democratizzazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale liberatisi dal controllo sovietico e l’implosione dell’Unione sovietica nel dicembre 1991.

    Gli Stati membri avviano i negoziati per elaborare un nuovo trattato, che i capi di Stato o di governo adottano a Maastricht nel dicembre 1991. Integrando nel sistema comunitario esistente un regime di cooperazione intergovernativa per alcuni settori (quali ad esempio la politica estera, la giustizia e gli affari interni), il nuovo trattato istituisce l’Unione europea (UE). Il trattato entra in vigore il 1o novembre 1993.

  5. Altri tre paesi — Austria, Finlandia e Svezia — aderiscono all’UE nel 1995, portando a 15 il numero dei membri dell’Unione. L’Europa si trova ad affrontare, in questo periodo, le sfide crescenti della globalizzazione. Le nuove tecnologie e il ricorso sempre più diffuso a Internet stanno trasformando le economie, creando altresì tensioni a livello sociale e culturale.

    Nel frattempo l’Unione sta lavorando al suo più ambizioso progetto di sempre, quello di creare una moneta unica, nell’ottica di semplificare la vita a imprese, consumatori e viaggiatori. Il 1o gennaio 2002 l’euro sostituisce le vecchie monete di 12 paesi dell’UE, che insieme costituiscono la «zona euro». Da questo momento l’euro figura tra le principali valute internazionali.

  6. Verso la metà degli anni novanta iniziano i preparativi per il più vasto allargamento dell’Unione europea. Presentano domanda di adesione sei ex paesi del blocco sovietico (Bulgaria, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria), i tre Stati baltici dell’ex Unione Sovietica (Estonia, Lettonia e Lituania), una repubblica dell’ex Jugoslavia (Slovenia) e due paesi mediterranei (Cipro e Malta).

    Spinta dal desiderio di stabilità sul continente e dall’impulso di estendere a queste giovani democrazie i benefici dell’integrazione europea, l’UE accoglie favorevolmente queste candidature. I negoziati si aprono nel dicembre 1997 e 10 dei paesi candidati fanno il loro ingresso nell’UE il 1o maggio 2004, seguiti da Bulgaria e Romania nel 2007 e dalla Croazia nel 2013. Il numero degli Stati membri dell’UE sale così a 28.

  7. Per poter affrontare le complesse sfide del XXI secolo, l’UE allargata ha bisogno di un metodo più semplice ed efficiente per prendere le proprie decisioni. In un progetto di Costituzione per l’Unione europea, sottoscritto nell’ottobre 2004 e destinato a sostituire tutti i trattati esistenti, sono proposte nuove norme. Questo testo, tuttavia, è respinto nel 2005 da due referendum nazionali tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi.

    La Costituzione è quindi sostituita dal trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1o dicembre 2009. Il documento modifica ma non sostituisce i trattati precedenti e introduce gran parte delle modifiche previste dalla Costituzione. Ad esempio assegna al Consiglio europeo un presidente permanente e istituisce la figura dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza.

Una folla festante celebra sul muro di Berlino il giorno della sua caduta.

La caduta del muro di Berlino nel 1989 ha portato a una graduale eliminazione delle antiche divisioni esistenti in seno al continente europeo.

  1. Le elezioni europee del maggio 2014 segnano una svolta nelle prassi istituzionali dell’UE, in quanto i partiti politici propongono i loro candidati alla presidenza della Commissione europea. Il Consiglio europeo designa il candidato del partito che ha ottenuto il maggior numero di seggi, come previsto dal trattato di Lisbona: è Jean-Claude Juncker, lussemburghese, candidato del Partito popolare europeo, la cui nomina è approvata da una vasta coalizione di parlamentari filoeuropei, di cui fanno parte i gruppi socialista e liberale.

    Alle elezioni del 2014 i partiti euroscettici guadagnano terreno, ottenendo circa un centinaio dei 751 seggi. Questi partiti spesso si oppongono strenuamente alla linea politica prevalente nelle istituzioni dell’Unione e di solito esprimono scetticismo nei confronti dell’integrazione dell’UE e usano toni veementi sul tema dell’immigrazione.

  2. Nel 2008 si manifesta una crisi economica e finanziaria su scala mondiale che conduce alla costituzione di nuovi meccanismi dell’UE per assicurare la stabilità delle banche, ridurre il debito pubblico e coordinare le politiche economiche degli Stati membri, in particolare di quelli che hanno introdotto l’euro. A distanza di anni gli sforzi profusi per realizzare riforme strutturali e apportare miglioramenti ai conti pubblici cominciano finalmente a produrre i loro frutti, generando una nuova crescita economica.

    È in atto il rafforzamento delle politiche economiche dei paesi della zona euro sotto la guida della Commissione e del Consiglio, che oggi dispongono di nuovi strumenti giuridici per applicare gli accordi stipulati dagli Stati membri ai fini del risanamento delle finanze pubbliche. La Banca centrale europea sta aumentando la liquidità e mantenendo molto bassi i tassi di interesse. L’Unione sta inoltre promuovendo nuovi investimenti attraverso il Fondo per gli investimenti strategici, soprattutto nell’ambito dei partenariati pubblico-privati.

Capitolo 3: Allargare l’UE e intrattenere buone relazioni con i vicini

Capitolo 3: Allargare l’UE e intrattenere buone relazioni con i vicini

I. CONDIZIONI DI ADESIONE

a) Requisiti giuridici

Il processo politico ed economico dell’integrazione europea è sempre stato aperto a tutti i paesi d’Europa disposti ad aderire ai trattati e a recepire l’intero acquis dell’UE. Conformemente all’articolo 49 del trattato di Lisbona, ogni Stato europeo che rispetti i principi di libertà e democrazia, i diritti umani, le libertà fondamentali e lo Stato di diritto può chiedere di diventare membro dell’Unione.

b) I «criteri di Copenhagen»

Nel 1993, in seguito alle richieste degli ex paesi comunisti di entrare a far parte dell’Unione, il Consiglio europeo ha stabilito i tre criteri che ciascun paese dovrebbe soddisfare per aderire all’UE. Al momento dell’adesione, i nuovi membri devono possedere:

c) Il processo di adesione all’UE

I negoziati di adesione si svolgono tra ciascun paese candidato e la Commissione europea, che rappresenta l’Unione europea. Una volta terminati i negoziati, la decisione di far entrare nell’UE il paese candidato deve essere presa all’unanimità dagli Stati membri riuniti in sede di Consiglio. Anche il Parlamento europeo deve esprimere il proprio consenso con voto a maggioranza assoluta. Il trattato di adesione deve poi essere ratificato dagli Stati membri e dal paese candidato, ciascuno conformemente alla propria procedura costituzionale.

Durante il periodo dei negoziati, i paesi candidati ricevono di solito un aiuto finanziario «preadesione» dall’UE, affinché possano mettere al passo le loro economie. Normalmente usufruiscono anche di «accordi di stabilizzazione e associazione» con l’UE. Nell’ambito di questi accordi, l’UE monitora direttamente le riforme economiche e amministrative che devono essere realizzate dai paesi candidati al fine di soddisfare le condizioni di adesione all’UE.

II. L’UNIFICAZIONE DI UN CONTINENTE

a) L’Europa dei 28

Il Consiglio europeo di Copenaghen del dicembre 2002 inaugura una delle principali fasi storiche dell’unificazione europea. Nel decidere l’adesione di altri dodici paesi l’UE non solo si espande geograficamente e accresce la sua popolazione ma pone fine alla divisione che dal 1945 separa il continente in due. I paesi europei che, per decenni, non hanno goduto della libertà democratica, hanno finalmente la possibilità di ricongiungersi alla famiglia delle nazioni democratiche europee. Così, nel 2004, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Polonia, la Repubblica ceca, la Slovacchia, la Slovenia e l’Ungheria entrano a far parte dell’Unione europea congiuntamente alle isole del Mediterraneo di Cipro e Malta, cui seguono Bulgaria e Romania nel 2007. La Croazia si associa a questa dinamica candidandosi all’adesione nel 2003 per divenire infine uno Stato membro nel 2013.

Veduta aerea della città di Dubrovnik, in Croazia.

La città croata di Dubrovnik, in italiano nota anche come Ragusa, «perla dell’Adriatico»; la Croazia è per ora l’ultimo Stato ad avere aderito all’Unione europea.

b) Negoziati in corso

La Turchia, paese membro della NATO, da tempo legata all’Unione europea da un accordo di associazione, ha presentato la propria domanda di adesione nel 1987. A causa della posizione geografica e della storia politica di tale paese, l’UE ha esitato a lungo prima di accettarne la candidatura. Nell’ottobre 2005 sono alfine iniziati i negoziati di adesione. Alcuni Stati membri hanno espresso perplessità in merito all’adesione della Turchia all’Unione europea e hanno proposto invece un accordo alternativo, un «partenariato privilegiato». Nel 2015 è stato impresso nuovo slancio ai negoziati quando la Turchia e l’UE hanno concordato di ridurre e controllare il numero dei richiedenti asilo che raggiungono l’UE attraverso la Turchia. L’UE intende continuare ad essere per la Turchia un punto di riferimento per quanto riguarda le riforme politiche e i diritti fondamentali. L’Unione ribadisce che il rispetto di questi valori rimane una condizione non negoziabile per l’adesione.

Anche i paesi dei Balcani occidentali, la maggior parte dei quali apparteneva un tempo alla Jugoslavia, guardano all’Unione europea per accelerare il processo di ricostruzione economica, migliorare le relazioni reciproche, a lungo compromesse da guerre etniche e religiose, e rafforzare le proprie istituzioni democratiche. L’UE ha riconosciuto lo status di «paese candidato» all’Albania, all’ex repubblica Jugoslava di Macedonia, al Montenegro e alla Serbia. La Bosnia-Erzegovina ha presentato domanda di adesione nel 2016. Il Kosovo (tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo) ha dichiarato la propria indipendenza nel 2008 e potrebbe anch’esso diventare un paese candidato una volta conclusi i negoziati in corso su quello che sarà il suo futuro.

Sono stati avviati i negoziati formali di adesione con il Montenegro e la Serbia.

L’Islanda, duramente colpita dalla crisi finanziaria del 2008, aveva chiesto nel 2009 di diventare uno Stato membro dell’UE. I negoziati di adesione sono stati interrotti nel 2013 su richiesta dell’Islanda stessa. La ripresa dell’economia del paese ha frenato l’entusiasmo dell’opinione pubblica nazionale nei confronti del possibile ingresso nell’UE.

Nel suo discorso inaugurale al Parlamento europeo del 2014, Jean-Claude Juncker ha annunciato che non vi saranno nuove adesioni durante la sua presidenza, che si concluderà nel 2019.

III. FIN DOVE SI DICE EUROPA

a) Frontiere geografiche

Dal dibattito pubblico sul futuro dell’UE emergono i dubbi di molti cittadini europei in merito ai confini dell’Unione europea e al concetto di identità europea. Non esistono risposte semplici a tali interrogativi, tanto più che ogni paese ha una visione diversa dei propri interessi geopolitici ed economici. I paesi baltici e la Polonia si sono espressi a favore dell’adesione dell’Ucraina all’UE ma il conflitto tra questo paese e la Russia, culminato nell’annessione della Crimea alla Federazione russa, ha creato tensioni geopolitiche che rendono poco realistica tale eventualità. Inoltre la posizione strategica della Moldova evidenzia le tensioni esistenti tra i paesi occidentali e una Russia che persegue vigorosamente le proprie ambizioni regionali.

Il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera, pur soddisfacendone le condizioni, non hanno aderito all’UE, in linea con l’opinione pubblica dei loro paesi.

In diversi paesi dell’UE l’opinione pubblica è più o meno divisa in merito alla questione delle frontiere ultime dell’Unione europea. Se si applicassero esclusivamente criteri geografici, senza tener conto dei valori democratici, l’Unione potrebbe, come avviene per il Consiglio d’Europa (che non è organismo dell’UE), raggiungere il numero di 47 Stati membri.

Un approccio ragionevole consiste nell’affermare che ogni paese europeo ha il diritto di presentare la propria domanda di adesione all’Unione europea purché sia disposto a recepire l’intero acquis dell’UE e ad adottare l’euro. Ogni tentativo di fissare definitivamente i confini dell’Unione sarebbe in contrasto con il continuo processo di integrazione europea in atto dal 1950.

b) Politica di vicinato

Gli allargamenti del 2004 e del 2007 hanno spinto più a sud e più a est i confini dell’UE, per cui è sorta la questione della gestione delle relazioni con i nuovi paesi vicini. Nelle regioni oltre i suoi confini la stabilità e la sicurezza rappresentano un problema e l’Unione voleva evitare l’emergere di nuove linee di demarcazione tra se stessa e le regioni vicine. L’UE si è dunque ritrovata a dover affrontare una serie di minacce emergenti che incombono sulla sicurezza, quali l’immigrazione clandestina, l’interruzione dell’approvvigionamento energetico, il degrado ambientale, la criminalità organizzata transfrontaliera e il terrorismo. Per tale ragione l’UE ha sviluppato una nuova politica europea di vicinato al fine di regolare i rapporti con i paesi vicini a est e sud-est (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina) e a sud (Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria, Territori palestinesi occupati e Tunisia).

Dal 2004 quasi tutti questi paesi hanno sottoscritto accordi bilaterali di «partenariato e cooperazione» o accordi di associazione con l’Unione che li vincolano a valori comuni (quali la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto) e al progresso verso un’economia di mercato, lo sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà. L’Unione europea, dal canto suo, offre assistenza finanziaria, tecnica e macroeconomica, un più facile accesso ai visti e varie misure a sostegno dello sviluppo di tali paesi.

Tuttavia i recenti sviluppi geopolitici hanno drasticamente mutato la situazione.

Ad est la caduta del governo autoritario dell’Ucraina ha condotto, nel maggio 2014, all’elezione di un nuovo presidente, Petro Poroschenko, più vicino ai valori occidentali. Ne è seguita la sottoscrizione di un accordo di associazione tra l’Ucraina e l’UE nel settembre 2014. La difficile congiuntura economica e gli scontri militari tra le forze ucraine e gruppi separatisti sostenuti dalla Russia hanno gettato il paese in una situazione molto delicata, che tuttavia non impedisce il rafforzamento dei legami con l’Unione. Tra il 2014 e il 2015 l’UE ha fornito all’Ucraina assistenza finanziaria per oltre 7 miliardi di euro vincolati a una serie di riforme politiche e democratiche.

La «primavera araba» del 2011 ha determinato notevoli mutamenti nella situazione politica sulla sponda meridionale del Mediterraneo e in Medio Oriente: il cambiamento di regime in Tunisia e in Egitto, la guerra civile in Siria, la situazione di caos in Libia dopo il rovesciamento del regime di Gheddafi e la nascita del cosiddetto «Stato islamico» o «Daesh» che, con atti terroristici, ha assunto il controllo di vaste zone della Siria e dell’Iraq.

