Analisi panoramica
2017

L’azione dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici

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Sintesi

I

L’energia ha svolto un ruolo fondamentale nella nascita dell’Unione europea allorché 65 anni fa, nel 1952, i sei Stati membri fondatori hanno istituito la Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Le misure per affrontare i cambiamenti climatici sono state introdotte più tardi. Energia e cambiamenti climatici sono ora strettamente connessi, giacché la produzione di energia, derivante principalmente dalla trasformazione e combustione di combustibili fossili, e l’uso di energia, ad esempio da parte dell’industria, dei clienti civili e dei trasporti, sono responsabili del 79 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE. Di conseguenza, trasformare la produzione e l’uso dell’energia è essenziale per far fronte ai cambiamenti climatici. L’energia e i cambiamenti climatici pongono numerosi problemi, che possono essere affrontati al meglio attraverso una collaborazione tra gli Stati. Questi temi figurano pertanto ai primi posti nel programma di lavoro dell’UE.

II

La presente analisi panoramica intende presentare un quadro d’insieme degli interventi dell’UE in questo campo, fornire una sintesi dei principali audit finora svolti dalla Corte dei conti europea e da altre istituzioni superiori di controllo (ISC) dell’UE e individuare le principali sfide in modo da fornire elementi utili al dibattito legislativo e al futuro lavoro di audit.

III

Sia per l’energia che per i cambiamenti climatici, l’UE definisce il quadro di riferimento per le relative politiche. Alcuni settori, come ad esempio la scelta del mix energetico, rimangono di competenza degli Stati membri. In campo internazionale l’UE e i suoi Stati membri hanno svolto un ruolo guida nei negoziati per gli accordi internazionali sul clima, come l’accordo di Parigi del 2015.

IV

Nel settore energetico, una parte importante dell’azione dell’UE riguarda la creazione di un mercato interno dell’energia che consenta il libero flusso e il commercio senza frontiere di gas e di energia elettrica in tutta l’UE. Il mercato interno dell’energia intende realizzare, con un soddisfacente rapporto costi-efficacia, gli obiettivi della politica energetica dell’UE, ossia un approvvigionamento energetico sicuro, sostenibile, competitivo e a prezzi accessibili.

V

Nel novembre 2016 la Commissione ha adottato il pacchetto di proposte denominato «Energia pulita per tutti gli europei», per un’ulteriore riforma del mercato dell’energia. Tali proposte sono attualmente al vaglio dei legislatori dell’UE, ossia il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea.

VI

Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, la maggior parte delle azioni dell’UE mirano a mitigare i cambiamenti climatici attraverso la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, mentre le azioni per l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici rimangono in gran parte prive di regolamentazione.

VII

Il forte accento posto sulla mitigazione si riflette sugli obiettivi dell’UE per il clima e l’energia. L’UE ha stabilito obiettivi quantificati, per il 2020 e il 2030, concernenti la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, l’incremento della quota di energie rinnovabili nell’ambito del consumo energetico e il miglioramento dell’efficienza energetica. Entro il 2050, l’UE intende ridurre le emissioni di gas a effetto serra nell’UE dell’80 %-95 % rispetto ai livelli del 1990.

VIII

Gli approcci alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra variano da un settore all’altro. Con il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS), l’Unione ha stabilito un limite alle emissioni complessive prodotte da alcuni settori dell’approvvigionamento energetico, industrie ad alta intensità energetica e voli all’interno del SEE e ha istituito un mercato per le quote di emissioni, fissando così un prezzo per il carbonio. In altri settori, l’approccio adottato prevedeva di tagliare le emissioni con l’introduzione di obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni, fissati dall’UE per ciascuno Stato membro. Gli Stati membri sono responsabili individualmente per la definizione e l’attuazione delle misure e politiche nazionali per raggiungere tali obiettivi. Questi approcci sono accompagnati da misure, adottate sia a livello nazionale che dell’UE, per accrescere l’uso di energie rinnovabili e l’efficienza energetica.

IX

Anche qualora gli sforzi per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra siano coronati da successo e venga raggiunto l’obiettivo dell’accordo di Parigi (mantenere l’aumento della temperatura mondiale al sotto di 2°C rispetto all’epoca preindustriale), l’adattamento ai mutamenti del clima rimane necessario. I cambiamenti climatici incidono già sull’ambiente, sulla società e sull’economia con livelli attuali di riscaldamento appena superiori a 1°C rispetto al periodo preindustriale. Il clima dell’Europa sarà ben diverso da quello odierno in presenza di un aumento complessivo della temperatura di 2°C. Per quanto riguarda l’adattamento, la base dell’azione dell’UE è costituita dalla strategia di adattamento dell’UE per il 2013, che incoraggia gli Stati membri ad agire, ma non introduce un obbligo al riguardo.

X

Negli ultimi anni le ISC e la Corte dei conti europea hanno sottoposto ad audit un’ampia gamma di temi diversi riguardanti l’energia e i cambiamenti climatici. La maggior parte delle relazioni di audit è stata dedicata all’energia; altri argomenti, come l’adattamento, hanno ricevuto un’attenzione minore. Anche se gli audit avevano estensione diversa, è possibile individuare un certo numero di risultati comuni. Dagli audit emerge che le diverse modalità con cui gli Stati membri hanno attuato la legislazione dell’UE e gestito i propri mercati dell’energia hanno ostacolato il progresso verso il completamento del mercato interno dell’energia nell’UE. Benché le energie rinnovabili abbiano registrato una lusinghiera crescita e una diminuzione mondiale dei prezzi, gli audit hanno rilevato un insoddisfacente rapporto costi-efficacia e l’esistenza di ostacoli agli investimenti. Sono costantemente emersi problemi riguardanti il rapporto costi-efficacia anche negli audit sull’efficienza energetica; nel campo dell’energia nucleare le ISC hanno riscontrato notevoli ritardi e aumenti dei costi. Gli audit dimostrano altresì che il passaggio a modi di trasporto a basse emissioni di carbonio non progredisce a sufficienza. Per quanto riguarda l’adattamento, gli audit si sono focalizzati soprattutto sulle inondazioni. In questo caso gli auditor hanno riscontrato problemi relativi alla prevenzione, alla protezione e alla risposta.

XI

La presente analisi panoramica individua sette ambiti che costituiscono le principali sfide:

  1. governance dell’energia e dei cambiamenti climatici;
  2. politica basata su dati concreti;
  3. transizione energetica;
  4. efficace utilizzo di ricerca e innovazione;
  5. pianificazione e gestione dell’adattamento;
  6. finanziamento;
  7. coinvolgimento dei cittadini dell’UE.

Introduzione

Dati fondamentali sull’energia e sui cambiamenti climatici

01

Alla fine del 2015 i livelli di biossido di carbonio (CO2) nell’atmosfera hanno raggiunto il nuovo record di 400 parti per milione1. Secondo tutte le principali serie di dati sulla temperatura superficiale mondiale, il 2016 è stato l’anno più caldo mai registrato: in media, il mondo è stato più caldo di 1,1°C rispetto al periodo preindustriale. Nel 2016 la calotta glaciale artica si è ritirata fino a raggiungere le dimensioni minime da quando sono iniziate le rilevazioni satellitari nel 1979. A maggio e giugno Francia e Germania hanno subito gravi inondazioni, ma in Francia luglio e agosto sono stati i mesi che hanno registrato la maggiore siccità.

02

I cambiamenti climatici e le loro cause non sono più oggetto di gravi dispute nel mondo scientifico. Da quasi trent’anni migliaia di scienziati di tutto il mondo contribuiscono alle conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici e sul loro impatto ambientale e socioeconomico tramite il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC). Secondo l’IPCC, l’influenza dell’uomo sul sistema climatico è chiara e evidente nell’aumento delle concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera e nel riscaldamento osservato2. Il nesso fra tale aumento e l’aumento della temperatura della Terra è stato spiegato in maniera convincente (cfr. riquadro 1).

Riquadro 1

Perché i gas a effetto serra riscaldano l’atmosfera

Quando la luce solare raggiunge l’atmosfera terrestre, una parte viene riflessa dalle nubi e dalle particelle sospese nell’aria e viene rinviata nello spazio. Gran parte della luce attraversa l’atmosfera e raggiunge la superficie terrestre. Una parte di questa luce viene riflessa, in particolare dalle superfici chiare come la neve, mentre un’altra parte viene assorbita dalla Terra, tramite le superfici scure come la vegetazione o le strade. Anche la Terra emette naturalmente energia, sotto forma di raggi infrarossi. Quando l’energia riflessa o emessa dalla superficie terrestre attraversa l’atmosfera, una parte di essa è assorbita dall’atmosfera.

Quanto maggiore è la concentrazione di gas a effetto serra (GES) nell’atmosfera, tanto più elevata è la percentuale di energia assorbita dall’atmosfera. Tale energia riscalda allora l’atmosfera, come avviene in una serra. Nel lungo periodo, il riscaldamento dell’atmosfera modifica il clima della Terra.

Il gas a effetto serra emesso in quantità maggiore è il biossido di carbonio (CO2), che rappresenta circa l’80 % del totale delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE, seguito dal metano (CH4) con l’11 %, dall’ossido di azoto (N2O) con il 6 % e dai gas fluorurati con il 3 %.

Fonte: Corte dei conti europea.

03

L’energia ha svolto un ruolo fondamentale nella nascita dell’Unione europea allorché, nel 1952, i sei Stati membri fondatori hanno istituito un mercato comune per il carbone e l’acciaio nell’ambito della Comunità europea del carbone e dell’acciaio e successivamente, nel 1957, hanno creato alla Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). Dagli anni Novanta l’UE si adopera per istituire un mercato interno dell’energia che consenta il libero flusso dell’energia in tutta l’Unione.

04

Energia e cambiamenti climatici sono strettamente connessi, giacché la produzione di energia, derivante principalmente dalla trasformazione e combustione di combustibili fossili, e l’uso di energia, ad esempio da parte dell’industria, dei clienti civili e dei trasporti, sono responsabili del 79 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE. Di conseguenza, trasformare la produzione e l’uso dell’energia è essenziale per far fronte ai cambiamenti climatici. Soddisfare il fabbisogno energetico riducendo contemporaneamente le emissioni di gas a effetto serra rappresenta una importante sfida per l’UE e gli Stati membri.

05

Costruire «un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici» rappresenta pertanto una priorità essenziale per la Commissione europea. La strategia dell’Unione dell’energia, con le sue cinque dimensioni, fornisce il contesto per realizzare tale priorità (cfr. riquadro 2). Per attuare questa strategia, nel 2016 la Commissione ha proposto numerosi importanti progetti di provvedimenti legislativi e iniziative non legislative relativi all’energia e ai cambiamenti climatici, il più rilevante dei quali è il pacchetto Energia pulita per tutti gli europei3. Questi testi saranno discussi dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel 2017 e 2018. Dal punto di vista finanziario, l’UE si è impegnata a spendere nell’azione per il clima almeno il 20 % del proprio bilancio 2014-2020, ossia circa 212 miliardi di euro.

Riquadro 2

Le cinque dimensioni, strettamente interconnesse e che si rafforzano a vicenda, della strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente

La dimensione sicurezza energetica, solidarietà e fiducia si concentra sulla diversificazione di fonti di energia, fornitori e rotte, sulla cooperazione tra gli Stati membri e su una maggiore trasparenza dei contratti commerciali di fornitura di gas.

La dimensione piena integrazione del mercato europeo dell’energia mira a consentire il libero flusso dell’energia in tutta l’UE tramite infrastrutture adeguate e senza barriere tecniche o normative.

La dimensione efficienza energetica considera l’efficienza energetica «una fonte di energia a sé stante» e incoraggia gli Stati membri a dare priorità alle politiche di efficienza energetica per ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia, le emissioni e le bollette energetiche.

La dimensione decarbonizzazione dell’economia prevede che «una politica per il clima ambiziosa [sia] parte integrante della nostra Unione dell’energia» e mira a garantire all’Unione europea la posizione di leader nel settore delle energie rinnovabili.

La dimensione ricerca, innovazione e competitività promuove soluzioni innovative nel campo delle tecnologie energetiche pulite e a basse emissioni di carbonio.

06

L’azione dell’UE nel settore dell’energia e dei cambiamenti climatici comprende le due risposte complementari ai cambiamenti climatici: la mitigazione e l’adattamento. La mitigazione dei cambiamenti climatici intende affrontare le cause dei cambiamenti climatici, riducendo o limitando le emissioni di gas a effetto serra e potenziando i pozzi naturali di gas a effetto serra. L’adattamento mira ad anticipare gli effetti dei cambiamenti climatici e ad avviare azioni appropriate per prevenire o ridurre al minimo i potenziali danni.

Finalità ed approccio della presente analisi panoramica

07

La presente analisi panoramica dell’azione dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici mira a:

  • presentare un quadro complessivo dell’operato dell’UE in questo campo;
  • fornire una sintesi dei principali audit finora svolti dalla Corte e da altre istituzioni superiori di controllo (ISC) nell’Unione e
  • individuare le sfide e i problemi più importanti, per fornire elementi utili al dibattito legislativo e al futuro lavoro di audit.
08

La relazione è articolata come segue:

  • la Parte I descrive le principali politiche dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici; le emissioni di gas a effetto serra prodotte dai diversi settori; la relativa legislazione settoriale dell’UE; il modo in cui tale legislazione è stata attuata e quali finanziamenti sono stati erogati per contribuire a realizzare gli obiettivi dell’UE in materia di energia e clima;
  • la Parte II contiene un’analisi degli ambiti sottoposti ad audit dalla Corte e dalle ISC degli Stati membri nel settore dell’energia e dei cambiamenti climatici, nonché una rassegna dei risultati principali di tali audit. Una sintesi di tutte le relazioni di audit della Corte è disponibile sul sito web di tale istituzione, unitamente a un elenco di tutte le relazioni delle ISC esaminate;
  • la Parte III evidenzia le principali sfide per il futuro, sia per fornire elementi utili al dibattito legislativo sia per contribuire a identificare potenziali opportunità e sfide per l’audit pubblico.
09

L’analisi panoramica non è un audit: è un’analisi basata prevalentemente su informazioni disponibili al pubblico4. Non si basa su alcun nuovo lavoro di audit e non presenta nuove raccomandazioni o risultati di audit. Le risposte della Commissione alle constatazioni e alle raccomandazioni formulate nelle singole relazioni della Corte qui citate sono pubblicate nelle relazioni stesse, disponibili sul sito web della Corte. Maggiori dettagli sulle fonti e sull’approccio adottato dalla Corte sono fornite nell’allegato.

Parte I – Energia e cambiamenti climatici: operato dell’Unione europea

10

La parte I descrive l’operato dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici. Comprende informazioni sui seguenti aspetti:

  • l’insieme della competenza dell’UE in questo campo e del lavoro svolto a livello di Unione per mitigare i cambiamenti climatici. La sezione presenta i principali traguardi e obiettivi dell’Unione per l’energia e il clima, illustrando sinteticamente il quadro di riferimento degli interventi e i suoi due principali pilastri per la realizzazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni: il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS dell’UE) e la condivisione degli sforzi;
  • l’azione di mitigazione in ciascun settore in cui si producono gas a effetto serra: approvvigionamento energetico, industria, edilizia, trasporti, agricoltura e silvicoltura e rifiuti. L’approvvigionamento e l’uso di energia sono responsabili del 79 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE e pertanto ricevono l’attenzione maggiore;
  • l’adattamento ai cambiamenti climatici, mettendo in rilievo i mutamenti e gli impatti attesi sulla società e sull’ambiente;
  • altre politiche che coadiuvano l’attuazione dell’azione dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici, ossia ricerca e innovazione, finanziamenti pubblici e privati per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento agli stessi, nonché azioni per migliorare l’elaborazione e l’attuazione delle politiche.

La competenza dell’UE nel campo dell’energia e dei cambiamenti climatici

11

L’energia e i cambiamenti climatici sono due settori in cui l’UE e gli Stati membri hanno competenza concorrente5. Ciò significa che l’UE e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri possono esercitare la propria competenza se l’UE non ha formulato e attuato politiche e strategie in materia di energia o cambiamenti climatici6.

12

Gli obiettivi della politica energetica dell’UE sono sanciti dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea7, in base al quale la politica dell’Unione nel settore dell’energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a:

  • garantire il funzionamento del mercato dell’energia,
  • garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione,
  • promuovere il risparmio energetico, l’efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili,
  • promuovere l’interconnessione delle reti energetiche.
13

Il trattato dispone inoltre che le misure attuate nel quadro della politica energetica dell’UE non devono incidere «sul diritto di uno Stato membro di determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico». Sono tuttavia ammesse deroghe. In particolare, la politica ambientale dell’UE può adottare misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di energia e sulla struttura generale dell’approvvigionamento energetico del medesimo8.

14

La competenza dell’UE in materia di cambiamenti climatici deriva dalla sua competenza nel settore della politica ambientale. Gli obiettivi della politica ambientale dell’UE, stabiliti nel trattato, comprendono9:

  • salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente;
  • protezione della salute umana;
  • utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e
  • promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
15

Il trattato prevede inoltre che la politica ambientale dell’UE sia fondata sui princìpi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione alla fonte dell’inquinamento, nonché sul principio «chi inquina paga»10. Come principio generale, le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile11.

16

Sia nel campo dell’energia che in quello dei cambiamenti climatici, a seconda dell’argomento specifico, l’UE ha la competenza per agire sulla scena internazionale. Per esempio, l’UE può negoziare o concludere accordi internazionali con terzi, da sola o congiuntamente con gli Stati membri12.

Accordi internazionali sul clima

17

L’UE riconosce che non è possibile affrontare i cambiamenti climatici con gli sforzi isolati di singoli paesi o regioni13. L’UE e i suoi Stati membri producono solo il 12 % circa delle emissioni mondiali di gas a effetto serra14, pertanto hanno assunto un ruolo guida nel negoziare accordi internazionali sul clima nel quadro della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC)15, nell’ambito della quale sono stati conclusi il protocollo di Kyoto e l’accordo di Parigi.

18

Il protocollo di Kyoto è stato adottato nel 1997 ed è entrato in vigore nel 2005. Il protocollo fissava, per 37 paesi e per l’UE, l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 5 % nell’arco del periodo 2008-2012, rispetto ai livelli del 1990. L’UE si è impegnata a ridurre le proprie emissioni dell’8 % anziché del 5 %16. A norma del protocollo di Kyoto modificato a Doha nel 2012, l’Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20 % entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990.

19

Nel quadro dell’accordo di Parigi, i governi hanno concordato di mantenere l’aumento della temperatura media mondiale nel secolo attuale «ben al di sotto» di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, puntando a limitare tale aumento a 1,5°C. I firmatari dell’accordo di Parigi, compresi l’UE e ciascuno dei suoi Stati membri, hanno spiegato dettagliatamente come avrebbero contribuito alla realizzazione di tale obiettivo17. Secondo l’UNFCCC, questi contributi non saranno sufficienti a mantenere l’aumento mondiale della temperatura al di sotto di 2°C18. I firmatari hanno quindi convenuto di riunirsi ogni cinque anni per riferire reciprocamente in merito ai progressi compiuti e fissare obiettivi più ambiziosi in base a quanto reso necessario dai progressi scientifici. Riconoscendo gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, i firmatari hanno inserito nell’accordo di Parigi anche disposizioni concernenti l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Riquadro 3

L’accordo di Parigi: un impegno mondiale

L’accordo di Parigi rappresenta un impegno mondiale per la mitigazione dei cambiamenti climatici: è stato firmato nel 2015 da 195 Stati, ossia da tutti i membri dell’UNFCCC tranne il Nicaragua e la Siria. Questi Stati sono responsabili del 99,75 % delle emissioni mondiali.

Gli Stati Uniti d’America sono all’origine del 18 % delle emissioni mondiali, e sono il secondo responsabile della produzione di emissioni dopo la Cina (20 %). Nel giugno 2017, il Presidente degli Stati uniti d’America ha annunciato il ritiro del suo paese dall’accordo di Parigi. I restanti 147 paesi che avevano ratificato l’accordo fino al giugno 2017 sono responsabili del 66 % delle emissioni mondiali e superano quindi la soglia del 55 % che era stata richiesta per l’entrata in vigore dell’accordo.

20

Prima della conferenza di Parigi, i paesi sviluppati si erano già impegnati a stanziare ogni anno, fino al 2020, 100 miliardi di USD per sostenere gli sforzi dei paesi in via di sviluppo per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento agli stessi. Con l’accordo di Parigi i paesi sviluppati hanno riconfermato questo intento e si sono impegnati ad aumentare il livello di sostegno a partire dal 202519.

Quadro dell’UE in materia di energia e clima

Traguardi e obiettivi dell’UE in materia di energia e clima

21

Per adempiere gli obblighi previsti dal protocollo di Kyoto e dall’accordo di Parigi, l’UE ha stabilito diversi obiettivi per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Si tratta di riduzioni dirette e quantificate delle emissioni di gas a effetto serra, nonché di obiettivi specifici per la produzione di energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica (cfr. riquadro 4).

Riquadro 4

Traguardi e obiettivi dell’UE in materia di riduzione dei gas a effetto serra, energie rinnovabili ed efficienza energetica

  • Entro il 202020:
  • riduzione del 20 % delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990);
  • quota di energie rinnovabili pari al 20 % del consumo energetico finale;
  • obiettivo indicativo di migliorare l’efficienza energetica del 20 % rispetto alle proiezioni del consumo energetico futuro.
  • Entro il 203021:
  • riduzione almeno del 40 % delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990);
  • quota di energie rinnovabili pari ad almeno il 27 % del consumo energetico finale, vincolante a livello di UE;
  • obiettivo indicativo di migliorare l’efficienza energetica almeno del 27 % rispetto alle proiezioni del consumo energetico futuro, da riesaminare nel 2020 ipotizzando un livello del 30 % per l’UE22.
  • Entro il 205023: l’UE intende ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’80 %-95 % rispetto ai livelli del 1990.
22

Nel 2014 l’UE era già riuscita a ridurre le proprie emissioni di gas a effetto serra di oltre il 20 % rispetto ai livelli del 199024. Nel 2015 tuttavia le emissioni dell’UE sono aumentate dello 0,7 % rispetto al 2014.

23

Nella figura 1 sono illustrate le tendenze attuali, le proiezioni e gli obiettivi, nonché le riduzioni di emissioni necessarie per raggiungere gli obiettivi. Essa mostra che i traguardi e gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030 e il 2050 non potranno essere raggiunti senza notevoli sforzi supplementari. Per raggiungere gli obiettivi del 2030 sarà necessario aumentare della metà, nel corso del prossimo decennio, gli sforzi attualmente compiuti per la riduzione delle emissioni. Il cambiamento più significativo, tuttavia, sarà quello richiesto dopo il 2030, allorché il tasso di riduzione delle emissioni dovrà superare i livelli storici di tre o quattro volte se si vorrà conseguire l’obiettivo fissato per il 2050.

Figura 1

Tendenze, proiezioni, traguardi e obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE

Fonte: Agenzia europea dell’ambiente, Trends and projections in Europe 2016 – Tracking progress towards Europe’s climate and energy targets (Tendenze e proiezioni in Europa 2016 – I progressi verso gli obiettivi dell’Europa nel campo del clima e dell’energia).

24

Per raggiungere questi traguardi e obiettivi, l’Unione europea ha fissato sotto-obiettivi per i tagli delle emissioni nei settori compresi nel sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS dell’UE). Nei settori non compresi nell’ETS dell’UE, l’Unione ripartisce gli sforzi tra gli Stati membri fissando obiettivi nazionali vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra: questo sistema è definito «condivisione degli sforzi». Dette politiche – ETS dell’UE e condivisione degli sforzi – sono illustrate più avanti.

25

Per valutare i progressi conseguiti in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE, la Commissione europea e gli Stati membri comunicano ogni anno all’UNFCC le proprie emissioni antropiche25 di gas a effetto serra. L’Unione europea ha istituito altresì un sistema interno per la comunicazione delle emissioni26. Questo sistema è basato sull’inventario dei gas a effetto serra dell’UE, ossia una raccolta degli inventari degli Stati membri redatta dalla Commissione. L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) effettua controlli di qualità annuali sugli inventari degli Stati membri, in cooperazione con Eurostat e con il Centro comune di ricerca della Commissione. Nell’ambito dell’UNFCCC, esperti internazionali di paesi terzi devono rivedere gli inventari dei gas a effetto serra dell’UE almeno ogni cinque anni.

26

Nel 2015 gli Stati membri dell’UE (cfr. figura 2) hanno emesso circa 4,6 gigatonnellate di CO2-equivalente (CO2e)27.

Figura 2

Emissioni del 2015 per Stato membro

(% del totale delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE, escluso il LULUCF, ma comprese l’aviazione e la navigazione internazionali. Totale = 4,6 Gt di CO2e)

Fonte: EEA greenhouse gas – data viewer (Visualizzatore di dati dell’AEA – gas a effetto serra), AEA, 2017.

Il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE

Finalità e caratteristiche principali
27

Nel 2005 l’Unione europea ha introdotto il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS dell’UE) al fine di promuovere la riduzione di emissioni di gas a effetto serra28. L’ETS dell’UE è stato il primo sistema multinazionale29 e plurisettoriale per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra. Esso limita le emissioni di centrali elettriche, grandi impianti industriali ad alta intensità energetica e, dal 2012, le emissioni prodotte dai voli all’interno del SEE. Questi settori sono responsabili di circa il 45 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE.

28

L’ETS dell’UE, conosciuto come sistema di «limitazione e scambio»,30 stabilisce un limite alla quantità complessiva annua di emissioni di gas a effetto serra: le emissioni totali in un anno civile sono «limitate». Le quote di emissioni, che rappresentano il diritto di emettere una tonnellata di CO2 equivalente, vengono messe all’asta dai governi o concesse gratuitamente agli impianti che producono emissioni. Le quote si possono scambiare liberamente sul mercato. Ogni anno gli operatori devono restituire un numero di quote corrispondente alle emissioni di gas a effetto serra da loro comunicate31.

29

La prima fase (2005-2007) dell’ETS dell’UE è stata una fase pilota. Nella seconda fase (2008-2012), la maggior parte delle quote di emissioni è stata ceduta gratuitamente. Nella terza fase, quella attuale (2013-2020), il limite fissato a livello dell’UE diminuisce annualmente di un cosiddetto «fattore di riduzione lineare» dell’1,74 %. L’obiettivo è ridurre, entro il 2020, le emissioni di gas a effetto serra nel settore dell’ETS dell’UE del 21 % rispetto ai livelli del 200532. Di conseguenza l’ETS dell’UE incoraggia la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra effettuata in maniera prevedibile.

30

Secondo il principio «chi inquina paga», tutte le quote di emissioni dell’ETS dell’UE dovrebbero essere messe all’asta. Tuttavia, dal momento che non tutti i paesi del mondo fissano un prezzo per le emissioni di gas a effetto serra nella stessa misura dell’UE, in teoria l’ETS dell’UE può incidere negativamente sulla competitività internazionale dell’industria dell’Unione. Di conseguenza, alcune imprese potrebbero scegliere di delocalizzare in paesi che impongono limiti meno restrittivi alle emissioni di gas a effetto serra, producendo così altrove le loro emissioni. Questo fenomeno è definito «rilocalizzazione delle emissioni di carbonio». I settori che possono dimostrare33 di essere esposti al rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, come l’industria siderurgica, ricevono quote di emissioni gratuite34. Nel settore dell’energia, in cui la delocalizzazione è fisicamente impossibile, quasi tutte le quote di emissioni sono messe all’asta35.

Prezzo delle quote di emissioni dell’ETS dell’UE
31

Un elemento essenziale dell’ETS dell’UE è il prezzo del carbonio. Fissare un tetto assoluto (il «limite») alle emissioni determina una scarsità di offerta. Un’offerta limitata e la flessibilità della domanda dovrebbero creare un segnale di prezzo per le quote di emissioni del carbonio. In un sistema che funzioni correttamente, gli operatori del mercato investirebbero nelle riduzioni di emissioni tenendo conto del rapporto costi-efficacia36. In teoria, gli operatori per cui la riduzione delle emissioni avrà un costo minore le ridurranno effettivamente e venderanno le quote in eccedenza a coloro che devono sostenere costi maggiori. Se il limite viene progressivamente ridotto, con il tempo all’interno del sistema l’offerta diventerà sempre più scarsa, spingendo in alto il prezzo del carbonio e rendendo più economicamente interessanti anche le opzioni di investimento per la riduzione delle emissioni più costose.