Alcuni paesi dell’UE fanno parte della coalizione militare che combatte il cosiddetto «Stato islamico» o Daesh; l’Unione sta inoltre fronteggiando un massiccio afflusso di migranti in fuga dalla Siria, dal Corno d’Africa e dall’Africa sub-sahariana per sottrarsi a conflitti e persecuzioni religiose o alla povertà. Nel 2015 circa un milione di persone è partito dalle coste libiche o turche nel tentativo di attraversare il Mediterraneo a bordo di imbarcazioni fornite da trafficanti di esseri umani. Di fronte a questa catastrofe umanitaria l’Unione sta rivedendo la propria politica comune in materia di asilo e immigrazione (cfr. il capitolo 10).

Un operaio partecipa alla costruzione di un nuovo ponte.

L’UE fornisce un sostegno finanziario per aiutare i paesi vicini a migliorare la loro economia.

Capitolo 4: Come funziona l’Unione europea?

Capitolo 4: Come funziona l’Unione europea?

I. GLI ORGANI DECISIONALI

L’Unione europea, pur non essendo uno Stato federale, è qualcosa di più di una semplice confederazione di paesi. In effetti la sua struttura non rientra in nessuna categoria giuridica classica. Si tratta di un fenomeno storicamente unico e il sistema decisionale è in costante evoluzione da sessant’anni a questa parte.

I trattati (che costituiscono il «diritto primario») sono la base di un vasto corpo di atti normativi (il cosiddetto «diritto derivato») che incide direttamente sulla vita quotidiana dei cittadini europei. Il diritto derivato comprende principalmente regolamenti, direttive e raccomandazioni adottate dalle istituzioni europee.

Questi atti legislativi e, in maniera più generale, le politiche dell’Unione sono il risultato delle decisioni adottate dal Parlamento europeo (che rappresenta i cittadini), dal Consiglio (che rappresenta i governi nazionali) e dalla Commissione europea (l’organo esecutivo indipendente dai governi e garante dell’interesse comune degli europei). Anche altre istituzioni e organismi svolgono un ruolo preciso, come indicato di seguito.

a) Il Parlamento europeo

Il Parlamento europeo è l’organo eletto che rappresenta i cittadini dei paesi membri dell’Unione. Esercita un controllo sulle attività dell’UE e, congiuntamente al Consiglio, produce la legislazione dell’Unione. Dal 1979 i deputati europei sono eletti a suffragio universale diretto ogni cinque anni.

Nel 2017 è stato eletto presidente del Parlamento l’italiano Antonio Tajani (Partito popolare europeo — Democratici cristiani), che resterà in carica per un periodo di due anni e mezzo.

Una deputata alza la mano al Parlamento europeo.

Parlamento europeo: il luogo dove è possibile far sentire la propria voce.

Numero di seggi nel Parlamento europeo attribuiti per paese

Austria 18
Belgio 21
Bulgaria 17
Cipro 6
Croazia 11
Danimarca 13
Estonia 6
Finlandia 13
Francia 74
Germania 96
Grecia 21
Irlanda 11
Italia 73
Lettonia 8
Lituania 11
Lussemburgo 6
Malta 6
Paesi Bassi 26
Polonia 51
Portogallo 21
Regno Unito 73
Repubblica ceca 21
Romania 32
Slovacchia 13
Slovenia 8
Spagna 54
Svezia 20
Ungheria 21
Totale 751

Il Parlamento tiene i suoi principali dibattiti nel corso di riunioni mensili (conosciute come «sessioni plenarie») che vedono, in linea di principio, la partecipazione di tutti i deputati europei. Le sessioni plenarie si tengono normalmente a Strasburgo, in Francia, mentre le eventuali sessioni aggiuntive si svolgono a Bruxelles. Anche i lavori preparatori sono generalmente condotti a Bruxelles: la «Conferenza dei presidenti» — composta dai presidenti dei gruppi politici unitamente al presidente del Parlamento — stabilisce l’ordine del giorno delle sessioni plenarie, mentre le 20 commissioni parlamentari elaborano gli emendamenti legislativi che devono essere discussi. Il lavoro amministrativo giornaliero del Parlamento è svolto dal segretariato generale, con sede a Lussemburgo e Bruxelles. Anche i gruppi politici hanno il proprio segretariato.

Il Parlamento europeo esercita la funzione legislativa in base a due procedure:

Il Parlamento europeo condivide inoltre con il Consiglio il potere di adottare il bilancio (proposto dalla Commissione europea). Esso ha la facoltà di respingere il bilancio proposto, come ha già fatto più volte in passato. In questo caso l’intera procedura deve ricominciare dal principio. Utilizzando i suoi poteri in materia di bilancio, il Parlamento esercita una considerevole influenza sul processo decisionale dell’UE.

Il Parlamento svolge infine un importante ruolo di controllo democratico sull’Unione e in particolare sulla Commissione europea.

Il Parlamento europeo è eletto ogni cinque anni. Le ottave elezioni a suffragio universale diretto si sono svolte dal 22 al 25 maggio 2014, con la partecipazione del 42,5 % dei 380 milioni di aventi diritto. Questo tasso di affluenza è stato pressoché identico a quello registrato nelle precedenti elezioni del 2009.

Dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona e per la prima volta nel 2014 i partiti paneuropei hanno scelto ciascuno un proprio candidato di punta, peraltro candidato anche alla presidenza della Commissione europea. Il Partito popolare europeo ha ottenuto la maggioranza dei seggi e il suo candidato, Jean-Claude Juncker, ex primo ministro del Lussemburgo, si è aggiudicato la carica di presidente con decisione a maggioranza qualificata del Consiglio europeo, ottenendo una forte maggioranza di voti (422 favorevoli, 250 contrari e 47 astenuti).

Successivamente il Parlamento ha sottoposto a audizione i 27 candidati proposti da ciascuno Stato membro, al fine di valutarne l’idoneità a rivestire l’incarico di commissari, prima di approvare la composizione della Commissione nel suo insieme.

In qualsiasi momento il Parlamento può destituire l’intera Commissione mediante una mozione di censura, che necessita della maggioranza dei due terzi dei voti. Il Parlamento esercita inoltre un controllo sulla gestione quotidiana delle politiche europee mediante interrogazioni orali e scritte alla Commissione e al Consiglio.

I deputati europei e i parlamentari nazionali degli Stati membri spesso operano in stretta collaborazione sia in seno ai partiti politici sia all’interno di organismi specializzati creati all’uopo. Dal 2009 il trattato sull’Unione europea definisce il ruolo dei parlamenti nazionali nell’UE. Essi possono esprimere un parere su tutte le nuove proposte legislative della Commissione e in tal modo garantiscono il rispetto del principio di sussidiarietà, in base al quale l’Unione deve occuparsi di una determinata questione soltanto quando l’intervento a livello europeo risulti più efficiente che non a livello nazionale o regionale.

 

I gruppi politici nel Parlamento europeo

I gruppi politici nel Parlamento europeo.

b) Il Consiglio europeo

Il Consiglio europeo è l’istituzione politica principale dell’UE. È composto dai capi di Stato o di governo — i presidenti e/o i primi ministri — di tutti gli Stati membri dell’UE, oltre al presidente della Commissione europea. Si riunisce normalmente quattro volte l’anno, a Bruxelles. Ha un presidente permanente, incaricato di coordinare il lavoro del Consiglio europeo e di assicurarne la continuità. Il presidente permanente è eletto (mediante voto a maggioranza qualificata dei suoi membri) per un periodo di due anni e mezzo e può essere rieletto una volta. L’ex primo ministro polacco Donald Tusk ricopre tale incarico dal 1o dicembre 2014.

Il Consiglio europeo fissa gli obiettivi dell’UE e stabilisce il percorso per conseguirli. Fornisce impulso alle principali iniziative politiche dell’Unione e adotta decisioni su questioni spinose su cui il Consiglio dei ministri non riesce a trovare un accordo. Il Consiglio europeo affronta altresì gli attuali problemi internazionali attraverso la «politica estera e di sicurezza comune», un meccanismo di coordinamento delle politiche estere degli Stati membri dell’UE.

c) Il Consiglio

Il Consiglio (noto anche come Consiglio dei ministri) è composto dai ministri provenienti dai governi nazionali dell’UE. Ogni Stato membro ne assume a turno la presidenza per un periodo di sei mesi. Ad ogni riunione del Consiglio partecipa un ministro per Stato membro, quello competente a seconda dei temi all’ordine del giorno: affari esteri, agricoltura, industria, trasporti, ambiente ecc.

Presidenze del Consiglio dei ministri

Anno Gennaio-giugno Luglio-dicembre
2017 Malta Estonia
2018 Bulgaria Austria
2019 Romania Finlandia
2020 Croazia Germania
2021 Portogallo Slovenia

Le riunioni del Consiglio dei ministri degli Affari esteri sono presiedute dall’alto rappresentante dell’Unione per gli âffari esteri e la politica di sicurezza, che è anche uno dei vicepresidenti della Commissione. Dal novembre 2014 ricopre tale incarico Federica Mogherini, ex ministro italiano degli Affari esteri.

Il compito principale del Consiglio è approvare gli atti legislativi dell’UE. Di norma, condivide questa responsabilità con il Parlamento europeo. Il Consiglio e il Parlamento europeo condividono inoltre la responsabilità di adottare il bilancio dell’Unione europea. Il Consiglio sottoscrive altresì gli accordi internazionali preventivamente negoziati dalla Commissione.

Il Consiglio delibera a maggioranza semplice, a maggioranza qualificata o all’unanimità a seconda della materia in discussione.

Per questioni di fondamentale importanza, quali quelle in materia fiscale, l’eventuale modifica dei trattati, l’avvio di una nuova politica comune o l’adesione di un nuovo Stato, il Consiglio delibera all’unanimità.

Nella maggioranza degli altri casi si usa il voto a maggioranza qualificata, vale a dire che una decisione del Consiglio è adottata con voto detto di «doppia maggioranza». In tale caso, una decisione è adottata se il 55 % degli Stati membri (cioè 16 su 28) è a favore e se gli stessi rappresentano almeno il 65 % della popolazione dell’Unione europea (circa 332 milioni di cittadini su un totale di 510 milioni).

Con l’introduzione dell’euro è stato istituito in seno al Consiglio un nuovo organo, l’«Eurogruppo», alle cui riunioni partecipano tutti i ministri dell’economia e delle finanze dei 19 paesi della zona euro.

d) La Commissione europea

La Commissione è un’istituzione chiave dell’UE. Da sola ha la facoltà di presentare nuove proposte legislative in ambito UE, che invia al Consiglio e al Parlamento per le discussioni e l’adozione.

I suoi membri restano in carica per cinque anni, sono nominati di comune accordo dagli Stati membri e devono ottenere l’approvazione del Parlamento europeo (come descritto in precedenza). La Commissione risponde del suo operato dinanzi al Parlamento europeo ed è costretta alle dimissioni collettive qualora quest’ultimo voti una mozione di censura nei suoi confronti.

Un «dialogo con i cittadini» in Polonia.

La Commissione europea è l’organo esecutivo dell’UE e i suoi membri devono costantemente prestare ascolto alle richieste dei cittadini: in questa immagine, uno dei «dialoghi con i cittadini».

Vi è un membro della Commissione (commissario) per ciascun paese dell’UE, compresi il presidente della Commissione e l’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, che è uno dei vicepresidenti della Commissione. L’attuale Commissione, presieduta da Jean-Claude Juncker, ha assunto le sue funzioni il 1o novembre 2014. Il presidente Juncker ha nominato sette vicepresidenti incaricati di coordinare l’operato dei commissari e di assicurare che l’azione dell’UE si concentri su alcuni settori individuati come prioritari, quali l’occupazione e la crescita, il mercato unico digitale, l’energia e il cambiamento climatico e l’unione economica e monetaria. Al fine di garantire che la Commissione si concentri sulle priorità principali e rispetti il principio di sussidiarietà, il presidente ha nominato Frans Timmermans primo vicepresidente responsabile della qualità della legislazione e delle relazioni interistituzionali.

La Commissione gode di notevole indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni. Essa agisce nel solo interesse generale dell’Unione e non riceve quindi istruzioni dai governi degli Stati membri. In qualità di custode dei trattati, vigila sull’attuazione, negli Stati membri, dei regolamenti e delle direttive adottati dal Consiglio e dal Parlamento e può adire la Corte di giustizia per esigere il rispetto del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri.

Organo esecutivo dell’UE, la Commissione dà attuazione alle decisioni del Consiglio in relazione, ad esempio, alla politica agricola comune. Dispone di ampi poteri nella gestione delle politiche comuni dell’UE (ricerca e tecnologia, aiuti internazionali, sviluppo regionale) e ne amministra il bilancio.

I commissari si avvalgono di una struttura amministrativa con sede principalmente a Bruxelles e Lussemburgo. Esistono anche diverse agenzie, create per svolgere compiti specifici per la Commissione e dislocate principalmente in altre città europee.

e) La Corte di giustizia

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con sede a Lussemburgo, è composta da un giudice per Stato membro e da undici avvocati generali, che sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per un mandato di sei anni rinnovabile. La loro indipendenza è garantita. La Corte ha il compito di garantire il rispetto del diritto dell’Unione e la corretta interpretazione e applicazione dei trattati.

f) La Banca centrale europea

La Banca centrale europea, con sede a Francoforte, gestisce l’euro e la politica monetaria dell’Unione (cfr. il capitolo 7: «L’euro»). Il suo Consiglio direttivo è composto dai sei membri del Comitato esecutivo e dai governatori delle banche centrali nazionali dei 19 paesi della zona euro. I compiti principali della Banca centrale sono mantenere la stabilità dei prezzi e vigilare sulle banche dell’eurozona. Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia, ricopre la carica di presidente della Banca centrale europea dal 2011.

g) La Corte dei conti

La Corte dei conti europea, istituita nel 1975 e avente sede a Lussemburgo, è composta da un membro per ogni paese dell’Unione, nominato di comune accordo dagli Stati membri per un mandato di sei anni previa consultazione del Parlamento europeo. La Corte dei conti assicura la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese dell’Unione e accerta la sana gestione finanziaria del bilancio dell’UE.

II. ALTRI ORGANISMI

a) Il Comitato economico e sociale europeo

Quando devono adottare decisioni in determinati campi, il Consiglio e la Commissione europea consultano il Comitato economico e sociale europeo. I membri di quest’ultimo sono rappresentanti delle varie componenti sociali ed economiche della società civile organizzata e sono nominati dal Consiglio per cinque anni.

b) Il Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni è composto da rappresentanti degli enti regionali e locali, che sono proposti dagli Stati membri e nominati dal Consiglio per cinque anni. Il Comitato delle regioni deve essere consultato dal Consiglio e dalla Commissione per questioni di pertinenza regionale ma può anche formulare pareri di propria iniziativa.

c) La Banca europea per gli investimenti

La Banca europea per gli investimenti, con sede a Lussemburgo, concede prestiti e garanzie destinati a valorizzare le regioni più arretrate dell’UE e a rafforzare la competitività delle imprese.

d) Il Mediatore europeo

Il Mediatore europeo è eletto dal Parlamento europeo per un mandato rinnovabile di cinque anni. Ha il compito di indagare sulle denunce relative a casi di cattiva amministrazione nelle istituzioni dell’UE. Possono ricorrere al Mediatore europeo i cittadini e le imprese dell’Unione e chiunque risieda in un paese dell’UE. L’ex mediatore irlandese Emily O’Reilly ha assunto la carica di Mediatore europeo nel 2013.