32

Le imprese investiranno in tecnologie a basse emissioni di carbonio a condizione che tali investimenti risultino più economici dell’acquisto delle quote di emissioni sul mercato. Pertanto, il prezzo di mercato delle quote di emissioni dell’ETS dell’UE dev’essere sufficientemente alto da giustificare la decisione di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio36. È quindi il prezzo di mercato delle quote di emissioni dell’ETS dell’UE, e non solo la riduzione delle emissioni, a promuovere la transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio. I modelli utilizzati dalla Commissione nel 2011 mostravano una evoluzione dei prezzi che andava dai 40 euro a tonnellata di CO2e nel 2020, a 100 euro nel 2030 e a 250 euro entro il 205037. Invece, il prezzo delle quote di emissioni è sceso dai 30 euro dell’inizio della fase 2 ai 5 euro circa dei primi mesi del 2017 (cfr. figura 3). Si tratta di un livello di gran lunga inferiore alla forbice di prezzi di 36-72 euro che, secondo la commissione ad alto livello sui prezzi del carbonio, è necessario raggiungere entro il 2020 se si vogliono conseguire i valori obiettivo di temperatura dell’accordo di Parigi38. Il prezzo è diminuito perché l’offerta di quote di emissioni era superiore alla domanda. Anzi, alla fine del 2015 vi era ancora una offerta di quote in eccesso di 1,8 miliardi, pari ad un anno di emissioni dell’UE provenienti dal settore dell’ETS dell’UE39. Questa offerta eccedente era dovuta alla recessione economica successiva alla crisi del 2008, nonché alla maggiore efficienza energetica o alla diffusione di politiche in materia di energie rinnovabili (cfr. paragrafo 168).

Figura 3

Prezzo storico delle quote di emissioni dell’ETS dell’UE (euro/tonnellata di CO2e)

Fonte: media mensile di sette contratti future di quote di emissioni (analisi della Corte dei conti sulla base di dati Quandl)

33

Per ripristinare un migliore equilibrio tra domanda e offerta, la Commissione ha rimandato la vendita all’asta di 900 milioni di quote di emissioni dal 2014-2016 al 2019-2020 (procedimento noto come «back loading») e ha istituito una riserva permanente per la stabilità del mercato, in modo da mantenere una parte delle quote di emissioni eccedenti al di fuori del mercato del carbonio a partire dal 2019.

34

Anche con queste misure, unite alla proposta legislativa della Commissione40 per la quarta fase dell’ETS dell’UE (2021-2030), l’eccedenza di quote di emissioni si protrarrà almeno fino al 2030 circa41.

Decisione sulla condivisione degli sforzi e proposta di regolamento

35

Le riduzioni delle emissioni nei settori non inclusi nell’ETS dell’UE sono disciplinate dalla decisione sulla condivisione degli sforzi del 2009 (ESD). Questi settori comprendono i trasporti (a eccezione dell’aviazione e del trasporto marittimo internazionale), l’agricoltura e la silvicoltura, l’edilizia e i rifiuti, nonché i settori industriali non inclusi nell’ETS dell’UE. Le emissioni di questi settori costituiscono il 55 % circa del totale delle emissioni dell’UE.

36

Gli obiettivi nazionali di emissioni per il 2020 sono stati fissati sulla base del PIL pro capite. Gli Stati membri più ricchi sono tenuti, entro il 2020, a ridurre le emissioni del 20 % rispetto ai livelli del 2005. Agli Stati membri meno ricchi è consentito di aumentare le emissioni fino al 202042. Ciò perché questi ultimi, nel recuperare il ritardo in termini di crescita economica, dovrebbero generare maggiori emissioni. La Commissione ha osservato tuttavia che gli obiettivi fissati «rappresentano un limite alle loro emissioni rispetto ai tassi di crescita previsti in condizioni normali. Uno sforzo di riduzione è richiesto quindi a tutti gli Stati membri»43. Gli Stati membri sono responsabili della definizione e dell’attuazione di misure e politiche nazionali per limitare le emissioni dei settori compresi nell’ESD44.

37

Entro il 2020 questi obiettivi nazionali dovrebbero contribuire per una metà all’obiettivo di riduzione delle emissioni dell’UE (20 %); l’altra metà dovrebbe derivare dai settori dell’ETS dell’UE. Secondo la Commissione, che monitora il rispetto delle prescrizioni, l’UE si avvia a realizzare le riduzioni previste per i settori compresi nell’ESD45.

38

La sostituzione dell’ESD è in discussione in seno al Parlamento europeo e al Consiglio dal 2016. La proposta della Commissione prevede riduzioni annuali vincolanti dei gas a effetto serra da parte degli Stati membri, in modo da ridurre, entro il 2030, le emissioni dei settori non compresi nell’ETS del 30 % rispetto al 2005.

Fonti di emissioni di gas a effetto serra: l’importanza del settore energetico

39

La produzione di energia, effettuata essenzialmente tramite la trasformazione e la combustione di combustibili fossili, e l’uso di energia da parte di tutti i settori economici sono responsabili del 79 % delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE (cfr. figura 4). Altre emissioni di gas a effetto serra derivano da processi industriali diversi dall’uso di energia (cfr. paragrafi 80-84), pratiche agricole (cfr. paragrafi 103-110) o gestione dei rifiuti (cfr. paragrafi 111-113). Queste percentuali sono rimaste per lo più invariate dal 1990.

40

Il 79 % attribuibile all’energia comprende la produzione di elettricità e la generazione di calore, nonché la combustione di combustibili nell’industria, nell’edilizia, nei trasporti e nell’agricoltura. Per ridurre le emissioni di gas a effetto serra è pertanto essenziale cambiare i metodi per produrre elettricità e calore e le modalità di utilizzo dell’energia nella nostra economia46.

Figura 4

Emissioni di gas a effetto serra dell’UE nel 2015, per fonte

*Compreso l’uso di energia nell’aviazione e nel trasporto marittimo internazionali.

**Escluso il LULUCF.

Fonte: EEA greenhouse gas – data viewer(Visualizzatore di dati dell’AEA – gas a effetto serra), AEA, 2017.

41

Dal momento che le emissioni di gas a effetto serra sono provocate principalmente dalla produzione e dall’uso di energia, l’efficienza energetica può esercitare un impatto significativo sulla riduzione delle suddette emissioni. Inoltre, la domanda di investimenti energetici e le importazioni di energia diminuiscono e i consumatori risparmiano denaro. L’efficienza energetica è stata definita il metodo più rapido ed economico per affrontare le sfide nel campo della sicurezza energetica, dell’ambiente e dell’economia47. Per tale motivo l’UE ha legiferato per introdurre una serie di misure concernenti vari settori che producono emissioni di gas a effetto serra48 e si è posta obiettivi di efficienza energetica per il 2020 e il 2030.

42

L’UE si è posta l’obiettivo non vincolante di un miglioramento del 20 % dell’efficienza energetica entro il 2020 rispetto alle proiezioni relative al futuro consumo di energia primaria (cfr. paragrafo 21)49. Gli Stati membri hanno deciso autonomamente i propri obiettivi nazionali indicativi di efficienza energetica, che in teoria dovrebbero contribuire all’obiettivo del 20 % fissato per l’UE nel suo insieme. Tuttavia, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, essi produrrebbero un risparmio del consumo di energia primaria pari al 17,7 % entro il 2020, non raggiungendo quindi l’obiettivo dell’UE del 20 %50.

43

L’obiettivo di efficienza energetica dell’UE per il 2030 è di migliorare l’efficienza energetica «almeno del 27 % a livello UE» rispetto alle proiezioni del futuro consumo energetico, prevedendo una revisione nel 2020 e «ipotizzando un obiettivo del 30 %». Nel 2016 la Commissione ha proposto di elevare l’obiettivo al 30 % e di renderlo vincolante a livello UE51.

44

Tutti i settori economici come l’industria, i trasporti e l’agricoltura utilizzano energia. Un altro modo per valutare le emissioni di gas a effetto serra consiste nell’analizzare le emissioni per settore (cfr. figura 5) e non per fonte (cfr. figura 4). Da questo punto di vista, il settore dell’approvvigionamento energetico, ossia principalmente la produzione di elettricità e calore52, produce il 29 % delle emissioni totali, risultando quindi il massimo singolo produttore di emissioni di gas a effetto serra. È seguito dal settore dei trasporti (26 % delle emissioni), dal settore industriale (19 %) e da quello edilizio (12 %).

Figura 5

Emissioni di gas a effetto serra dell’UE nel 2015 per settore

*Compresi l’aviazione e il trasporto marittimo internazionali.

**Escluso il LULUCF.

Fonte: EEA greenhouse gas – data viewer(Visualizzatore di dati dell’AEA – gas a effetto serra), AEA, 2017.

45

Le sezioni seguenti illustrano l’azione adottata dall’UE per ridurre le emissioni di gas a effetto serra in questi settori. Per ciascun settore, il piccolo grafico a barre a destra mostra il sommarsi delle percentuali di emissioni.

Approvvigionamento energetico

Quadro complessivo del settore dell’approvvigionamento energetico

46

Nel 2015 il 29 % delle emissioni di gas a effetto serra è stato prodotto dal settore dell’approvvigionamento energetico, soprattutto dalla generazione di elettricità e calore. In tutta l’UE, l’elettricità e il calore sono stati prodotti da cinque fonti principali: energie rinnovabili, carbone, energia nucleare, gas e petrolio.

47

Gli Stati membri dispongono di mix energetici caratterizzati da un’ampia varietà, che spiega perché gli Stati affrontino sfide differenti in materia di sicurezza dell’approvvigionamento e decarbonizzazione (cfr. figura 6).

Figura 6

Principali fonti di generazione di elettricità e calore nell’UE e negli Stati membri nel 2015

(in ordine decrescente di quantità di elettricità e calore generati)

(% del totale, basata su tonnellate di petrolio-equivalente)

Fonte: Eurostat, 2017.

48

Negli ultimi dieci anni si è assistito a una rapida crescita dell’utilizzo di energie rinnovabili per la generazione di elettricità e calore in tutta l’UE (cfr. figura 7). La quota del gas è aumentata fino al 2010 per poi ridursi. La quota dell’energia nucleare è rimasta pressoché stabile. L’uso del carbone e del petrolio è diminuito. La crescita delle energie rinnovabili si deve essenzialmente all’aumento di 387 volte registrato nell’uso di energia eolica tra il 1990 e il 2015. In termini relativi, l’uso di energia solare ha fatto segnare la crescita più forte: tra il 1990 e il 2015 è aumentato di oltre 7 750 volte.

Figura 7

Evoluzione del mix energetico dell’UE-28 per elettricità e calore, 1990-2015

Fonte: Eurostat, 2017.

49

Nell’UE l’elettricità è generata da fonti rinnovabili, da fissione nucleare o dalla combustione di combustibili fossili. Le principali fonti rinnovabili di elettricità sono l’energia idroelettrica, quella eolica e quella solare.

50

La fonte più importante per la generazione di calore è il gas, seguito dal carbone e da fonti rinnovabili. Le principali fonti rinnovabili per la produzione di calore sono i biocarburanti solidi53, come pellet di legno, segatura o letame essiccato, e l’incenerimento di rifiuti rinnovabili54, come i rifiuti alimentari.

51

Mentre l’elettricità può essere trasportata su lunghe distanze, ciò è più difficile per il calore che, se viene trasportato, è di solito distribuito unicamente su scala locale tramite condutture di acqua calda in ambito urbano. Pertanto la generazione di elettricità e quella di calore mostrano profili assai differenti di produzione e distribuzione. Alla luce di tali differenze, la decarbonizzazione del settore elettrico e di quello della produzione di calore affrontano sfide distinte.

52

Le diverse fonti energetiche producono quantità di emissioni di gas a effetto serra molto diverse (cfr. figura 8). Di conseguenza, per ridurre le emissioni è fondamentale dirigere il settore dell’approvvigionamento energetico verso la decarbonizzazione della generazione di energia. Nei paragrafi seguenti viene fornita una breve descrizione di ciascuna fonte energetica, partendo da quelle che producono le maggiori quantità di emissioni di gas a effetto serra.

Figura 8

Elettricità e calore generati e CO2 emesso da diverse fonti di energia in 22 Stati membri* dell’UE nel 2015

*Esclusi Bulgaria, Croazia, Cipro, Lituania, Malta e Romania (dati non disponibili).

Fonte: emissioni di CO2 prodotte dalla combustione di combustibili, OCSE (edizione preliminare 2017), Agenzia internazionale per l’energia, 2017; Eurostat; analisi della Corte dei conti europea.

Carbone
53

Nel 2015, il carbone rappresentava circa il 25 % della produzione di elettricità e calore nell’UE, in calo rispetto al 90 % dei primi anni Cinquanta55. Il carbone è ancora ampiamente utilizzato in alcuni Stati membri perché è più economico e più facilmente disponibile di altri combustibili fossili come il gas naturale e il petrolio56. Consente agli Stati membri che lo estraggono e lo usano di ridurre la dipendenza dalle importazioni57.

54

Rispetto ad altri combustibili fossili, il carbone emette una maggior quantità di CO2 per unità di energia prodotta. Nel 2015 un quarto del calore e dell’elettricità dell’UE veniva prodotto a partire dal carbone, ma le emissioni di CO2 derivanti dal carbone equivalevano al 72 % delle emissioni complessive di CO2 prodotte nell’UE dalla generazione di elettricità e calore (cfr. figura 8).

Petrolio e gas
55

Nell’UE, circa il 22 % dell’elettricità e del calore viene generato dal petrolio e dal gas naturale. Nel 2015 l’UE importava l’89 % del petrolio e il 69 % del gas naturale58. I governi nazionali mantengono il controllo delle riserve di petrolio e gas site sul proprio territorio.

56

Per limitare le emissioni di gas a effetto serra prodotte dal gas e dal carbone l’UE promuove lo sviluppo delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS)59. Queste tecnologie sono però costose ed ancora nelle prime fasi di sviluppo60.

Energia nucleare
57

L’energia nucleare viene prodotta per mezzo della fissione nucleare, un processo che genera elettricità senza emettere gas a effetto serra61. Nel 2015, l’energia nucleare costituiva il 22 % della generazione di elettricità e calore nell’UE. Ciò rappresentava il 47 %dell’elettricità a basse emissioni di carbonio dell’Unione.

58

Nel 2017 sono operativi 129 reattori nucleari in 14 paesi dell’UE. Esistono altri 90 reattori, che sono stati chiusi; tre di questi sono stati completamente disattivati. Si prevede che oltre 50 dei reattori oggi operativi nell’UE verranno chiusi entro la fine del 2025. In Europa si sta quindi sviluppando un significativo mercato per la disattivazione degli impianti nucleari62.

59

Secondo una relazione della Commissione basata su dati forniti dagli Stati membri, il costo totale stimato della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi ammonta a circa 400 miliardi di euro, mentre in gran parte degli Stati membri non esistono approcci specifici allo smaltimento di rifiuti radioattivi a media ed alta attività e del combustibile esaurito, ad esempio la scelta del sito o lo sviluppo della progettazione63.

60

In materia di energia nucleare gli Stati membri hanno adottato politiche differenti. Alcuni, come la Repubblica ceca, l’Ungheria e il Regno Unito, stanno pianificando la costruzione di nuovi impianti nucleari, mentre altri stanno riducendo la propria dipendenza dall’energia nucleare: nel 2011, per esempio, la Germania ha deciso di abbandonare gradualmente l’energia nucleare entro il 2022 nel quadro della politica di transizione energetica e la Francia ha deciso di ridurre la dipendenza dall’energia nucleare.

61

L’UE si occupa di energia nucleare da svariati punti di vista, alcuni dei quali rientrano nell’ambito del trattato Euratom:

  • la legislazione in materia di sicurezza nucleare istituisce un quadro per la sicurezza nucleare, ad esempio, degli impianti nucleari64 e per la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito65;
  • la legislazione in materia di salvaguardie nucleari garantisce che i materiali nucleari siano utilizzati solo per gli scopi dichiarati dagli utenti;
  • la ricerca nucleare, comprendente un importante contributo al reattore termonucleare sperimentale internazionale (ITER), che mira a dimostrare la fattibilità futura della fusione nucleare66 quale fonte sostenibile di energia;
  • la disattivazione degli impianti nucleari: l’UE fornisce assistenza finanziaria alla disattivazione di otto reattori nucleari di prima generazione di progettazione sovietica in Lituania, Bulgaria e Slovacchia.
Energie rinnovabili
62

Entro il 2020, il 20 % del consumo energetico finale dell’UE dovrebbe provenire da energie rinnovabili67 (cfr. paragrafo 21). Tale obiettivo comprende l’uso di energie rinnovabili in tutti i settori possibili, ossia nella produzione di elettricità e calore, ma anche nei trasporti. La figura 9 mostra gli obiettivi nazionali vincolanti per tutti gli Stati membri, stabiliti in base alla loro ricchezza relativa, nonché i progressi compiuti dal 2005. Nel 2015 il 16,7 % del consumo energetico finale lordo dell’UE proveniva da fonti rinnovabili.

Figura 9

Quota UE e quote nazionali di energie rinnovabili nel consumo finale lordo nel 2005, nel 2015 e obiettivi per il 2020 (in percentuale)

Fonte: adattamento da Commissione europea,Second Report on the State of the Energy Union (Seconda relazione sullo Stato dell’Unione dell’energia), 2017.

63

L’obiettivo di una quota del 27 % di energie rinnovabili nel consumo energetico finale, fissato per il 2030, non comprende obiettivi per i singoli Stati membri68.

64

Nell’ultimo decennio la crescita su scala mondiale della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e gli investimenti effettuati in questo settore hanno determinato una notevole riduzione dei costi di molte fonti rinnovabili. Per esempio, tra il 2009 e il 2015 i costi dell’energia fotovoltaica ed eolica su scala industriale sono diminuiti rispettivamente dell’85 % e del 65 %69. Si prevede un ulteriore calo70. Di conseguenza, molte tecnologie di energie rinnovabili possono ora competere con fonti di energia tradizionali nella produzione di elettricità (cfr. figura 10).

Figura 10

Competitività delle fonti di elettricità rinnovabili rispetto a quelle non rinnovabili

*Metodo usato per confrontare il costo dell’energia derivante da fonti differenti, tenendo conto del costo totale che detenere una centrale elettrica comporta e della produzione della centrale nel suo ciclo di vita.

**Le fonti di energia per il carico di base sono centrali elettriche che possono generare economicamente l’energia elettrica necessaria per soddisfare la domanda minima. Le fonti di energia per i picchi di consumo vengono utilizzate per soddisfare i picchi di domanda, per esempio al mattino o alla sera, oppure qualora non siano disponibili fonti alternative (per esempio impianti eolici nei momenti di bassa velocità del vento o durante la manutenzione degli impianti); i costi dei combustibili sono tuttavia maggiori.

Fonte: adattamento da European Energy Markets Observatory, 2015 and Winter 2015/2016 Dataset – Eighteenth Edition, Capgemini (Osservatorio europeo dei mercati dell’energia, serie di dati per il 2015 e l’inverno 2015/2016, diciottesima edizione, Capgemini) 2016, pag. 37 (BNE, Eurelectric – Capgemini analysis, EEMO18).

Mercato interno dell’energia e sicurezza dell’approvvigionamento

65

Il mercato interno dell’energia è l’assetto normativo e infrastrutturale che, una volta completato, dovrebbe consentire il libero flusso e il commercio senza frontiere di gas e di energia elettrica in tutto il territorio dell’UE. Esso intende realizzare, con un soddisfacente rapporto costi-efficacia, gli obiettivi della politica energetica dell’UE: un approvvigionamento energetico a prezzi accessibili e competitivi, sostenibile e sicuro71. Dispone inoltre del potenziale per favorire lo sviluppo di fonti di energia a basse emissioni di carbonio: in un mercato dell’energia aperto, le energie rinnovabili potrebbero fluire oltre le frontiere ed essere disponibili in maniera più permanente, mentre in passato l’intermittenza può aver rappresentato un problema.

66

Al fine di sviluppare un mercato interno dell’energia, è necessario sia stabilire le regole di funzionamento dei mercati del gas e dell’energia elettrica sia garantire che venga posta in essere un’adeguata infrastruttura a tale scopo. Il quadro legislativo per la liberalizzazione dei mercati nazionali dell’energia, spesso di proprietà statale e soggetti a monopolio, è stato sviluppato gradualmente (cfr. riquadro 5). Norme più dettagliate sono previste negli orientamenti e nei codici di rete72 che fissano norme tecniche comuni.

Riquadro 5

Sviluppo dei tre pacchetti energetici per l’attuazione del mercato interno dell’energia

La liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas è iniziata con un primo pacchetto legislativo nel 1996 per l’elettricità e nel 1998 per il gas73.

Il secondo pacchetto legislativo74 mirava a consentire l’ingresso di nuovi fornitori nei mercati del gas e dell’elettricità degli Stati membri, nonché a permettere ai consumatori di scegliere i fornitori75.

Avendo constatato che un mercato interno dell’energia non si era ancora realizzato76, nel 2009 l’UE ha adottato un terzo pacchetto complessivo, che prevede:

  • la separazione della generazione di energia dall’attività delle reti di trasporto;
  • nuove disposizioni per garantire l’indipendenza dei regolatori nazionali;
  • l’istituzione dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER), un’agenzia dell’UE con il compito di promuovere la cooperazione tra i regolatori europei dell’energia77;
  • la creazione della rete europea dei gestori dei sistemi di trasmissione dell’energia elettrica (ENTSO-E) e della rete europea dei gestori del sistema di trasporto del gas (ENTSO-G), allo scopo di migliorare la cooperazione transfrontaliera;
  • la preparazione dei piani di sviluppo decennali della rete (TYNPD), da parte di ENTSO-E ed ENTSO-G, per ampliare le informazioni sugli investimenti nei sistemi di trasporto dell’elettricità e del gas.

Nel 2016 la Commissione ha pubblicato un pacchetto di iniziative legislative e non legislative: il pacchetto Energia pulita per tutti gli europei.

67

Gli Stati membri sono responsabili dell’attuazione della legislazione e degli orientamenti. La Commissione monitora l’attuazione e ha il potere di avviare procedure d’infrazione, che possono portare ad una causa presso la Corte di giustizia dell’Unione europea.

68

Il piano prevedeva il completamento del mercato interno dell’energia entro il 201478. Nonostante i notevoli progressi registrati in alcune regioni dell’UE, il mercato interno dell’energia non è ancora stato realizzato79. Ammettendo tale ritardo, la Commissione ha pubblicato una «strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici» nel 201580 (cfr. paragrafo 5) e nel 2016 un pacchetto di iniziative legislative e non-legislative: il pacchetto Energia pulita per tutti gli europei81. La strategia dell’Unione dell’energia e il pacchetto del 2016 non riguardano solo lo sviluppo del mercato interno dell’energia, ma riuniscono componenti di diverse politiche, che sono trattati nelle corrispondenti sezioni della presente analisi panoramica.

69

Lo sviluppo dei mercati interni dell’elettricità e del gas naturale costituisce la base per garantire l’approvvigionamento energetico82 secondo un soddisfacente rapporto costi-benefici, dal momento che tali mercati offrono la possibilità di diversificare maggiormente l’approvvigionamento creando rapporti di scambi flessibili tra gli Stati membri e all’interno di essi. La legislazione dell’UE sulle perturbazioni delle forniture di gas ed elettricità è in corso di aggiornamento. Le proposte suggeriscono tra l’altro di affrontare le perturbazioni delle forniture con un approccio regionale e transfrontaliero anziché nazionale83.

70

Per il funzionamento del mercato interno dell’energia e per una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento, l’idoneità delle infrastrutture è necessaria quanto le strutture di mercato e una regolamentazione efficace. Ciò riguarda sia le infrastrutture tra uno Stato membro e l’altro che quelle all’interno degli Stati membri. L’UE ha fissato un obiettivo per la capacità delle interconnessioni di energia elettrica a livello transfrontaliero84 pari ad almeno il 10 % della capacità di produzione di energia elettrica installata in un determinato Stato membro85 entro il 2020 e pari ad almeno il 15 % entro il 203086. Gli interconnettori possono agevolare l’accoppiamento dei mercati nazionali dell’energia, il che dovrebbe migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento e diminuire i prezzi dell’energia. L’UE sostiene lo sviluppo di infrastrutture transfrontaliere imponendo per esempio la razionalizzazione delle procedure di rilascio delle autorizzazioni, agevolando la ripartizione dei costi tra diversi Stati membri e finanziando parzialmente progetti infrastrutturali selezionati87.

71

Una valutazione della Commissione del 2017 conclude che sono stati compiuti progressi, ma sottolinea i numerosi problemi ancora sul tappeto, riguardanti l’attuazione del mercato interno dell’energia, tra cui88:

  • il permanere di strozzature dovute alla mancanza o al sottoutilizzo delle infrastrutture di elettricità e gas. Per esempio, vi è ancora la necessità di migliorare le interconnessioni elettriche e, se del caso, le linee interne nell’Europa sudoccidentale, come in Spagna e in Francia, nonché in paesi dell’Europa settentrionale e orientale, come la Germania, la Polonia e la Repubblica ceca;
  • il permanere di considerevoli differenze di prezzo nel mercato all’ingrosso dell’elettricità, contrariamente a quanto avvenuto per i prezzi nazionali all’ingrosso del gas che hanno mostrato una convergenza tra il 2013 e il 201589.

Transizione a una produzione energetica a basse emissioni di carbonio

72

La transizione a un settore dell’approvvigionamento energetico a basse emissioni di carbonio esige ulteriori notevoli cambiamenti nella produzione di energia90. Nell’attuale quadro per le politiche di questo settore91 il mix energetico del futuro è destinato a mutare (cfr. figura 11), con un netto declino della produzione interna dell’UE per tutti i combustibili fossili (carbone92, petrolio e gas) e uno spostamento verso le energie rinnovabili. È quindi necessaria una capacità di generazione supplementare da energie rinnovabili.

Figura 11

Proiezione della produzione di energia nell’UE per tipo di combustibile

Fonte: Commissione europea, EU Reference Scenario 2016, 2016 (Scenario di riferimento UE 2016, simulazione del modello PRIMES).

73

La crescita delle fonti di energie rinnovabili dovrà riguardare soprattutto il settore elettrico, poiché le potenzialità di un maggior utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di calore è attualmente più limitato93. La radicale trasformazione del sistema energetico pone numerose sfide. In primo luogo, sfide tecniche che comportano l’incremento e l’integrazione di talune forme intermittenti di energia rinnovabile, in particolare eolica e solare, in un sistema elettrico in cui è necessario mantenere un costante equilibrio tra domanda e offerta e le soluzioni di stoccaggio sono attualmente limitate. Un’altra sfida è rappresentata dal decentramento della produzione di energia, soprattutto per le energie rinnovabili, dato che la rete elettrica e l’attuale assetto del mercato sono strutturati secondo una netta separazione tra produttori, distributori e consumatori94.

74

Inoltre, il calo dei prezzi all’ingrosso e l’eccesso di capacità di generazione forniscono scarsi incentivi a investire in nuove reti e capacità. Saranno necessari nuovi investimenti nella generazione di energie rinnovabili, ma la legislazione attuale «non offre incentivi sufficienti a investimenti privati in nuove reti e capacità di generazione»95.

75

Se l’intervento statale nel mercato dell’elettricità non è progettato accuratamente, anche se ispirato dalle migliori intenzioni può ulteriormente falsare il funzionamento del mercato dell’energia e potrebbe far lievitare i costi o favorire la concorrenza sleale. Come in altri settori, pertanto, nell’Unione europea tali aiuti di Stato sono consentiti solo in determinate circostanze e gli Stati membri devono rispettare gli orientamenti in materia di aiuti di Stato pubblicati dalla Commissione, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili, ove il livello del sostegno pubblico rimane significativo. Dal 2017 per concedere qualsiasi aiuto a infrastrutture nel settore delle energie rinnovabili è richiesta una procedura di gara aperta e competitiva96.

76

Per compensare l’intermittenza delle energie rinnovabili e dal momento che le soluzioni per lo stoccaggio dell’elettricità97 o la gestione della domanda98 non sono ancora ampiamente diffuse, gli Stati membri mantengono una certa capacità di produzione convenzionale di energia elettrica per prevenire eventuali carenze di elettricità, per esempio quando la domanda è elevata ma il vento e il sole scarseggiano. Si possono offrire pagamenti ai fornitori di energia elettrica, per indurli a mantenere disponibili mezzi di produzione di elettricità non intermittenti (come impianti di generazione a carbone o a gas). Questi pagamenti, definiti «meccanismi di regolazione della capacità», possono falsare la concorrenza qualora non siano progettati correttamente99.

77

Le imprese del settore dell’energia dell’UE hanno riconosciuto che l’elettricità prodotta a partire dal carbone genera una maggiore quantità di emissioni di gas a effetto serra rispetto all’elettricità prodotta da altre fonti (cfr. paragrafo 54). Nell’aprile 2017 le aziende elettriche pubbliche di tutti gli Stati membri – tranne Polonia e Grecia – si sono impegnate a non investire più in nuove centrali elettriche a carbone dopo il 2020100 per contribuire a fornire «energia pulita agli europei». Il Regno Unito ha annunciato inoltre l’intenzione di chiudere tutte le centrali elettriche a carbone entro il 2025 e di colmare il fabbisogno di capacità principalmente mediante nuove centrali nucleari e a gas.

78

La chiusura delle centrali elettriche nucleari (cfr. paragrafo 58) e a carbone, nonché delle miniere di carbone, che spesso garantiscono una notevole occupazione a livello regionale, può dar luogo a sfide sociali. La Commissione101 sta vagliando come ottimizzare il proprio sostegno alla transizione strutturale nelle regioni ad alta intensità di carbone e carbonio, in conformità delle norme sugli aiuti di Stato, per esempio fornendo orientamenti sul modo di utilizzare i fondi esistenti e di scambiare le migliori pratiche102.

79

Per affrontare molte di queste sfide, nel novembre 2016 la Commissione ha proposto un ventaglio di misure legislative e non legislative. Le discussioni in corso in sede di Parlamento e Consiglio riguardano, per esempio, norme per l’ulteriore potenziamento del mercato interno dell’energia103, compresa l’intensificazione della cooperazione regionale tra gli Stati membri; per la prima volta a livello UE, alcuni aspetti dello stoccaggio dell’elettricità104; e la preparazione di piani nazionali integrati per l’energia e il clima, miranti a perfezionare la governance dell’UE nel campo del clima e dell’energia105.

Industria

80

Nel 2015 le emissioni dirette prodotte dall’industria corrispondevano al 19 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE. Le emissioni indirette derivanti dall’uso di elettricità e calore sono incluse nel settore dell’»approvvigionamento energetico».

81

Circa la metà delle emissioni del settore industriale è causata dalla combustione di combustibili. Il resto proviene dai processi industriali, per esempio dalla produzione del cemento, e dall’uso dei prodotti.

82

I grandi impianti industriali ad alta intensità di energia rientrano nell’ETS dell’UE, che costituisce il quadro principale per l’azione di mitigazione dell’UE in questo settore (cfr. paragrafo 27). Circa due terzi delle emissioni industriali di gas a effetto serra sono compresi nell’ETS dell’UE. Il resto rientra nella condivisione degli sforzi (cfr. paragrafi 35-38). Nel quadro dell’ETS dell’UE, le imprese devono tener conto del prezzo del carbonio e quindi, teoricamente, sono incentivate a ridurre le emissioni. In pratica, i settori esposti alla concorrenza internazionale ricevono cospicue quantità di quote di emissioni gratuite. Il livello di quote di emissioni gratuite è fissato in modo da ridursi lentamente nel tempo, man mano che gli interventi adottati a livello mondiale a favore del clima riducono i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (cfr. paragrafo 30).

83

Le emissioni industriali sono influenzate altresì dall’azione dell’UE in altre aree, come le misure106 di efficienza energetica e gli standard di qualità dell’aria107. Per esempio le grandi imprese sono tenute ad effettuare audit energetici almeno ogni quattro anni, per individuare metodi che consentano di ridurre il consumo di energia108. La direttiva sulle emissioni industriali, che fissa limiti per le emissioni di gas non a effetto serra e standard tecnologici minimi per gli impianti, ha contribuito a sua volta indirettamente alle riduzioni di CO2109.

84

Le emissioni derivanti dall’uso del prodotto consistono principalmente di gas fluorurati. Questi ultimi sono stati introdotti per sostituire i clorofluorocarburi, che riducono lo strato di ozono, utilizzati in molte applicazioni industriali e destinate al consumo come i frigoriferi e i condizionatori d’aria. Oggi i gas fluorurati rappresentano il 2,7 % circa delle emissioni totali di gas a effetto serra dell’UE; le emissioni di questi gas sono cresciute del 66 % tra il 1990 e il 2015. Dal momento che questi gas hanno un elevato potenziale di riscaldamento globale110, l’UE ha legiferato per fissare l’obiettivo di ridurne le emissioni, entro il 2030, a due terzi dei livelli del 2014.

Edilizia

85

La generazione di energia in loco e la combustione di combustibili per il riscaldamento o la cottura all’interno degli edifici rappresentano il 12 % delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE. Inoltre, gli edifici consumano elettricità, ad esempio per l’illuminazione, le tecnologie dell’informazione, il riscaldamento e, in misura sempre maggiore, il condizionamento dell’aria. Le emissioni di gas a effetto serra così prodotte sono incluse nel settore dell’»approvvigionamento energetico». Complessivamente, gli edifici consumano il 40 % dell’energia totale nell’UE111.

86

Il 75 % circa degli edifici dell’UE non è efficiente dal punto di vista energetico112. L’UE ha quindi introdotto numerose misure per realizzare risparmi energetici negli edifici: per esempio la certificazione comune del consumo energetico degli edifici113, obiettivi per la ristrutturazione degli edifici pubblici114 e una norma sugli «edifici a energia quasi zero» obbligatoria per i nuovi edifici pubblici a partire dal 2019 e per tutti gli edifici costruiti dal 2021112. Gli investimenti nell’efficienza energetica degli edifici incontrano alcuni ostacoli, come la suddivisione degli incentivi tra proprietari e locatari degli edifici, gli ingenti costi iniziali e spesso lunghi periodi di ammortamento. Nel 2016 la Commissione ha proposto una revisione della propria legislazione sull’edilizia115.

87

Oltre all’efficienza energetica nell’edilizia, l’azione dell’UE si è concentrata sull’efficienza energetica delle apparecchiature domestiche116. In collaborazione con gli Stati membri117, la Commissione ha elaborato requisiti minimi obbligatori per il consumo energetico di alcuni prodotti118 e introdotto l’etichettatura obbligatoria per informare i consumatori119. Secondo la Commissione, questi interventi riguardanti l’efficienza energetica dei prodotti dovrebbero permettere all’UE di risparmiare all’incirca l’equivalente del consumo annuo di energia primaria dell’Italia e di realizzare quasi per metà l’obiettivo di incremento del 20 % dell’efficienza energetica entro il 2020120.

Trasporti

Il settore dei trasporti e le emissioni di CO2

88

Il settore dei trasporti rappresenta attualmente il 26 % delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE121. Circa tre quarti delle emissioni generate dai trasporti provengono dal trasporto su strada e in particolare dalle autovetture(cfr. figura 12).

*Compresi l'aviazione e il trasporto marittimo internazionali

Figura 12

Emissioni di gas a effetto serra dell’UE nel settore dei trasporti nel 2015

Fonte: EEA greenhouse gas – data viewer(Visualizzatore di dati dell’AEA – gas a effetto serra), AEA, 2017; analisi della Corte.

89

Le emissioni di altri settori sono in genere diminuite dal 1990, contrariamente a quanto avvenuto per quelle del settore dei trasporti: attualmente viene emessa una quantità di gas a effetto serra notevolmente maggiore di quella del 1990; dopo una tendenza alla diminuzione riscontrata tra il 2007 e il 2013, nel 2014 e nel 2015 si è registrato un nuovo aumento causato dalla più elevata domanda di trasporti connessa alla ripresa economica.

Trasporti su strada

90

L’UE ha fissato standard di emissioni di CO2 per autovetture e furgoni venduti nell’UE (cfr. riquadro 6). Le autovetture nuove devono recare etichette che specifichino le emissioni di CO2 122.

Riquadro 6

Limiti di emissioni di CO2 per le autovetture

L’UE ha fissato obiettivi in graduale diminuzione per il livello medio di emissioni di CO2 per il parco di autovetture e furgoni prodotti da qualsiasi costruttore123. Entro la fine del 2020 le emissioni delle autovetture nuove non dovranno superare i 95 grammi per chilometro: si tratta di una riduzione del 40 % rispetto alle emissioni medie del 2007. Per i furgoni, l’obiettivo del 2020 è di 147 grammi di CO2 per chilometro, ossia il 19 % in meno rispetto alle emissioni medie del 2012. Questi obiettivi sono stati raggiunti prima del previsto.

Tuttavia, la modalità di prova attualmente utilizzata per stabilire le emissioni del parco autovetture e monitorare i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi sottostima le emissioni effettive di circa un terzo124. A partire dal settembre 2017 verrà introdotta una nuova modalità125.

91

Nel 2015 i veicoli pesanti come autocarri, autobus e pullman rappresentavano il 14 % di tutti i veicoli circolanti sulle strade dell’UE e producevano circa il 26 % delle emissioni di CO2 attribuibili al trasporto stradale nell’Unione: il 4 % delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE126. A differenza delle autovetture e dei furgoni, i veicoli pesanti non devono rispettare alcuna norma sulle emissioni di CO2. La strategia 2014 dell’UE127 si propone di individuare metodi per monitorare le emissioni prodotte dai veicoli pesanti128, non metodi per ridurle. A giudizio della Commissione129, questa strategia rappresenta un primo passo essenziale verso un’azione futura. Per questo ha proposto nuovi provvedimenti legislativi per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di CO2 prodotte dai veicoli pesanti nuovi commercializzati nell’UE130.

Aviazione, trasporto marittimo e fluviale e trasporto multimodale

92

Nel 2015 l’aviazione rappresentava il 3,4 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE. Il 3,1 % circa di queste emissioni era causato da voli tra paesi del SEE131 e paesi non SEE; il resto era causato da voli all’interno del SEE. Entro il 2020 le emissioni prodotte dall’aviazione internazionale a livello mondiale dovrebbero, secondo le proiezioni, essere superiori del 70 % circa a quelle del 2005. Si prevede che entro 2050 le emissioni potrebbero ancora aumentare, raggiungendo un livello superiore sette volte a quello del 2005132.

93

Dal 2012 le emissioni prodotte dai voli all’interno del SEE rientrano nell’ETS dell’UE (cfr. paragrafo 27). I voli tra i paesi del SEE e paesi non SEE sono oggetto di un accordo concluso sotto l’egida dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) nell’ottobre 2016, in base al quale le grandi compagnie aeree133 dovranno compensare una parte delle proprie emissioni acquistando crediti internazionali di carbonio134. La partecipazione a questo regime diverrà obbligatoria nel 2027. L’ICAO ha anche introdotto uno standard per la certificazione delle emissioni di CO2 degli aeroplani.

94

Nel 2015 i trasporti marittimi e su vie navigabili interne rappresentavano il 3,3 % delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE, gran parte delle quali proviene dai trasporti marittimi internazionali, ossia quelli effettuati tra porti dell’UE e di paesi terzi135. I trasporti marittimi internazionali rappresentano il 2,1 % circa delle emissioni mondiali di gas a effetto serra ed entro il 2050 si prevede un ulteriore aumento, compreso tra il 50 e il 250 %136. Queste emissioni non rientrano negli obiettivi di riduzione dell’UE e attualmente non sono soggette a una regolamentazione internazionale.

95

Sebbene sia noto il consumo di combustibili delle navi, mancano ancora procedure di comunicazione e verifica137. Per affrontare questo problema e aprire la strada a potenziali successive misure di riduzione delle emissioni, l’UE ha introdotto un sistema per il monitoraggio, la comunicazione e la verifica dei gas a effetto serra emessi dalle navi138. Parallelamente l’UE ha anche collaborato con l’Organizzazione marittima internazionale (IMO), che nel 2016 ha concluso un accordo mondiale su un sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica dei gas a effetto serra prodotti dal trasporto marittimo139.

96

Rispetto al trasporto aereo e su strada, il trasporto su vie navigabili e quello ferroviario emettono una quantità notevolmente inferiore di gas a effetto serra per passeggero o per tonnellata di carico (cfr. figura 13). Quindi, l’utilizzo del trasporto su vie navigabili e ferroviario, unitamente a quello aereo e su strada, può anche contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra derivanti dai trasporti. L’UE promuove la combinazione dei modi di trasporto tramite misure tese a eliminare le restrizioni140 e misure di finanziamento141. Ciononostante, nel 2015 il 76 % delle merci veniva ancora trasportato su strada142 (cfr. anche paragrafo 173).

Figura 13

Fattori di conversione delle emissioni medie di CO2e per il trasporto merci, 2016

Fonte: Corte dei conti europea, sulla base di Greenhouse gas reporting – Conversion factors 2016 (Comunicazione sui gas a effetto serra – Fattori di conversione 2016), ministero delle Attività economiche, dell’energia e della strategia industriale, Regno Unito, 2016.

Combustibili rinnovabili

97

L’UE ha anche adottato misure per ridurre le emissioni causate da tutti i tipi di trasporti, incoraggiando l’uso di combustibili rinnovabili, soprattutto biocarburanti ed elettricità. Entro il 2020, il 10 % di tutta l’energia utilizzata nei trasporti dovrà provenire da fonti rinnovabili143. L’UE incoraggia anche l’uso di altre forme di combustibili alternativi a basse emissioni, come l’idrogeno e il gas di petrolio liquefatto (GPL), fissa norme comuni per le infrastrutture per combustibili alternativi, come le stazioni di rifornimento e ricarica, e chiede agli Stati membri di elaborare una politica delle infrastrutture144.

98

I biocarburanti145 costituiscono circa il 70 % delle energie rinnovabili utilizzate nei trasporti146. Sono prodotti a partire dalla biomassa, cioè da prodotti biodegradabili dell’agricoltura o della silvicoltura oppure da rifiuti domestici o industriali. In linea di principio, i biocarburanti producono potenzialmente meno gas a effetto serra dei combustibili fossili, perché la quantità di CO2 emessa durante la combustione dei biocarburanti è stata catturata dall’atmosfera quando i materiali che ne sono all’origine venivano coltivati, e il petrolio che altrimenti sarebbe stato bruciato è ancora sotto terra.

99

All’inizio del nostro secolo, gli elevati prezzi del petrolio greggio hanno alimentato un nuovo interesse per i biocarburanti. Ci si attendeva che i biocarburanti avrebbero ridotto la dipendenza dei paesi importatori di petrolio, generato nuove opportunità di esportazione per i paesi in via di sviluppo e contribuito alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra147. Per questi motivi, l’UE ha fissato un requisito minimo per la percentuale di fonti rinnovabili da utilizzare nei trasporti (cfr. paragrafo 97). Ciò ha stimolato gli investimenti nella capacità di produzione di biocarburanti. Questi ultimi però si rivelano efficaci nel ridurre le emissioni di gas a effetto serra solo se le emissioni evitate per la mancata combustione di combustibili fossili non sono compensate da emissioni di gas a effetto serra generate durante l’intero ciclo di produzione, durante la coltivazione, il trasporto e la lavorazione delle materie prime da cui si traggono i biocarburanti, né da cambiamenti di uso del suolo. Per esempio, se si abbatte una foresta per lasciare spazio alla produzione di biocarburanti, la capacità della foresta di stoccare il carbonio viene persa.

100

Il cambiamento di uso del suolo può essere diretto o indiretto. Per esempio, se si abbatte una foresta per lasciare spazio alla coltivazione di materie prime per i biocarburanti, il cambiamento di uso del suolo è diretto (DLUC). Se un terreno agricolo esistente viene destinato alla coltivazione di biocarburanti, a parità di ogni altra condizione si otterrebbe una riduzione della produzione alimentare, che potrebbe rendere necessario l’abbattimento di più foreste per creare spazio per la produzione alimentare: in questo caso, il cambiamento di uso del suolo è considerato indiretto (ILUC – cfr. figura 14).

Figura 14

Cambiamento di uso del suolo diretto e indiretto

Fonte: Corte dei conti europea.

101

Le preoccupazioni relative al cambiamento di uso del suolo per la coltivazione di biocarburanti e il dibattito legislativo che ne è seguito hanno frenato lo sviluppo dei biocarburanti148. Nel 2013 il consumo dei biocarburanti ha subito il primo calo dall’attuazione della prima direttiva sui biocarburanti nel 2003. Il dibattito ha spinto l’UE a stabilire criteri di sostenibilità che i biocarburanti devono rispettare per essere conteggiati ai fini dell’obiettivo del 10 % di energie rinnovabili da utilizzare nei trasporti. Per esempio, sono esclusi i biocarburanti coltivati su terreni precedentemente occupati da paludi o foreste. I criteri tuttavia non riguardano il cambiamento indiretto dell’uso del suolo, anche se la capacità di stoccaggio del carbonio della foresta abbattuta va persa in entrambi i casi se si vuole che la superficie agricola rimanga invariata. Ciò dipende dal fatto che le emissioni ILUC non si possono osservare direttamente, ma sono ricavabili solo da modelli. Per tener conto di questi effetti indiretti, è stato posto un limite alla quota di biocarburanti derivanti da colture alimentari che può essere conteggiata ai fini del calcolo dell’obiettivo del 10 %149.

102

I biocarburanti prodotti direttamente da colture alimentari o foraggere sono noti come biocarburanti di prima generazione o convenzionali. I biocarburanti prodotti a partire da rifiuti, residui agricoli, colture non alimentari e alghe sono definiti biocarburanti avanzati. I biocarburanti avanzati non competono direttamente con le colture alimentari o foraggere per l’utilizzo dei terreni. I biocarburanti prodotti a partire da rifiuti, come l’olio da cucina usato, sono già disponibili in commercio. Altri processi di produzione dei biocarburanti avanzati, come l’utilizzo di residui della paglia, si trovano ancora nelle prime fasi di sviluppo150.

Agricoltura e silvicoltura

103

Nel 2015 il settore agricolo dell’UE rappresentava l’11 % delle emissioni di gas a effetto serra. Le emissioni dell’agricoltura sono diminuite del 20 % tra il 1990 e il 2013, a causa ad esempio della riduzione nel numero di capi di bestiame e dei miglioramenti delle pratiche di gestione agraria151. Dal 2014 le emissioni agricole sono nuovamente aumentate.

*Compresi l'aviazione e il trasporto marittimo internazionali

**Escluso il LULUCF

104

Le emissioni agricole di gas a effetto serra consistono principalmente di ossido di azoto e metano, entrambi gas a effetto serra più potenti del CO2152. Le emissioni provengono soprattutto dal processo digestivo del bestiame e dalla gestione del suolo agricolo (cfr. figura 15).

Figura 15

Emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’agricoltura nel 2015

*La voce «Altro» comprende: calcinazione, applicazione dell’urea, risicoltura, incenerimento sul campo di residui agricoli, altri fertilizzanti contenenti carbonio.

Fonte: EEA greenhouse gas – data viewer (Visualizzatore di dati dell’AEA – gas a effetto serra), AEA, 2017.

105

L’UE disciplina il settore agricolo soprattutto attraverso la politica agricola comune (PAC). La politica forestale rimane di competenza degli Stati membri, benché la PAC renda disponibili alcuni finanziamenti per misure di silvicoltura. Tutti i beneficiari di pagamenti diretti nel quadro della PAC devono rispettare le norme della condizionalità153. Alcune di queste vanno a beneficio dell’ambiente e sono anche dirette ad affrontare i cambiamenti climatici, promuovendo per esempio in mantenimento della materia organica nel suolo. Gli agricoltori ricevono pagamenti supplementari – «pagamenti di inverdimento» – se rispettano impegni volontari che contribuiscono a realizzare obiettivi ambientali e climatici154.

106

La PAC finanzia anche misure di sviluppo rurale, alcune delle quali sono dirette ad affrontare i cambiamenti climatici, tra cui investimenti in energie rinnovabili o misure di silvicoltura volte a sostenere lo stoccaggio del carbonio.

107

Esistono soluzioni per ridurre le emissioni nel settore agricolo, per esempio l’uso più efficiente di fertilizzanti o pratiche differenti di allevamento del bestiame155. È tuttavia diffuso lo spesso incontestato pregiudizio che tali soluzioni siano più costose di azioni di mitigazione in altri settori156. Secondo la Commissione, dal settore agricolo ci si può realisticamente attendere solo un contributo relativamente limitato alla riduzione delle emissioni157. La Commissione ha proposto di integrare una parte del potenziale di stoccaggio del carbonio di suoli e vegetazione nel regolamento sulla condivisione degli sforzi per il 2030 (cfr. paragrafo 38).

108

Nella politica per il clima, il concetto di LULUCF (uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura) è stato elaborato per tener conto del potenziale di stoccaggio ed emissioni di questo settore basato sul suolo (cfr. riquadro 7). Nel 2015 il settore LULUCF ha assorbito una quantità di CO2 sufficiente a compensare circa il 7 % le emissioni totali di gas a effetto serra dell’UE; in altre parole ha assorbito una quantità di CO2 sufficiente a compensare tutti i gas a effetto serra emessi dalla Spagna. Dal 2008, tuttavia, la capacità di stoccaggio del settore si è ridotta a causa di fattori come l’invecchiamento delle foreste.

Riquadro 7

Assorbimento naturale dei gas a effetto serra da parte del terreno, degli oceani e dell’aria

Attualmente il terreno sequestra, o immagazzina, circa un terzo delle emissioni mondiali annue lorde di CO2; gli oceani ne sequestrano una quantità analoga. Il resto si accumula nell’atmosfera. La crescita delle foreste e dei prati, per esempio, provoca l’accumulo del carbonio nei rami, nelle foglie, nelle radici e nel suolo. Questo carbonio si riconverte in gas a effetto serra quando la pianta brucia, muore e si decompone oppure quando viene usata come combustibile.

109

Finora la capacità del settore LULUCF di stoccare gas a effetto serra non è stata considerata nel calcolo dei progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra fissati dall’UE per il 2020. Questo perché gli effetti del settore sulle emissioni di gas a effetto serra sono di gran lunga più difficili da calcolare rispetto agli effetti di altri settori. Allo stesso tempo, la capacità di stoccaggio del LULUCF è influenzata da decisioni prese in altri settori. Per esempio, il crescente uso della biomassa per produrre energie rinnovabili, se da un lato riduce le emissioni nel settore dell’approvvigionamento energetico, dall’altro rischia di provocare una diminuzione della capacità di stoccaggio del carbonio (cfr. paragrafo 100).

110

Come primo passo per includere le attività LULUCF nel proprio impegno di riduzione del CO2, l’UE ha elaborato norme di contabilizzazione basate sulle norme delle Nazioni Unite per le comunicazioni relative al protocollo di Kyoto158. Nel luglio 2016 la Commissione ha proposto criteri su come il settore possa essere contabilizzato in vista degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030159. In tale ipotesi, la capacità di stoccaggio del LULUCF potrebbe compensare, entro certi limiti, le emissioni di altri settori160. Il ricorso a questo meccanismo di flessibilità potrebbe potenzialmente compensare il mancato raggiungimento dell’obiettivo stabilito per il 2030 dal regolamento sulla condivisione degli sforzi di circa due punti percentuali161.

Rifiuti ed economia circolare

111

La parte rimanente delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE proviene dai rifiuti, che rappresentano il 3 % delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE. Le emissioni prodotte dai rifiuti sono diminuite del 42 % tra il 1990 e il 2015.

*Compresi l'aviazione e il trasporto marittimo internazionali

**Escluso il LULUCF

112

L’azione dell’UE in materia di rifiuti, che si attua in gran parte tramite provvedimenti legislativi, comprende la riduzione diretta delle emissioni di gas a effetto serra, attraverso la riduzione delle emissioni prodotte dalle discariche162, e la riduzione indiretta, con la prevenzione della formazione di rifiuti e il riciclaggio di materiali che altrimenti avrebbero dovuto essere estratti e lavorati. Di conseguenza, una migliore gestione dei rifiuti evita la produzione di emissioni in altri settori dell’economia, come l’approvvigionamento energetico, l’agricoltura, il settore manifatturiero e i trasporti. In Francia, per esempio, nel 2014 il riciclaggio dei rifiuti ha consentito di risparmiare l’equivalente del 5 % delle emissioni nazionali di gas a effetto serra163.

113

Uno dei concetti su cui si fondano la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti è quello dell’»economia circolare»164. Per esempio, la progettazione di un prodotto può essere modificata per facilitarne il riutilizzo o il riciclaggio, scegliendo materiali differenti, standardizzando le componenti o garantendone un’agevole separazione alla fine del ciclo di vita.

Adattamento

Cambiamenti previsti per la temperatura e le precipitazioni

114

L’adattamento ai cambiamenti climatici è «il processo di adeguamento ai cambiamenti climatici reali o prevedibili e ai loro effetti»165. In media, nel 2016 il mondo era già più caldo di 1,1°C rispetto al periodo preindustriale. Anche qualora venga conseguito l’obiettivo dell’accordo di Parigi (mantenere l’aumento della temperatura mondiale in questo secolo ben al di sotto di 2°C), l’adattamento ai cambiamenti climatici resterà comunque necessario. Lo scenario che prevede un aumento di 2°C rappresenta una media mondiale: anche se sarà realizzato, in alcune regioni l’aumento delle temperature sarà di gran lunga superiore a 2°C (cfr. figura 16). In alcune zone della Scandinavia, le temperature invernali potrebbero aumentare in media di 5-8°C. In gran parte della Spagna e nella Scandinavia settentrionale le temperature estive potrebbero aumentare in media di 3-4°C166.

Figura 16

Cambiamenti delle temperature stagionali, in °C, per il 2071-2100, rispetto al 1961-1990 (scenario di un aumento mondiale di 2°C)

Fonte: adattato da Climate Impacts in Europe (Impatti climatici in Europa), progetto PESETA II del JRC, 2014. Dati tratti da Dosio e Paruolo 2011 e Dosio et al 2012167.

115

Anche i cambiamenti nei modelli delle precipitazioni piovose e nevose potrebbero rivelarsi significativi (cfr. figura 17). Le precipitazioni invernali potrebbero aumentare di oltre il 25 % in alcune parti dell’Europa centrale e della Scandinavia. I livelli delle precipitazioni estive potrebbero ridursi di oltre il 50 % in buona parte delle coste mediterranee dell’UE.

Figura 17

Cambiamenti delle precipitazioni stagionali, in %, per il 2071-2100, rispetto al 1961-1990 (scenario di un aumento mondiale di 2°C)

Fonte: Climate Impacts in Europe(Impatti climatici in Europa), progetto PESETA II del JRC, 2014. Dati tratti da Dosio e Paruolo 2011 e Dosio et al 2012167.

116

Tali cambiamenti dei livelli delle precipitazioni aumenteranno il rischio di inondazioni ed erosione del suolo in molte parti d’Europa. Il numero annuo di inondazioni che hanno comportato risarcimenti assicurativi è triplicato dal 1980 (da 10 nel 1980 a 38 nel 2015 e 29 nel 2016)168. L’innalzamento del livello medio mondiale del mare provocherà inondazioni più frequenti e più gravi nelle zone costiere. Le tempeste causeranno maggiori distruzioni 169.

117

L’erosione del suolo, unita alla carenza d’acqua e alle temperature più elevate che aumentano l’evaporazione, aggrava il rischio di desertificazione. Alcuni studi indicano che fino al 44 % della Spagna, al 33 % del Portogallo e quasi al 20 % della Grecia e dell’Italia sono ad alto rischio di erosione170. Questi Stati membri risentiranno di temperature più elevate e precipitazioni più scarse (cfr. figura 16 e figura 17). Dodici Stati membri dell’UE hanno dichiarato di essere colpiti dalla desertificazione171.

Impatto dei cambiamenti climatici sulla società

118

I cambiamenti climatici comporteranno anche conseguenze sociali di ampia portata, per esempio sulla salute umana: eventi meteorologici estremi come nubifragi e inondazioni, oppure periodi di caldo e freddo estremamente intensi, possono provocare gravi rischi per la salute, decessi o la diffusione di malattie. Per esempio, dal 1980 al 2013 due terzi di tutti i decessi derivanti da fenomeni naturali nell’UE sono stati causati da ondate di calore172.

119

I cambiamenti climatici incideranno inoltre (come già avviene) sui principali settori economici173. L’agricoltura dovrà affrontare problemi legati alla disponibilità d’acqua, alle temperature e alla presenza di nuovi agenti nocivi e specie invasive. I raccolti potrebbero aumentare nelle regioni settentrionali, ma in quelle meridionali la produzione potrebbe diminuire del 30 %174. Gli impatti sull’ambiente marino si rifletteranno sull’industria della pesca175. Nel settore della silvicoltura si assisterà a cambiamenti nell’ambito della gamma di specie arboree, all’aggravarsi del rischio di incendi boschivi e al diffondersi di insetti nocivi. Periodi di neve più brevi in inverno o la siccità e le ondate di calore avranno ripercussioni sul turismo.

120

Le attività economiche, e quindi i posti di lavoro, potrebbero spostarsi da un settore economico all’altro. Anche se gli effetti netti rimangono incerti, potrebbero crearsi opportunità di lavoro in settori quali il rafforzamento o la costruzione di barriere costiere e contro le inondazioni e in quello delle energie rinnovabili176.

121

Muteranno i modelli della domanda di energia: diminuirà la domanda di energia per il riscaldamento in inverno, mentre crescerà quella per il condizionamento dell’aria in estate. La capacità di produzione di energia potrebbe subire limitazioni, a causa ad esempio della minore capacità di raffreddamento degli impianti nucleari o idroelettrici.

122

Eventi meteorologici estremi, come inondazioni, siccità e nubifragi, nonché cambiamenti graduali, come l’innalzamento del livello del mare, potrebbero indurre un maggior numero di persone a migrare sia all’interno dell’Europa che verso l’Europa177. Numerosi studi178 ipotizzano, ad esempio, che la siccità triennale recentemente abbattutasi sulla Siria sia stata uno dei fattori che ha contribuito a scatenare la guerra civile in quel paese. Vi è il rischio di non essere preparati alle migrazioni provocate dai cambiamenti climatici179.