Una persona disabile lavora al computer.

La Corte di giustizia garantisce il pieno rispetto del diritto europeo. Ha ad esempio confermato che è vietata la discriminazione dei lavoratori disabili.

Capitolo 5: Di che cosa si occupa l’Unione europea?

Capitolo 5: Di che cosa si occupa l’Unione europea?

I. POLITICHE DI INNOVAZIONE

Le attività dell’Unione incidono sulla vita quotidiana dei cittadini europei affrontando molte delle sfide reali poste dalla società moderna: protezione dell’ambiente, salute, innovazione tecnologica, energia ecc.

a) Ambiente e sviluppo sostenibile

Dagli anni sessanta gli scienziati mettono in guardia contro l’innalzamento della temperatura del nostro pianeta. I leader politici hanno tardato a reagire ma nel 1988 le Nazioni Unite hanno istituito il «Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico». Questo gruppo di esperti è riuscito ad attirare l’attenzione del mondo sulle conseguenze potenzialmente disastrose del riscaldamento globale, che è provocato dall’emissione di gas nocivi derivanti soprattutto dal consumo di combustibili fossili a base di idrocarburi.

Un pannello solare terrestre in campagna.

L’UE è in prima linea nella lotta per prevenire i cambiamenti climatici e incoraggiare lo sviluppo sostenibile.

Nel 2008 l’Unione europea ha fornito un importante contributo alla lotta contro il cambiamento climatico. Il Consiglio europeo ha deciso che, entro il 2020, l’Unione europea dovrà ridurre le proprie emissioni almeno del 20 % (rispetto ai livelli del 1990), incrementare del 20 % la quota di mercato delle energie rinnovabili e abbattere il consumo energetico totale del 20 %. Nel 2014 i leader dell’UE hanno concordato un obiettivo ancora più ambizioso, ovvero ridurre le emissioni almeno del 40 % rispetto al 1990 entro il 2030. I paesi dell’Unione hanno inoltre agito di concerto e con determinazione per contribuire a far sì che la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, tenutasi a Parigi nel dicembre 2015, sfociasse in un accordo vincolante, adottato da 195 paesi, per contenere il riscaldamento globale entro la soglia dei 2 °C. I paesi più poveri del mondo necessitano di assistenza finanziaria per ridurre le emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatici. A tale fine, tra il 2014 e il 2020 l’Unione fornirà un contributo di almeno 14 miliardi di euro a titolo del Fondo europeo di sviluppo. Il processo politico di ratifica dell’accordo di Parigi da parte dell’UE è stato portato a termine il 4 ottobre 2016, quando il Parlamento europeo ha approvato la ratifica consentendo l’entrata in vigore dell’accordo.

I paesi dell’UE hanno concordato una legislazione vincolante finalizzata a ridurre le emissioni nocive nell’Unione. Gli sforzi sono diretti soprattutto a investire nelle nuove tecnologie con la conseguente creazione di crescita economica e di posti di lavoro. Un sistema di «scambio di quote d’emissione» funzionante su scala dell’UE intende assicurare che le prescritte riduzioni delle emissioni di gas nocivi siano realizzate in modo efficiente.

L’UE si trova inoltre ad affrontare numerose altre questioni ambientali tra cui l’inquinamento acustico, i rifiuti, la protezione degli habitat naturali, i gas di scarico, i prodotti chimici, gli incidenti industriali e la qualità delle acque di balneazione. Essa si adopera inoltre per prevenire le catastrofi naturali e quelle antropiche, come le maree nere o gli incendi forestali.

L’UE sta costantemente migliorando la propria legislazione per garantire una migliore protezione della salute pubblica. Ad esempio la legislazione dell’UE relativa ai prodotti chimici è stata rielaborata, attraverso la sostituzione delle vecchie norme frammentarie con un unico sistema di registrazione, valutazione e autorizzazione dei prodotti chimici denominato REACH. Questo sistema utilizza una base dati centrale gestita dalla nuova Agenzia europea per le sostanze chimiche, con sede a Helsinki. L’obiettivo è prevenire la contaminazione dell’aria, delle acque, del suolo e degli edifici, preservare la biodiversità e migliorare la salute e la sicurezza dei cittadini europei mantenendo al contempo competitiva l’industria europea.

b) Innovazione tecnologica

I fondatori dell’Unione europea avevano intuito che l’Europa, per garantire la prosperità del proprio futuro, avrebbe dovuto mantenere una posizione di leader mondiale nel settore tecnologico. Consapevoli degli enormi vantaggi derivanti da una ricerca comune europea, nel 1958 affiancarono alla Comunità economica europea la Comunità europea per l’energia atomica (Euratom), destinata alla gestione comune, da parte dei paesi dell’UE, dell’energia atomica ad uso civile e dotata di un proprio centro di ricerca, il Centro comune di ricerca, che consta di sette istituti di ricerca.

Tuttavia per stare al passo con la crescente concorrenza a livello globale, la ricerca europea ha dovuto diversificarsi e abbattere le barriere esistenti tra i programmi di ricerca nazionali avvalendosi del lavoro di una grande varietà di scienziati e ricercatori e aiutandoli a trovare le applicazioni industriali per le loro scoperte.

La ricerca comune a livello dell’UE è oggi destinata a completare i programmi di ricerca nazionali e favorisce i progetti che riuniscono più laboratori di vari Stati membri. Essa sostiene inoltre attività di ricerca fondamentali in settori quali la fusione termonucleare controllata (una fonte di energia potenzialmente inesauribile per il XXI secolo) e promuove la ricerca e lo sviluppo tecnologico in settori industriali chiave come l’elettronica e l’informatica, sottoposti alla pressione di una forte concorrenza internazionale.

L’UE ha l’obiettivo di investire nella ricerca il 3 % del proprio PIL. I programmi «quadro» sono il principale strumento di finanziamento della ricerca dell’UE. «Orizzonte 2020» è l’ottavo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico e copre il periodo 2014-2020. Gli oltre 80 miliardi di euro del suo bilancio saranno in gran parte destinati a settori quali la salute, l’alimentazione e l’agricoltura, le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, le nanoscienze, l’energia, l’ambiente, i trasporti, la sicurezza, lo spazio e le scienze socioeconomiche. Altri programmi promuovono la cooperazione internazionale su progetti di ricerca all’avanguardia e forniscono sostegno ai ricercatori e allo sviluppo delle loro carriere.

c) Energia

Attualmente oltre la metà di tutte le fonti di energia dell’UE è di importazione, il che fa dell’Unione il primo importatore di energia al mondo. Gli europei sono vulnerabili di fronte a eventuali problemi di approvvigionamento o ad aumenti dei prezzi provocati da crisi internazionali. In tale contesto, l’UE si sta adoperando per ridurre il consumo di combustibili fossili e invertire la tendenza al riscaldamento globale.

L’UE sta adottando vari provvedimenti, ad esempio per risparmiare energia utilizzandola in maniera più intelligente, sviluppare fonti energetiche alternative (soprattutto le energie rinnovabili) e rafforzare la cooperazione internazionale. Un importante settore d’intervento è il miglioramento dell’isolamento termico degli edifici: proprio in tale ambito nell’UE si utilizza il 40 % dell’energia, che genera a sua volta il 36 % di emissioni nocive quali i gas a effetto serra. Nel campo dell’energia, la R&S in Europa si concentra sull’energia solare, eolica, nucleare e da biomassa.

Un’importante priorità della politica energetica è garantire una migliore connettività delle reti dei trasporti e dell’energia in tutta l’Europa, il che potrebbe condurre a un uso più efficiente dell’energia, sia per motivi tecnici sia per la presenza di mercati comuni. La maggioranza dei progetti che beneficiano del piano di investimenti per l’Europa, varato dal presidente Juncker nel 2014, promuove le tecnologie energetiche efficienti e l’energia pulita e rinnovabile. Ne sono un esempio il collegamento tra le reti energetiche spagnole e portoghese e quelle francesi e il collegamento delle reti nella regione del mar Baltico.

L’Europa agisce anche sulla scena internazionale, soprattutto con la Russia e il Medio Oriente, per garantire la continuità dell’approvvigionamento energetico.

Una stazione di compressione del gas.

È necessaria una migliore interconnessione delle reti energetiche di tutta Europa per garantire un approvvigionamento energetico più sicuro ed efficiente.

II. POLITICHE DI SOLIDARIETÀ

Per assicurare il corretto funzionamento del mercato unico (cfr. il capitolo 6), è necessario correggerne gli eventuali squilibri. Tale è lo scopo delle «politiche di solidarietà» dell’Unione europea, destinate ad aiutare le regioni meno sviluppate e i settori dell’economia in difficoltà. L’UE contribuisce inoltre alla ristrutturazione delle industrie duramente colpite dalla concorrenza internazionale in rapida crescita.

a) Aiuti a finalità regionale e politica di coesione

Nel contesto del bilancio 2014-2020 dell’UE, con la politica di coesione l’Unione sta investendo 325 miliardi di euro, pari al 34 % del bilancio dell’UE, negli Stati membri, nelle loro regioni e città, per promuovere gli obiettivi generali dell’UE di creazione di crescita e occupazione, di lotta ai cambiamenti climatici e alla dipendenza energetica e di riduzione dell’esclusione sociale.

Tali obiettivi sono finanziati da fondi specifici dell’UE che completano o stimolano gli investimenti del settore privato, dei governi nazionali e delle regioni:

b) La politica agricola comune e la politica comune della pesca

Le finalità della politica agricola comune dell’Unione, come stabilito originariamente nel trattato di Roma del 1957, erano quelle di assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, stabilizzare i mercati, assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori, modernizzare le infrastrutture agricole. Questi obiettivi sono stati largamente conseguiti. Oggi i consumatori possono inoltre contare su approvvigionamenti sicuri e su prezzi stabili, al riparo dalle fluttuazioni che investono il mercato mondiale. La politica agricola comune è finanziata grazie al Fondo europeo agricolo di garanzia e al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

Una giovane donna sorveglia i bambini nel parco giochi di un asilo.

Anna di Lublino, in Polonia, ha potuto realizzare il suo asilo per l’infanzia anche grazie a un progetto per il sostegno all’imprenditoria femminile finanziato dal Fondo sociale europeo.

La politica agricola dell’Unione è diventata però vittima del suo stesso successo: la produzione ha superato i consumi, il che ha generato notevoli costi a carico del bilancio dell’Unione. È stato quindi necessario ridefinire la politica agricola. Tali riforme hanno prodotto risultati: infatti la produzione è stata riportata sotto controllo.

Il mondo agricolo ha ora il compito di garantire un determinato livello di attività economica in ogni territorio rurale e di mantenere la diversità e la sostenibilità dei paesaggi europei. Tale diversità e il riconoscimento di uno «stile di vita rurale», in cui gli uomini vivono in armonia con il territorio, costituiscono una componente importante dell’identità europea. Inoltre l’agricoltura europea deve svolgere un ruolo importante per combattere il cambiamento climatico, proteggere le specie selvatiche e dare sostentamento al mondo.

Sono stati inoltre istituiti regimi di promozione e protezione dei nomi di prodotti agricoli e alimentari locali e regionali di qualità originari dell’UE.

L’Unione europea possiede inoltre una propria politica comune della pesca. Le norme che regolano le modalità di gestione della flotta peschereccia e di conservazione delle riserve ittiche sono fissate a livello europeo.

c) La dimensione sociale

La politica sociale dell’Unione intende correggere gli squilibri più manifesti presenti nella società europea. Il Fondo sociale europeo è stato istituito nel 1961 per favorire la creazione di posti di lavoro e migliorare le possibilità di occupazione dei lavoratori, promuovendone la mobilità professionale e geografica.

Il sostegno finanziario non è tuttavia l’unico strumento di cui dispone l’Unione europea per migliorare le condizioni sociali. Da solo non basterebbe a risolvere tutti i problemi legati alla recessione e al ritardo di alcune regioni. Gli effetti dinamici della crescita devono innanzitutto incoraggiare il progresso sociale, che deve andare di pari passo con una legislazione intesa a garantire una base minima di diritti. Alcuni di questi diritti, come il diritto alla parità di retribuzione fra uomini e donne per lo stesso lavoro, sono sanciti dai trattati, mentre altri sono stabiliti dalle direttive sulla protezione dei lavoratori (salute e sicurezza sul luogo di lavoro) e sulle norme essenziali di sicurezza.

La Carta dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, divenuta parte integrante del trattato sull’Unione europea nel 1997, definisce i diritti di cui devono godere tutti i lavoratori dell’UE: libera circolazione; equa retribuzione; miglioramento delle condizioni di lavoro; protezione sociale; diritto di associazione e di contrattazione collettiva; diritto alla formazione professionale; parità di trattamento tra uomini e donne; informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori; salute e sicurezza sul luogo di lavoro; tutela dei bambini, degli anziani e delle persone disabili.

È in corso un dibattito sulle modalità organizzative dei sistemi di protezione sociale europei in un mercato del lavoro che in futuro sarà sempre più influenzato dalle nuove tecnologie e dalla globalizzazione.

III. IL BILANCIO DELL’UE

Per finanziare le sue politiche l’Unione europea dispone di un bilancio annuale che nel 2017 ammonta a oltre 157 miliardi di euro. Tale importo corrisponde grosso modo all’1 % del reddito nazionale lordo totale di tutti gli Stati membri nel loro complesso.

Il bilancio è finanziato sulla base delle cosiddette «risorse proprie» dell’UE. Tali risorse provengono principalmente:

La ripartizione della spesa può essere illustrata alla luce del bilancio 2017:

Ogni bilancio annuale è parte di un ciclo di bilancio settennale noto come «quadro finanziario pluriennale». Tale quadro è elaborato dalla Commissione europea e necessita dell’approvazione unanime degli Stati membri ma deve essere negoziato e approvato dal Parlamento europeo. Il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 è stato deciso nel 2013. Il limite di spesa complessivo è stato ridotto di circa il 3 % in termini reali rispetto al precedente periodo 2007-2013.

Il piano di spesa tenta di incrementare la crescita e l’occupazione in Europa, incoraggiare un’agricoltura sostenibile e rendere l’Europa ancora più rispettosa dell’ambiente. Sono previsti aumenti dei finanziamenti destinati alla ricerca e all’innovazione, all’istruzione e alla formazione e alle relazioni esterne. Si ricorrerà a linee di finanziamento specifiche per la lotta contro la criminalità e il terrorismo, nonché per le politiche migratorie e di asilo. La spesa per il clima dovrebbe corrispondere ad almeno il 20 % della spesa dell’UE nel periodo 2014-2020.