Strategie di adattamento dell’UE e nazionali

123

Dal momento che gli impatti dei cambiamenti climatici variano notevolmente da una regione dell’UE all’altra e persino all’interno degli Stati membri, probabilmente gran parte delle iniziative di adattamento saranno adottate a livello regionale o locale. In qualche caso, tuttavia, l’impatto dei cambiamenti climatici oltrepassa i confini dei singoli Stati membri: un bacino fluviale inondato a causa dei cambiamenti climatici, per esempio, potrebbe interessare il territorio di più Stati membri.

124

Rispetto all’azione di mitigazione che è stata avviata più precocemente, la base dell’azione dell’UE in materia di adattamento, ossia la strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, è stata adottata solo nel 2013180. Essa incoraggia, anziché obbligare, gli Stati membri e le città ad agire. Prevede ad esempio che gli Stati membri adottino una strategia nazionale di adattamento entro il 2017 e ne inizino l’attuazione entro il 2020. Alcune città hanno sottoscritto un impegno volontario sulla base dell’iniziativa Patto dei sindaci. La Commissione offre il proprio sostegno, per esempio, tramite la piattaforma europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici, Climate-ADAPT, che consente agli utenti di accedere a dati, buone pratiche e informazioni sui cambiamenti climatici prevedibili in Europa e di condividerli.

125

La Commissione sta monitorando e valutando le strategie nazionali di adattamento e valuterà la possibilità di proporre, nel 2017, uno strumento giuridicamente vincolante nel caso le azioni degli Stati membri siano considerate insufficienti181. Nell’aprile 2017, 22 Stati membri avevano adottato una strategia nazionale di adattamento182.

126

Anche la legislazione settoriale dell’UE affronta, in varia misura, il problema dell’adattamento. Per esempio, la direttiva quadro sulle acque183 tratta aspetti qualitativi e quantitativi delle risorse idriche e si occupa quindi indirettamente anche dei problemi causati dalla siccità; la direttiva sulle alluvioni184 tratta gli aspetti relativi alla prevenzione delle alluvioni; la direttiva Uccelli185 e la direttiva Habitat186, tra le altre, trattano la protezione della biodiversità.

Sostegno all’azione dell’UE nelle politiche per l’energia e il clima

127

Tre grandi temi trasversali sostengono l’azione dell’UE nelle politiche per l’energia e il clima:

  • ricerca e innovazione;
  • finanziamenti;
  • elaborazione e attuazione delle politiche sulla base di dati concreti.

Ricerca e innovazione

128

Per conseguire gli obiettivi in materia di energia e cambiamenti climatici a livello mondiale e trasformare l’UE in una società a basse emissioni di carbonio, sarà necessario sviluppare nuove tecnologie in molti settori, come per esempio l’approvvigionamento energetico o i trasporti187. Per la maggior parte di questi settori non sono ancora disponibili alternative a basse emissioni di carbonio, né tantomeno livelli di costo competitivi.

129

Il programma quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione, noto come Orizzonte 2020, è il principale strumento dell’UE per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione188. Nell’ambito dell’impegno a spendere un euro ogni cinque nell’azione per il clima (cfr. paragrafo 133), l’UE si è impegnata a spendere almeno il 35 % dei finanziamenti di Orizzonte 2020 – 27 miliardi di euro dal 2014 al 2020 – nella ricerca per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento agli stessi. Inoltre, iniziative come il piano strategico integrato per le tecnologie energetiche (piano SET) hanno fissato obiettivi a livello europeo per ridurre i costi e migliorare le prestazioni delle principali tecnologie a basse emissioni di carbonio, in modo da renderle più competitive rispetto alle fonti di energia convenzionali e accelerare la decarbonizzazione del sistema energetico dell’UE.

130

In numerosi settori collegati all’energia, l’Europa lamenta un «deficit di applicazione», in quanto incontra difficoltà nel portare sul mercato le innovazioni promettenti189. Per immettere le tecnologie sul mercato saranno necessari nuovi servizi e modelli aziendali innovativi, uniti all’innovazione sociale e a nuovi meccanismi finanziari e di intervento190.

131

Numerose iniziative hanno cercato di affrontare questo problema. Per esempio, l’iniziativa adottata dalla Commissione nel 2016 per dare nuovo slancio all’innovazione nel settore dell’energia pulita ha introdotto una serie di misure per rendere più favorevole all’innovazione l’ambiente normativo, economico e d’investimento relativo a sistemi e tecnologie di energia pulita191. L’iniziativa ha messo in evidenza i collegamenti con l’agenda della Commissione per la crescita e l’occupazione e con la competitività dell’UE190. Ha poi invitato a concentrare i futuri finanziamenti dell’UE sui seguenti aspetti:

  • decarbonizzazione del parco immobiliare dell’UE entro il 2050: dagli edifici a energia quasi zero ai distretti a energia positiva;
  • consolidamento della leadership dell’UE in materia di energie rinnovabili;
  • sviluppo di soluzioni economicamente accessibili e integrate per lo stoccaggio dell’energia;
  • elettromobilità e maggiore integrazione del sistema di trasporto urbano.

Finanziamenti pubblici e privati per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento agli stessi

132

L’ordine di grandezza dei costi economici derivanti dai cambiamenti climatici per l’UE rimane incerto, ma sarà probabilmente rilevante (per alcune stime cfr. riquadro 8).

Riquadro 8

Esempi di stime dei costi economici dei cambiamenti climatici per l’UE

Mitigazione:

Per conseguire gli obiettivi 2030 dell’UE, tra il 2021 e il 2030 sarà necessario investire ogni anno 1 115 miliardi di euro nei seguenti settori:

  • 736 miliardi di euro nel settore dei trasporti;
  • 282 miliardi di euro nel settore residenziale e in quello dei servizi;
  • 78 miliardi di euro nella rete, nella generazione e nelle caldaie industriali, e 19 miliardi di euro nell’industria192.

Adattamento:

In uno scenario di condizioni normali, i cambiamenti climatici previsti entro il 2080 costerebbero ai nuclei familiari di tutta l’UE 190 miliardi di euro all’anno in termini odierni, ossia quasi il 2 % dell’attuale PIL dell’UE (se non si adotteranno misure pubbliche di adattamento)193. Un adattamento ritardato, o il mancato intervento, potrebbe aumentare notevolmente il costo totale dei cambiamenti climatici194.

133

I finanziamenti dovranno provenire da fonti sia pubbliche che private. L’entità relativamente ridotta del bilancio dell’UE consente di finanziare direttamente solo una parte di tale azione. Per garantire la coerenza dell’azione legislativa e sfruttare al meglio il bilancio dell’UE, l’Unione ha deciso di incorporare o integrare le considerazioni climatiche in tutti gli strumenti di finanziamento e di intervento. Ha quindi incluso l’obiettivo di spesa di un euro su cinque (ossia circa 212 miliardi di euro) per l’azione per il clima nel quadro finanziario dell’UE per il periodo 2014-2020.

134

L’UE agisce anche a livello internazionale, in particolare finanziando l’azione per il clima nei paesi in via di sviluppo (cfr. paragrafo 20). Nel 2015, per esempio, l’UE, la BEI e gli Stati membri hanno collettivamente messo a disposizione 17,6 miliardi di euro per aiutare i paesi in via di sviluppo nella lotta contro i cambiamenti climatici195.

135

Inoltre, l’UE utilizza in misura sempre maggiore gli strumenti finanziari destinati ad attrarre investimenti privati, sia nell’ambito del bilancio dell’UE196 sia all’esterno di esso: per esempio con il Fondo europeo per gli investimenti strategici197 e numerosi partenariati pubblico-privato conclusi con l’industria198. La BEI, inoltre, ha impegnato almeno il 25 % del suo portafoglio prestiti a favore della crescita resiliente ai cambiamenti climatici e a basse emissioni di carbonio.

136

Gli investimenti del settore privato potrebbero non limitarsi alla mitigazione, ma includere misure di adattamento, sia per creare resilienza di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici sia per trarre vantaggio dalle nuove opportunità economiche che ne derivano199.

Elaborazione e attuazione delle politiche sulla base di dati concreti

137

Allo stesso modo, nel settore pubblico i responsabili delle politiche, al momento di elaborarne di nuove, dovrebbero valutare adeguatamente i probabili effetti delle varie opzioni. La Commissione intende adottare le decisioni politiche «in modo aperto, trasparente, sulla scorta delle migliori prove disponibili e sulla base di un ampio coinvolgimento delle parti interessate»200. Per esempio la Commissione prepara valutazioni d’impatto201, che sono obbligatorie per tutte le iniziative con rilevanti effetti economici, ambientali o sociali202, e svolge anche valutazioni dell’attuazione delle politiche.

138

Nelle valutazioni d’impatto la Commissione fa ampio ricorso a dati e modellizzazioni per confrontare le alternative politiche. I dati sono forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), da Eurostat o mediante varie iniziative finanziate dall’UE come i Servizi climatici della Commissione, Copernicus o il portale Climate-Adapt203. Si possono utilizzare modelli multipli per simulare, ad esempio, l’approvvigionamento energetico, la domanda e i prezzi dell’energia, le emissioni di gas a effetto serra di vari settori e i risultati sociali ed economici. In seno alla Commissione, il Centro comune di ricerca (JRC) fornisce tale capacità di modellizzazione.

139

Tutti questi modelli, seppur preziosi, presentano determinati limiti che i loro utenti devono conoscere204. A seconda dei modelli utilizzati, si tratta dei seguenti aspetti:

  • la sensibilità dei risultati a ipotesi individuali, per esempio tassi di attualizzazione per calcolare la redditività degli investimenti;
  • un livello limitato di dettaglio per quanto riguarda gli effetti sui singoli nuclei familiari205; e
  • la difficoltà di tener conto di innovazioni tecnologiche, cambiamenti sociali e effetti correlati dei cambiamenti climatici futuri206.
140

Nonostante questi limiti, è generalmente riconosciuto che le decisioni sulle politiche dovrebbero fondarsi sull’uso prudente di una varietà di modelli e scenari.

Parte II – Azione della Corte dei conti europea e delle ISC dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici

Il ruolo delle istituzioni superiori di controllo dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici

141

Le istituzioni superiori di controllo (ISC) svolgono audit esterni e indipendenti sulla gestione delle finanze pubbliche. Possono svolgere un ruolo essenziale nel promuovere la trasparenza, la rendicontabilità, l’efficienza e l’efficacia delle amministrazioni pubbliche. Le ISC non solo svolgono audit sui rendiconti finanziari e sulla legittimità e regolarità della gestione finanziaria, ma valutano anche l’impiego ottimale delle risorse – economia, efficienza ed efficacia – dell’intera gamma di attività statali in materia di amministrazione pubblica207.

142

Le ISC degli Stati membri dell’UE e la Corte dei conti europea, qui indicate collettivamente con l’espressione ISC dell’UE, redigono relazioni su energia e cambiamenti climatici. Cooperano inoltre nel settore dell’energia e dei cambiamenti climatici, in particolare nei gruppi di lavoro di INTOSAI208 ed EUROSAI209 sull’audit ambientale e nel comitato di contatto delle ISC dell’Unione europea. La cooperazione comprende lo sviluppo di princìpi di audit, orientamenti e condivisione di relazioni e metodologie di audit; alcuni audit vengono inoltre realizzati congiuntamente dalle ISC210.

143

La presente relazione offre una sintesi del lavoro svolto dalle ISC dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici negli ultimi cinque anni. Analizza 269 relazioni redatte dalle ISC dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici tra il 2012 e marzo 2017211. Fornisce una panoramica degli ambiti in cui le ISC dell’UE hanno svolto controlli di gestione e evidenzia, ove possibile, il delinearsi di modelli emergenti a partire dai risultati. Un elenco degli audit delle ISC dell’UE e una sintesi delle 41 relazioni della Corte incluse in questa analisi sono reperibili sul sito di suddetta istituzione. Tale analisi segue la struttura dalla Parte I della presente analisi panoramica: inizia dagli audit del settore energetico e dell’ETS dell’UE, prosegue con gli audit svolti negli altri settori che producono emissioni di gas a effetto serra, gli audit sull’adattamento ai cambiamenti climatici e gli audit su temi orizzontali e trasversali. Infine vengono indicati settori in cui il lavoro di audit è stato più modesto.

Quadro complessivo dell’operato delle istituzioni superiori di controllo dell’UE in materia di energia e cambiamenti climatici

144

Dall’analisi delle relazioni di audit delle ISC dell’UE emerge che:

  • le ISC dell’UE hanno affrontato un’ampia gamma di argomenti diversi nel settore dell’energia e dei cambiamenti climatici;
  • hanno prodotto in media circa 50 audit all’anno in materia di energia e cambiamenti climatici, ossia circa due audit all’anno per ciascuna ISC dell’UE;
  • la distribuzione delle relazioni di audit varia tra le ISC dell’UE. Gran parte delle ISC dell’UE che ha risposto all’indagine della Corte ha affermato che l’energia e i cambiamenti climatici si vedono attribuire una ridotta priorità nella pianificazione del lavoro;
  • gli audit relativi all’energia rappresentano la percentuale maggiore delle relazioni (38 % – cfr. figura 18);
  • gli audit dedicati alla mitigazione, ossia all’energia, all’ETS dell’UE e ad altri settori che emettono gas a effetto serra (190 relazioni) superano gli audit sull’adattamento (53 relazioni) con una proporzione di 4 a 1.

Figura 18

Relazioni di audit delle ISC dell’UE su energia e cambiamenti climatici

Numero di relazioni per argomento (percentuale delle relazioni)

Fonte: relazioni delle ISC dell’UE (gennaio 2012 – marzo 2017).

Energia

145

La maggior parte degli audit dedicati all’energia riguardano le energie rinnovabili e l’efficienza energetica e, in proporzione lievemente minore, il mercato energetico e la sicurezza dell’approvvigionamento, e l’energia nucleare (cfr. figura 19). Nelle sezioni che seguono, verranno analizzate le constatazioni di audit in ciascuno di questi settori, iniziando con il mercato interno dell’energia e la sicurezza dell’approvvigionamento.

Figura 19

Relazioni di audit delle ISC dell’UE in materia di energia

Numero di relazioni per argomento

Fonte: relazioni delle ISC dell’UE (gennaio 2012 – marzo 2017).

Mercato interno dell’energia e sicurezza dell’approvvigionamento

146

L’obiettivo del mercato interno dell’energia è consentire il libero flusso e il commercio senza frontiere di gas e di energia elettrica in tutto il territorio dell’UE (cfr. paragrafo 65). Un mercato interno dell’energia funzionante costituisce il presupposto per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’UE. Le relazioni di audit delle ISC dell’UE hanno individuato i seguenti problemi:

  • nonostante gli indubbi progressi compiuti, l’obiettivo dell’UE di completare il mercato interno dell’energia non è stato conseguito e permangono differenze nel modo in cui gli Stati membri attuano il quadro giuridico dell’UE e gestiscono i propri mercati;
  • le infrastrutture energetiche non sono ancora concepite per mercati pienamente integrati e attualmente non forniscono un’efficace sicurezza dell’approvvigionamento;
  • la cooperazione tra gli Stati membri in materia di infrastrutture transfrontaliere risulta ancora problematica.
147

Nel 2015 la Corte212 ha rilevato che erano stati compiuti progressi nell’unificazione dei mercati in Europa, ma che permanevano problemi legati all’attuazione del quadro giuridico dell’UE. Differenze sostanziali213 nel modo in cui gli Stati membri organizzavano i loro mercati dell’energia frenavano l’ulteriore sviluppo del mercato interno dell’energia e comportavano, pertanto, il permanere di differenze significative dei prezzi all’ingrosso.

148

Le ISC nazionali sono giunte a conclusioni simili: le ISC della Bulgaria nel 2013214 e della Francia215 nel 2015, ad esempio, hanno pubblicato relazioni in cui si affermava che le condizioni di compravendita dell’energia non erano ancora quelle di un libero mercato e che i vantaggi che i mercati energetici aperti avrebbero dovuto recare alle PMI e ai nuclei familiari non si erano ancora realizzati.

149

Dall’audit della Corte del 2015 è emerso anche che le infrastrutture energetiche tra gli Stati membri e all’interno di essi non erano in genere ancora concepite per mercati pienamente integrati e quindi non fornivano un’efficace sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

150

Questo audit nel 2015 ha segnalato altresì che l’obiettivo di interconnessione elettrica (cfr. paragrafo 70) tra gli Stati membri spesso non era stato raggiunto e che non sempre le infrastrutture costruite venivano sfruttate al pieno della loro capacità. La Corte ha rilevato inoltre che, oltre alla limitata disponibilità di interconnessioni fisiche tra Spagna e Francia, l’integrazione di Spagna e Portogallo nel mercato dell’energia dell’UE imponeva miglioramenti alle reti elettriche interne, sia in Spagna che in Francia.

151

Lo sviluppo delle infrastrutture di cooperazione transfrontaliera richiede collaborazione tra Stati membri limitrofi. L’audit della Corte del 2015 ha riscontrato alcuni esempi positivi, come il piano d’interconnessione del mercato energetico del Baltico (BEMIP), iniziativa di cooperazione tra numerosi Stati membri e la Commissione216.

152

Ma vi sono anche casi di problemi infrastrutturali di uno Stato membro che provocano difficoltà in un paese limitrofo. Per esempio, nel 2014 la ISC polacca217 ha riscontrato che flussi di elettricità non programmati, che dalla Germania giungevano nelle reti ceca e slovacca attraverso la Polonia, destabilizzavano la rete energetica polacca limitandone la capacità di accogliere importazioni di energia elettrica.

153

Uno dei pochi audit di una ISC dell’UE che esamina in modo esaustivo la transizione energetica (cfr. paragrafi 72-79)è quello della ISC tedesca nel 2016218 sulle misure per l’attuazione della transizione energetica in Germania. L’audit ha riscontrato che il ministero federale degli Affari economici e dell’energia non disponeva di un quadro complessivo dei costi totali della transizione energetica, che i differenti livelli di governo non erano coordinati e che le misure che godevano di sostegno erano state scelte senza tener conto del rapporto costi-efficacia. Sebbene l’audit accogliesse con favore la pubblicazione, da parte del governo, di una relazione di monitoraggio, accompagnata da una valutazione indipendente, non erano stati esaminati in maniera sufficiente gli obiettivi e la valutazione dei problemi di accessibilità economica e sicurezza dell’approvvigionamento. L’audit concludeva che in Germania la transizione energetica non poteva essere attuata senza tener conto del mercato interno dell’energia nell’UE.

Energie rinnovabili
154

A un macrolivello mondiale, negli ultimi anni si è assistito a una rapida crescita delle industrie legate alle energie rinnovabili e a una diminuzione dei costi, per esempio nei settori dell’energia eolica e solare. Tuttavia, a un microlivello, a livello nazionale o di UE, le relazioni delle ISC dell’UE hanno segnalato:

  • ostacoli agli investimenti;
  • un insoddisfacente rapporto costi-efficacia e
  • problemi di monitoraggio e valutazione.
155

Le relazioni delle ISC dell’UE hanno individuato barriere che ostacolavano gli investimenti nel campo delle energie rinnovabili, nei seguenti settori:

  • contesto normativo: varie relazioni, tra cui l’audit effettuato dalla Corte nel 2014223, hanno indicato nelle barriere istituzionali e giuridiche nonché nelle molteplici revisioni dei quadri giuridici nazionali (comprese modifiche retroattive dei regimi di sovvenzioni) ostacoli agli investimenti. Nel 2012 la ISC italiana219 ha sottolineato l’estrema variabilità del quadro giuridico da una regione all’altra; la ISC polacca220 ha riscontrato ritardi nella preparazione di nuove norme per regolamentare la produzione di energie rinnovabili221;
  • sfide concernenti l’integrazione nel mercato dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili: un audit della ISC svedese del 2016222 ha evidenziato le sfide esistenti nel mercato dell’elettricità. Ha rilevato che il basso prezzo atteso per l’elettricità non incentivava sufficientemente il mercato ad investire nella capacità necessaria a compensare la crescente quota delle energie rinnovabili intermittenti nella rete. L’audit della Corte del 2014 ha rilevato problemi concernenti la possibilità per i produttori di energie rinnovabili di assicurarsi l’autorizzazione per la connessione alla rete;
  • uso limitato del bilancio dell’UE a favore delle energie rinnovabili: anche se gli Stati membri finanziano le energie rinnovabili principalmente con fondi nazionali, il modesto utilizzo dei fondi UE disponibili potrebbe ostacolare gli investimenti. La relazione della Corte del 2014 ha rilevato la lentezza con cui i fondi dell’UE vengono utilizzati a favore di progetti di energie rinnovabili, a differenza di quanto avviene, per esempio, per i progetti di efficienza energetica. Nei casi in cui sono stati utilizzati i fondi UE, la Corte ha constatato che i progetti sottoposti ad audit hanno prodotto le realizzazioni previste, e che la maggior parte di essi erano sufficientemente maturi e pronti per essere attuati223. Tra il 2013 e il 2015, le ISC italiana219 e rumena224 sono giunte a conclusioni simili in merito all’uso limitato dei fondi UE per le energie rinnovabili.
156

Il rapporto costi-efficacia delle misure e il livello di sostegno pubblico sono temi ricorrenti nelle relazioni di audit sull’energia rinnovabile (per alcuni esempi cfr. riquadro 9). Nel 2014 la Corte ha constatato che il rapporto costi-efficacia non era stato il principio guida per la pianificazione e l’attuazione dei progetti di energie rinnovabili. Sono stati rilevati inoltre casi in cui erano stati erogati più fondi pubblici di quanto fosse necessario per rendere economicamente remunerativi i progetti.

Riquadro 9

Esempi di relazioni ISC che mettono in luce un insoddisfacente rapporto costi-efficacia e un elevato livello di sostegno pubblico per i progetti di energie rinnovabili

  • •Nel 2016 la ISC tedesca225 ha riscontrato che un programma di incentivi di mercato per la produzione di calore a partire da energie rinnovabili finanziava tecnologie inefficienti e tecnologie che già godevano di un mercato consolidato. Questo programma inoltre non verificava se i richiedenti avessero effettivamente bisogno di sostegno finanziario.
  • •Nel 2014 la ISC ceca226 ha rilevato che l’alto livello di aiuti finanziari al funzionamento erogati a centrali fotovoltaiche si traduceva in un periodo di rimborso di circa sette anni, anche se le tariffe di riacquisto dell’elettricità da fonti rinnovabili erano destinate a rimanere allo stesso livello per oltre 20 anni.
  • •La ISC cipriota227 ha riscontrato che, tra il 2008 e il 2013, gli impianti di energie rinnovabili erano stati finanziati anche se il loro tasso di rendimento interno superava una soglia stabilita, dando così luogo a un finanziamento eccessivo.
  • •Nel 2014 la ISC danese228 ha osservato che, dal momento che il costo di costruzione delle centrali elettriche solari stava diminuendo e che i prezzi dell’elettricità (tasse comprese) erano in ascesa, queste centrali ricevevano un sostegno eccessivo.
  • •Nel 2014 la ISC del Regno Unito229 ha riscontrato che i primi appalti per le energie rinnovabili erano stati aggiudicati senza gara, a prezzi che avrebbero garantito ai contraenti profitti maggiori di quelli necessari per coprire gli investimenti.
157

Un’altra questione emersa dai vari audit svolti dalle ISC è il monitoraggio e la valutazione insufficienti dei programmi di energie rinnovabili. Per esempio nel 2016 la ISC tedesca ha constatato che i programmi erano privi di obiettivi, il che rendeva impossibile il monitoraggio dei risultati230. Analogamente, nel 2014 un audit della ISC ceca e un audit della Corte dei conti europea231 hanno riscontrato che obiettivi e indicatori di performance stabiliti per i programmi sottoposti ad audit erano imprecisi e/o non fondati su dati affidabili relativi alla situazione di partenza.

Efficienza energetica
158

Negli audit sull’efficienza energetica, le ISC dell’UE segnalano:

  • ritardi nel conseguimento degli obiettivi e nel varo dei programmi;
  • un insoddisfacente rapporto costi-efficacia e
  • lacune nel monitoraggio e nella valutazione dei programmi.
159

Tra il 2013 e il 2015 numerose ISC hanno constatato ritardi nel conseguimento degli obiettivi nazionali o a livello dell’UE e i rischi associati. Per esempio le ISC portoghese232 e slovacca233 hanno comunicato ritardi nell’attuazione delle misure di efficienza energetica per gli edifici pubblici. Le ISC ceca234 e danese235 hanno calcolato che i loro paesi non avrebbero raggiunto gli obiettivi di efficienza energetica. La ISC slovacca (2015), quella bulgara (2015), quella rumena (2014) e quella portoghese (2013)236 hanno segnalato ritardi nel varo dei programmi di efficienza energetica, dovuti alla complessità delle normative nazionali e alla mancanza di personale in grado di gestire i programmi.

160

Nell’audit svolto nel 2012237, la Corte ha rilevato che l’efficacia in termini di costi/benefici era stata spesso ignorata al momento di scegliere le misure di efficienza energetica da ammettere ai finanziamenti pubblici. Tali questioni sono state ripetutamente segnalate dalla ISC polacca (2015), dalla ISC slovacca (2015) e dalla ISC rumena (2014) in occasione degli audit sulle misure di ristrutturazione di edifici pubblici238. Di contro, una relazione di audit slovacca del 2017 ha concluso che il rapporto costi-efficacia dei finanziamenti erogati a livello nazionale e dell’UE per la ristrutturazione di edifici residenziali era soddisfacente239.

161

Carenze nel monitoraggio e nella valutazione dei programmi di efficienza energetica sono state riscontrate dalla ISC tedesca (2016), dalla ISC slovacca (2015), dalla ISC polacca (2015), dalla ISC slovena (2013) e dalla ISC portoghese (2013). Per esempio, gli obiettivi di queste misure erano definiti in maniera insoddisfacente240 oppure mancavano indicatori affidabili per misurare il conseguimento degli obiettivi241.

Energia nucleare
162

La maggior parte delle relazioni delle ISC dell’UE in materia di energia nucleare riguardava i costi di gestione e manutenzione o disattivazione delle centrali nucleari242. Le ISC dell’UE hanno rilevato:

  • notevoli incertezze e aumenti dei costi;
  • mancanza di disposizioni adeguate per sopperire ai costi o alle carenze di finanziamento e
  • ritardi.
163

Nel 2016 la Corte ha svolto un audit243 per valutare i progressi compiuti in tre programmi UE di assistenza alla disattivazione nucleare in Lituania, Bulgaria e Slovacchia dopo l’ultimo audit della Corte, effettuato nel 2011. Sono stati rilevati progressi nelle zone a basso livello di radioattività, come le sale turbine, ma la disattivazione degli edifici dei reattori doveva ancora cominciare. Molti progetti di disattivazione hanno subito ritardi e aumenti dei costi.

164

La Corte ha rilevato che i tre Stati membri avevano avuto difficoltà finanziarie, in particolare nel caso della Lituania che, nel 2015, lamentava un deficit di finanziamento di 1,56 miliardi di euro fino al completamento della disattivazione. Le passività riconducibili a spese future non erano state contabilizzate correttamente nei tre Stati membri.

165

Passando alla questione dello smaltimento finale, l’audit della Corte ha rilevato che i costi totali stimati per i tre programmi di disattivazione raddoppierebbero se si dovesse includere il costo dello smaltimento finale dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito. Il dibattito sulle possibili soluzioni per lo smaltimento finale è ancora in una fase soltanto concettuale, sebbene occorrano vari decenni per attuare tali soluzioni.

166

Altre relazioni delle ISC dell’UE giungono a conclusioni analoghe per quanto riguarda incertezze e aumenti dei costi. Nel 2014 un audit della ISC francese244 ha riscontrato che, tra il 2010 e il 2013, il costo dell’energia nucleare era aumentato da 50 euro/MWh a 60 euro/MWh. Tale aumento del 21 % dipendeva dai maggiori costi di manutenzione derivanti a loro volta dal prolungamento della vita operativa di alcune centrali nucleari. La relazione ha riscontrato altresì un aumento dei costi futuri e ha sottolineato la forte incertezza connessa ai costi di disattivazione e allo smaltimento finale dei rifiuti nucleari. Nel 2016 la ISC francese ha stimato a 100 miliardi di euro i costi totali di manutenzione delle centrali nucleari francesi per il periodo 2014-2030245. Nel 2015 la ISC del Regno Unito ha segnalato aumenti dei costi, nonché incertezze concernenti le stime dei costi della disattivazione nucleare246.

Il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE

167

Quasi tutti gli audit delle ISC dell’UE riguardanti l’ETS dell’UE, pubblicati dopo il 2012, si riferiscono alla fase 2 del sistema, che interessa il periodo compreso tra il 2008 e il 2012. Solo una relazione ISC247 ha affrontato la terza fase dell’ETS dell’UE, che copre il periodo 2013-2020. Queste relazioni ISC mettono in discussione:

  • l’efficacia del sistema, a causa dell’eccesso di quote di emissioni e dei conseguenti modesti prezzi delle quote stesse;
  • la mancanza di una valida giustificazione per il sostegno nazionale fornito a imprese ad alta intensità di energia, dichiarate a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e
  • aspetti specifici dell’attuazione.
168

Ormai da molti anni il prezzo delle quote di emissioni dell’ETS dell’UE è sensibilmente inferiore alle previsioni (cfr. paragrafo 32). Un audit cooperativo del 2012, cui hanno partecipato sette ISC248, ha rilevato che il basso livello dei prezzi ostacolava l’efficacia dell’ETS dell’UE; nel 2014 le ISC tedesca249 e francese250 sono giunte a una conclusione analoga. I bassi prezzi delle quote di emissione dell’ETS dell’UE riducevano l’incentivo, per le imprese, a investire in tecnologie più pulite allo scopo di ridurre le emissioni nel lungo periodo. È emerso che il basso livello dei prezzi derivava principalmente dall’eccesso di offerta di quote di emissioni251, ma anche dallo sviluppo delle politiche in materia di efficienza energetica252 o di energie rinnovabili253. Nel 2014, considerando l’opportunità di rimandare una vendita all’asta delle quote di emissione («back-loading») per affrontare lo squilibrio del mercato dell’ETS dell’UE (cfr. paragrafo 33), la ISC tedesca ha concluso che siffatte misure non avrebbero offerto una soluzione di lungo periodo254.

169

Due relazioni di audit delle ISC dell’UE si sono occupate del sostegno di «compensazione» concesso da alcuni Stati membri alle imprese per il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (cfr. paragrafo 30). Una relazione svedese, dedicata nel 2012 all’ETS dell’UE e alle imposte associate al clima255, ha concluso che in Svezia l’amministrazione centrale, le agenzie e il parlamento non disponevano di una base per valutare se i vari settori industriali fossero effettivamente a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Esaminando le compensazioni versate all’industria ad alta intensità di energia elettrica in Germania, una relazione dell’ISC256 del 2016 ha constatato che il ministero competente non aveva verificato se gli alti costi dell’elettricità incoraggiassero effettivamente le imprese a rilocalizzare o se tali costi fossero compensati dal miglioramento dell’efficienza energetica.

170

Le ISC dell’UE hanno anche valutato l’attuazione dell’ETS dell’UE e hanno messo in luce problemi concernenti:

  • l’efficacia dei meccanismi mediante i quali le emissioni vengono ridotte investendo in paesi terzi (Lussemburgo 2014, Germania 2014, Portogallo 2011)257;
  • le frodi relative all’imposta sul valore aggiunto (IVA) che hanno interessato lo scambio di emissioni almeno nel 2008 e 2009 (audit cooperativo di Danimarca, Finlandia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia e Svezia, 2012; Germania 2014 e Portogallo 2011)258. Da allora almeno 22 Stati membri hanno introdotto il meccanismo dell’inversione contabile per contrastare le frodi fiscali; teoricamente ciò dovrebbe anche ridurre il rischio che l’ETS dell’UE sia interessato da frodi relative all’IVA;
  • le salvaguardie intese a proteggere l’integrità del mercato, che non erano sufficientemente solide, e i sistemi per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni, che non erano armonizzati e presentavano carenze (Corte dei conti europea, 2015)259.

Trasporti

171

Gli audit riguardanti il settore dei trasporti hanno trattato direttamente il tema della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti oppure si sono occupati di modi di trasporto a basse emissioni di carbonio o del passaggio a tali modi di trasporto. Benché gli audit sui modi di trasporto ad alte emissioni di carbonio, come il trasporto aereo e su strada, possano sollevare questioni importanti relative l’impiego ottimale delle risorse260, tali relazioni non sono state considerate pertinenti a meno che non affrontassero direttamente le questioni concernenti l’energia o i cambiamenti climatici. Oltre agli audit sui biocarburanti, la Corte ha individuato un solo audit sui modi di trasporto ad alte emissioni di carbonio che presentasse un collegamento diretto di questo tipo: una relazione della ISC maltese sulle emissioni delle autovetture261.

172

Gli audit delle ISC dell’UE riguardanti i trasporti hanno rilevato:

  • la mancata realizzazione del passaggio del trasporto di merci dalla strada alla ferrovia e alle vie navigabili marittime/interne;
  • problemi nella progettazione e nell’efficacia della politica sui biocarburanti.
173

Molte relazioni delle ISC dell’UE (Repubblica ceca 2017 e 2014; Austria 2015) hanno lamentato la mancata realizzazione del necessario passaggio del trasporto di merci dalla strada ad altri modi di trasporto a minori emissioni di carbonio, come la ferrovia e le vie navigabili marittime/interne262. Nel 2015263 e nel 2016264 la Corte ha constatato che il trasporto sulle vie navigabili interne e il trasporto ferroviario non riuscivano a competere con il trasporto su strada. Nel 2016 la Corte ha inoltre riscontrato265 investimenti inefficaci e insostenibili nei porti.

174

I piani relativi ai biocarburanti sono stati sottoposti ad audit da molte ISC dell’UE (Corte dei conti europea 2016; Francia 2016 e 2012; Bulgaria 2015; Portogallo 2014; Polonia 2014; Slovacchia 2014)266. Nella relazione del 2016, la Corte dei conti europea ha rilevato debolezze nelle procedure della Commissione per il riconoscimento e la supervisione dei sistemi volontari per la certificazione dei biocarburanti267. Le relative statistiche non erano affidabili, poiché nulla impediva agli Stati membri di inserire nelle proprie statistiche biocarburanti la cui sostenibilità non era accertata.

175

Nel 2014 e nel 2015 le ISC di alcuni Stati membri (Bulgaria, Portogallo, Polonia)268 hanno segnalato che gli obiettivi nazionali intermedi in materia di biocarburanti269 non erano stati raggiunti. Nel 2016 una relazione della Francia ha osservato che l’obiettivo per il biodiesel era raggiungibile, ma esprimeva dubbi in merito al conseguimento dell’obiettivo per il bioetanolo270. Le ISC della Slovacchia (2014) e della Francia (2012) hanno messo in evidenza il limitato impatto dei biocarburanti sull’indipendenza energetica271 o sulle riduzioni totali delle emissioni di gas a effetto serra272.

Agricoltura e silvicoltura

176

A eccezione di un audit della Corte risalente al 2012273, tutte le relazioni delle ISC dell’UE analizzate nel settore dell’agricoltura e della silvicoltura, e potenzialmente collegate alle emissioni e allo stoccaggio dei gas a effetto serra, hanno riguardato solamente la silvicoltura. Non sono state individuate relazioni concernenti le emissioni di gas a effetto serra derivanti dall’agricoltura.

177

Le ISC del Belgio (2016) e della Romania (2014) nonché la Corte dei conti europea (2015) hanno riscontrato diversi problemi connessi alla deforestazione, come la compensazione non sistematica dei terreni disboscati, o l’inadeguatezza dell’azione contro l’abbattimento illegale274. La relazione pubblicata dalla Corte nel 2014275 ha concluso che i finanziamenti erogati dall’UE per la prevenzione degli incendi boschivi e la ricostituzione delle foreste danneggiate non erano stati gestiti bene.

178

Altre relazioni hanno analizzato il rapporto costi-efficacia delle misure di silvicoltura. Nel 2017 la ISC portoghese ha criticato la selezione dei progetti e la qualità delle valutazioni ex ante ed ex post276. Nel 2016 la ISC lituana ha rilevato alti costi di gestione, bassi tassi di assorbimento e ritardi277. Nel 2015 la ISC francese ha sottolineato la mancanza di coordinamento tra i programmi forestali278.

Rifiuti ed economia circolare

179

Le relazioni delle ISC dell’UE hanno riguardato principalmente:

  • l’attuazione e l’applicazione della legislazione sui rifiuti;
  • l’efficacia della gestione dei rifiuti urbani.
180

Molte relazioni delle ISC dell’UE (Portogallo 2015; Lituania 2013; Romania 2013; Corte dei conti europea 2012; nonché una relazione congiunta di otto ISC nazionali nel 2012)279 hanno segnalato problemi relativi alle carenze o ai ritardi nell’attuazione della legislazione sui rifiuti, in particolare per quanto riguarda le discariche.

181

Numerose relazioni, in gran parte più recenti (Francia 2017; Lettonia 2017 e 2015; Estonia 2016; Slovenia 2015; Regno Unito 2014; Lituania 2013) si sono focalizzate sull’efficacia della gestione dei rifiuti urbani, come i rifiuti domestici e quelli provenienti da istituzioni e piccole imprese280. Gli audit hanno rilevato carenze nella governance della gestione dei rifiuti urbani: per esempio l’inadeguatezza della definizione o del controllo della realizzazione dei risultati e i modesti tassi di riciclaggio.

182

La relazione della Corte del 2016 sullo spreco alimentare281 ha concluso che quanto realizzato dall’UE fino a quel momento non era stato sufficiente e che la strategia dell’UE in materia di spreco alimentare doveva essere potenziata e coordinata in modo migliore.

Adattamento

183

Circa il 20 % delle relazioni delle ISC dell’UE hanno affrontato il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Un terzo di queste si è occupato di inondazioni (per i dettagli dei risultati cfr. riquadro 10).

Riquadro 10

Esempi dei risultati degli audit in materia di prevenzione, protezione e risposte alle inondazioni:

  • frammentazione delle responsabilità per i problemi relativi alle inondazioni e mancanza di coordinamento tra i diversi livelli di governo o autorità amministrative (Bulgaria 2016; Germania 2016; Italia 2015)282;
  • insufficienti limitazioni alla pianificazione urbana nelle aree soggette a inondazioni (Slovenia 2014; Francia 2012)283;
  • ritardi nell’attuazione di piani, programmi o progetti di gestione delle inondazioni (Bulgaria 2016; Irlanda 2015; Italia 2015; Polonia 2015; Slovenia 2014)284;
  • assenza o mancato aggiornamento dei piani di allerta contro le inondazioni (Romania 2014; Francia 2012)285;
  • carente manutenzione delle infrastrutture per la prevenzione delle inondazioni (Corte dei conti europea 2014; Regno Unito 2014; Slovenia 2014; Polonia 2013 e 2012)286.
184

Altri audit hanno trattato questioni quali l’approvvigionamento idrico e la qualità delle acque287, le misure di prevenzione e gestione delle catastrofi288 e la biodiversità.

185

Nel 2012 le strategie di adattamento degli Stati membri sono state oggetto di un audit cooperativo svolto da nove ISC dell’UE e di paesi terzi289. L’audit è giunto alla conclusione che i governi non erano sufficientemente preparati ai prevedibili impatti dei cambiamenti climatici. Da allora l’UE ha adottato una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, che incoraggia tutti gli Stati membri ad adottare strategie di adattamento mondiali (cfr. paragrafo 124).

Audit su temi trasversali

186

Circa il 10 % degli audit ha riguardato temi trasversali che possono interessare vari settori economici o aree di misure per l’energia e il clima. Sono emersi quattro filoni:

  • ricerca sul clima e sull’energia;
  • finanziamento della mitigazione e dell’adattamento, comprese le misure fiscali;
  • meta-audit/riesami oppure audit dell’intero settore dell’energia e dei cambiamenti climatici;
  • elaborazione e attuazione delle politiche sulla base di dati concreti.
187

Sei ISC dell’UE hanno dedicato relazioni specifiche alla ricerca sul clima e sull’energia: nel 2014 la ISC francese290 ha rilevato che per il buon esito della transizione energetica era necessario introdurre innovazioni tecnologiche, ma che nessuna tecnologia matura esistente sembrava in grado di garantire la sicurezza del sistema energetico nel 2030 e che non vi era la certezza che eventuali innovazioni future sarebbero state tecnicamente ed economicamente accessibili. Tre relazioni (Danimarca 2013; Svezia 2012; Finlandia 2011)291 hanno esaminato programmi di ricerca generali o progetti particolari. Nelle loro relazioni, le ISC hanno generalmente sottolineato l’importanza della ricerca e dell’innovazione per il clima e l’energia, aggiungendo tuttavia che il relativo potenziale non era stato esplorato a fondo o chiaramente compreso. Altri tre audit (Regno Unito 2017 e 2012; Polonia 2015)292 hanno riguardato le «tecnologie del carbone pulito» mettendo in luce l’inefficacia delle procedure di appalto e del sostegno allo sviluppo di tali tecnologie.

188

Alcuni audit (per esempio Lettonia 2017; Corte dei conti europea 2013 e 2016; Paesi Bassi 2014; Spagna 2012) hanno riguardato il finanziamento di investimenti in settori come le infrastrutture dell’energia e dei trasporti negli Stati membri, all’interno e all’esterno dell’UE293. Per esempio, l’audit della Corte del 2016294 ha indicato il forte rischio che l’obiettivo dell’UE di spendere almeno un euro su cinque del proprio bilancio a favore dell’azione per il clima tra il 2014 e il 2020 non venisse raggiunto. La Corte ha rilevato un sistema di finanziamento migliore, e più mirato all’azione per il clima, nel quadro del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo di coesione; ma non ha riscontrato un deciso passaggio all’azione per il clima nei settori dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca. Ha constatato inoltre la necessità di una decisa azione nel settore della ricerca, dal momento che il contributo proveniente dal finanziamento della ricerca sta accumulando un grave ritardo.

189

Alcuni audit hanno analizzato le imposte associate al clima o l’effetto delle modifiche al sistema fiscale sugli investimenti verdi. Per esempio, la ISC della Svezia295 ha osservato che le comunicazioni dell’amministrazione centrale e delle agenzie non offrivano un quadro esaustivo dei costi e degli effetti delle imposte associate al clima. Essa ha sottolineato inoltre i limiti dei modelli utilizzati dal governo per la modellizzazione degli effetti economici. Nel 2016 una relazione di audit francese296 ha rilevato che il sostegno e i vantaggi fiscali concessi ad attività nocive per l’ambiente superavano quello fornito ad attività sostenibili.

190

Alcune ISC hanno elaborato audit sulle strategie nazionali in materia di cambiamenti climatici dei rispettivi paesi297. Le ISC di Paesi Bassi (2015), Francia (2014), Svezia (2013) e Finlandia (2012) hanno pubblicato meta-audit e rassegne che hanno sintetizzato i rispettivi risultati nazionali nel settore dell’energia e dei cambiamenti climatici298.

191

I risultati di alcuni audit sono stati collegati a dati e metodi utilizzati dai governi per elaborare ed attuare le politiche. Per esempio, l’audit realizzato dalla Corte nel 2016 sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico299 ha messo in evidenza alcuni problemi correlati alla modellizzazione della domanda di gas. La relazione pubblicata dalla ISC svedese nel 2012 ha messo in luce, a sua volta, i limiti dei modelli economici impiegati dal proprio governo300.

Settori in cui il lavoro di audit è stato più modesto

192

Le ISC dell’UE hanno trattato un’ampia varietà di temi nel settore dell’energia e dei cambiamenti climatici, presentando constatazioni molto pertinenti. Tuttavia, alcuni settori dell’energia e del clima sono stati meno trattati negli audit:

  • l’adattamento (cfr. paragrafo 144)
  • gli inventari nazionali e dell’UE dei gas a effetto serra e l’uso del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la silvicoltura (LULUCF);
  • la terza fase dell’ETS dell’UE (cfr. paragrafo 167);
  • le emissioni prodotte dal trasporto su strada (cfr. paragrafo 171) e
  • le emissioni prodotte dall’agricoltura (cfr. paragrafo 176).
193

La Corte ha esaminato le sfide che le 28 ISC dell’UE hanno affrontato nello svolgimento degli audit dedicati all’energia e al clima. I problemi emersi con maggior frequenza sono i seguenti: la bassa priorità attribuita ai temi dell’energia e dei cambiamenti climatici; scarsa chiarezza degli obiettivi delle politiche e quindi criteri inadeguati di audit; e scarsa esperienza.

194

L’adattamento ai cambiamenti climatici è stato oggetto di audit molto più raramente della mitigazione del clima (cfr. paragrafo 144). Delle relazioni dedicate all’adattamento, un terzo riguardava le inondazioni. Alcune relazioni hanno esaminato la carenza di risorse idriche nei sistemi di acqua potabile o in specifici sistemi d’irrigazione, ma nessuna ha trattato il nesso tra scarsità di risorse idriche e cambiamenti climatici. La Corte, inoltre, non ha individuato alcun audit incentrato sull’adattamento in settori specifici come l’agricoltura, la programmazione delle infrastrutture, la salute o la biodiversità. Alcuni audit meno recenti, risalenti circa al 2012, riguardavano la preparazione degli Stati membri all’adattamento, ma nessun audit svolto dopo la strategia dell’UE per l’adattamento del 2013 raccomandava agli Stati membri di elaborare strategie di adattamento.

195

Interrogate sui motivi per cui all’adattamento non era stato dedicato un maggior numero di audit, le ISC dell’UE hanno fornito le seguenti risposte:

  • l’adattamento è ancora una politica recente;
  • le misure di adattamento consistono spesso di progetti dispersi e di piccole dimensioni; quando questi progetti sono finanziati da amministrazioni comunali, le ISC potrebbero non disporre di un mandato adeguato per svolgere audit;
  • è complesso sottoporre ad audit le misure di adattamento, a causa del loro carattere intersettoriale/transfrontaliero, nonché della loro natura di lungo periodo e
  • le ISC di alcuni Stati membri hanno giudicato modesto il rischio connesso all’adattamento.
196

Gli obiettivi di riduzione delle emissioni impiegano gli inventari nazionali e dell’UE delle emissioni di gas a effetto serra come parametro di riferimento per la situazione di partenza (cfr. paragrafo 26). Tali inventari servono anche per accertare se le emissioni degli Stati membri sono conformi alla decisione sulla condivisione degli sforzi (cfr. paragrafo 35) e agli impegni internazionali sottoscritti nel quadro dell’UNFCCC (cfr. paragrafo 18). Essi possono inoltre svolgere un ruolo importante in futuro nell’ambito dell’accordo di Parigi. La Corte ha individuato l’audit di una ISC dell’UE, risalente al 2009,301 che li aveva analizzati direttamente. La ISC estone aveva sottoposto ad audit gli sforzi del proprio paese per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, concludendo che esisteva il rischio che le emissioni dell’Estonia potessero essere superiori a quelle dichiarate per svariati motivi:

  • mancanza di dati e carenze metodologiche (non tutti i settori e gli inquinanti erano stati presi in considerazione);
  • il metodo usato per calcolare la quantità di gas a effetto serra assorbiti dalle foreste presentava lacune e
  • l’effetto dei cambiamenti di uso del suolo non era stato valutato.
197

La ISC rumena302 non ha sottoposto direttamente ad audit questi inventari nel 2011, ma ha fatto riferimento a una relazione dell’UNFCCC del 2010 che aveva individuato problemi di mancata conformità nell’inventario dei gas a effetto serra della Romania. A seguito di ciò, la Romania era stata esclusa dalla partecipazione al sistema internazionale di scambio di quote di emissioni istituito nel quadro del protocollo di Kyoto. Nella prima metà del 2012 la Lituania303 aveva affrontato problemi simili. Nel 2011 la ISC portoghese304 ha rilevato discrepanze tra i metodi di contabilizzazione delle emissioni utilizzati dalle autorità portoghesi e quelli richiesti dal protocollo di Kyoto.

198

Secondo le ISC dell’UE, l’attività di audit sugli inventari nazionali e dell’UE delle emissioni di gas a effetto serra e sull’uso del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la silvicoltura era stata limitata a causa della modesta importanza finanziaria di questi inventari e dell’assenza di competenze tecniche.

Parte III – Sfide principali

199

La parte I della presente analisi panoramica ha descritto l’azione dell’UE nel campo dell’energia e dei cambiamenti climatici, mentre la parte II ha illustrato i risultati ottenuti dalle ISC dell’UE in questo settore. Sulla base di questo lavoro, la Corte ha individuato sette aree in cui si profilano le sfide più importanti nel settore dell’energia e dei cambiamenti climatici. Per ciascuna di queste, la Corte individua le sfide per contestualizzare l’attuale riflessione sulle principali trasformazioni in corso, per stimolare il dibattito tra i soggetti interessati e per individuare rischi e opportunità potenziali che gli audit dovranno considerare in futuro.

1. Governance dell’energia e dei cambiamenti climatici

200

Per quanto riguarda il clima e l’energia, l’UE si è posta obiettivi per gli anni 2020 e 2030 e per il 2050: riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, miglioramento dell’efficienza energetica e aumento delle energie rinnovabili (cfr. paragrafo 21). L’UE si è posta altresì l’obiettivo di sviluppare un mercato interno dell’energia funzionante, garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e integrare le energie rinnovabili. Sono stati compiuti numerosi progressi (cfr. paragrafo 22). Le proiezioni attuali indicano la necessità di realizzare ulteriori progressi per conseguire gli obiettivi del 2030 e quelli del 2050 (cfr. paragrafo 23).

201

Gli obiettivi dell’UE si possono realizzare solo ricorrendo a un mix di misure legislative e non legislative a livello locale, regionale, nazionale e di UE. Sia nel campo dell’energia che in quello dei cambiamenti climatici, l’UE e gli Stati membri hanno competenza concorrente (cfr. paragrafo 11) e devono collaborare in uno spirito di solidarietà e fiducia305. Gli Stati membri mantengono la competenza esclusiva in taluni settori, come per esempio il proprio mix nazionale di approvvigionamento energetico.

202

I temi dell’energia e dei cambiamenti climatici devono essere affrontati congiuntamente. La produzione e il consumo di energia sono responsabili del 79 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE (cfr. paragrafo 39). Inoltre le scelte adottate da uno Stato membro possono incidere sulla situazione di altri Stati membri e sul conseguimento degli obiettivi generali dell’UE. In tutta l’Unione è necessario introdurre sistemi efficaci di governance per gestire e monitorare le misure in materia di energia e clima, per ridurre i rischi, per evitare sovrapposizioni e garantire progressi, con soluzioni che mantengano un soddisfacente rapporto costi-efficacia.

203

L’UE e i governi nazionali si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra (cfr. paragrafo 19). Gli inventari dei gas a effetto serra svolgono un ruolo fondamentale per monitorare i progressi verso gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (cfr. paragrafo 26). L’UE, le autorità degli Stati membri e l’UNFCCC verificano questi inventari che spesso contengono stime complesse.

204

Verificare in che misura gli impegni finanziari in materia di transizione energetica e cambiamenti climatici siano rispettati, è un compito arduo. L’UE si è impegnata a spendere nell’azione per il clima almeno 1 euro ogni 5 del proprio bilancio tra il 2014 e il 2020 (cfr. paragrafo 133). L’audit effettuato nel 2016 dalla Corte ha mostrato che vi era un serio rischio che questo obiettivo non venisse raggiunto (cfr. paragrafo 188). I paesi sviluppati si erano impegnati a stanziare ogni anno, fino al 2020, 100 miliardi di USD a sostegno degli sforzi compiuti dai paesi in via di sviluppo per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento agli stessi (cfr. paragrafo 20), ma la responsabilità per la realizzazione di questo obiettivo non è stata ripartita.

205

L’audit pubblico può svolgere un ruolo importante per garantire che le autorità pubbliche rendano conto alla collettività riguardo alla realizzazione di obiettivi e impegni governativi. Tali audit possono svolgere un ruolo fondamentale nel mantenere la fiducia dei cittadini nei confronti dei governi e dell’UE. Finora però il ruolo delle ISC dell’UE è rimasto limitato agli audit di alcuni importanti processi di monitoraggio e sistemi di governance dell’energia e del clima, come gli inventari dei gas a effetto serra (cfr. paragrafi 196-197).

2. Politica basata su dati concreti

206

L’elaborazione e l’attuazione delle politiche dovrebbero basarsi sui migliori dati, modellizzazioni e analisi disponibili (cfr. paragrafo 137). Nel campo dell’energia e dei cambiamenti climatici ciò costituisce una sfida, a causa della complessità di questi argomenti, della relativa novità di alcuni dati e del ritmo delle trasformazioni indotte sia dalle transizioni energetiche che dai cambiamenti climatici.

207

Per valutare le opzioni alternative per le politiche in materia di energia e clima, la Commissione europea si basa su un’ampia varietà di dati, tecniche di modellizzazione e analisi d’impatto (cfr. paragrafo 138). In passato gli audit hanno messo in evidenza problemi connessi alla raccolta dei dati (cfr. paragrafi 157 e 161), ai modelli e all’analisi d’impatto (cfr. paragrafo 191).

208

Dati, analisi e modelli adeguati restano strumenti importanti per valutare le opzioni per le politiche in materia di energia e clima e saranno necessari per i piani nazionali integrati per l’energia e il clima che gli Stati membri dovranno elaborare nel quadro della proposta di regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia (cfr. paragrafo 79), se le attuali proposte verranno accolte.

3. Transizione energetica

209

La produzione e il consumo di energia sono responsabili del 79 % delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE (cfr. paragrafo 39). Negli ultimi decenni l’UE ha compiuto progressi verso l’obiettivo di rendere il settore energetico più sostenibile, economicamente accessibile e sicuro. Tuttavia, la transizione del settore energetico dell’UE a fonti energetiche a basse emissioni di carbonio deve compiere ancora un lungo percorso e affrontare numerose sfide.

210

Si prevede un sensibile calo della produzione di energia dell’UE derivante da combustibili fossili, parallelamente alla costante crescita della produzione di energie rinnovabili (cfr. paragrafo 48). La produzione di energia da fonti rinnovabili contribuisce a mitigare i cambiamenti climatici e, riducendo la dipendenza dalle importazioni, aumenta la sicurezza dell’approvvigionamento dell’UE. Allo stesso tempo, l’integrazione della produzione di energie rinnovabili nel sistema energetico pone varie sfide. È ancora necessario modificare profondamente il sistema dell’elettricità per affrontare sfide quali la variabilità della produzione energetica proveniente da fonti rinnovabili intermittenti, lo stoccaggio, la produzione decentrata di energia e una gestione più dinamica della domanda (cfr. paragrafi 73-76). Le infrastrutture energetiche, sia all’interno degli Stati membri che tra uno Stato membro e l’altro, non sono ancora interamente progettate per mercati integrati (cfr. paragrafi 68-71). Analogamente, il settore dei trasporti dovrà subire trasformazioni per quanto riguarda l’utilizzo dell’energia, passando a modi di trasporto a minore intensità di carbonio e utilizzando biocarburanti e combustibili alternativi come l’elettricità (cfr. paragrafo 98). Le misure di efficienza energetica potrebbero ulteriormente trasformare il sistema energetico (cfr. paragrafi 42-43).

211

Gli investimenti infrastrutturali dovranno fondarsi sulla piena conoscenza dell’impatto che avranno sul clima nel lungo periodo e di altri impatti. Per esempio, il carbone è la fonte energetica che emette la maggiore quantità relativa di gas a effetto serra (cfr. figura 8). Gli investimenti in nuove miniere di carbone e centrali a carbone obbligherebbero per decenni le imprese energetiche ad utilizzare questi impianti, senza alcuna certezza che possa rendersi disponibile una tecnologia efficiente ed efficace per catturarne o limitarne le emissioni di gas a effetto serra (cfr. paragrafo 56). Inoltre tale investimento genererebbe un’ulteriore sovraccapacità in un mercato già saturo (cfr. paragrafo 74), rendendo quindi ancor più difficile attrarre gli investimenti verso la capacità di energie rinnovabili.

212

Gli impianti esistenti potrebbero dover essere chiusi prima del previsto, diventando così «attivi non recuperabili», per effetto di un aumento del prezzo del carbonio o di una modifica della legislazione in materia di clima o energia. Investimenti di questo tipo, per esempio in centrali nucleari o a carbone, si concentrano spesso in alcune regioni che possono dipendere fortemente da quest’attività economica e dai posti di lavoro che ne derivano (cfr. paragrafo 77). Ne consegue la necessità di pianificare adeguamenti sociali, allorché la chiusura di industrie energetiche ben consolidate diventa necessaria per sostenere la transizione energetica.

213

Oltre agli effetti sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, la transizione energetica può recare vantaggi in altri ambiti di cui bisogna tener conto, come il miglioramento della qualità dell’aria, la riduzione della dipendenza dalle importazioni e la crescita garantita da posti di lavoro verdi.