Dieci priorità per l’Europa

A novembre del 2014 la Commissione europea, guidata da Jean-Claude Juncker, ha fissato le 10 priorità del suo programma di lavoro:

  1. Un nuovo impulso all’occupazione, alla crescita e agli investimenti;
  2. Un mercato unico digitale connesso;
  3. Un’unione dell’energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamento climatico;
  4. Un mercato interno più profondo e più equo con una base industriale più solida;
  5. Un’unione economica e monetaria più profonda e più equa;
  6. Un accordo realistico e equilibrato di libero scambio con gli Stati Uniti;
  7. Uno spazio di giustizia e di diritti fondamentali basato sulla reciproca fiducia;
  8. Una nuova politica della migrazione;
  9. Un ruolo più incisivo a livello mondiale;
  10. Un’Unione di cambiamento democratico.

Chi fa cosa? Modalità di condivisione delle responsabilità tra l’UE e i suoi Stati membri

L’Unione europea ha la responsabilità esclusiva nei seguenti settori:
  • unione doganale
  • norme che regolano la concorrenza all’interno del mercato unico
  • politica monetaria dei paesi che utilizzano l’euro
  • conservazione delle risorse biologiche marine nel quadro della politica comune della pesca
  • politica commerciale comune
  • conclusione di accordi internazionali laddove ciò sia previsto dalla legislazione dell’UE
L’Unione europea e i suoi Stati membri condividono la responsabilità nei seguenti settori:
  • mercato unico
  • aspetti della politica sociale definiti nel trattato di Lisbona
  • coesione economica e sociale
  • agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche marine
  • ambiente
  • protezione dei consumatori
  • trasporti
  • reti transeuropee
  • energia
  • creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia
  • problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel trattato di Lisbona
  • ricerca, sviluppo tecnologico e spazio
  • cooperazione per lo sviluppo e aiuti umanitari
Settori che rimangono di competenza degli Stati membri e nei quali l’UE può svolgere un ruolo di sostegno o coordinamento:
  • tutela e miglioramento della salute umana
  • industria
  • cultura
  • turismo
  • istruzione, formazione professionale, gioventù e sport
  • protezione civile
  • cooperazione amministrativa

Capitolo 6: Il mercato unico

Capitolo 6: Il mercato unico

I. LA REALIZZAZIONE DELL’OBIETTIVO DEL 1993

a) Il mercato comune originario

Il trattato del 1957 che istituisce la Comunità economica europea permette di abolire le barriere doganali tra gli Stati membri e di applicare una tariffa doganale comune alle importazioni provenienti dai paesi extracomunitari. Tale obiettivo è raggiunto il 1o luglio 1968.

Tuttavia i dazi doganali rappresentano soltanto un aspetto del protezionismo. Negli anni settanta altri ostacoli agli scambi impediscono la completa realizzazione del mercato comune. Norme di natura tecnica, prescrizioni in materia di salute e sicurezza, controlli sui cambi e normative nazionali riguardanti il diritto di esercitare determinate professioni limitano la libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali.

b) L’obiettivo del 1993

Nel giugno 1985 la Commissione, presieduta da Jacques Delors, pubblica un libro bianco che definisce le strategie per l’abolizione, entro sette anni, di tutti gli ostacoli fisici, tecnici e fiscali alla libera circolazione in seno alla CEE. L’obiettivo è quello di stimolare l’espansione del commercio e dell’attività industriale all’interno del «mercato unico», un ampio spazio economico unificato, all’altezza del mercato statunitense.

I negoziati tra i governi degli Stati membri conducono a un nuovo trattato, l’Atto unico europeo, entrato in vigore nel luglio 1987. Esso prevede:

II. PROGRESSI REALIZZATI NELLA REALIZZAZIONE DEL MERCATO UNICO

a) Ostacoli fisici

All’interno dell’Unione europea sono stati aboliti tutti i controlli alle frontiere sulle merci e i controlli doganali sulle persone. Sono tuttavia ancora effettuati controlli puntuali di polizia nel quadro della lotta contro la droga e la criminalità.

Nel giugno 1985 cinque dei dieci Stati membri firmano l’accordo di Schengen, in base al quale le forze nazionali di polizia di questi paesi si impegnano a collaborare ed è varata una politica comune in materia di asilo e visti. L’accordo rende possibile la totale abolizione dei controlli sulle persone alle frontiere tra i paesi Schengen (cfr. capitolo 10: «Un’Europa di libertà, sicurezza e giustizia»). Oggi lo spazio Schengen è composto da 26 paesi europei, tra cui quattro che non sono membri dell’Unione europea (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera).

b) Ostacoli tecnici

I paesi dell’Unione hanno concordato il riconoscimento reciproco delle norme sulla vendita di gran parte delle merci. A partire dalla storica sentenza della Corte di giustizia europea «Cassis de Dijon», del 1979, qualsiasi prodotto fabbricato e commercializzato legittimamente in uno Stato membro deve poter essere immesso sul mercato di tutti gli altri Stati membri.

Nel caso dei servizi, i paesi dell’UE riconoscono reciprocamente o coordinano le proprie norme nazionali consentendo alle persone di esercitare professioni nell’ambito del diritto, della medicina, del turismo, delle banche e delle assicurazioni. La libera circolazione delle persone non è tuttavia ancora completa. Nonostante la direttiva del 2005 sul riconoscimento delle qualifiche professionali, i cittadini che intendano stabilirsi in un altro Stato membro dell’UE o esercitarvi determinate attività incontrano ancora diversi ostacoli. Tuttavia chiunque sia in possesso di una qualifica professionale (che si tratti di avvocati, medici, imprenditori edili o idraulici) è sempre più libero di esercitare la propria professione ovunque in seno all’Unione europea.

La Commissione europea ha adottato provvedimenti per favorire la mobilità dei lavoratori e soprattutto per garantire che i titoli di studio e le qualifiche professionali conseguiti in uno Stato membro siano riconosciuti in tutti gli altri.

Alcuni lavoratori svolgono temporaneamente la propria attività in un altro paese dell’UE: è quanto avviene ad esempio quando un’impresa edile realizza un progetto in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede. La normativa dell’UE prevede che ai cosiddetti «lavoratori distaccati» si applichino le medesime condizioni di lavoro di quelle degli altri lavoratori nel paese in cui è fornita la prestazione di lavoro.

c) Ostacoli fiscali

Gli ostacoli fiscali sono stati ridotti allineando parzialmente le aliquote IVA nazionali. Gli Stati membri hanno concordato norme e aliquote minime comuni per evitare distorsioni della concorrenza tra un paese e l’altro all’interno dell’UE.

d) Appalti pubblici

Gli appalti di lavoro nel settore pubblico sono una componente importante dell’economia, visto che rappresentano il 19 % del PIL. Alle gare d’appalto possono partecipare offerenti di qualsiasi paese dell’Unione. Ciò grazie alle direttive dell’UE sugli appalti pubblici di servizi, forniture e lavori in settori quali l’acqua, l’energia e le telecomunicazioni.

Il mercato unico apporta benefici a tutti i consumatori. Ad esempio l’apertura dei mercati nazionali dei servizi ha consentito di ridurre le tariffe delle telefonate a una frazione del prezzo di dieci o quindici anni fa. Le tariffe dei voli in Europa sono diminuite in maniera significativa sotto la spinta della concorrenza.

III. ATTIVITÀ IN CORSO

a) Servizi finanziari

Nel 2008, a seguito della crisi dei mutui «subprime» negli Stati Uniti, una pesante crisi finanziaria ha turbato le economie e i sistemi bancari mondiali, facendo piombare nel 2009 l’Unione europea in una recessione. In risposta a tale crisi è stata attuata, tra l’altro, una riforma delle modalità di funzionamento del sistema bancario e finanziario in modo da renderlo più trasparente e responsabile. Ciò è stato possibile grazie alla creazione dell’«unione bancaria». Nuove regole dell’UE assicurano una maggiore protezione dei depositi bancari, aumentano l’importo del capitale che le banche devono possedere a garanzia di una loro maggiore stabilità, disciplinano i prodotti finanziari complessi e pongono limiti ai bonus dei dirigenti bancari. Le banche della zona euro sono soggette a vigilanza europea sotto la supervisione della Banca centrale europea. Inoltre sono state introdotte nuove regole che disciplinano la risoluzione delle banche in dissesto. Grazie a uno speciale fondo, oggi i costi di queste operazioni sono posti a carico degli istituti bancari e non dei contribuenti.

I leader europei si stanno adoperando per rafforzare ulteriormente il mercato unico dei capitali. L’obiettivo è consentire alle piccole imprese di finanziare più facilmente le proprie attività e di rendere più appetibili gli investimenti sul territorio europeo.

Sono inoltre in fase di discussione alcune riforme della tassazione societaria. L’idea di fondo è che gli Stati membri dell’UE dovrebbero definire norme comuni sulle modalità di calcolo della base imponibile delle società. I paesi manterrebbero aliquote d’imposta diverse, ma le norme comuni avrebbero per effetto di ridurre drasticamente i costi sostenuti dalle imprese che operano a livello transfrontaliero e di arginare l’elusione fiscale. Inoltre i singoli paesi non avrebbero più la possibilità di concludere con le imprese accordi fiscali vantaggiosi al fine di attrarre investimenti esteri.

Un uomo usa il suo smartphone.

Aprendo il mercato delle telecomunicazioni alla concorrenza, l’UE ha determinato notevoli riduzioni dei prezzi.

b) Pirateria e contraffazione

È necessario proteggere i prodotti dell’UE dalla pirateria e dalla contraffazione. La Commissione europea ritiene che ogni anno nell’UE tali pratiche comportino una perdita di migliaia di posti di lavoro ed è per tale ragione che, in collaborazione con gli Stati membri, si adopera per rafforzare la tutela dei diritti d’autore e dei brevetti.

IV. POLITICHE A SOSTEGNO DEL MERCATO UNICO

a) Trasporti

Le attività dell’Unione europea si sono concentrate sulla libera prestazione di servizi di trasporto terrestre. Ciò significa, in particolare, dare alle imprese di trasporti libero accesso al mercato dei trasporti internazionali e consentire ai trasportatori di qualunque paese dell’UE di svolgere la propria attività all’interno di tutti gli altri Stati membri. L’Unione europea sta inoltre lavorando per assicurare una concorrenza leale nel settore dei trasporti su strada, ad esempio armonizzando le norme sulle qualifiche per l’esercizio della professione e l’accesso al mercato, sulla libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, sui periodi di guida e sulla sicurezza stradale.

In passato il trasporto aereo in Europa era dominato dalle compagnie di bandiera e da aeroporti di proprietà dello Stato, ma il mercato unico ha cambiato completamente la situazione. Tutte le compagnie aeree europee possono oggi operare servizi aerei su qualsiasi rotta all’interno dell’UE, nonché fissare le proprie tariffe liberamente. Di conseguenza è stato aperto un gran numero di nuove rotte e i prezzi sono scesi radicalmente, a vantaggio di passeggeri, compagnie aeree, aeroporti e lavoratori.

Allo stesso modo, i passeggeri stanno beneficiando di una maggiore concorrenza tra le società ferroviarie.

I trasporti marittimi sono soggetti alle norme europee sulla concorrenza, che si applicano sia alle società europee sia a quanti battono la bandiera di un paese extra-comunitario. Tali norme intendono combattere le pratiche tariffarie sleali (bandiere di comodo) e affrontare le difficoltà in cui attualmente si imbatte l’industria cantieristica in Europa.

L’Unione europea ha finanziato nuovi e ambiziosi progetti tecnologici quali il sistema di navigazione satellitare Galileo, il sistema europeo di gestione del traffico ferroviario e SESAR, un programma per la modernizzazione dei sistemi di navigazione aerea. Le norme sulla sicurezza della circolazione stradale (in ambiti quali la manutenzione dei veicoli, il trasporto di merci pericolose e la sicurezza delle strade) sono state notevolmente inasprite. Anche i diritti dei passeggeri sono meglio tutelati grazie all’attuazione di un insieme completo di diritti in tutte le modalità di trasporto (stradale, aereo, ferroviario e per via navigabile). I passeggeri dell’UE, inclusi i passeggeri con disabilità o a mobilità ridotta, devono disporre di un accesso tempestivo a servizi di assistenza, a informazioni accurate e, in talune circostanze, a un indennizzo in caso di soppressione del viaggio o di forti ritardi. Gli investimenti nelle infrastrutture di trasporto rappresentano una delle principali priorità del piano di investimenti per l’Europa varato nel 2014.

Un’impiegata di banca esamina l’andamento dei mercati finanziari sugli schermi dei suoi computer.

Con l’«unione bancaria» l’UE ha introdotto norme più severe per garantire il funzionamento sicuro del sistema bancario.

b) Concorrenza

La politica di concorrenza dell’UE è essenziale per garantire che, all’interno del mercato unico europeo, la concorrenza non sia solo libera ma anche leale. La Commissione europea si occupa dell’attuazione di questa politica e, congiuntamente alla Corte di giustizia, assicura che venga rispettata.

Questa politica mira a garantire che tutte le imprese competano sul mercato unico su base equa e paritaria, a vantaggio dei consumatori, delle aziende e dell’economia europea nel suo complesso.

Qualsiasi accordo nel quadro delle norme del trattato deve essere notificato alla Commissione europea dalle imprese o dagli enti interessati. Inoltre deve essere notificata alla Commissione qualsiasi operazione di fusione o di acquisizione che potrebbe dare luogo a una posizione dominante in un determinato mercato. La Commissione può imporre direttamente un’ammenda a qualunque impresa che violi le norme in materia di concorrenza o che non ottemperi all’obbligo di notifica, come avvenuto nel caso della società Microsoft, alla quale nel 2008 è stata comminata una sanzione di 900 milioni di euro. Nel 2017 la Commissione ha multato Google per 2,42 miliardi di euro per abuso di posizione dominante, in quanto il motore di ricerca promuoveva il suo servizio di acquisto comparativo nei risultati delle ricerche e retrocedeva quello dei concorrenti.

Se uno Stato membro dell’UE concede illecitamente aiuti, o non ne dà notifica, la Commissione può esigerne il rimborso. Anche le agevolazioni fiscali concesse dai governi a singole imprese possono essere considerate aiuti di Stato illegali. Ad esempio, nell’agosto 2016 la Commissione europea ha concluso che l’Irlanda ha concesso alla società Apple vantaggi fiscali indebiti per un totale di 13 miliardi di euro.

c) Tutela dei consumatori e della salute pubblica

L’obiettivo della legislazione europea in questo campo è garantire ai consumatori lo stesso grado di protezione della salute e di sicurezza finanziaria indipendentemente dal luogo dell’Unione europea in cui essi vivono, viaggiano o fanno i propri acquisti. La necessità di un’adeguata protezione a livello europeo è stata drammaticamente evidenziata, verso la fine degli anni novanta, dai timori connessi a questioni legate alla sicurezza alimentare, come ad esempio il «morbo della mucca pazza» (BSE). Nel 2002 è stata creata l’Autorità europea per la sicurezza alimentare al fine di garantire un valido fondamento scientifico alla legislazione in materia di sicurezza degli alimenti.

Una protezione dei consumatori a livello europeo è necessaria anche in molti altri campi. Per tale motivo esistono numerose direttive dell’UE sulla sicurezza dei prodotti cosmetici, dei giocattoli, dei fuochi d’artificio ecc. Nel 1993 è stata istituita l’Agenzia europea per i medicinali, al fine di trattare le richieste di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali in Europa. Senza autorizzazione nessun medicinale può essere commercializzato all’interno dell’Unione europea.