4. Efficace utilizzo di ricerca e innovazione

214

Per raggiungere gli obiettivi di più lungo periodo nel campo dell’energia e del clima, sarà necessario sviluppare e utilizzare su vasta scala nuove tecnologie in svariati settori (cfr. paragrafi 128-129). Ricerca e innovazione devono pertanto svolgere un ruolo fondamentale nel trasformare l’UE in una società a basse emissioni di carbonio, introducendo tecnologie a basso contenuto di carbonio, competitive in termini di costi e in grado di ottenere prestazioni migliori. Sono stati compiuti notevoli progressi, per esempio, nel campo delle tecnologie fondate su energie rinnovabili, ma esiste ancora un notevole potenziale per sviluppi futuri. Il settore energetico richiederà inoltre migliori tecnologie, con un miglior rapporto costi-efficacia, per lo stoccaggio dell’energia e la cattura del carbonio, ad esempio per le centrali a gas ancora esistenti (cfr. paragrafi 56 e 76). Per ottenere riduzioni sensibili delle emissioni nel settore dei trasporti occorrerà sviluppare combustibili alternativi (cfr. paragrafi 97-102), ma i veicoli che li utilizzano risentono ancora di limiti tecnici, come una gamma limitata e costi elevati.

215

Occorrono spesso molti anni perché una nuova tecnologia diventi utilizzabile su scala industriale. Nel prossimo decennio si dovranno quindi effettuare notevoli progressi nello sviluppo delle tecnologie necessarie per ridurre le emissioni tra il 2030 e il 2050. Attualmente non è affatto certo che queste innovazioni tecnologiche future saranno tecnicamente possibili ed economicamente accessibili su vasta scala entro il 2030 (cfr. paragrafo 187). L’UE è ancora un centro importante per le innovazioni in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e per gli investimenti in ricerca e sviluppo. In tutto il mondo gli investimenti nell’energia rinnovabile hanno condotto alla diminuzione dei costi e a una crescita sostenuta. In alcuni campi però l’UE lamenta ancora un «deficit di applicazione» in quanto incontra difficoltà nel commercializzare innovazioni promettenti nel campo dell’energia (cfr. paragrafo 130).

216

L’innovazione energetica dipende dai contributi di una vasta platea di soggetti interessati: dalle imprese ai consumatori, dalle autorità locali, regionali e nazionali alle istituzioni dell’UE. L’assetto del mercato e le autorità pubbliche svolgono una funzione importante nel garantire un ambiente propizio alle innovazioni. In tale contesto, i finanziamenti pubblici hanno spesso un ruolo relativamente secondario, ma possono ancora essere fondamentali in alcuni campi, come nelle prime fasi di sviluppo delle innovazioni. L’audit effettuato dalla Corte nel 2016 ha segnalato il rischio che l’obiettivo di spendere il 35 % del bilancio di Orizzonte 2020 per l’azione per il clima non sia raggiunto (cfr. paragrafo 188).

5. Pianificazione e gestione dell’adattamento

217

Gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno già facendo sentire. I cambiamenti climatici influiranno sulla vita dei cittadini dell’UE in molti modi: maggiore incidenza di siccità e inondazioni, incendi boschivi; effetti sulla produzione alimentare, danni a infrastrutture pubbliche e private e richiesta di maggior protezione; nuovi rischi per la salute, impatti sull’occupazione, migrazione e così via (cfr. paragrafi 118-122). L’UE e gli Stati membri devono pianificare l’adattamento. L’accordo di Parigi è il primo trattato internazionale che riconosce la necessità di un adattamento ai cambiamenti climatici (cfr. paragrafo 19). Nel 2013 l’UE aveva già preparato una strategia di adattamento e invitato gli Stati membri a elaborare le proprie strategie nazionali (cfr. paragrafo 124).

218

Per descrivere e prevedere gli impatti dei cambiamenti climatici si possono utilizzare modelli climatici, ambientali, sociali ed economici. Si tratta di un compito importante ma impegnativo (cfr. paragrafi 138-139)306. Per esempio l’innalzamento del livello del mare o la desertificazione di alcune regioni potrebbero innescare movimenti di popolazioni all’interno dell’Europa o verso l’Europa (cfr. paragrafo 122). L’UE e gli Stati membri si troveranno di fronte a una grande sfida: anticipare e pianificare correttamente l’adattamento, ridurre così la necessità di un’azione tardiva, in risposta agli eventi, che produrrebbe maggiori costi e sottoporrebbe i bilanci pubblici a pressioni impreviste.

6. Finanziamento

219

La Commissione ha stimato che per realizzare gli obiettivi dell’UE per il 2030 nel campo del clima e dell’energia ogni anno saranno necessari circa 1 115 miliardi di euro di investimenti nel periodo 2020-2030: principalmente nei trasporti e nel settore residenziale e dei servizi (cfr. riquadro 8). Questi investimenti per la mitigazione dei cambiamenti climatici dovranno provenire da fonti sia pubbliche che private. Nel caso di carenze della regolamentazione o di fallimenti del mercato, potranno intervenire gli Stati, come hanno già fatto nel caso delle energie rinnovabili (cfr. paragrafo 75), contribuendo alla crescita mondiale di questo nuovo settore e alla conseguente significativa riduzione dei costi delle energie rinnovabili (cfr. paragrafo 64). Un prezzo del carbonio più elevato costituirebbe inoltre uno strumento potente, potenzialmente in grado di stimolare maggiori investimenti privati in attività a basse emissioni di carbonio e nell’efficienza energetica (cfr. paragrafo 32).

220

I costi dell’adattamento ai cambiamenti climatici sono difficili da prevedere (cfr. riquadro 8) ed è ancor più arduo anticipare i probabili vantaggi degli investimenti nell’adattamento, che costituiscono una sfida per le tradizionali valutazioni degli audit sull’impiego ottimale delle risorse, le analisi costi/benefici e il monitoraggio della performance. L’adattamento richiede una programmazione a lungo termine nonché decisioni sulle grandi infrastrutture, come quelle per l’approvvigionamento idrico, i sistemi di irrigazione e le difese dalle inondazioni. In mancanza di incentivi adeguati, è possibile che le forze del mercato e le analisi costi-benefici convenzionali non siano in grado di indicare gli investimenti ottimali per misure di adattamento di così lungo periodo. Potrebbe essere necessario mobilitare su vasta scala i finanziamenti pubblici per sopperire ai fallimenti del mercato. Tuttavia, anche le imprese del settore privato dovrebbero investire significativamente nell’adattamento, perché è loro interesse a lungo termine dimostrare resilienza di fronte ai cambiamenti climatici ed esaminare le nuove opportunità commerciali connesse a questa situazione (cfr. paragrafo 136).

221

Nel settore energetico, una delle sfide principali che l’UE e i suoi Stati membri dovranno affrontare è la disattivazione delle centrali nucleari. Nell’UE, 90 centrali nucleari sono già state chiuse ma non ancora disattivate. Si prevede che oltre 50 reattori oggi operativi verranno chiusi entro la fine del 2025. Secondo la Commissione il costo totale stimato per la gestione dei combustibili esauriti e dei rifiuti radioattivi si aggira sui 400 miliardi di euro (cfr. paragrafo 59).

222

Un recente audit della Corte sulla disattivazione delle centrali nucleari in tre Stati membri dell’UE ha constatato che i costi totali stimati raddoppierebbero se si dovesse includere il costo dello smaltimento finale dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito (cfr. paragrafo 163). Secondo una relazione della Commissione, in gran parte degli Stati membri non esistono approcci specifici allo smaltimento di rifiuti a media ed alta attività e del combustibile esaurito, ad esempio la scelta del sito o lo sviluppo della progettazione (cfr. paragrafo 59).

223

Pertanto la disattivazione delle centrali nucleari e lo smaltimento dei rifiuti nucleari rappresentano una sfida pressante e costosa per l’UE e i suoi Stati membri. D’altra parte offrono anche numerose opportunità per l’economia e l’occupazione (cfr. paragrafo 58).

7. Coinvolgimento dei cittadini dell’UE

224

La transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio inciderà su tutti i settori dell’economia e della società: sul modo in cui i cittadini vivono, viaggiano, consumano, pianificano e investono. Nel 2014 le emissioni dirette dei nuclei familiari rappresentavano il 24 % delle emissioni di gas a effetto serra307; le scelte di consumo delle famiglie influiscono su molte altre fonti di emissioni di gas a effetto serra. L’integrazione dei cittadini nella transizione energetica è oggi considerata essenziale, perché si tratta sia di comprendere, approvare e pagare le transizioni necessarie che di incoraggiare la loro partecipazione attiva. Tutto questo richiederà nuovi comportamenti, per esempio nel modo di produrre e consumare energia. I cittadini dell’UE possono ridurre direttamente le emissioni dell’UE, per esempio acquistando case ed utilizzando apparecchiature efficienti dal punto di vista energetico (cfr. paragrafi 85-87), producendo energie rinnovabili (cfr. paragrafi 62-64) e impiegando mezzi di trasporto sostenibili (cfr. paragrafi 90 e 96).

225

I cittadini possono essere coinvolti a livello individuale, locale, cittadino, regionale, nazionale ed europeo, ma le amministrazioni locali sono spesso l’organismo loro più vicino. Esse possiedono un forte potenziale per coinvolgere un maggior numero di cittadini tramite azioni e movimenti dal basso come il «Patto dei sindaci per il clima e l’energia» (cfr. paragrafo 124).

La presente analisi panoramica è stata adottata dalla Sezione I, nella riunione dell’21 giugno 2017.

Per la Corte dei conti europea

Klaus-Heiner LEHNE
Presidente

Allegato

Allegato – Approccio

La presente analisi panoramica si basa su:

  • un’analisi documentale di direttive, regolamenti, decisioni, strategie, valutazioni d’impatto, valutazioni e studi dell’UE, pertinente giurisprudenza dell’Unione europea e, se del caso, ricerche accademiche pubblicate;
  • colloqui con 21 direzioni generali della Commissione308, compreso il Centro comune di ricerca (JRC), nonché con l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) e il Segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC);
  • visite informative in Germania, Spagna e Polonia;
  • collegamenti con le 28 ISC dell’UE:
    • raccolta di oltre 650 relazioni di audit delle ISC sulle prestazioni in materia di energia, politica per il clima e investimenti relativi a mitigazione e adattamento, pubblicate a partire dal 2010. Selezione delle relazioni più significative309 per una lettura approfondita: 269 relazioni delle ISC dell’UE, tra cui quelle della Corte dei conti europea, pubblicate tra gennaio 2012 e marzo 2017310;
    • indagini delle ISC sul contenuto degli audit e sulle sfide affrontate. Tutte le ISC hanno risposto. I risultati sono stati illustrati in occasione di una riunione del comitato di contatto delle ISC nell’ottobre 2016;
    • seminario tenutosi nel gennaio 2017 con le ISC, in cui sono stati presentati i risultati preliminari e si è deliberato sulle sfide e sulle opportunità che si presentano agli auditor nel campo dell’energia e dei cambiamenti climatici;
    • i riferimenti alle singole relazioni delle ISC sono stati verificati con le ISC stesse e sono state apportate le necessarie correzioni;
  • ricorso a un esperto di questioni economiche nel campo dell’energia e dei cambiamenti climatici;
  • la bozza è stata inviata alla Commissione per un controllo dei dati fattuali. Le sfide presentate nella Parte III sono state discusse con funzionari ad alto livello della direzione generale dell’Energia, della direzione generale per l’Azione per il clima e della direzione generale della Ricerca. Si è tenuto conto di tali osservazioni.

Glossario e abbreviazioni

Adattamento ai cambiamenti climatici: il processo di adeguamento ai cambiamenti climatici reali o prevedibili e ai loro effetti.

Attivi non recuperabili: attività che hanno subito in maniera imprevista o prematura cancellazioni, riduzioni, svalutazioni o conversioni in passività.

Aviazione internazionale/trasporto marittimo internazionale: nella presente relazione, per aviazione o trasporto marittimo internazionali si intendono voli o trasporti marittimi effettuati tra l’UE e un porto o aeroporto di un paese terzo. Tale distinzione è stata introdotta perché, negli inventari dei gas a effetto serra, le emissioni dell’aviazione o del trasporto marittimo internazionali e quelle dell’aviazione o del trasporto marittimo interni all’UE sono conteggiate separatamente.

Cattura e stoccaggio del carbonio (CCS): un insieme di tecnologie miranti a catturare, trasportare e stoccare il CO2 emesso da centrali elettriche e impianti industriali. Il CCS serve a impedire che il CO2 raggiunga l’atmosfera, stoccandolo in formazioni geologiche adatte.

CO2-equivalente (CO2e): quest’unità viene utilizzata per consolidare i volumi di tutti i gas a effetto serra in un’unica cifra. Rappresenta la quantità di emissioni di biossido di carbonio (CO2) che, in un periodo di tempo determinato, causerebbe lo stesso riscaldamento di una certa quantità di emissioni di uno specifico gas a effetto serra o di una miscela di gas a effetto serra.

Condivisione degli sforzi: le riduzioni delle emissioni nei settori non inclusi nel sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE sono regolamentate dalla decisione del 2009 sulla condivisione degli sforzi (ESD). Questi settori comprendono i trasporti (a eccezione dell’aviazione e del trasporto marittimo internazionale), l’agricoltura e la silvicoltura, l’edilizia e i rifiuti, nonché i settori industriali non inclusi nel sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE.

Conferenza delle parti (COP): massimo organismo decisionale della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Tutti gli Stati parti della convenzione sono rappresentati nella COP, in seno alla quale esaminano l’attuazione della convenzione e di altri eventuali strumenti giuridici adottati dalla COP e prendono le decisioni necessarie per promuoverne l’effettiva attuazione. Sia l’Unione europea sia i suoi Stati membri sono parti della convenzione e partecipano alle riunioni della COP.

Contributo stabilito a livello nazionale (NDC): nel quadro dell’accordo di Parigi tutte le parti devono proporre, su base volontaria, obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, per mezzo di «contributi stabiliti a livello nazionale» (NDC). Periodicamente, le parti terranno dialoghi facilitativi per valutare gli sforzi collettivi compiuti per raggiungere l’obiettivo di lungo periodo e aggiornare i propri NDC.

Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC): la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è un trattato internazionale in materia ambientale negoziato al vertice sulla Terra di Rio de Janeiro nel 1992. L’obiettivo della convenzione UNFCCC è stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale da prevenire qualsiasi interferenza antropica pericolosa per il sistema climatico. Tale livello deve essere raggiunto entro un periodo di tempo sufficiente per permettere agli ecosistemi di adattarsi naturalmente ai cambiamenti climatici, evitare che la produzione alimentare sia minacciata e far sì che lo sviluppo economico continui a un livello sostenibile. UNFCCC è anche la denominazione del Segretariato delle Nazioni Unite incaricato di coadiuvare l’operato della convenzione.

Emissioni antropiche: emissioni derivanti da attività umane, distinte da quelle che si verificano naturalmente, senza alcuna influenza dell’uomo.

Energia rinnovabile: energia proveniente da risorse rinnovabili, che si ricostituiscono in modo naturale entro una scala temporale commisurata alla vita umana, come la luce solare, il vento, la biomassa e il calore geotermico.

Gas a effetto serra (GES): gas che fungono da cappa nell’atmosfera della Terra, intrappolando il calore e provocando il riscaldamento della superficie terrestre, tramite il fenomeno del cosiddetto «effetto serra». I principali gas a effetto serra sono il biossido di carbonio (CO2), il metano (CH4), l’ossido di azoto (N2O) e i gas fluorurati (HFC, PFC, SF6 e NF3).

Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC): il principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. È stato istituito nel 1988 dal programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) per fornire al pianeta un parere scientifico chiaro sull’attuale stato delle conoscenze in materia di cambiamenti climatici e sui loro potenziali impatti ambientali e socioeconomici.

Intermittenza: le fonti di energia che non producono continuamente energia, a causa di fattori che non è possibile controllare direttamente, sono definite «intermittenti». Per esempio, le turbine eoliche non producono energia in assenza di vento. Le centrali elettriche solari non producono di notte né quando uno spesso strato di nubi nasconde il sole.

Mitigazione dei cambiamenti climatici: intervento umano destinato a ridurre le fonti o a incrementare la capacità dei pozzi di assorbimento di gas a effetto serra.

Politica di coesione: politica dell’UE che mira a migliorare la coesione economica, territoriale e sociale all’interno dell’Unione europea riducendo il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni. La politica di coesione è attuata tramite tre fondi principali: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo di coesione (FC). Assieme al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), questi costituiscono i Fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE).

Potenziale di riscaldamento globale (GWP): misura relativa della quantità di calore che una tonnellata di uno specifico gas a effetto serra intrappola nell’atmosfera, rispetto alla quantità di calore intrappolata da una massa analoga di biossido di carbonio.

Pozzo: qualsiasi processo, attività o meccanismo che assorbe un gas a effetto serra dall’atmosfera.

Prezzi dell’energia al dettaglio e all’ingrosso: per prezzi al dettaglio dell’energia si intendono i prezzi pagati dal consumatore finale di energia. Includono le tasse, altri oneri e sconti che variano da uno Stato membro all’altro. Per prezzi all’ingrosso si intendono i prezzi pagati ai produttori o importatori di energia dai fornitori che vendono i prodotti energetici ai clienti finali.

Rapporto costi-efficacia: il rapporto tra le risorse impiegate e i risultati conseguiti. Un adeguato rapporto costi-efficacia è un requisito della spesa dell’UE.

Spazio economico europeo (SEE): il SEE garantisce la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali all’interno del mercato unico europeo. Comprende tutti gli Stati membri dell’UE oltre a Islanda, Liechtenstein e Norvegia.

Tariffe di riacquisto: tariffe che garantiscono ai gestori di impianti di energie rinnovabili prezzi al dettaglio costanti per un determinato periodo.

Uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF): introdotto dal protocollo di Kyoto nel 1997, il LULUCF è definito dal segretariato della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici il settore dell’inventario dei gas a effetto serra che riguarda le emissioni e gli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti da attività dirette di uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura di origine antropica.

Note

1 Organizzazione meteorologica mondiale, WMO Statement on the State of the Global Climate in 2016 (Dichiarazione dell’OMM sullo stato del clima mondiale nel 2016), 2017.

2 Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici, Intergovernmental Panel on Climate Change’s Fifth Assessment Report (Quinta relazione di valutazione del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici), 2009.

3 Commissione europea, Energia pulita per tutti gli europei, COM(2016) 860 final del 30.11.2016.

4 Le analisi panoramiche «prendono in considerazione tematiche vaste, in base a quanto prodotto dalla Corte e alle conoscenze e all’esperienza accumulate nel tempo, e [servono] da base per la consultazione e il dialogo con gli interlocutori della Corte, nonché per il futuro lavoro di audit della Corte. Tali analisi consentono alla Corte di presentare osservazioni su questioni che di per sé non sono necessariamente oggetto di audit, ma che sono comunque rilevanti ai fini della rendicontabilità del settore pubblico e della missione di audit della Corte.».

5 Articolo 4 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

6 Articolo 2, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

7 Articolo 194 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

8 Articolo 192, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tali misure devono essere adottate per consenso in seno al Consiglio.

9 Articolo 191, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

10 Articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

11 Articolo 11 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

12 Articolo 3, paragrafo 2, e articolo 216 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

13 Consiglio dell’Unione europea, Preparazione della 21ª sessione della conferenza delle parti (COP 21) della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e dell’11ª sessione della riunione delle parti del protocollo di Kyoto (CMP 11), Parigi 2015, 2015; Commissione europea, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Dopo Parigi: valutazione delle implicazioni dell’accordo di Parigi a corredo della proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di Parigi adottato nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, COM(2016) 110 final, 2016.

14 Climate Analytics, Paris Agreement ratification tracker (Percorso di ratifica dell’accordo di Parigi).

15 Nel 2015, per esempio, l’UE ha partecipato a una coalizione di paesi sviluppati e in via di sviluppo favorevoli ad un ambizioso programma, da cui è scaturito l’accordo di Parigi. Cfr. inoltre Oberthür, S., Groen, L., Explaining goal achievement in international negotiations: the EU and the Paris Agreement on climate change (Illustrare il conseguimento degli obiettivi nei negoziati internazionali: l’Unione europea e l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici), Journal of European Public Policy, volume 24, pubblicato online, 22.2.2017.

16 Decisione del Consiglio, del 25 aprile 2002, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (2002/358/CE), 2002.

17 Nei propri contributi stabiliti a livello nazionale (NDC).

18 Nell’aggiornamento della relazione di sintesi su Aggregate effect of the intended nationally determined contributions (INDCs) (Effetto aggregato dei contributi previsti stabiliti a livello nazionale) pubblicato nell’aprile 2016 (FCCC/CP/2016/2), l’UNFCCC stima che, su scala mondiale, nel 2030 il livello aggregato delle emissioni di gas a effetto serra risultante dall’attuazione di questi INDC sarà del 36 % maggiore al livello considerato ammissibile per lo scenario di un aumento non superiore a 2°C.

19 L’accordo di Parigi non quantifica tale obiettivo. La cifra di 100 miliardi di USD è indicata nella decisione della ventunesima conferenza delle parti decisione (COP21) (FCCC/CP/2015/L9).

20 Commissione europea, Due volte 20 per il 2020: L’opportunità del cambiamento climatico per l’Europa (Pacchetto per il clima e l’energia 2020), COM(2008) 30 definitivo del 23.1.2008.

21 Commissione europea, Quadro per le politiche dell’energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030 (Quadro 2030 per il clima e l’energia), COM(2014) 15 final del 22.1.2014.

22 Nel quadro 2030 per il clima e l’energia è stato affermato che l’obiettivo di efficienza energetica per il 2030 sarà riesaminato entro il 2020, tenendo presente un obiettivo del 30 % (Conclusioni del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014, EUCO 169/14). Nel novembre 2016 la Commissione ha proposto per l’UE un obiettivo di efficienza energetica del 30 % per il 2030.

23 Commissione europea, Una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050, COM(2011) 112 final dell’8.3.2011. Il Consiglio europeo e il Parlamento europeo hanno approvato questo approccio proposto dalla Commissione, rispettivamente nel febbraio e nel marzo 2013.

24 23 % nel 2014 e 22 % nel 2015 (fonte: Agenzia europea dell’ambiente, Trends and projections in Europe 2016 – Tracking progress towards Europe’s climate and energy targets (Tendenze e proiezioni in Europa 2016 – I progressi verso gli obiettivi dell’Europa nel campo del clima e dell’energia), 1.12.2016).

25 Emissioni causate o prodotte da esseri umani.

26 Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell’Unione europea (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 13).

27 Unità utilizzata per confrontare il potenziale di riscaldamento mondiale derivante dalle emissioni di vari gas a effetto serra, prendendo come riferimento il potenziale di riscaldamento mondiale del CO2. Fonte: Approximated EU greenhouse gas inventory: proxy greenhouse gas estimates for 2015 (Inventario approssimativo dei gas a effetto serra nell’UE: stime teoriche dei gas a effetto serra per il 2015), relazione AEA n. 23/2016, 8.11.2016.

28 Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).

29 L’UE e l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia.

30 Altri strumenti, come una tassa diretta sulle emissioni di carbonio (carbon tax), mirano a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, ma hanno effetti e caratteristiche differenti. Secondo la Commissione, i vantaggi principali di tale sistema di limitazione e scambio, rispetto ad altri strumenti come una carbon tax diretta, sono i seguenti: esso garantisce una riduzione assoluta del volume delle emissioni; le aste forniscono ai governi un flusso di entrate supplementare; il sistema è più prevedibile dei sistemi fiscali nazionali; e inoltre offre un soddisfacente rapporto costi-efficacia.

31 Dal 2008, in caso di mancato rispetto di questa norma, è stata introdotta un’ammenda di 100 euro per tonnellata di emissioni in eccesso, oltre all’obbligo di porre rimedio alla carenza.

32 Il 2005 è stato scelto come anno di riferimento per i settori dell’ETS poiché rappresenta il primo anno per il quale sono disponibili dati comparabili relativi al monitoraggio, alla comunicazione e alla verifica per tutti gli impianti compresi nel sistema. Per tale motivo, questo riferimento è differente da quello utilizzato per gli altri obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra (anno 1990).

33 Questi settori sono stati individuati dall’UE tenendo conto dell’intensità degli scambi (ossia della loro esposizione alla concorrenza internazionale) nonché della percentuale che i costi delle emissioni di gas a effetto serra rappresentano nei processi produttivi.

34 Decisione 2011/278/UE della Commissione, del 27 aprile 2011, che stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 130 del 17.5.2011, pag. 1).

35 In conformità del regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione, del 12 novembre 2010, relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita all’asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 302 del 18.11.2010, pag. 1), il quale introduce un processo armonizzato per la vendita all’asta delle quote di emissioni.

36 Commissione europea, EU Climate Policy explained (Spieghiamo la politica dell’UE per il clima), 2015.

37 Commissione europea, valutazione d’impatto che accompagna la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050, COM(2011) 112 definitivo dell’8 marzo 2011.

38 Carbon pricing leadership coalition, Report of the High-Level Commission on carbon prices (relazione della commissione ad alto livello sui prezzi del carbonio della Coalizione per la guida dei prezzi del carbonio), 2017.

39 Agenzia europea dell’ambiente, Trends and projections in the EU ETS in 2016 (Tendenze e proiezioni nell’ETS dell’UE nel 2016), relazione AEA n. 24/2016, 17.10.2016, pag. 77.

40 Commissione europea, proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87/CE per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio, COM(2015) 337 final del 15.7.2015.

41 Agenzia europea dell’ambiente, Trends and projections in the EU ETS in 2016 – The EU Emissions Trading System in numbers (Tendenze e proiezioni nell’ETS dell’UE nel 2016 – Il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE in cifre), relazione AEA n. 24/2016.

42 Ciò riguarda 13 Stati membri, con un incremento che va dall’1 % del Portogallo al 20 % della Bulgaria.

43 Sito web della Commissione: https://ec.europa.eu/clima/policies/effort_it.

44 A differenza di quanto avviene per i settori compresi nell’ETS dell’UE, le cui emissioni sono regolamentate a livello di UE.

45 La relazione ha concluso che «[l]’ESD è ancora nelle prime fasi di attuazione. Ciò nondimeno, sembra chiaro dalle prove raccolte finora che gli obiettivi dell’ESD abbiano effettivamente incentivato politiche e misure nazionali nuove, promuovendo riduzioni efficaci delle emissioni GES nell’ambito ESD» (Commissione europea» (Commissione europea, relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione dell’attuazione della decisione n. 406/2009/CE a norma del suo articolo 14, COM(2016) 483 final del 20.7.2016).

46 Agenzia internazionale per l’energia, World Energy Outlook Special Report 2015: Energy and Climate Change (Relazione speciale 2015 sulla situazione energetica mondiale: energia e cambiamenti climatici), OCSE/IEA, 2015.

47 Agenzia internazionale per l’energia, 25 Energy Efficiency Policy recommendations (25 raccomandazioni per la politica sull’efficienza energetica), aggiornamento 2011.

48 Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica (GU L 315 del 14.11.2012).

49 Ciò significa che il consumo di energia primaria dell’UE nel 2020 dovrebbe essere inferiore del 20 % alla proiezione del consumo di energia primaria in uno scenario di condizioni normali. Per «consumo di energia primaria» si intende il consumo lordo interno, escludendo qualsiasi uso non energetico dei vettori energetici (per esempio il gas naturale utilizzato non per la combustione, ma per la produzione di sostanze chimiche).

50 Agenzia europea dell’ambiente, Trends and projections in Europe 2015 – Tracking progress towards Europe’s climate and energy targets (Tendenze e proiezioni in Europa 2015 – I progressi verso gli obiettivi dell’Europa nel campo del clima e dell’energia), relazione AEA n. 4/2015.

51 Commissione europea, proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, COM(2016) 761 final del 30.11.2016.

52 La produzione di elettricità e di calore è responsabile dell’87 % di tali emissioni. Il resto proviene soprattutto dalla raffinazione del petrolio e dalla fabbricazione di combustibili solidi.

53 Comprendono materiali organici, non-fossili, di origine biologica, che possono essere utilizzati come combustibili per la produzione di calore o la generazione di elettricità.

54 Rifiuti prodotti da nuclei familiari, industrie, ospedali e dal settore terziario, che contengono materiali biodegradabili inceneriti presso impianti specifici.

55 All’epoca, i paesi interessati erano Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Germania Occidentale.

56 Cfr. figura 10.

57 Il 43 % del carbone e degli altri combustibili solidi è importato, contro l’89 % del petrolio greggio e il 69 % del gas naturale (Fonte: Eurostat, Energy dependence (Dipendenza energetica), 2017).

58 Non solo per la generazione di elettricità e calore ma anche per i trasporti, l’industria e l’edilizia (Fonte: Eurostat, Energy dependence (Dipendenza energetica), 2017).

59 Un insieme di tecnologie miranti a catturare, trasportare e stoccare il CO2 emesso da centrali elettriche e impianti industriali. L’obiettivo del CCS è evitare che il CO2 raggiunga l’atmosfera, immagazzinandolo in idonee formazioni geologiche sotterranee.

60 Secondo la Commissione, «è essenziale per il prossimo decennio potenziare gli sforzi in attività di ricerca e sviluppo e di dimostrazione commerciale» (cfr. Commissione europea, Azione per il clima, Carbon Capture and Geological Storage (Cattura e stoccaggio geologico del carbonio)).

61 L’estrazione, la lavorazione e il trasporto del combustibile nucleare e lo smaltimento del combustibile usato determina la produzione di gas a effetto serra, ma in quantità di gran lunga inferiore rispetto alle centrali elettriche alimentate da combustibili fossili (Fonte: Nuclear Energy Institute, Life-Cycle Emissions Analyses (Analisi delle emissioni nel ciclo di vita)).

62 Commissione europea, Programma indicativo per il settore nucleare presentato a norma dell’articolo 40 del trattato Euratom – Final (previo parere del Comitato economico e sociale europeo), COM(2017) 237 final del 12.5.2017. Cfr. anche Commissione europea, Conclusions of the 10th European Nuclear Energy Forum (conclusioni del decimo Forum europeo sull’energia nucleare), Forum europeo sull’energia nucleare, 2015.

63 La relazione sottolinea che i dati non sono stati verificati dalla Commissione, che, per alcuni Stati membri, includono i costi di disattivazione e che i programmi degli Stati membri dovrebbero contenere informazioni supplementari su costi e ipotesi, «al fine di poter concludere che i dati comunicati sono esatti e completi». Commissione europea, relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sui progressi compiuti nell’attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio e su un inventario dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito presenti sul territorio comunitario e le prospettive per il futuro, COM(2017) 236 final del 15 maggio 2017.

64 Direttiva 2014/87/Euratom del Consiglio, dell’8 luglio 2014, che modifica la direttiva 2009/71/Euratom che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari (GU L 219 del 25.7.2014, pag. 42).

65 Direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio, del 19 luglio 2011, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (GU L 199 del 2.8.2011, pag. 48). Cfr. anche Commissione europea, relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sui progressi compiuti nell’attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio e su un inventario dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito presenti sul territorio comunitario e le prospettive per il futuro, COM(2017) 236 final del 15.5.2017.

66 La fusione produce energia fondendo atomi con bassa massa atomica come quelli dell’idrogeno a pressioni estremamente elevate e ad altissime temperature.

67 Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16).

68 Commissione europea, Quadro per le politiche dell’energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030, COM(2014) 15 final del 22 gennaio 2014 (Quadro 2030 per il clima e l’energia). Cfr. anche Commissione europea, proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, COM(2016) 767 final/2 del 23.2.2017.

69 Energy Transitions Commission, Better energy, greater prosperity, Achievable paths to low-carbon energy systems (Migliore energia, maggiore prosperità. Percorsi praticabili verso sistemi energetici a basse emissioni di carbonio), 2017.

70 Cfr. ad esempio Commissione europea, EU Reference Scenario 2016 – Energy, transport and GHG emissions, Trends to 2050 (Scenario di riferimento UE 2016: energia, trasporti ed emissioni di gas a effetto serra – tendenze al 2050), 2016: i costi attualizzati dell’energia rinnovabile tra il 2015 e il 2025 dovrebbero diminuire del 29 % per l’energia fotovoltaica, del 12 % per l’energia eolica terrestre e del 17 % per l’energia eolica off-shore. Cfr. anche IRENA, The Power to Change: Solar and Wind Cost Reduction Potential to 2025 (L’energia per cambiare: potenziale di riduzione dei costi dell’energia solare ed eolica fino al 2025), 2016: i costi di investimento dell’energia rinnovabile tra il 2015 e il 2025 potrebbero diminuire del 43-65 % per l’energia fotovoltaica industriale, del 26 % per l’energia eolica terrestre (on-shore)e del 35 % per l’energia eolica off-shore.

71 Commissione europea, Progressi verso il completamento del mercato interno dell’energia, COM(2014) 634 final del 13.10.2014.

72 Tali norme si basano sul modello di riferimento per l’elettricità e sul modello di riferimento per il gas, che definiscono come i mercati dovrebbero funzionare. Alcuni codici di rete sono ancora in via di elaborazione.

73 Direttiva 96/92/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU L 27 del 30.1.1997, pag. 20) e direttiva 98/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU L 204 del 21.7.1998, pag. 1).

74 Direttiva 2003/54/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica – Dichiarazioni riguardanti lo smantellamento di impianti e le attività di gestione dei rifiuti (GU L 176 del 15.7.2003, pag. 37) e direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU L 176 del 15.7.2003, pag. 57).

75 Queste misure impongono agli Stati membri, tra l’altro, di garantire che terzi possano accedere ai sistemi di trasporto e distribuzione, sulla base di tariffe che si applicherebbero a tutti i clienti idonei; di rispettare le norme dell’UE sulla concorrenza, evitando discriminazioni nei confronti di qualunque soggetto; e di istituire autorità di regolamentazione indipendenti responsabili di garantire una concorrenza efficace e un funzionamento efficiente del mercato.

76 Commissione europea, Inquiry into the European gas and electricity sectors (Indagine sui settori del gas e dell’elettricità in Europa), SEC(2006) 1724 FIN del 10.1.2007.

77 Regolamento (CE) n. 713/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (GU L 211 del 14.8.2009, pag. 1).

78 Nel febbraio 2011 il Consiglio europeo ha fissato l’obiettivo di completare il mercato interno dell’energia entro il 2014 e di sviluppare entro il 2015 interconnessioni tali da evitare che alcuni Stati membri rimanessero isolati dalla rete (Consiglio europeo, Conclusioni del Consiglio del 4 febbraio 2011).

79 Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 sul tema «Verso un nuovo assetto del mercato dell’energia», 2015/2322(INI); Commissione europea, Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici, COM(2015) 80 final del 25.2.2015.

80 Cfr. anche Commissione europea, Second Report on the State of the Energy Union (Seconda relazione sullo Stato dell’Unione dell’energia), 1.2.2017.

81 Commissione europea, Energia pulita per tutti gli europei, COM(2016) 860 final del 30.11.2016.

82 Cfr. Commissione europea, Strategia europea di sicurezza energetica, COM(2014) 330 final del 28.5.2014; Commissione europea, Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici, COM(2015) 80 final del 25.2.2015; Consiglio europeo, Risultati dei lavori della 3429a sessione del Consiglio «Trasporti, telecomunicazioni e energia», 14632/15, 26.11.2015; Consiglio europeo, Risultati dei lavori della 3472a sessione del Consiglio «Trasporti, telecomunicazioni e energia», del 7 giugno 2016, 9736/16; Parlamento europeo, risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 sul tema «Verso un nuovo assetto del mercato dell’energia», (2015/2322(INI)) 13.9.2016.

83 Regolamento (UE) n. 994/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, concernente misure volte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas (GU L 295 del 12.11.2010, pag. 1); Commissione europea, proposta di regolamento concernente misure volte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas, COM(2016)52/F1 del 16.2.2016; Commissione europea, proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla preparazione ai rischi nel settore dell’energia elettrica, COM(2016) 862 final del 30.11.2016.

84 Nel mercato del gas, non è stato fissato alcun obiettivo di interconnessione diretta. Il regolamento (UE) n. 994/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, (GU L 295 del 12.11.2010) concernente misure volte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas intende garantire la disponibilità di fornitori di gas alternativi in ogni mercato. Questa norma obbliga gli Stati membri che dipendono da un unico importante gasdotto, impianto di stoccaggio sotterraneo o altro tipo di infrastruttura essenziale a garantire che la domanda nei giorni estremamente freddi possa essere soddisfatta anche se le principali infrastrutture per l’importazione vengono meno.

85 Consiglio europeo, Conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002. Questo obiettivo comporta che ogni Stato membro disponga di cavi elettrici che consentano almeno al 10 % dell’energia elettrica prodotta dai loro impianti di essere trasportato attraverso le sue frontiere verso i paesi limitrofi.

86 Consiglio europeo, Conclusioni del Consiglio europeo 169/14 del 23 e 24 ottobre 2014.

87 Regolamento (UE) n. 347/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee (GU L 115 del 25.4.2013).

88 Commissione europea, Second Report on the State of the Energy Union (Seconda relazione sullo Stato dell’Unione dell’energia), 1.2.2017.

89 Per comparare i prezzi dell’energia si usano i prezzi all’ingrosso che, a differenza dei prezzi al dettaglio, non contengono tasse, altri oneri e sconti.

90 Commissione europea, Impact Assessment, (Valutazione d’impatto) SWD(2016) 410 final del 30.11.2016.

91 Tale quadro non include la proposta di quadro per le politiche dell’energia e del clima dell’UE da realizzare entro il 2030

92 Il 5 aprile 2017, l’Unione delle industrie elettriche, EURELECTRIC, ha annunciato l’intenzione di non investire più in nuove centrali elettriche a carbone dopo il 2020. Le associazioni polacca e greca che fanno parte di tale Unione si sono però dissociate da questa dichiarazione.

93 Can Oxford save the world (Oxford può salvare il mondo), Oxford Today, volume 29 n. 2, Roger Highfield, 2017.

94 Commissione europea, valutazione d’impatto della Commissione, SWD(2016) 410 final del 30.11.2016; Capgemini, European Energy Markets Observatory – 18th Edition (Osservatorio europeo dei mercati dell’energia, diciottesima edizione), 2016.

95 Commissione europea, Evaluation Report covering the Evaluation of the EU’s regulatory framework for electricity market design and consumer protection in the fields of electricity and gas – Evaluation of the EU rules on measures to safeguard security of electricity supply and infrastructure investment (Directive 2005/89) (Relazione di valutazione sulla valutazione del quadro normativo dell’UE per l’assetto del mercato elettrico e la protezione dei consumatori nei settori dell’elettricità e del gas – Valutazione delle norme UE sulle misure per la salvaguardia della sicurezza dell’approvvigionamento dell’elettricità e degli investimenti nelle infrastrutture (direttiva 2005/89)), SWD(2016) 412 final del 30.11.2016. Per affrontare questo problema, la Commissione ha presentato proposte relative all’assetto del mercato.

96 Eccezion fatta per i piccoli impianti e per alcuni casi eccezionali che gli Stati membri devono giustificare.

97 La capacità di stoccaggio dell’UE proviene quasi esclusivamente dall’energia idroelettrica ottenuta mediante pompaggio, principalmente nelle zone montuose. Altre forme di stoccaggio vengono utilizzate in misura minima oppure si trovano ancora nelle prime fasi di sviluppo (cfr. Inline, Energy storage technologies – will they be able to flourish within current regulatory frameworks? (Tecnologie per lo stoccaggio dell’energia: potranno svilupparsi nell’attuale quadro normativo?), 3.8.2016).

98 La gestione della domanda consiste nella riduzione dei consumi nei periodi in cui l’approvvigionamento è scarso. Attualmente, però, ben pochi clienti individuali di energia elettrica sono in grado di reagire in tempo reale alle variazioni di prezzo e di ridurre i consumi nelle ore di picco quando i prezzi sono elevati (cfr. Commissione europea, relazione finale sull’indagine settoriale sui meccanismi di regolazione della capacità, COM(2016) 752 final del 30.11.2016).

99 Nel novembre 2016 la Commissione ha proposto le caratteristiche di un meccanismo di regolazione della capacità ideale, concepito per evitare le distorsioni della concorrenza. Commissione europea, Relazione finale sull’indagine settoriale sui meccanismi di regolazione della capacità, COM(2016) 752 final del 30.11.2016.

100 Eurelectric, European electricity sector gears up for the energy transition (Il settore europeo dell’elettricità si prepara alla transizione energetica), 5.4.2017.

101 Commissione europea, Second Report on the State of the Energy Union (Seconda relazione sullo Stato dell’Unione dell’energia), 1.2.2017.

102 Commissione europea, Energia pulita per tutti gli europei, COM(2016) 860 final del 30.11.2016.

103 Commissione europea, proposta di direttiva relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, COM(2016) 864 final/2 del 23.2.2017.

104 Gli aspetti normativi dello stoccaggio dell’elettricità non sono stati finora affrontati a livello dell’UE. Attualmente lo stoccaggio deve affrontare problemi tecnologici e normativi (cfr. Commissione europea, Energy storage – the role of electricity (Lo stoccaggio dell’energia – il ruolo dell’elettricità), SWD(2017) 61 final del 1.2.2017).

105 Commissione europea, proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla governance dell’Unione dell’energia, COM(2016) 759 final del 30.11.2016.

106 Soprattutto mediante la direttiva sull’efficienza energetica (direttiva 2012/27/UE del 25.10.2012); cfr. anche, per maggiori dettagli, Ademe, Energy Efficiency Trends and Policies in Industry (Tendenze e politiche di efficienza energetica nell’industria), settembre 2015.

107 Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).

108 Articolo 8 della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).

109 Nel Regno Unito, per esempio, nove impianti a carbone hanno volontariamente deciso di rinunciare ad applicare la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (GU L 309 del 27.11.2001), anticipando di fatto in tal modo la chiusura.

110 Il potenziale di riscaldamento globale è una misura relativa della quantità di calore che una tonnellata di uno specifico gas a effetto serra intrappola nell’atmosfera rispetto alla quantità di calore intrappolata da una massa analoga di biossido di carbonio.

111 Commissione europea, Putting energy efficiency first: consuming better, getting cleaner (L’efficienza energetica al primo posto: consumi migliori, un ambiente più pulito), 30.11.2016.

112 Commissione europea, proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia, COM(2016) 765 final, 30.11.2016.

113 Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 13).

114 Direttiva sull’efficienza energetica (Direttiva 2012/27/UE, GU L 315 del 25.10.2012); il 3 % della superficie coperta utile degli edifici pubblici occupati dal governo centrale dovrebbe essere ristrutturato ogni anno a partire dal 2014.

115 Commissione europea, revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, COM(2016) 765 final del 30.11.2016. Tratta tra l’altro argomenti come gli obiettivi di ristrutturazione, gli attestati di prestazione energetica, le ispezioni, il monitoraggio e il controllo dell’uso dell’energia, nonché la presenza di punti di ricarica elettrica.

116 Per esempio apparecchiature da cucina, frigoriferi, aspirapolveri, lavatrici, apparecchiature elettroniche.

117 Mediante la procedura di comitatologia, ossia con l’assistenza di comitati di rappresentanti dei paesi dell’UE.

118 Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 21.10.2009, pag. 10).

119 Direttiva 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all’energia, mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 1). La Commissione ha proposto una modifica di questa direttiva (proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’etichettatura dell’efficienza energetica e abroga la direttiva 2010/30/UE, COM(2015) 341 final del 15.7.2015).

120 Commissione europea, relazione concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all’energia, mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti, COM(2015) 345 final del 15.7.2015.

121 Questo dato non comprende il consumo di elettricità da parte di veicoli, come per esempio i treni, poiché le emissioni connesse alla produzione di energia elettrica sono considerate nel settore «approvvigionamento energetico».

122 Direttiva 1999/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove (GU L 12 del 18.1.2000, pag. 16).

123 Regolamenti (UE) n. 333/2014 (GU L 103 del 5.4.2014, pag. 15) e (UE) n. 253/2014 (GU L 84 del 20.3.2014, pag. 38).

124 Il Consiglio internazionale per i Trasporti Puliti (ICCT) ha stimato al 35 % il divario tra le emissioni misurate e quelle effettive (ICCT, Quantifying the impact of real-world driving on total CO2 emissions from UK cars and vans (Quantificazione dell’impatto delle condizioni reali di guida sulle emissioni totali di CO2 di autovetture e furgoni nel Regno Unito, settembre 2015). Questo divario è dovuto, per esempio, al fatto che i test eseguiti in laboratorio non sono rappresentativi delle reali condizioni di guida (per esempio, non sono inclusi gli optional), nonché alla sopravvalutazione dei vantaggi delle nuove tecnologie. Inoltre i costruttori automobilistici possono sfruttare una serie di tolleranze e flessibilità. Questa situazione è stata oggetto di particolare attenzione da parte dei media e del mondo politico nel 2015, allorché è emerso che un importante costruttore automobilistico dell’UE utilizzava da anni un software che manipolava le prestazioni delle proprie autovetture in relazione alle emissioni (cfr., per esempio, Agenzia europea dell’ambiente, Air quality in Europe – 2016 report (Qualità dell’aria in Europa – relazione 2016), 2016, e la commissione d’inchiesta «Dieselgate» del Parlamento europeo). Il dibattito ha riguardato essenzialmente le emissioni di ossido di azoto (NOx) e di altri gas particolarmente nocivi per la salute umana, e non il CO2. Le due questioni sono però collegate, nel senso che le procedure per la misurazione delle emissioni prodotte dalle autovetture sottostimano sia le emissioni di CO2 sia quelle di NOx. Nel 2016 la Commissione ha proposto di rendere più rigorosa la legislazione (Commissione europea, proposta di regolamento relativo all’omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli, COM(2016) 31 final del 27.1.2016). Tra il dicembre 2016 e il maggio 2017 la Commissione ha avviato procedure di infrazione nei confronti di otto Stati membri.

125 Una nuova procedura di test armonizzata a livello mondiale per i veicoli leggeri (World Harmonised Light Vehicle Test Procedure – WLTP) che permetterà una misurazione più accurata e realistica dei valori del biossido di carbonio e del consumo di carburante verrà applicata in tutto il mondo.

126 Autocarri, trattori stradali, autocorriere, autobus e filobus, veicoli speciali (Fonte: Eurostat).

127 Commissione europea, strategia per la riduzione del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti, COM(2014) 285 final del 21.5.2014.

128 È più difficile monitorare e certificare le emissioni degli autoveicoli pesanti che quelle delle autovetture. La grande varietà di modelli e la loro elevata personalizzazione rendono impossibile effettuare prove su tutti i modelli. È perciò necessario simulare le emissioni degli autocarri. A tale scopo la Commissione ha elaborato uno strumento informatico (VECTO) per il calcolo delle emissioni di CO2 prodotte dai veicoli nuovi.

129 Commissione europea, Azione per il clima, Reducing CO2 emissions from Heavy-Duty Vehicles (Ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli pesanti).

130 Commissione europea, proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il monitoraggio e la comunicazione dei dati relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi, COM(2017) 279.

131 L’UE e l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia.

132 Commissione europea, Azione per il clima, Reducing emissions from aviation (Ridurre le emissioni dell’aviazione).

133 Quelle che emettono più di 10 000 tonnellate di CO2e all’anno.

134 Riduzioni certificate delle emissioni (CER) e unità di riduzione delle emissioni (ERU). Cfr. UNFCCC, International Emissions Trading, United Nations Framework Convention on Climate Change (Scambio internazionale di quote di emissioni, Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici).

135 Il 2,94 % delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE.

136 Organizzazione marittima internazionale, Third IMO Greenhouse Gas Study 2014 (Terzo studio dell’IMO sui gas a effetto serra – 2014).

137 Commissione europea, Integrazione delle emissioni del trasporto marittimo nelle politiche di riduzione dei gas a effetto serra dell’UE, COM(2013) 479 final del 28.6.2013.

138 Regolamento (UE) 2015/757 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 55).

139 A differenza del sistema dell’UE, il sistema mondiale si applica soltanto alle navi più grandi (10 000 tonnellate di stazza lorda) e i dati saranno raccolti in forma anonima.

140 Per esempio tasse, autorizzazioni amministrative e contingenti. Cfr. direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri (GU L 368 del 17.12.1992, pag. 38).

141 Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che istituisce il meccanismo per collegare l’Europa (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 129).

142 In calo rispetto al 77 % del 2009. Cfr. Eurostat, Freight transport statistics – modal split (Statistiche sul trasporto merci – ripartizione tra i diversi modi di trasporto).

143 Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16).

144 Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (GU L 307 del 28.10.2014, pag. 1).

145 Soprattutto il bioetanolo (prodotto a partire da colture zuccherine e cerealicole) utilizzato per sostituire il petrolio e il biodiesel (prodotto soprattutto a partire da oli vegetali) utilizzato per sostituire il diesel.

146 Il resto è costituito da elettricità (Eurostat, Shares (Renewables), 2017).

147 Wandesforde-Smith, G., Kurdusiewicz, I., Bursting the Biofuel Bubble: Comparative Dynamics of Transitions to Freedom from Oil (Lo scoppio della bolla dei biocarburanti: dinamiche comparate della transizione verso l’indipendenza dal petrolio), SSRN, marzo 2008, riveduto nel marzo 2015; World Energy Council, Biofuels: Policies, Standards and Technologies (Biocarburanti: politiche, standard e tecnologie), 2010.

148 Commissione europea, Study on Technical Assistance in Realisation of the 2016 Report on Renewable Energy, in preparation of the Renewable Energy package for the Period 2020-2030 in the European Union (Studio sull’assistenza tecnica nella realizzazione della relazione 2016 sulle energie rinnovabili, in preparazione del pacchetto sulle energie rinnovabili per il periodo 2020-2030 dell’Unione europea), ENER/C1/2014-688, 22.2.2017.

149 Nel 2015 la direttiva ILUC ha limitato al 7 % la percentuale di biocarburanti ottenuti da colture prodotte su terreni agricoli che può essere conteggiata ai fini del raggiungimento degli obiettivi di energie rinnovabili per il 2020 (direttiva (UE) 2015/1513 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che modifica la direttiva 98/70/CE, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel, e la direttiva 2009/28/CE, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 239 del 15.9.2015, pagg. 1-29)). Nel 2017 la Commissione ha proposto di abbassare questo limite dal 7 % al 3,8 % entro il 2030 (Commissione europea, proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, COM(2016) 767 final/2 del 23.2.2017).

150 Commissione europea, State of the Art on Alternative Fuels Transport Systems in the European Union (Stato dell’arte sui sistemi di trasporto alimentati da combustibili alternativi nell’Unione europea), luglio 2015.

151 Centro comune di ricerca della Commissione europea, An economic assessment of greenhouse gas mitigation policy options for EU agriculture (Valutazione economica delle opzioni delle politiche di mitigazione dei gas a effetto serra per l’agricoltura dell’UE), 2016.

152 Parlamento europeo, The Consequences of Climate Change for EU agriculture, Follow-up to the COP21 – UN Paris Climate Change Conference (Le conseguenze dei cambiamenti climatici per l’agricoltura dell’UE; follow-up della COP21 – conferenza di Parigi delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), studio della commissione AGRI 2017. Il potenziale di riscaldamento mondiale su un arco di tempo di 100 anni (GWP 100) del CO2 è pari a 1; il valore GWP 100 del metano è 21 e per l’ossido di azoto è 310. Sulla base dei dati dell’UNFCCC.

153 La condizionalità si basa su due serie di norme principali. I criteri di gestione obbligatori sono requisiti selezionati dalle direttive e dai regolamenti esistenti in materia di ambiente, sicurezza alimentare, salute delle piante e salute e benessere degli animali. Le buone condizioni agronomiche e ambientali sono norme aggiuntive applicabili solo ai beneficiari dei pagamenti PAC. Impongono pratiche sostenibili relative ai terreni agricoli e riguardano la protezione delle risorse idriche, del suolo e dello stock di carbonio, nonché il mantenimento dei terreni e degli elementi caratteristici del paesaggio.

154 I «pagamenti di inverdimento» compensano gli agricoltori per tre pratiche vantaggiose per l’ambiente e i cambiamenti climatici:

  • le aree di interesse ecologico sul 5 % del terreno coltivabile, per salvaguardare e migliorare la biodiversità nelle aziende agricole;
  • la diversificazione delle colture, con vantaggi per la qualità del suolo;
  • il mantenimento di prati permanenti, con i relativi benefici ambientali, in particolare il sequestro del carbonio, e la protezione di prati sensibili dal punto di vista ambientale (Commissione europea, Review of greening after one year (Revisione dell’inverdimento dopo un anno), 2016).

155 Cfr. OCSE, Cost-effectiveness of greenhouse gas mitigation measures for agriculture: a literature review (Rapporto costi-efficacia delle misure di mitigazione dei gas a effetto serra nell’agricoltura: rassegna della letteratura), OECD Food, Agriculture and Fisheries Papers, 1.8.2015; JRC, An economic assessment of GHG mitigation policy options for EU agriculture (Valutazione economica delle opzioni delle politiche di mitigazione dei GES per l’agricoltura dell’UE), EcAMPA 1, 2015; JRC, An economic assessment of GHG mitigation policy options for EU agriculture (Valutazione economica delle opzioni delle politiche di mitigazione dei GES per l’agricoltura dell’UE), EcAMPA 2, 2016.

156 Parlamento europeo, The Consequences of Climate Change for EU agriculture, Follow-up to the COP21 – UN Paris Climate Change Conference (Le conseguenze dei cambiamenti climatici per l’agricoltura dell’UE; follow-up della COP21 – conferenza di Parigi delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), studio della commissione AGRI 2017, pag. 10.

157 Commissione europea, Impact assessment accompanying the document proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on binding annual greenhouse gas emission reductions by Member States from 2021 to 2030 for a resilient Energy Union and to meet commitments under the Paris Agreement and amending Regulation No 525/2013 of the European Parliament and the Council on a mechanism for monitoring and reporting greenhouse gas emissions and other information relevant to climate change (Valutazione d’impatto che accompagna il documento Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 per un’Unione dell’energia resiliente e per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici), SWD(2016) 247 final del 20.7.2016, pag. 22.

158 Decisione n. 529/2013/UE sulle norme di contabilizzazione relative alle emissioni e agli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti da attività di uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura e sulle informazioni relative alle azioni connesse a tali attività (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 80).

159 Commissione europea, proposta di regolamento relativo all’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l’energia, COM(2016) 479 final del 20.7.2016.

160 La quantità massima proposta per l’UE è di 280 milioni di tonnellate di CO2 equivalente per il periodo 2020-2030, con limiti fissati per ciascuno Stato membro (i massimali nazionali si basano sul peso del settore agricolo in ognuno di questi Stati membri).

161 Commissione europea, Impact assessment accompanying the document proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on binding annual greenhouse gas emission reductions by Member States from 2021 to 2030 for a resilient Energy Union and to meet commitments under the Paris Agreement and amending Regulation No 525/2013 of the European Parliament and the Council on a mechanism for monitoring and reporting greenhouse gas emissions and other information relevant to climate change (Valutazione d’impatto che accompagna il documento Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 per un’Unione dell’energia resiliente e per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici), SWD(2016) 247 final del 20.7.2016, pag. 73.

162 Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1) e direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull’incenerimento dei rifiuti (GU L 332 del 28.12.2000).

163 Ademe, Recycling in France: Results of the environmental assessment (Il riciclaggio in Francia: risultati della valutazione ambientale), maggio 2017.

164 Commissione europea, L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare, COM(2015) 614 final del 2.12.2015; Commissione europea, prima relazione sull’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare, COM(2017) 33 final del 26.1.2017.

165 Climate Change 2014: Synthesis Report. Contribution of Working Groups I, II and III to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change (Contributo dei gruppi di lavoro I, II e III alla quinta relazione di valutazione del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici), IPCC, 2014.

166 Centro comune di ricerca della Commissione europea, Climate Impacts in Europe (Impatti climatici in Europa), progetto PESETA II del JRC, 2014. Dati tratti da Dosio e Paruolo 2011 e Dosio et al 2012.

167 Dosio, A., Paruolo, P. (2011). Correzione della sovraponderazione nelle proiezioni ad alta risoluzione ENSEMBLES sui cambiamenti climatici per l’uso da parte dei modelli di impatto: valutazione sul clima attuale. Journal of Geophysical Research D: Atmospheres, 116(16), DOI: 10.1029/2011JD015934. Dosio, A., Paruolo, P., & Rojas, R. (2012). Correzione della sovraponderazione nelle proiezioni ad alta risoluzione ENSEMBLES sul cambiamento climatico per l’uso da parte dei modelli di impatto: analisi del segnale di cambiamento climatico. Journal of Geophysical Research D: Atmospheres, 117(17), DOI: 10.1029/2012JD017968.

168 Munich RE NatCatSERVICE.

169 I costi di una tempesta di gravità secolare potrebbero raddoppiare entro il 2080 (Fonte: Commissione europea, The climate change challenge for European regions (La sfida dei cambiamenti climatici per le regioni europee), marzo 2009).

170 P. Zdruli, Land resources of the Mediterranean: Status, pressures, trends and impacts on future regional development (Risorse territoriali del Mediterraneo: status, pressioni, tendenze e impatti sul futuro sviluppo regionale), International Centre for Advanced Mediterranean Agronomic Studies, 2012; e Zdruli, P., Land resources of the Mediterranean: status, pressures, trends and impacts on future regional development (Risorse territoriali del Mediterraneo: status, pressioni, tendenze e impatti sul futuro sviluppo regionale), Land Degradation & Development 25.4 (2014): 373-384.

171 Bulgaria, Cipro, Grecia, Spagna, Ungheria, Italia, Lettonia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna hanno dichiarato di essere colpite da desertificazione ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione nei paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione (UNCCD) (Fonte: Commissione europea, relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Attuazione della strategia tematica per la protezione del suolo e attività in corso, COM(2012) 46 final del 13.2.2012).

172 Agenzia europea dell’ambiente, Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2016 (Cambiamenti climatici, impatti e vulnerabilità in Europa 2016), 2017.