L’Unione europea adotta altresì provvedimenti per proteggere i consumatori da pubblicità false e ingannevoli, prodotti difettosi e abusi in settori quali il credito al consumo e gli acquisti per corrispondenza o online.

Capitolo 7: L’euro

Capitolo 7: L’euro

I. COME È STATO CREATO L’EURO

a) Il sistema monetario europeo

Nel 1971, in seguito alla decisione degli Stati Uniti di abolire il rapporto fisso fra il dollaro e il prezzo ufficiale dell’oro, che aveva consentito di mantenere la stabilità monetaria dalla Seconda guerra mondiale, termina il sistema dei tassi di cambio fissi. I governatori delle banche centrali dei paesi della Comunità economica europea decidono di limitare le fluttuazioni dei tassi di cambio tra le loro monete a non più del 2,25 %, creando così il «sistema monetario europeo» (SME), entrato in vigore nel marzo 1979.

Al Consiglio europeo di Madrid del giugno 1989 i leader dell’UE adottano un piano in tre fasi per un’unione economica e monetaria (UEM). Tale piano è integrato nel trattato di Maastricht sull’Unione europea adottato dal Consiglio europeo nel dicembre 1991.

b) Le tre fasi dell’unione economica e monetaria

La prima fase, che ha inizio il 1o luglio 1990, prevede:

La seconda fase, iniziata il 1o gennaio 1994, prevede:

La terza fase è rappresentata dalla nascita dell’euro. Dal 1o gennaio 1999 al 1o gennaio 2002 l’euro è introdotto gradualmente come moneta comune degli Stati membri partecipanti (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna). La Banca centrale europea sostituisce l’Istituto monetario europeo e diventa responsabile della politica monetaria dell’Unione, che è ora definita e attuata nella nuova moneta.

Tre paesi (Danimarca, Svezia e Regno Unito) decidono, per ragioni politiche e tecniche, di non adottare l’euro al momento del suo lancio. La Slovenia entra a far parte della zona euro nel 2007, seguita da Cipro e Malta nel 2008, dalla Slovacchia nel 2009, dall’Estonia nel 2011, dalla Lettonia nel 2014 e dalla Lituania nel 2015.

La zona euro abbraccia dunque 19 paesi dell’UE e ognuno degli altri Stati membri vi aderirà una volta soddisfatte le condizioni previste, ad eccezione di quei paesi che hanno ottenuto una deroga durante i negoziati sul trattato.

c) I criteri di convergenza

Per aderire alla zona euro, ciascun paese dell’UE deve soddisfare i seguenti cinque criteri di convergenza.

Un caffè sul tavolo di un ristorante con euro in banconote e monete.

Dal 1999 grazie alla moneta comune, l’euro, i consumatori e le imprese possono confrontare i prezzi più facilmente.

d) Il patto di stabilità e di crescita

Nel giugno 1997 il Consiglio europeo di Amsterdam adotta il patto di stabilità e di crescita, che è un impegno permanente di stabilità di bilancio e permette di imporre penali ai paesi della zona euro il cui deficit supera il 3 % del PIL. Il concetto ha ricevuto ulteriore impulso nel 2012, quando i governi di 25 paesi dell’UE hanno firmato un accordo internazionale denominato «Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria». Tale accordo, che è anche noto come «fiscal compact», ha fatto sì che i paesi partecipanti inserissero nella legislazione nazionale obblighi in tema di equilibrio del bilancio.

Dopo anni di crisi economica a livello mondiale, alcuni paesi della zona euro sono ancora ben lungi dal soddisfare i criteri previsti da tali accordi. La Commissione e l’Eurogruppo continuano ad esortarli in tal senso, soprattutto per quanto riguarda la riduzione del debito pubblico.

e) L’Eurogruppo

L’Eurogruppo è composto dai ministri dell’economia e delle finanze degli Stati membri della zona euro, che si incontrano per coordinare le politiche economiche e monitorare le politiche finanziarie e di bilancio dei rispettivi paesi. L’Eurogruppo rappresenta inoltre l’euro nelle istanze monetarie internazionali. Nel gennaio 2013 è stato eletto presidente dell’Eurogruppo il ministro delle Finanze dei Paesi Bassi, Jeroen Dijsselbloem, che è stato riconfermato nel luglio 2015 per un secondo mandato.

II. LA POLITICA ECONOMICA E MONETARIA DAL 2008

a) Gli effetti della crisi finanziaria

La crisi finanziaria del 2008 ha determinato un forte aumento del debito pubblico nella maggioranza dei paesi dell’UE. L’euro ha protetto le economie più vulnerabili dal rischio di svalutazione mentre si trovavano ad affrontare la crisi e gli attacchi degli speculatori sui mercati finanziari mondiali.

Una coppia cena in un ristorante sul lungomare in Grecia.

Il meccanismo europeo di stabilità è stato di aiuto ai paesi dell’UE particolarmente colpiti dalla crisi economica, come ad esempio la Grecia.

All’inizio della crisi molte banche si sono trovate in difficoltà e hanno dovuto essere salvate dai governi nazionali che hanno così incrementato il debito pubblico. L’attenzione si è dunque spostata sul debito pubblico e alcuni paesi fortemente indebitati e i cui bilanci pubblici presentavano deficit in aumento sono finiti particolarmente sotto attacco durante l’inverno 2009-2010. Per tale motivo i leader dell’UE hanno istituito il «meccanismo europeo di stabilità». Questo «muro di contenimento» ha la capacità di erogare prestiti per 500 miliardi di euro sotto forma di fondi garantiti dai paesi dell’euro ed è usato per salvaguardare la stabilità finanziaria nell’eurozona. Tra il 2010 e il 2013 cinque paesi (Cipro, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna) hanno sottoscritto accordi con i diversi organismi dell’UE e con il Fondo monetario internazionale per ricevere assistenza finanziaria. Gli accordi erano adattati alla situazione di ciascun paese ma comprendevano per lo più l’obbligo di effettuare riforme al fine di migliorare l’efficienza del settore pubblico. Alla fine del 2013 l’Irlanda è stata il primo paese ad aver completato con successo il programma di aggiustamento economico concordato e a ricominciare ad attingere direttamente ai mercati dei capitali per ottenere prestiti. Anche il Portogallo e la Spagna hanno migliorato la propria situazione; l’assistenza fornita dall’UE a tali paesi è terminata nel 2014. Nel 2016 è scaduto il programma di assistenza finanziaria per Cipro.

La Grecia, invece, ha incontrato maggiori difficoltà ad attuare riforme strutturali della propria economia, ad esempio per quanto riguarda la razionalizzazione del settore pubblico, le privatizzazioni e la creazione di sistemi pensionistici sostenibili. Tali riforme erano state concordate nel contesto di due programmi di assistenza nel 2010 e nel 2014 finanziati dall’UE, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale, per un valore totale di 226 miliardi di euro. Al termine di lunghi e complessi negoziati, nel luglio 2015 è stato concluso un terzo accordo sulla base del fermo impegno del governo greco ad attuare politiche volte a migliorare le finanze pubbliche e a riformare l’economia del paese.

b) Il rafforzamento dell’euro

Nell’ambito della strategia di risposta alla crisi, gli Stati membri e le istituzioni dell’UE hanno fatto ricorso anche alle disposizioni del trattato di Lisbona concepite per rafforzare la governance economica dell’UE. Nel quadro di un processo denominato «semestre europeo», gli Stati membri hanno l’obbligo di presentare alla Commissione, ogni anno nel mese di ottobre, i propri progetti di bilancio per l’anno successivo e, all’occorrenza, di adeguarli in base alle osservazioni formulate dalla Commissione riguardo a eventuali provvedimenti ulteriori da prendere per raggiungere gli obiettivi comuni precedentemente concordati. La discussione preventiva dei piani di bilancio nazionali, il monitoraggio delle economie nazionali e l’inasprimento delle norme sulla concorrenza, con l’introduzione di sanzioni contro i paesi che dovessero violare le regole finanziarie, costituiscono sempre più la base di una governance economica e monetaria della zona euro.

In questo modo, dinanzi ai cambiamenti in campo finanziario ed economico a livello mondiale, l’UE deve adottare provvedimenti più severi per far sì che gli Stati membri gestiscano i propri bilanci in maniera responsabile e si sostengano reciprocamente dal punto di vista finanziario. Questo è l’unico modo per consentire all’euro di rimanere credibile come moneta unica e agli Stati membri di affrontare congiuntamente le sfide economiche della globalizzazione. Sia la Commissione sia il Parlamento europeo sottolineano l’importanza del coordinamento delle politiche nazionali di tipo economico e sociale giacché, sul lungo periodo, la moneta comune europea non potrà esistere senza una qualche forma di governance economica comune.

A settembre del 2015 il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha presentato le sue proposte sul rafforzamento della zona euro, che prendono spunto da una relazione elaborata dai cinque presidenti delle istituzioni dell’UE che si occupano dell’euro. Il piano prevede un sistema comune di garanzia dei depositi bancari; una rappresentanza unica della zona euro nelle istituzioni finanziarie internazionali quali il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale; un sistema di controllo dei bilanci nazionali più democratico ed efficiente; il coordinamento della politica di bilancio e una base di protezione sociale e di norme che regolano il mercato del lavoro. Tale piano potrebbe sfociare nella creazione di un Tesoro comune della zona euro.

Oggi la Banca centrale europea annovera tra i suoi compiti quello di favorire il rilancio dell’economia. Nel 2015 ha avviato il cosiddetto «allentamento quantitativo» («quantitative easing»), uno strumento che le consente di acquistare titoli di debito, principalmente pubblici, al fine di stimolare l’economia. Tale sistema riduce i tassi di interesse, favorendo così gli investimenti e alleggerendo il debito pubblico, e riduce il tasso di cambio dell’euro rispetto ad altre valute, a vantaggio delle esportazioni europee.

Capitolo 8: Economia digitale: investimenti e crescita

Capitolo 8: Economia digitale: investimenti e crescita

LA POLITICA ECONOMICA DELL’UE SI PREFIGGE DI:

I. L’EUROPA COLPITA DALLA CRISI

All’inizio degli anni novanta la globalizzazione ha cominciato a rivoluzionare l’economia e la vita quotidiana dei cittadini di tutto il mondo. Ovunque le economie sono diventate sempre più interdipendenti. La produzione in Europa ha dovuto affrontare la forte concorrenza delle economie emergenti, in particolare della Cina e di altri paesi asiatici, diventati più competitivi grazie ai bassi livelli salariali. Ciò ha scosso le fondamenta del modello europeo di società, che si basa su servizi sociali pubblici e su un tenore di vita elevato.

Al contempo, tuttavia, la rivoluzione tecnologica, con l’avvento di Internet e delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ha aperto nuove possibilità di crescita e di occupazione.

Più di recente il mondo è stato scosso da gravi crisi sul piano finanziario ed economico. La crisi è iniziata nel settore finanziario americano con i cosiddetti mutui «subprime» ed è stata aggravata dagli elevati livelli del debito dei paesi europei. Tutto ciò ha determinato in Europa una forte recessione economica e l’inasprimento della disoccupazione, che hanno provocato la peggiore crisi da quella del 1929, poi sfociata nella Seconda guerra mondiale. Le conseguenze sociali della recessione, che ha raggiunto il culmine nel 2010 per poi iniziare a scemare a seguito della modesta crescita registrata dal 2014, si sono palesate con il drastico aumento della disoccupazione, osservato soprattutto nell’Europa meridionale e fra la popolazione giovanile.

II. QUALI PROVVEDIMENTI SONO STATI PRESI A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO?

Per rilanciare l’economia erano soprattutto necessari interventi a livello nazionale. Per i paesi dell’UE la principale priorità era ridurre il proprio debito pubblico, che era notevolmente aumentato a causa della maggiore spesa per servizi sociali resa necessaria dalla crisi. Alcuni paesi hanno perseguito tale obiettivo con rigore, mentre altri hanno dovuto chiedere una proroga per poter ricondurre il proprio deficit entro la soglia concordata del 3 %. Ovviamente le scelte politiche operate da ciascun governo per affrontare la crisi hanno inciso direttamente sui cittadini: avrebbero questi accettato un innalzamento dell’età pensionabile, una riduzione della qualità dei servizi sociali e dell’entità dei rimborsi delle cure sanitarie, o ancora una modernizzazione della pubblica amministrazione? I governi hanno inoltre valutato l’impatto della spesa militare sulla sicurezza dei cittadini, chiedendosi se fosse necessario ridurla, mantenerla a determinati livelli o invece aumentarla nei periodi di turbolenze a livello mondiale.

Anche l’UE e le sue istituzioni sono state parte attiva in questo tentativo di rilancio dell’economia. Allo stesso tempo, parallelamente all’adozione di varie misure volte a rafforzare l’unione economica e monetaria (cfr. il capitolo 7), la Commissione ha varato una serie di iniziative finalizzate ad accrescere la produttività e a rafforzare la coesione sociale.

Un gruppo di giovani imprenditori si scambia nuove idee.

I giovani possono creare nuove imprese se sono in grado di ottenere finanziamenti attraverso un mercato europeo dei capitali efficiente.

Nell’ambito di questa strategia i 28 Stati membri dell’UE hanno concordato di:

Jean-Claude Juncker ha assunto l’incarico di presidente della Commissione nel 2014 con un programma ambizioso inteso a stimolare la crescita, l’occupazione e gli investimenti. Il presidente Juncker ha varato quindi il suo «piano di investimenti per l’Europa», volto ad accrescere gli investimenti di 315 miliardi di euro nel periodo 2015-2017. Ciò è stato reso possibile dal nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici, in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti. Forte del successo registrato nel primo anno di operatività di questo Fondo, nel suo «discorso sullo stato dell’Unione» del settembre 2016 il presidente Juncker ha proposto di raddoppiare la durata del Fondo e di erogare 500 miliardi di euro di investimenti entro il 2020, fino a raggiungere i 630 miliardi di euro entro il 2022. Il Fondo garantisce prestiti per investimenti pubblici o privati che altrimenti non potrebbero essere effettuati. Ha accesso a una quantità di fondi pubblici di partenza, per cui ha un effetto moltiplicatore nell’attrarre investimenti privati a sostegno degli stessi progetti. Il Fondo si concentra sugli investimenti nelle infrastrutture, in particolare le reti di dati ad alta velocità e le reti energetiche, le infrastrutture di trasporto, l’istruzione, la ricerca e l’innovazione, le energie rinnovabili e le piccole imprese. Nel 2016 la Commissione europea ha inoltre proposto l’utilizzo del medesimo sistema per promuovere gli investimenti in Africa e nel vicinato europeo.

III. UN MERCATO UNICO DIGITALE CONNESSO

Internet e le tecnologie digitali svolgono un ruolo importante nella creazione dei futuri posti di lavoro. Se da un lato gli europei sono all’avanguardia in alcuni settori, dall’altro le opportunità che il digitale offre ai cittadini e alle imprese non sono del tutto sfruttate. Soltanto il 15 % dei cittadini dell’UE effettua acquisti online da altri paesi dell’Unione. Le società e le start-up che operano in Internet non colgono appieno le opportunità di crescita del mercato online, visto che soltanto il 7 % delle piccole imprese effettua vendite oltre frontiera.

Una ragazza con un paio di cuffie gioca con un tablet seduta su un treno, accanto a una donna più anziana.

Il «mercato unico digitale» permette di accedere a film, musica e servizi informatici di altri paesi dell’UE.

Pertanto nel 2015 la Commissione ha avviato un piano d’azione volto a garantire la realizzazione di un mercato unico digitale completo. Il piano prevede il coordinamento delle normative in materia di contratti per gli acquisti online al fine di garantire una migliore tutela dei consumatori, servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi a un costo più accessibile, la cessazione delle pratiche dei geoblocchi, mediante le quali alcuni servizi online non sono disponibili in tutti i paesi, la modernizzazione della disciplina del diritto d’autore e la revisione delle norme in materia di telecomunicazioni. Secondo la Commissione tali misure potrebbero determinare un’ulteriore crescita dell’economia dell’UE per un importo pari a 415 miliardi di euro l’anno e la creazione di 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro.

Capitolo 9: Che cosa significa essere cittadini europei?

Capitolo 9: Che cosa significa essere cittadini europei?

I. VIAGGIARE, VIVERE E LAVORARE IN EUROPA

Il principio della cittadinanza dell’Unione è sancito dal trattato sull’Unione: «È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce» (articolo 20, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Ma che cosa si intende in pratica per cittadinanza dell’Unione?

Il cittadino europeo ha il diritto di circolare liberamente, lavorare e risiedere ovunque nell’Unione.

Per chi ha completato un corso universitario della durata di almeno tre anni, le qualifiche ottenute saranno riconosciute in tutti i paesi dell’UE, giacché gli Stati membri hanno fiducia nella qualità dei reciproci sistemi di insegnamento e formazione.

Parrucchiere al lavoro nel loro salone.

Gli europei sono liberi di vivere e di lavorare in qualunque paese dell’Unione.

Qualunque cittadino può lavorare nel settore sanitario, dell’istruzione e in altri servizi pubblici (con l’eccezione della polizia, delle forze armate ecc.) di ogni paese dell’Unione europea. Cosa c’è di più naturale che assumere un insegnante tedesco per insegnare la lingua tedesca a studenti di Roma, o per un giovane laureato belga tentare un concorso per entrare nell’amministrazione francese?

Prima di viaggiare all’interno dell’UE i cittadini possono ottenere dalle proprie autorità nazionali una tessera sanitaria europea, che contribuisce a coprire i costi dell’assistenza medica in caso di malattia in un altro paese.

II. COME ESERCITARE I PROPRI DIRITTI DI CITTADINO EUROPEO

Il cittadino dell’Unione europea non è soltanto un lavoratore o un consumatore ma può godere di specifici diritti politici. Da quando è entrato in vigore il trattato di Maastricht, ogni cittadino dell’Unione, indipendentemente dalla sua nazionalità, ha il diritto di votare e di candidarsi alle elezioni comunali dello Stato membro in cui risiede e alle elezioni del Parlamento europeo.

Dal 2012 il cittadino ha altresì il diritto di presentare una petizione alla Commissione per avanzare una proposta legislativa, a patto che abbia raccolto un milione di firme di persone di almeno sette Stati membri dell’UE.

III. DIRITTI FONDAMENTALI

L’impegno dell’Unione europea a favore dei diritti dei suoi cittadini è stato espresso con chiarezza a Nizza, nel dicembre 2000, quando il Consiglio europeo ha solennemente proclamato la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La Carta è stata elaborata da una convenzione composta da parlamentari europei e nazionali, rappresentanti dei governi nazionali e da un membro della Commissione europea. Suddivisi in sei rubriche (Dignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia), i 54 articoli della Carta definiscono i valori fondamentali dell’Unione europea e i diritti civili, politici, economici e sociali dei suoi cittadini.

I primi articoli riguardano la dignità umana, il diritto alla vita e all’integrità della persona, la libertà di espressione e di coscienza. Il capitolo sulla solidarietà costituisce un’innovazione in quanto incorpora diritti economici e sociali come:

La Carta promuove l’uguaglianza fra uomini e donne e introduce diritti come la protezione dei dati, il divieto delle pratiche eugenetiche e della clonazione riproduttiva degli esseri umani, il diritto a un livello elevato di tutela dell’ambiente, i diritti del minore e degli anziani, il diritto a una buona amministrazione.

Il trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1o dicembre 2009, dà alla Carta la stessa forza giuridica dei trattati. In questo modo può essere utilizzata come base per sottoporre eventualmente un caso alla Corte di giustizia dell’UE. Si noti che esiste comunque un protocollo che specifica le condizioni relative all’applicazione della Carta in Polonia e nel Regno Unito.

L’articolo 6 del trattato di Lisbona fornisce all’UE una base giuridica per aderire alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Tale convenzione non sarà più meramente citata nei trattati dell’UE ma avrà forza giuridica nei paesi dell’UE, garantendo pertanto una maggiore protezione dei diritti umani all’interno dell’Unione europea.

IV. L’EUROPA DELL’ISTRUZIONE E DELLA CULTURA

Il senso di appartenere ad una collettività e di condividere lo stesso destino non può essere creato artificialmente ma può derivare solo da una coscienza culturale comune. Per tale ragione l’Europa ha ormai il dovere di coltivare non solo la dimensione economica ma anche quella relativa a istruzione, cittadinanza e cultura.

L’UE non stabilisce in che modo debbano essere organizzate le scuole o l’istruzione o quali debbano essere i programmi di studio: queste decisioni sono prese a livello nazionale o locale. Tuttavia l’UE gestisce programmi all’insegna di «Erasmus+» per promuovere gli scambi culturali che consentono ai giovani di andare all’estero per studiare o ricevere una formazione, apprendere nuove lingue e partecipare ad attività congiunte con le scuole o gli istituti di altri paesi. Nel periodo 2014-2020 più di 4 milioni di persone dovrebbero ricevere tale sostegno; la dotazione di bilancio è stata infatti aumentata e portata a 16 miliardi di euro, con un incremento del 40 % rispetto al periodo precedente.

I paesi europei stanno collaborando, attraverso il «processo di Bologna», per creare uno spazio europeo dell’istruzione superiore. Ciò significa, ad esempio, che i corsi universitari di tutti i paesi interessati porteranno a diplomi di laurea confrontabili e reciprocamente riconosciuti (il bachelor di durata triennale o quadriennale, il master di durata biennale e il dottorato).

In ambito culturale il programma «Europa creativa» incoraggia la cooperazione fra autori di programmi TV, registi e produttori cinematografici, promotori, emittenti e organismi culturali di diversi paesi. In questo modo si cerca di far realizzare il maggior numero possibile di prodotti audiovisivi europei, contribuendo a ristabilire un equilibrio fra prodotti europei e statunitensi.

Una delle caratteristiche essenziali dell’Europa è la sua diversità linguistica e proprio la salvaguardia di tale diversità costituisce un importante obiettivo per l’UE. In effetti, il multilinguismo è fondamentale per il funzionamento dell’Unione europea. La legislazione dell’UE deve essere disponibile in tutte e 24 le lingue ufficiali e ciascun deputato europeo ha il diritto di utilizzare una qualsiasi di tali lingue nei dibattiti parlamentari.

V. IL MEDIATORE EUROPEO E IL DIRITTO DEI CITTADINI DI PRESENTARE UNA PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO

Affinché l’Unione europea sia più vicina ai suoi cittadini, il trattato sull’Unione europea ha creato una nuova figura: il Mediatore europeo. Eletto dal Parlamento europeo per la durata della legislatura, il Mediatore europeo riceve le denunce contro gli organi e le istituzioni dell’UE. Può ricorrere al Mediatore qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in un paese dell’UE.

Chiunque risieda in un paese dell’UE può anche presentare una petizione al Parlamento europeo. Si tratta di un altro importante legame tra le istituzioni dell’UE e i cittadini.

VI. UN SENTIMENTO DI APPARTENENZA

L’idea di un’«Europa dei cittadini» è alquanto nuova. Ad essa contribuisce una serie di simboli di una comune identità europea quali il passaporto europeo, utilizzato già dal 1985. L’UE ha adottato il motto «Unita nella diversità» e il 9 maggio si celebra la giornata dell’Europa.

L’inno europeo (tratto dall’«Inno alla gioia» di Ludwig van Beethoven) e la bandiera europea (un cerchio di 12 stelle dorate su sfondo blu) sono stati adottati nel 1985 come i principali simboli dell’Unione. Gli Stati membri, le autorità locali e i singoli cittadini possono utilizzarli se lo desiderano.

Tuttavia i cittadini possono sentire di «appartenere» all’Unione europea soltanto se sono consapevoli di quanto sta facendo l’UE e se ne comprendono i motivi. Le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri devono probabilmente fare molto di più per avvicinarsi ai cittadini, ai quali spesso l’UE appare come un’entità distante e di difficile accesso.

I cittadini devono anche poter constatare che l’azione dell’UE si riflette in maniera tangibile sulle loro vite. In questo senso, la messa in circolazione, nel 2002, delle monete e delle banconote in euro ha avuto un impatto decisivo. Il fatto che i prezzi dei beni e dei servizi siano fissati in euro significa che i consumatori sono in grado di confrontare direttamente i prezzi da un paese all’altro.

L’abolizione dei controlli alle frontiere fra i paesi che hanno sottoscritto l’accordo di Schengen contribuisce a far crescere nella popolazione il sentimento di appartenenza a uno spazio geografico unificato.

Un sentimento di appartenenza deriva, soprattutto, dal sentirsi personalmente coinvolti nel processo decisionale dell’UE. Ogni cittadino adulto dell’UE gode del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e questo importante elemento è alla base della legittimità democratica dell’UE. L’elezione indiretta del presidente della Commissione europea alle elezioni europee del maggio 2014, nelle quali i partiti politici hanno condotto la campagna elettorale presentando i propri candidati per tale carica, ha rappresentato una tappa destinata probabilmente a ridurre, nel corso del tempo, quello che talvolta è definito «deficit democratico». Al contempo l’aumento dei voti ottenuti dai populisti e dai partiti euroscettici è stato un campanello d’allarme per le istituzioni dell’UE.

Un computer portatile e documenti di lavoro, un orsacchiotto e un biberon sul tavolo di una cucina.

Uno dei diritti di base sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è quello di poter conciliare la vita familiare con la carriera.

L’Unione europea è stata creata per servire i cittadini europei e il suo futuro deve essere determinato dal coinvolgimento attivo delle persone di ogni ceto. I padri fondatori dell’UE ne erano ben consapevoli. «Noi non coalizziamo Stati, ma uniamo uomini» scriveva Jean Monnet nel 1952. L’adesione dell’opinione pubblica all’idea dell’Europa e la partecipazione dei cittadini alle sue attività restano fra le maggiori sfide cui oggi sono confrontate non soltanto le istituzioni europee ma anche le autorità nazionali e la società civile.

Capitolo 10: Un’Europa di libertà, sicurezza e giustizia

Capitolo 10: Un’Europa di libertà, sicurezza e giustizia

I. LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE ALL’INTERNO DELL’UE E PROTEZIONE DELLE FRONTIERE ESTERNE

I cittadini europei hanno il diritto di vivere liberamente ovunque nell’Unione, senza temere persecuzioni o violenze. Eppure, la criminalità internazionale e il terrorismo sono attualmente fra i principali motivi di preoccupazione per gli europei.

Attraverso le successive modifiche dei trattati, l’Unione europea è diventata, nel corso del tempo, più attiva in questo campo, al fine di creare uno «spazio unico di libertà, sicurezza e giustizia».

Il processo decisionale in questi settori è stato da ultimo rivisto nel trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009. Fino ad allora gli Stati membri avevano mantenuto la completa responsabilità della creazione e della gestione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il compito era svolto essenzialmente dal Consiglio (ossia tramite discussioni e accordi tra i ministri di governo), mentre alla Commissione e al Parlamento era riservato un ruolo secondario. Il trattato di Lisbona ha introdotto una modifica: il Consiglio ora adotta quasi tutte le sue decisioni mediante una votazione a maggioranza qualificata. Il Parlamento si pone sul suo stesso livello nel processo decisionale e la Commissione dispone di un certo potere di iniziativa.

La libera circolazione delle persone all’interno dell’UE comporta per gli Stati membri una serie di problemi di sicurezza legati al fatto che le frontiere interne non sono più sottoposte a controlli. Per compensare tale situazione occorre introdurre misure di sicurezza supplementari alle frontiere esterne dell’Unione. Inoltre, poiché le organizzazioni criminali possono sfruttare a loro vantaggio la libertà di circolazione su tutto il territorio dell’Unione, è necessario rafforzare la cooperazione fra autorità giudiziarie e forze di polizia nazionali nella lotta alla criminalità.

Una delle iniziative più importanti nell’ottica di agevolare gli spostamenti all’interno dell’Unione è l’accordo intergovernativo che il Belgio, la Francia, la Repubblica federale di Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi hanno concluso nel 1985 a Schengen, una cittadina lussemburghese di frontiera. L’accordo abolisce i controlli sulle persone, indipendentemente dalla nazionalità, alle frontiere fra questi Stati membri, armonizza i controlli alle frontiere esterne e introduce una politica comune in materia di visti. È nato così uno spazio senza frontiere interne, denominato «spazio Schengen». I cittadini di paesi che non fanno parte dell’UE non sempre devono essere in possesso del visto per poter entrare nello spazio Schengen. L’Unione europea ha sottoscritto accordi con una serie di paesi per esentare i loro cittadini dall’obbligo del visto. In situazioni di emergenza gli Stati membri possono ripristinare i controlli alle frontiere per periodi di tempo limitati, come è avvenuto in alcuni paesi a seguito dell’improvviso afflusso di richiedenti asilo nel 2015 e nel 2016.

Oggi le disposizioni dell’accordo di Schengen sono interamente integrate nei trattati dell’UE e lo spazio Schengen si è gradualmente ampliato. A tutto il 2017 le norme di Schengen risultavano attuate da tutti i paesi dell’UE con l’eccezione di Bulgaria, Croazia, Cipro, Irlanda, Romania e Regno Unito. Fanno parte dello spazio Schengen anche quattro paesi extra-UE, ovvero Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

Rifugiati su un gommone si avvicinano alla spiaggia di un’isola greca.

Il massiccio afflusso di richiedenti asilo in Europa nel 2015 ha innescato molte nuove iniziative a livello dell’UE.

Il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dell’UE è diventato una priorità. Frontex, un’agenzia dell’UE creata nel 2014 e con sede a Varsavia, è responsabile della gestione della cooperazione UE in materia di sicurezza alle frontiere esterne. Gli Stati membri possono mettere a disposizione dell’agenzia imbarcazioni, elicotteri e aerei per effettuare ricognizioni congiunte, ad esempio nelle aree sensibili del Mediterraneo. In situazioni di emergenza l’agenzia può anche inviare «squadre di intervento rapido alle frontiere», formate da agenti delle guardie di frontiera nazionali dei paesi dell’UE. Nel 2016 i leader dell’UE hanno deciso di incrementare le risorse destinate all’agenzia per l’esecuzione di interventi rapidi alle frontiere. L’agenzia è stata ribattezzata «Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera» ed è stata ufficialmente inaugurata nell’ottobre 2016.

II. POLITICA DI ASILO E DI IMMIGRAZIONE

L’Europa è fiera della sua lunga tradizione di accoglienza degli stranieri e di asilo offerto ai rifugiati in fuga da pericoli e persecuzioni. I governi dell’Unione affrontano però oggi il problema impellente di come gestire, in uno spazio senza frontiere interne, l’afflusso crescente di immigrati legali e clandestini.

I governi dell’UE hanno deciso di armonizzare le proprie norme affinché le domande di asilo siano esaminate in base a un corpus di principi fondamentali, uniformemente riconosciuto in tutta l’Unione. Sono state adottate norme minime comuni per l’ammissione delle persone in cerca di asilo e per la concessione dello status di rifugiati.

Negli ultimi anni è arrivato sulle coste europee un gran numero di immigrati irregolari; affrontare questo problema è una delle priorità dell’Unione. I governi degli Stati membri stanno collaborando per contrastare il traffico di persone e fissare disposizioni comuni per il rimpatrio degli immigrati clandestini. Al contempo, l’immigrazione legale è coordinata meglio nell’ambito delle norme UE sul ricongiungimento familiare, sullo status dei residenti di lungo termine e sull’ammissione di cittadini non-UE che desiderano venire in Europa per studiare o svolgere ricerche.

Tuttavia l’aumento esponenziale del numero di richiedenti asilo provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa nel 2015 e nel 2016, sommato alla tragica fine di migliaia di persone che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, ha posto enormi sfide. Tale fenomeno ha inoltre aggiunto una nuova dimensione al problema dell’asilo, in quanto la differenza tra rifugiati politici e rifugiati per motivi economici è più difficile da stabilire. I paesi dell’UE più esposti al forte afflusso di richiedenti asilo sulle loro coste e nelle loro acque territoriali, quali l’Italia e la Grecia, avevano sperato che gli altri Stati membri dimostrassero maggiore solidarietà e li aiutassero ad affrontare questo problema. Nel 2015 la Germania si è dimostrata il paese più disponibile a dare asilo ai rifugiati politici.

I leader dell’UE hanno concordato una serie di misure diverse per fronteggiare la nuova situazione. Ad esempio sono state adottate decisioni volte a consentire la ricollocazione in altri Stati membri dei richiedenti asilo provenienti dall’Italia e dalla Grecia e ad accelerare i rimpatri in caso di rigetto della domanda d’asilo. L’Unione ha sottoscritto uno speciale accordo con la Turchia su tali questioni, dato l’elevato numero di richiedenti asilo che tentavano di raggiungere l’Europa attraverso quel paese. L’UE ha inviato sul campo esperti di altri paesi affinché prestino assistenza nella gestione di queste emergenze, ha potenziato le capacità della guardia di frontiera e costiera europea per quanto riguarda le operazioni di ricerca e soccorso e la lotta contro le reti criminali e ha avviato una missione militare nel Mediterraneo.

Nel 2015, 2016 e 2017 l’Unione ha destinato più di 10 miliardi di euro ad aiuti umanitari a favore dei rifugiati sia all’interno sia all’esterno dell’UE.

III. LOTTA ALLA CRIMINALITÀ INTERNAZIONALE E AL TERRORISMO

È necessario uno sforzo di coordinamento per combattere le organizzazioni criminali che sono a capo di reti di immigrazione clandestina e di traffico e sfruttamento di esseri umani, in primo luogo donne e bambini.

La criminalità organizzata è sempre più sofisticata e si avvale regolarmente di reti europee o internazionali per le sue attività. Il terrorismo ha già dimostrato di poter colpire con estrema brutalità ovunque nel mondo.

In tale contesto è stato creato il sistema d’informazione Schengen (SIS), una base di dati complessa che consente alle forze dell’ordine e alle autorità giudiziarie di scambiare informazioni per indagini su persone e beni, ad esempio in caso di mandato d’arresto o di estradizione o di furto di veicoli o di opere d’arte.

Uno dei metodi più efficaci per risalire ai criminali è quello di seguire le tracce dei loro proventi illegali. Per questo motivo, oltre che per tagliare introiti alle organizzazioni criminali e terroristiche, l’Unione ha elaborato una legislazione sulla prevenzione del riciclaggio di denaro.

Il progresso più spettacolare sul fronte della cooperazione fra le forze dell’ordine è l’istituzione di Europol, organo dell’UE con sede a L’Aia, composto da funzionari di polizia e delle dogane. Europol combatte svariate forme di criminalità internazionale: narcotraffico, commercio di veicoli rubati, tratta delle persone, reti di immigrazione clandestina, sfruttamento sessuale di donne e bambini, pornografia infantile, contraffazione, traffico di scorie radioattive e nucleari, terrorismo, riciclaggio di denaro sporco e falsificazione dell’euro.

L’Europa è stata bersaglio di attacchi terroristici sferrati da gruppi islamisti associati ad Al Qaida e al cosiddetto «Stato islamico» o «Daesh», che hanno scosso il mondo colpendo i simboli dei valori fondamentali dell’Europa, quali la libertà di religione e la libertà di espressione. Ne sono tristi esempi l’attacco al personale della sede di una rivista satirica a Parigi nel gennaio 2015 e l’uccisione di centinaia di persone in una serie di attentati in varie parti d’Europa. Gli europei devono fronteggiare un nemico imprevedibile, che spesso dispone di basi finanziarie e militari in Medio Oriente e in Africa, e dunque stanno valutando la possibilità di rafforzare la cooperazione tra i servizi di intelligence europei e di intervenire sul piano politico e militare al fuori dell’Europa.

Per contrastare la minaccia la Commissione ha proposto, tra l’altro, di creare un centro di eccellenza europeo per la lotta contro la radicalizzazione, di impedire l’accesso dei terroristi ai finanziamenti attraverso la cooperazione tra i servizi di intelligence finanziaria e di intensificare la lotta alla criminalità informatica e alla propaganda online degli estremisti.

Tra le altre misure adottate nell’ambito della lotta al terrorismo figura il miglioramento dei controlli effettuati dalle compagnie aeree sui passeggeri in entrata e in uscita dall’Unione. I vettori aerei hanno ormai l’obbligo di raccogliere e conservare i dati del codice di prenotazione (PNR) dei passeggeri, che, nel rispetto della normativa vigente, possono essere utilizzati dalle autorità di polizia di tutta Europa ai fini della lotta al terrorismo.

IV. VERSO UNO SPAZIO GIUDIZIARIO EUROPEO

Attualmente coesistono nell’Unione europea vari sistemi giudiziari, ciascuno all’interno delle rispettive frontiere nazionali. Tuttavia, poiché né la criminalità internazionale né il terrorismo conoscono frontiere, l’Unione ha bisogno di dotarsi di un quadro comune per la lotta al terrorismo, al traffico di droga e alla falsificazione, che offra ai cittadini un elevato livello di protezione e migliori la cooperazione internazionale in questo settore. L’UE necessita inoltre di una politica comune nell’ambito della giustizia penale per garantire che la cooperazione fra i giudici di paesi diversi non si areni sulla definizione divergente di una determinata figura di reato.

Tre agenti di polizia di frontiera dell’UE discutono lungo una strada.

I leader dell’UE hanno fornito maggiori risorse alla guardia di frontiera e costiera europea per contribuire a proteggere le frontiere esterne dell’Unione.

Il principale esempio di cooperazione operativa in questo settore è costituito da Eurojust, una struttura centrale di coordinamento istituita a L’Aia nel 2003 che consente alle autorità nazionali competenti di collaborare per le indagini e le azioni penali che riguardano più di uno Stato membro. Sulla base dell’esperienza di Eurojust in questo ambito, il Consiglio ha deciso di nominare un procuratore europeo, che avrà il compito di perseguire i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

Un altro strumento di cooperazione transfrontaliera pratica è il mandato di arresto europeo, operativo dal gennaio 2004, che sostituisce le lunghe procedure di estradizione.

In materia di diritto civile l’Unione europea ha adottato una legislazione che agevola l’applicazione delle sentenze nei casi transnazionali di divorzio, separazione, affidamento di minori e prestazioni alimentari, in modo che le sentenze pronunciate in un paese siano applicabili anche in un altro. L’Unione ha stabilito procedure comuni per semplificare e accelerare la risoluzione delle controversie transnazionali in azioni civili di minore importanza il cui esito non è contestato, come recuperi di crediti e fallimenti.

Capitolo 11: L’Unione europea sulla scena mondiale

Capitolo 11: L’Unione europea sulla scena mondiale

I. POLITICA ESTERA E DI SICUREZZA COMUNE

Sullo scacchiere mondiale l’Unione europea è una delle massime potenze economiche, commerciali e monetarie. C’è chi sostiene che l’UE sia diventata un gigante economico rimanendo però un «nano della politica». Come sempre la verità sta nel mezzo. L’Unione europea svolge un ruolo di primo piano nei vari consessi internazionali come l’Organizzazione mondiale del commercio, gli organismi specializzati dell’ONU, i summit mondiali sull’ambiente e lo sviluppo.

È vero tuttavia che gli Stati membri sono ancora lungi dal costituire un fronte unico, sul piano diplomatico e politico, rispetto a tematiche decisive per il pianeta. La difesa militare (pietra angolare della sovranità nazionale) resta nelle mani dei governi nazionali, che interagiscono nell’ambito di alleanze come la NATO.

a) Un servizio diplomatico europeo

La politica estera e di sicurezza comune e la politica di sicurezza e difesa comune definiscono i principali obiettivi di politica estera dell’UE. Tali politiche sono state introdotte dai trattati di Maastricht (1992), Amsterdam (1997) e Nizza (2001). Questi trattati hanno dato origine al «secondo pilastro» dell’Unione europea, un ambito in cui si decidono le azioni da intraprendere tramite accordi intergovernativi e in cui la Commissione e il Parlamento svolgono un ruolo marginale. Le decisioni in questo campo sono prese per consenso e gli Stati membri sono liberi di astenersi. Nonostante abbia eliminato i «pilastri» dalla struttura dell’UE, il trattato di Lisbona non ha cambiato le modalità con cui sono adottate le decisioni in materia di sicurezza e difesa. Esso ha tuttavia conferito un più alto profilo a tale politica con l’istituzione della carica di alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Dal 2014 tale incarico è svolto da Federica Mogherini, che è anche uno dei vicepresidenti della Commissione europea. Il suo compito è rappresentare il punto di vista collettivo dell’UE e agire in nome dell’Unione in seno alle organizzazioni internazionali e nelle conferenze internazionali. Federica Mogherini è assistita da funzionari dell’UE e nazionali che costituiscono il servizio europeo per l’azione esterna, ovvero il servizio diplomatico dell’UE.

Sostanzialmente l’obiettivo della politica estera dell’UE è garantire sicurezza, stabilità, democrazia e rispetto dei diritti umani non solo nelle immediate vicinanze (ad es. nei Balcani) ma anche in altri punti caldi del pianeta, come in Africa, in Medio Oriente e nel Caucaso. Il suo strumento principale è il «potere morbido» (soft power), che è esercitato ad esempio tramite missioni di osservazione delle elezioni, aiuti umanitari e assistenza allo sviluppo. Nel 2015 l’UE ha donato aiuti umanitari per oltre 1,5 miliardi di euro e, dall’inizio del conflitto in Siria, ha concesso aiuti per ulteriori 5 miliardi di euro a favore degli sfollati. L’UE fornisce a livello mondiale il 60 % dell’assistenza allo sviluppo e aiuta i paesi più bisognosi del mondo a combattere la povertà, a provvedere al sostentamento delle loro popolazioni, a evitare le catastrofi naturali, ad accedere all’acqua potabile e a combattere le malattie. Al contempo, l’Unione europea incoraggia attivamente questi paesi a rispettare lo Stato di diritto e i diritti umani e a sostenere la società civile, nonché ad aprire i propri mercati al commercio internazionale. La Commissione e il Parlamento europeo si adoperano per far sì che gli aiuti siano forniti in maniera responsabile e siano opportunamente gestiti e impiegati.

L’UE ha la capacità e la volontà di andare oltre questa diplomazia del «potere morbido»? Questa è la sfida principale per gli anni a venire. Un importante risultato concreto sul fronte diplomatico è stato il ruolo decisivo svolto dall’Unione nel garantire la conclusione di un accordo tra l’Iran e le maggiori potenze mondiali nel 2015 in merito al programma nucleare iraniano e alla sospensione delle sanzioni economiche applicate da tempo nei confronti di questo paese.

L’Unione ha inoltre partecipato attivamente ai negoziati internazionali riguardanti la guerra civile in Siria.

Ciononostante sono in molti a ritenere che le dichiarazioni congiunte del Consiglio europeo e le posizioni comuni espresse in merito a importanti questioni internazionali siano spesso nient’altro che il minimo comune denominatore. Nel frattempo, gli Stati membri più grandi continuano a svolgere i rispettivi ruoli diplomatici. Eppure l’Unione europea è considerata una vera protagonista a livello globale quando si esprime con un’unica voce. La credibilità e l’influenza dell’Europa aumentano quando l’Unione unisce la sua forza economica e commerciale alla progressiva applicazione di una politica di sicurezza e difesa comune.

b) Risultati concreti della politica di sicurezza e difesa comune

Dal 2003 l’Unione europea dimostra di possedere la capacità di effettuare operazioni di gestione delle crisi. Gli Stati membri mettono infatti volontariamente a disposizione dell’UE parte delle proprie forze per lo svolgimento di tali operazioni.

La responsabilità della conduzione delle operazioni ricade su un complesso di organismi politici e militari: il comitato politico e di sicurezza, il comitato militare dell’Unione europea, il comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi e lo Stato maggiore dell’Unione europea. Tali organismi rispondono del proprio operato al Consiglio e hanno sede a Bruxelles.

È questo insieme di strumenti a dare sostanza alla politica di sicurezza e difesa comune. Esso permette infatti all’Unione di eseguire i compiti che si è prefissata, ossia svolgere missioni umanitarie e di pacificazione o di mantenimento della pace. Queste missioni devono evitare di duplicare l’operato della NATO e ciò è possibile grazie agli accordi «Berlin plus» conclusi tra la NATO e l’UE. Tali accordi consentono all’Unione europea di accedere ai mezzi logistici della NATO (mezzi di localizzazione, comunicazione, comando e trasporto).

Dal 2003 l’Unione europea ha avviato più di 30 operazioni militari e missioni civili. La prima di queste si è svolta in Bosnia-Erzegovina, dove le truppe UE hanno sostituito le forze NATO. Tali missioni e operazioni sotto la bandiera europea sono attualmente condotte o sono state portate a termine in tre continenti. Tra queste si ricordano l’operazione «Atalanta» contro la pirateria somala nel Golfo di Aden, la missione intesa ad aiutare il Kosovo a consolidare lo Stato di diritto, la missione militare di formazione in Mali, la missione di protezione civile in Ucraina e l’operazione navale Sophia volta a contrastare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo.

Via via che le tecnologie militari diventano più sofisticate e costose, aumenta la necessità di una cooperazione fra i governi dell’UE nella fabbricazione degli armamenti, soprattutto in un momento in cui gli Stati stanno cercando di ridurre la spesa pubblica nell’ottica di superare la crisi finanziaria. Affinché le forze armate dei vari paesi possano effettuare missioni congiunte, è inoltre necessario provvedere alla standardizzazione e all’interoperabilità dei sistemi e degli equipaggiamenti. Per tale ragione nel 2003 il Consiglio europeo ha deciso di creare un’Agenzia europea per la difesa allo scopo di favorire lo sviluppo delle capacità militari dell’UE.

Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha accennato alla necessità, nel lungo periodo, di dare vita ad una vera politica europea di difesa. Questa prospettiva potrebbe gradualmente farsi strada via via che gli europei diventano sempre più consapevoli del legame tra i loro interessi comuni in tema di sicurezza e la difesa dei loro valori e interessi strategici. Oggi nessuna potenza, di qualunque dimensione essa sia, è in grado di assicurare da sola la forza militare necessaria a garantire la sicurezza della sua popolazione in un mondo instabile.

II. UNA POLITICA COMMERCIALE APERTA SUL MONDO

L’Unione europea è legittimata ad agire per conto dei suoi Stati membri per quanto riguarda le questioni commerciali. Grazie alla sua importanza come potenza commerciale, l’Europa esercita una notevole influenza a livello internazionale. L’UE appoggia il sistema regolamentato dell’OMC, che conta 164 paesi membri. Il sistema garantisce una relativa certezza giuridica e trasparenza nel commercio internazionale. L’OMC stabilisce le condizioni in base alle quali i suoi membri possono difendersi da pratiche sleali come il dumping (vendite sottocosto) utilizzate da alcuni esportatori per competere con i loro concorrenti. Prevede inoltre una procedura per la risoluzione delle dispute fra due o più partner commerciali.

La politica commerciale dell’UE è strettamente collegata alla sua politica di sviluppo. Nell’ambito del suo «sistema delle preferenze tariffarie generalizzate», l’UE accorda un accesso preferenziale ai suoi mercati, esente da dazi o a tariffa ridotta, alla maggior parte delle importazioni provenienti dai paesi in via di sviluppo e da economie in transizione. Si spinge persino oltre per i 49 paesi più poveri del mondo: tutte le loro esportazioni, ad eccezione delle armi, possono accedere al mercato dell’UE in esenzione da dazi doganali.

In compenso l’UE non ha concluso accordi commerciali specifici con nessuno dei paesi sviluppati che figurano tra i suoi maggiori partner commerciali, come gli Stati Uniti e il Giappone. Le relazioni commerciali con tali paesi sono gestite in base ai meccanismi dell’OMC, ma sono in corso di negoziazione alcuni accordi bilaterali. L’Unione europea e il Canada hanno concluso nel 2014 un accordo economico e commerciale, firmato dalle parti nell’ottobre 2016.

Nel 2013 sono iniziati i negoziati con gli Stati Uniti in merito a un importante accordo di libero scambio, noto come «TTIP», che riguarda tematiche quali le barriere doganali, l’armonizzazione delle norme, l’accesso ai mercati pubblici, il riconoscimento della denominazione di origine e le modalità di composizione amichevole delle controversie. I due partner nel loro insieme contano oltre 800 milioni di consumatori e rappresentano il 40 % del commercio mondiale. Un aspetto importante è che l’accordo farebbe sì che le norme utilizzate in futuro in tutto il mondo non siano decise da altri concorrenti, come ad esempio la Cina. L’UE ribadisce la necessità di rispettare standard elevati in materia di sicurezza degli alimenti, protezione sociale, sicurezza dei dati e diversità culturale. Qualora entri in vigore, l’accordo dovrebbe stimolare la crescita economica nei paesi dell’UE.

L’Unione europea sta intensificando gli scambi commerciali con le nuove potenze emergenti in altre parti del mondo, come la Cina, l’India e alcuni paesi dell’America latina. Gli accordi commerciali conclusi con tali paesi prevedono anche cooperazioni in ambito tecnico e culturale. La Cina è divenuta il secondo partner commerciale dell’Unione europea (dopo gli Stati Uniti) e la sua maggiore fonte di importazioni. L’Unione europea è il principale partner commerciale della Russia e la sua principale fonte di investimenti esteri. Tuttavia l’Unione ha applicato sanzioni commerciali nei confronti della Russia per protestare contro l’annessione della Crimea avvenuta nel 2014. Tali misure hanno avuto per effetto di perturbare gravemente i flussi commerciali e di investimento.

Una lavoratrice agricola esamina dei platani in Uganda.

L’UE promuove l’apertura dei mercati e lo sviluppo del commercio nel mondo.

III. COOPERAZIONE PER LO SVILUPPO E AFRICA

Le relazioni fra l’Europa e l’Africa sub-sahariana sono fra le più antiche: già con il trattato di Roma del 1957 le colonie e i territori d’oltremare di alcuni Stati membri furono associati alla Comunità. Il processo di decolonizzazione avviato negli anni sessanta ha trasformato questo legame in un’associazione di tipo diverso, fra paesi sovrani.

L’accordo di Cotonou, che prende il nome dalla capitale del Benin dove fu concluso nel 2000, ha segnato l’inizio di una nuova fase della politica di sviluppo dell’Unione europea. Tale accordo, che lega l’Unione europea ai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), è l’accordo commerciale e di cooperazione più ambizioso e vasto mai concluso fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. Ha preso il posto della convenzione di Lomé, che era stata firmata nella capitale del Togo nel 1975 e successivamente aggiornata a intervalli regolari.

Questo accordo si spinge molto più avanti di quelli precedenti, spostando l’accento dalle relazioni commerciali fondate sull’accesso al mercato alle relazioni commerciali intese in senso più ampio. Ha introdotto inoltre procedure per combattere la violazione dei diritti umani.

Marinai svedesi partecipano a un’esercitazione congiunta con una nave da guerra svedese nell’ambito di una task force dell’UE per dare la caccia ai pirati somali.

L’UE conduce operazioni civili o militari per il mantenimento della pace, come quella effettuata da questa forza anti-pirateria lungo le coste della Somalia.

L’Unione europea ha concesso condizioni commerciali particolari ai paesi meno sviluppati, 39 dei quali hanno firmato l’accordo di Cotonou. Dal 2005 essi possono esportare sul mercato dell’Unione praticamente ogni tipo di prodotto in esenzione da dazi doganali.

Questa politica tradizionale dell’Unione, comunque, pur avendo avuto effetti positivi sul continente africano, non soddisfa le esigenze attuali. Ampie zone dell’Africa sub-sahariana hanno registrato una crescita dell’economia e sono riuscite a sfruttare le vaste risorse naturali per migliorare le proprie infrastrutture ed elevare il tenore di vita della popolazione. Tuttavia altre regioni sono state drammaticamente esposte a guerre, disordini e dittature. L’intera regione del Sahel, a sud del Sahara, è stata destabilizzata: il fanatismo religioso di gruppi come ad esempio Boko Haram continua a diffondere il terrore e i paesi del Corno d’Africa sono dilaniati dalla guerra civile o assoggettati a regimi dittatoriali.

Tali fenomeni producono rifugiati politici. Anche la siccità provocata dai cambiamenti climatici e la crescita demografica incoraggiano l’emigrazione verso l’Europa. Oltre che a fornire aiuti umanitari, pertanto, l’UE si è impegnata a delineare una strategia importante mirata a produrre crescita economica nel continente africano e a stabilizzare i movimenti della popolazione. Inoltre una politica europea comune in materia di immigrazione servirebbe a rispondere a più lungo termine alla necessità di creare una nuova forza lavoro in Europa, continente la cui popolazione sta invecchiando.

Capitolo 12: Quale futuro per l’Europa?

Capitolo 12: Quale futuro per l’Europa?

«L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costituita tutta insieme. Essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». Così disse Robert Schuman nella sua famosa dichiarazione, dando vita al progetto di integrazione europea il 9 maggio 1950. A distanza di quasi settant’anni, le sue parole suonano più attuali che mai. La solidarietà tra i popoli e le nazioni europee deve costantemente essere adattata alle nuove sfide poste da un mondo in cambiamento.

È sempre stato così, nella storia dell’Unione europea. Nei primi anni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale era prioritario incrementare la produzione e garantire che tutti avessero cibo a sufficienza. La realizzazione del mercato unico nei primi anni novanta ha rappresentato una grande conquista. Negli anni successivi è stato introdotto l’euro ed è stata istituita la Banca centrale europea allo scopo di favorire un funzionamento più efficiente del mercato. Allo stesso tempo sono stati profusi notevoli sforzi per sanare le divisioni sorte con i regimi comunisti durante la guerra fredda. La crisi economica iniziata nel 2008 ha mostrato la vulnerabilità dell’euro agli attacchi degli speculatori di tutto il mondo. Per reazione gli Stati membri dell’Unione hanno deciso di realizzare un più stretto coordinamento delle politiche economiche nazionali e hanno adottato misure volte a instaurare un’unione bancaria. Più di recente le sfide relative alla sicurezza e all’immigrazione hanno dominato l’agenda europea.

Jean Monnet, il grande architetto dell’integrazione europea, nel 1976 concludeva le sue memorie con queste parole: «Le nazioni sovrane del passato non sono più il contesto nel quale risolvere i problemi del presente. E la stessa Comunità è solo una tappa verso forme di organizzazione del mondo di domani». Di fronte alla globalizzazione, dovremmo rassegnarci oggi a considerare l’Unione europea di scarsa importanza in ambito politico? O dovremmo piuttosto interrogarci su come sfruttare l’intero potenziale di più di mezzo miliardo di europei che condividono gli stessi valori e interessi?

L’Unione europea comprende quasi 30 Stati membri con storie, lingue e culture assai differenti e con tenori di vita notevolmente diversi. Una famiglia di nazioni così variegata può costituire una «sfera pubblica» comune? I suoi cittadini riusciranno a sviluppare un comune senso di «appartenenza all’Europa» pur rimanendo profondamente legati al proprio paese, alla propria regione o alla propria comunità locale? Probabilmente sì, se gli attuali Stati membri seguiranno l’esempio della prima vera Comunità europea, nata dalle macerie della Seconda guerra mondiale. La sua legittimità morale si basava sulla riconciliazione e sul consolidamento della pace tra ex nemici. Aderiva al principio in base al quale tutti gli Stati membri, di piccole o grandi dimensioni, godevano di eguali diritti nel rispetto delle minoranze.

Sarà possibile proseguire sulla strada dell’integrazione europea, affermando che tutti gli Stati membri dell’UE e i loro cittadini hanno una volontà comune? Oppure i leader dell’Unione ricorreranno maggiormente ad accordi di «cooperazione rafforzata», in base ai quali gruppi specifici di Stati membri possono andare avanti senza gli altri in questa o quella direzione? Il moltiplicarsi di tali accordi potrebbe portare a una situazione in cui ciascuno Stato membro sarebbe libero di poter condurre una particolare politica o di far parte di una particolare istituzione. Questa soluzione potrebbe apparire allettante nella sua semplicità, ma l’Unione europea si è sempre fondata sul principio della solidarietà, che prevede la condivisione tanto dei costi che dei benefici. Ciò implica la condivisione di norme e di politiche.

Due bambini seduti sul pavimento giocano con dei blocchi da costruzione.

Gli europei devono lavorare insieme oggi per il loro domani.

Allo stesso tempo la recente crisi economica ha dimostrato la particolare situazione di interdipendenza derivante dall’introduzione dell’euro: i paesi che l’hanno adottato costituiscono ora un nucleo centrale all’interno dell’UE. La Commissione europea ha proposto di realizzare una maggiore integrazione della zona euro, con politiche rafforzate nei settori finanziario, economico e di bilancio, ma anche di migliorare la legittimità e la responsabilità democratica in relazione a tali politiche. L’idea di fondo è che un salto di qualità, per trasformare la zona euro in uno spazio dotato di una governance economica unitaria, imprimerà nuovo slancio all’Unione nel suo complesso, con conseguenti vantaggi per l’intero continente europeo.

I fatti recenti hanno evidenziato la necessità di una maggiore cooperazione europea in settori che per tradizione rientrano nella sovranità nazionale: la sicurezza e la difesa, la giustizia e gli affari interni, e in particolare la questione dei rifugiati. Probabilmente proprio in tali ambiti l’UE sarà posta di fronte alle sfide più dure e dovrà trovare soluzioni comuni, infondendo nei suoi cittadini un maggior senso di sicurezza e una ritrovata fiducia nell’Unione europea.

La globalizzazione impone all’Europa di competere non solo con i suoi tradizionali rivali, Giappone e Stati Uniti, ma anche con potenze economiche in rapida ascesa quali Brasile, Cina e India. L’Europa può continuare a tutelare i propri standard sociali e ambientali limitando l’accesso ai suoi mercati? Anche se lo facesse, non potrebbe sottrarsi alla dura realtà della concorrenza internazionale. È dunque probabile che molte forze continuino a esercitare pressioni affinché l’Europa diventi una vera protagonista a livello globale, agisca all’unisono sullo scacchiere mondiale e faccia valere in maniera efficace i suoi interessi esprimendosi con un’unica voce.

Al contempo, molti europei sostengono che l’Unione dovrebbe essere più vicina ai suoi cittadini. Il Parlamento europeo, cui sono stati conferiti maggiori poteri con ogni nuovo trattato, è eletto a suffragio universale diretto ogni cinque anni. Tuttavia la percentuale effettiva di votanti in queste elezioni varia di paese in paese, con un’affluenza alle urne spesso bassa. La sfida per le istituzioni dell’UE e per i governi nazionali è trovare modi migliori di informare e comunicare con il pubblico (tramite l’istruzione, le reti di ONG ecc.) e dunque promuovere la nascita di una sfera pubblica comune europea in cui i cittadini dell’UE possano contribuire a dettare l’agenda politica. Questa è una delle principali sfide che gli Stati membri e le istituzioni dell’UE devono affrontare per contrastare l’euroscetticismo che incoraggia la diffusione del populismo e indebolisce la democrazia.

Uno dei maggiori punti di forza dell’Unione è la sua capacità di diffondere i valori europei oltre i suoi confini: valori quali il rispetto dei diritti umani, la difesa dello Stato di diritto, la tutela dell’ambiente e di una libera economia all’interno di un quadro di norme stabile e organizzato e il mantenimento delle norme sociali. Se sarà in grado di affermare i propri valori, l’Europa potrà costituire un esempio positivo per altre regioni del mondo.

Riusciremo a valutare se l’Unione avrà raggiunto gli obiettivi che si è prefissata e ottenuto risultati concreti soltanto se saremo in grado di rispondere ai seguenti interrogativi:

Se riuscirà a dare risposta a questi quesiti, l’Europa continuerà a essere rispettata e rimarrà fonte di ispirazione per il resto del mondo.

Cronologia dell’integrazione europea

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