173 Per esempio, tra il 1980 e il 2013, le perdite provocate da eventi climatici estremi in tutta l’UE sono state stimate a 368 miliardi di euro. Agenzia europea dell’ambiente, Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2016 (Cambiamenti climatici, impatti e vulnerabilità in Europa 2016), 2017. L’AEA ha utilizzato l’intera serie di dati Munich RE, una delle banche dati più complete in materia di calamità naturali.

174 Centro comune di ricerca della Commissione europea, Peseta II project, il progetto PESETA II del JRC, 2014.

175 Per esempio, effetti sulla salute dei pesci, cfr. Marcogliese, D.J., The impact of climate change on the parasites and infectious diseases of aquatic animals (L’impatto dei cambiamenti climatici sui parassiti e le malattie infettive degli animali acquatici), 2008; Wilcox, C., Changing Oceans Breed Disease (I mutamenti degli oceani alimentano malattie), 1.7.2016. L’aumento della temperatura e le modifiche nella composizione delle acque possono anche provocare migrazioni di specie ittiche.

176 La Commissione ha segnalato una crescita della domanda di posti di lavoro verdi: si prevede che, entro il 2020, due milioni di persone saranno impiegati nel settore dell’efficienza energetica e tre milioni in quello delle energie rinnovabili. Cfr. il documento di lavoro dei servizi della Commissione «Exploiting the employment potential of green growth» (Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dalla crescita verde) del 18 aprile 2012.

177 Agenzia europea dell’ambiente, Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2016 (Cambiamenti climatici, impatti e vulnerabilità in Europa 2016), 2017. Commissione europea, Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, COM(2013)216 final del 16.4.2013.

178 Kelley, C. et al., Climate change in the Fertile Crescent and implications of the recent Syrian drought (Cambiamenti climatici nella mezzaluna fertile e conseguenze della recente siccità in Siria), 2015; Gleick, P.H., Water, Drought, Climate Change, and Conflict in Syria (Acqua, siccità, cambiamenti climatici e conflitto in Siria), 2014; Voski, A., The Role of Climate Change in Armed Conflicts across the Developing World and in the Ongoing Syrian War (Il ruolo dei cambiamenti climatici nei conflitti armati nel mondo in via di sviluppo e nell’attuale guerra in Siria), 2016. Cfr. anche la ECC Platform library on the role of climate change in the civil war (ECC Platform library sul ruolo dei cambiamenti climatici nella guerra civile).

179 Richard Youngs, Climate Change and EU Security Policy: An Unmet Challenge (Cambiamenti climatici e politica di sicurezza dell’UE: una sfida non raccolta), Carnegie Europe, 21.5.2014.

180 Commissione europea, Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, COM(2013)216 final del 16.4.2013.

181 Commissione europea, Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, COM(2013)216 final del 16.4.2013, pag. 6.

182 Croazia, Cipro, Bulgaria, Ungheria, Lettonia e Lussemburgo non hanno presentato strategie nazionali di adattamento (sito di Climate-ADAPT).

183 Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1).

184 Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (GU L 288 del 6.11.2007, pag. 27).

185 Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).

186 Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7).

187 Commissione europea, Una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050, COM(2011) 112 final dell’8.3.2011; Rockström, J. Gaffney, O., Rogelj, J. et. al., A roadmap for rapid decarbonisation (Tabella di marcia per una rapida decarbonizzazione), Science, volume 355 numero 6331, 24.3.2017.

188 Innovazione e ricerca sono finanziate anche nell’ambito dei Fondi strutturali e d’investimento europei o del programma NER 300 per le dimostrazioni su scala commerciale di tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) sicure per l’ambiente e di energie rinnovabili innovative. La sigla NER 300 si riferisce ai 300 milioni di quote di emissioni previste dalla «Riserva nuovi entranti» dell’ETS che finanzia questo programma. La Commissione ha proposto di prorogare questo programma per la fase 4 dell’ETS (cfr. paragrafo 34).

189 I24C e Cap Gemini, Scaling Up Innovation in the Energy Union (Introduzione progressiva dell’innovazione nell’Unione dell’energia), 2016, citato in Commissione europea, comunicazione dal titolo «Nuovo slancio all’innovazione nel settore dell’energia pulita», COM(2016) 763 final del 30.11.2016; Commissione europea, Verso un piano strategico integrato per le tecnologie energetiche (piano SET): accelerare la trasformazione del sistema energetico europeo (C/2015/6317) del 15.9.2015.

190 I24C, Scaling up innovation in the Energy Union (Introduzione progressiva dell’innovazione nell’Unione dell’energia), 2016, pag. 14.

191 Commissione europea, comunicazione dal titolo «Nuovo slancio all’innovazione nel settore dell’energia pulita», COM(2016) 763 del 30.11.2016, 2016.

192 Commissione europea, Impact assessment accompanying the document «Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council amending Directive 2012/27/EU on Energy Efficiency» (Valutazione d’impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica), SWD(2016) 405 final/2 del 6.12.2016, tabella 22 (Scenario EUCO30 – Fonte: modello Primes).

193 Ciscar, M. et al., Climate Impacts in Europe. The JRC PESETA II Project (Impatti climatici in Europa. Progetto PESETA II del JRC), 2014.

194 Un modello impiegato dall’OCSE mostra che se aziende e nuclei familiari fossero del tutto incapaci di adattarsi ai cambiamenti climatici, i costi connessi a questi ultimi potrebbero raddoppiare (OCSE The Economic Consequences of Climate Change (Le conseguenze economiche dei cambiamenti climatici), 3.11.2015).

195 Commissione europea, Attuazione dell’accordo di Parigi – Progressi dell’UE verso il raggiungimento dell’obiettivo minimo -40 %, COM(2016) 70 final dell’8.11.2016.

196 Per esempio, Natural capital financial facility (NCFF), LIFE for energy efficiency (NCFF e PF4E) o Green for Growth fund (GFG).

197 Il piano del Fondo europeo per gli investimenti strategici (EFSI) si proponeva di mobilitare investimenti totali per 315 miliardi di euro tra il 2015 e il 2017. È stato prorogato nell’ambito dell’EFSI 2.0, per mobilitare 500 miliardi di euro nel 2015-2020. Cfr. Commissione europea, Potenziare gli investimenti per la crescita e l’occupazione: verso la seconda fase del Fondo europeo per gli investimenti strategici e verso il piano europeo per gli investimenti esterni, COM(2016) 581 final del 14.9.2016; Attuazione dell’accordo di Parigi – Progressi dell’UE verso il raggiungimento dell’obiettivo minimo -40 %, COM(2016) 707 final dell’8.11.2016.

198 L’industria e le autorità europee hanno varato numerosi partenariati pubblico-privati, come quello su Industrie di trasformazione sostenibili attraverso l’uso efficiente delle risorse e dell’energia (Commissione europea, Ricerca & innovazione).

199 Cfr., ad esempio, A.T. Kearney, Adapting to the Inevitable (Adattarsi all’inevitabile), A.T. Kearney’s foresight series, Thinkforward, 2013; Pauw, W. P. et al., Private finance for adaptation: do private realities meet public ambitions? (Finanziamenti privati per l’adattamento: le realtà private corrispondono alle ambizioni pubbliche?), 2014.

200 Commissione europea, pacchetto «Legiferare meglio», 2016.

201 Per maggiori dettagli sulle valutazioni d’impatto, cfr. il glossario o il sito della Commissione (Commissione, Legiferare meglio, Orientamenti sulle valutazioni d’impatto).

202 Cfr. il sito della Commissione per un elenco esaustivo di tutte le valutazioni d’impatto (Commissione, Valutazioni d’impatto).

203 I servizi climatici offrono dati a sostegno della mitigazione, dell’adattamento e della gestione dei rischi di calamità. Copernicus, precedentemente conosciuto come Global Monitoring for Environment and Security, costituisce un elemento fondamentale di questi servizi ed è il programma europeo per l’osservazione della Terra. Raccoglie dati forniti da satelliti di osservazione della Terra e sensori in loco. Tra le sei aree tematiche di Copernicus figurano i cambiamenti climatici. Il portale Climate-Adapt coadiuva l’Europa nell’adattamento ai cambiamenti climatici raccogliendo e distribuendo informazioni tratte da progetti di ricerca, casi di studio e migliori pratiche.

204 La Commissione ha riconosciuto tali limiti, cfr. per esempio Commissione europea, Una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050, SEC(2011) 288 dell’8.3.2011, 2011 e Commissione europea, Scenario di riferimento UE 2016, 2016.

205 Per esempio i modelli macroeconomici o di equilibrio generale, utilizzati per valutare le conseguenze economiche delle politiche, costruiscono modelli degli effetti sul reddito di un nucleo familiare rappresentativo. Per analizzare gli effetti distributivi tra gruppi di reddito di nuclei familiari, sono necessari ulteriori modelli di dati ed estensioni dei modelli.

206 I cambiamenti climatici, per esempio, incidono sulle risorse idriche in varie forme e, di conseguenza, anche sulla disponibilità di acqua per la produzione di energia idroelettrica; il riscaldamento globale influisce sulla domanda di riscaldamento e condizionamento dell’aria.

207 INTOSAI, Dichiarazione di Lima sui princìpi fondamentali dell’audit pubblico, adottata dall’Organizzazione internazionale delle istituzioni superiori di controllo, 1977.

208 L’INTOSAI è l’organizzazione internazionale delle istituzioni superiori di controllo.

209 L’EUROSAI è l’organizzazione europea delle istituzioni superiori di controllo.

210 Per esempio gli orientamenti del 2010 INTOSAI WGEA Auditing the Government Response to Climate Change: Guidance for Supreme Audit Institutions (Audit sulle risposte governative ai cambiamenti climatici: orientamenti per le istituzioni superiori di controllo), 2010, o EUROSAI WGEA – Cooperative audit: Adaptation to Climate Change – are Government prepared? (EUROSAI WGEA – Audit cooperativo: adattamento ai cambiamenti climatici: i governi sono pronti?), 2012. Orientamenti e relazioni sono reperibili sui siti INTOSAI WGEA e EUROSAI WGEA.

211 La Corte ha esaminato anche relazioni di audit pubblicate prima del 2012 laddove queste trattavano specifiche sfide in materia di energia e clima assenti o scarsamente presenti nel campione della Corte. Ha esaminato inoltre le relazioni prodotte da alcuni uffici pubblici regionali di audit. Queste relazioni non sono però state incluse nelle statistiche della Corte, che dovrebbero rispecchiare l’attività complessiva delle sole ISC nazionali dell’UE e unicamente per il periodo dal gennaio 2012 al marzo 2017.

212 Relazione speciale n. 16/2015 Migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico mediante lo sviluppo del mercato interno dell’energia: occorre un impegno maggiore, Corte, 2015.

213 Per esempio, diversi meccanismi di compravendita; interventi statali; sviluppo e attuazione dei codici di rete; e livello di integrità e trasparenza del mercato.

214 Price regulation and its control by the Bulgarian Energy Regulator’s on electricity, water and gas for the period 2007-2013, Сметна палата на Република България, Bulgaria, 2013.

215 The opening of the electricity market to competition: A non-completed construction, Cour des Comptes, Francia, 2015.

216 Lituania, Polonia, Lettonia, Danimarca, Estonia, Svezia, Finlandia e Germania.

217 The functioning and safety of the electricity grid, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2014.

218 Measures for the implementation of the energy transition by the Federal Ministry of Economic Affairs and Energy, Bundesrechnungshof, Germania, 2016.

219 Energie rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica nell’ambito della politica di coesione socio-economica dell’Unione Europea, Corte dei Conti, Italia, 2012.

220 Development and use of the renewable energy sources of electricity, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2012.

221 In Polonia le disposizioni pertinenti sono state adottate nel 2015.

222 Conditions for secure power transmission – Governance of Svenska Kraftnät in implementing the energy transition, Riksrevisionen, Svezia, 2016.

223 Relazione speciale n. 6/2014 Il sostegno dei fondi della politica di coesione alla produzione di energia da fonti rinnovabili ha ottenuto buoni risultati?, Corte, 2014.

224 Performance audit on electrical energy market in the period 2010-2014, Curtea de Conturi, Romania, 2015.

225 Measures for the implementation of the energy transition by the Federal Ministry of Economic Affairs and Energy, Bundesrechnungshof, Germania, 2016.

226 Finances earmarked for the support of energy production from renewable energy, Nejvyšší kontrolní úřad, Repubblica ceca, 2014.

227 Renewable energy sources, Ελεγκτική Υπηρεσία της Δημοκρατίας της Κύπρου, Cipro, 2016.

228 Report on the amendment of the legislation concerning the support for photovoltaics, Rigsrevisionen, Danimarca, 2014.

229 Early contracts for renewable electricity, National Audit Office, Regno Unito, 2014.

230 Measures for the implementation of the energy transition by the Federal Ministry of Economic Affairs and Energy, Bundesrechnungshof, Germania, 2016.

231 Ad esempio, Finances earmarked for the support of energy production from renewable energy, Nejvyšší kontrolní úřad, Repubblica ceca, 2014; relazione speciale n. 6/2014 Il sostegno dei fondi della politica di coesione alla produzione di energia da fonti rinnovabili ha ottenuto buoni risultati?, Corte dei conti europea, 2014.

232 Audit on the energy efficiency program in public administration, Tribunal de Contas, Portogallo, 2013.

233 Auditing energy savings in public administration, Najvyšší Kontrolný úrad, Slovacchia, 2015.

234 State budget funds provided for support of energy savings, Nejvyšší kontrolní úřad, Repubblica ceca, 2015

235 Energy savings in public institutions, Rigsrevisionen, Danimarca, 2015.

236 E.g. L’audit sul risparmio energetico nell’amministrazione pubblica, Najvyšší Kontrolný úrad, Slovacchia, 2015 Progetti sull’efficienza energetica del parco immobiliare e degli edifici residenziali in Bulgaria dal 2012 al 2015, Сметна палата на Република България, Bulgaria, 2015; Audit sulle prestazioni dei fondi pubblici per la riqualificazione termica degli edifici a Bucarest nel 2010-2014, Curtea de Conturi, Romania, 2014; Audit sul programma di efficienza energetica nell’amministrazione pubblica, Tribunal de Contas, Portogallo, 2013.

237 Relazione speciale n. 21/2012 Efficacia in termini di costi/benefici degli investimenti della politica di coesione nel campo dell’efficienza energetica, Corte, 2012.

238 Per esempio Investimenti nell’efficienza energetica delle strutture pubbliche, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2015; L’audit sul risparmio energetico nell’amministrazione pubblica, Najvyšší Kontrolný úrad, Slovacchia, 2015; Audit sulle prestazioni dei fondi pubblici per la riqualificazione termica degli edifici a Bucarest nel 2010-2014, Curtea de Conturi, Romania, 2014.

239 Audit of funds disbursed to housing support – blocks of flats insulation, Najvyšší Kontrolný úrad, Slovacchia, 2017.

240 Ad esempio, Measures for the implementation of the energy transition by the Federal Ministry of Economic Affairs and Energy, Bundesrechnungshof, Germania, 2016; Efficiency of implementation of measures for the efficient energy use, Računsko sodišče, Slovenia, 2013.

241 E.g. Auditing energy savings in public administration, Najvyšší Kontrolný úrad, Slovacchia, 2015; Energy efficiency investments in public facilities, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2015; Audit on the energy efficiency program in public administration, Tribunal de Contas, Portogallo, 2013.

242 La Corte ha incluso nelle proprie statistiche gli audit sulla sicurezza nucleare, ma non ha integrato nella presente sezione la relativa attività di audit.

243 Relazione speciale n. 22/2016 I programmi UE di assistenza alla disattivazione nucleare in Lituania, Bulgaria e Slovacchia: nonostante i progressi compiuti dal 2011, sfide cruciali si profilano all’orizzonte, Corte, 2016.

244 The cost of nuclear energy: Update 2014, Cour des Comptes, France, 2014.

245 The maintenance of nuclear plants, Cour des Comptes, Francia, 2016.

246 Progress on the Sellafield site: an update, National Audit Office, Regno Unito, 2015.

247 Expenditure of subsidies for electricity-intensive companies to compensate increased electricity prices due to emissions trading, Bundesrechnungshof, Germania, 2016.

248 Emissions trading to limit climate change: Does it work?, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Svezia, 2012.

249 Federal State income from the emission trading system, Bundesrechnungshof, Germania, 2014.

250 The implementation by France of the package Energy-Climate, Cour des Comptes, Francia, 2014.

251 Ad esempio. Climate-related taxes – Who pays?, Riksrevisionen, Svezia, 2012; Compliance of the Greenhouse Gas Emission Allowances Administration with Legal Requirements and Effectiveness of the System in Latvia, Latvijas Republikas Valsts Kontrole, Lettonia, 2012; Audit on CO2 control and reduction mechanisms – National Allocation Plan for Emission Allowances 2008-2012 and Portuguese Carbon Fund, Tribunal de Contas, Portogallo, 2011.

252 Energy efficiency in industry – effects of central government action, Riksrevisionen, Svezia, 2013.

253 Finnish Climate Change Policies – A summary of audits, Valtiontalouden tarkastusvirasto, Finlandia, 2012.

254 Federal State income from the emission trading system, Bundesrechnungshof, Germania, 2014.

255 Climate-related taxes – Who pays?, Riksrevisionen, Svezia, 2012.

256 Expenditure of subsidies for electricity-intensive companies to compensate increased electricity prices due to emissions trading, Bundesrechnungshof, Germania, 2016.

257 Per esempio. Special report regarding the implementation of the Kyoto protocol, Cour des Comptes, Lussemburgo, 2014; Federal State income from the emission trading system, Bundesrechnungshof, Germania, 2014; Audit on CO2 control and reduction mechanisms – National Allocation Plan for Emission Allowances 2008-2012 and Portuguese Carbon Fund, Tribunal de Contas, Portogallo, 2011.

258 Per esempio, Emissions trading to limit climate change: Does it work?, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Svezia, 2012; The VAT fraud on carbon quotas, Cour des Comptes, Francia, 2012; Functioning of the greenhouse gas Emissions Administration System and ETS, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2012.

259 Relazione speciale n. 6/2015 L’integrità e l’attuazione dell’ETS dell’UE, Corte dei conti europea, 2015.

260 Per esempio, un audit della Corte del 2014 ha segnalato l’impiego non ottimale delle risorse nelle infrastrutture aeroportuali finanziate dall’UE, da cui derivano il sovradimensionamento e la sovraccapacità delle infrastrutture (relazione speciale n. 21/2014 Le infrastrutture aeroportuali finanziate dall’UE: un impiego non ottimale delle risorse, Corte dei conti europea, 2014). Nella relazione speciale n. 5/2013 I fondi erogati per le strade nell’ambito della politica di coesione sono ben utilizzati? (Corte dei conti europea, 2013) la Corte ha concluso che i progetti stradali hanno solo in parte ottenuto risultati e raggiunto gli obiettivi perseguiti, e che non sono stati compiuti sforzi sufficienti affinché i progetti presentassero un buon rapporto costi-efficacia.

261 Vehicle Emissions Control Schemes, Ufficcju Nazzjonali tal-Verifika, Malta, 2012.

262 Per esempio. Funds earmarked for the interoperability on the current railways, Nejvyšší kontrolní úřad, Repubblica ceca, 2017; Sustainable Freight Transport – Intermodal Network; Follow-up Audit, Rechnungshof, Austria, 2015; Financial means for the development and modernisation of waterways and ports and the development of the multimodal freight transport, Nejvyšší kontrolní úřad, Repubblica ceca, 2014.

263 Relazione speciale n. 1/2015 Trasporto per vie navigabili interne in Europa: dal 2001 nessun significativo miglioramento nella quota modale e nelle condizioni di navigabilità, Corte dei conti europea, 2015.

264 Relazione speciale n. 8/2016 Il trasporto delle merci su rotaia nell’UE non è ancora sul giusto binario, Corte dei conti europea, 2016.

265 Relazione speciale n. 23/2016 Il trasporto marittimo dell’UE è in cattive acque: molti investimenti risultano inefficaci e insostenibili, Corte dei conti europea, 2016.

266 Per esempio, relazione speciale n. 18/2016 Il sistema dell’UE per la certificazione dei biocarburanti sostenibili, Corte dei conti europea, 2016; Biofuels: improved results, necessary adjustments, Cour des Comptes, Francia, 2016; EU and National objectives for the production and use of biofuels for the period 2008-2012, Сметна палата на Република България, Bulgaria, 2015; Audit on biofuels production and blending, Tribunal de Contas, Portogallo, 2014; The use of biofuels and biocomponents in transport, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2014; Meeting the Slovak objectives and targets defined by the EU in the field of biofuels for transport, Najvyšší Kontrolný úrad, Slovacchia, 2014; Biofuels support policy, Cour des Comptes, Francia, 2012.

267 Relazione speciale n. 18/2016 Il sistema dell’UE per la certificazione dei biocarburanti sostenibili, Corte dei conti europea, 2016.

268 Per esempio, EU and National objectives for the production and use of biofuels for the period 2008-2012, Сметна палата на Република България, Bulgaria, 2015; Audit on biofuels production and blending, Tribunal de Contas, Portogallo, 2014; The use of biofuels and biocomponents in transport, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2014.

269 Traiettoria indicativa citata nella direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che definisce obiettivi nazionali indicativi per ciascun biennio compreso tra il 2011 e il 2018.

270 Biofuels: improved results, necessary adjustments, Cour des Comptes, Francia, 2016.

271 Biofuels support policy, Cour des Comptes, Francia, 2012.

272 Meeting the Slovak objectives and targets defined by the EU in the field of biofuels for transport, Najvyšší Kontrolný úrad, Slovacchia, 2014.

273 Nel 2012 la Corte ha pubblicato un audit sui fondi supplementari assegnati alla PAC nell’ambito della valutazione dello «stato di salute», che dovevano essere parzialmente destinati a priorità dell’UE come i cambiamenti climatici, le energie rinnovabili e gli investimenti da parte delle aziende agricole nell’efficienza energetica (relazione speciale n. 8/2012 Aiuti mirati all’ammodernamento delle aziende agricole, Corte dei conti euroepa, 2012).

274 Special report regarding forest regeneration works to improve the environment quality through the afforestation of damaged lands, ecological restoration and sustainable management of forests, Curtea de Conturi, Romania, 2015; Deforestation and compensation – Implementation of deforestation compensation duty and the functioning of the Forest Compensation Fund, Cour des Comptes, Belgio, 2016.

275 Relazione speciale n. 24/2014 Il sostegno dell’UE alla prevenzione di danni a foreste causati da incendi e calamità naturali e alla ricostituzione del potenziale forestale è gestito bene?, Corte dei conti europea, 2014.

276 Forest Permanent Fund, Fund for the Conservation of Nature and Biodiversity and Baixo Sabor Hydroelectric Fund, Tribunal de Contas, Portogallo, 2017.

277 Implementation of the Programme of Funding of General Forestry Needs, Valstybės kontrolė, Lituania, 2016.

278 The aid to the industry forest-wood, Cour des Comptes, Francia, 2014.

279 Per esempio, Audit on the licensing and operation of solid waste landfills, Tribunal de Contas, Portogallo, 2015; Performance of regional waste management systems, Valstybės kontrolė, Lituania, 2013; Effectiveness and efficiency of funds use in actions of waste management and greening of areas affected by industrial activities for the period 2011- 2013, Curtea de Conturi, Romania, 2013; Coordinated audit on the enforcement of the European Waste Shipment Regulation: relazione congiunta basata su otto audit nazionali di Bulgaria, Grecia, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Ungheria, 2012; relazione speciale n. 20/2012 II finanziamento attraverso misure strutturali di progetti di infrastrutture per la gestione dei rifiuti urbani contribuisce efficacemente al conseguimento, da parte degli Stati membri, degli obiettivi della politica dell’UE in materia di rifiuti?, Corte dei conti europea, 2012.

280 Per esempio, Gestione dei rifiuti domestici nell’Ȋle-de-France: Targets not reached, Cour des Comptes, Francia, 2017; Is the charge for household waste management calculated by SIA «ZAAO» traceable?, Latvijas Republikas Valsts Kontrole, Lettonia, 2017; Activity of the state and local governments in the organisation of treatment of household waste, Riigikontroll, Estonia, 2016; Management of municipal waste, Računsko sodišče, Slovenia, 2015; Municipal Waste Management Compliance with Planned Objectives and Legal Requirements, Latvijas Republikas Valsts Kontrole, Lettonia, 2015; Oversight of three PFI waste projects, National Audit Office, Regno Unito, 2014; Performance of regional waste management systems, Valstybės kontrolė, Lituania, 2013.

281 Relazione speciale n. 34/2016 Lotta allo spreco di alimenti: un’opportunità per l’UE di migliorare, sotto il profilo delle risorse, l’efficienza della filiera alimentare, Corte dei conti europea, 2016.

282 Per esempio. The effectiveness of prevention and overcoming the consequences of floods, Сметна палата на Република България, Bulgaria, 2016; Duties of the managing bodies of the National Flood Protection Program, Bundesrechnungshof, Germania, 2016; Piani strategici nazionali e programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico, Corte dei Conti, Italia, 2015.

283 Per esempio, Efficiency of the use of European funds for flood protection, Računsko sodišče, Slovenia, 2014; Lessons learned from the 2010 floods on the Atlantic coast (Xynthia) and in the Var, Cour des Comptes, Francia, 2012.

284 Per esempio. Development of plans for managing flood risk, Сметна палата на Република България, Bulgaria, 2016; Strategic planning for flood risk management, Office of the Comptroller and Auditor General, Irlanda, 2015; Piani strategici nazionali e programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico, Corte dei Conti, Italia, 2015; Reducing the effects of droughts and floods by enhancing small-scale water retention, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2015; Efficiency of the use of European funds for flood protection, Računsko sodišče, Slovenia, 2014.

285 Per esempio, Performance audit regarding the efficiency and effectiveness of programs and measures taken in order to prevent and remove the effects of floods in Romania during the 2005-2013, Curtea de Conturi, Romania, 2014; Lessons learned from the 2010 floods on the Atlantic coast (Xynthia) and in the Var, Cour des Comptes, Francia, 2012.

286 Per esempio relazione speciale n. 4/2014 L’integrazione nella PAC degli obiettivi della politica UE in materia di acque: un successo parziale, Corte dei conti europea, 2014; Strategic flood risk management, National Audit Office,Regno Unito, 2014; Efficiency of the use of European funds for flood protection, Računsko sodišče, Slovenia, 2014; The functioning of the system of flood protection for the river Serafa, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2013; Execution of the tasks in the Oder river basin water management in the Opolskie region with particular regard to flood protection, Najwyższa Izba Kontroli, polonia, 2012; Water resource management for agriculture (rural development programme 2007-2013), Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2012.

287 Per esempio, audit sull’attuazione della direttiva quadro europea sulle acque: Implementation of the European Framework Directive on Water in the Walloon region – Assessment of the water bodies quality management, Cour des Comptes, Belgio, 2016; Management of Water Resources in Cyprus, Ελεγκτική Υπηρεσία της Δημοκρατίας της Κύπρου, Cipro, 2016.

288 Relative sia all’interno che all’esterno dell’UE. Per esempio nella relazione pubblicata dalla Corte nel 2016 sulla risposta dell’UE alle catastrofi verificatesi al di fuori dell’UE è stata valutata la risposta fornita a tre recenti catastrofi di portata internazionale, tra cui le inondazioni del 2014 nei Balcani occidentali. La Corte ha concluso che l’UE ha agevolato il coordinamento sul campo degli sforzi di risposta degli Stati membri dell’UE – anche mettendo a disposizione esperti e mappe satellitari dell’UE – per migliorare il processo decisionale e favorire il ritiro coordinato e progressivo delle squadre dell’UE (relazione speciale n. 33/2016 Meccanismo unionale di protezione civile: il coordinamento delle risposte alle catastrofi verificatesi al di fuori dell’UE è stato, in genere, efficace, Corte dei conti europea, 2016). Per un esempio di audit sui meccanismi di risposta alle catastrofi all’interno di uno Stato membro, cfr. The prevention fund against major natural risks, Cour des Comptes, Francia, 2016.

289 Adaptation to climate change – are governments prepared?, EUROSAI, 2012. Vi hanno contribuito ISC dell’UE e di paesi terzi: Austria, Bulgaria, Cipro, Corte dei conti europea, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Russia e Ucraina.

290 The implementation by France of the package Energy-Climate, Cour des Comptes, Francia, 2014.

291 Per esempio, Report on public funding provided to energy research, development and demonstration, Rigsrevisionen, Danimarca, 2013; Swedish climate research – what are the Swedish costs and effects?, Riksrevisionen, Svezia, 2012; Support for energy and climate technology, Valtiontalouden tarkastusvirasto, Finlandia, 2011.

292 Carbon Capture and Storage: the second competition for government support, National Audit Office, Regno Unito, 2017; Carbon capture and storage: Lessons from the competition for the first UK demonstration, National Audit Office, Regno Unito, 2012; Alternative methods of coal use to produce gas and liquid fuels, Najwyższa Izba Kontroli, Polonia, 2015.

293 L’unica relazione di audit, individuata dalla Corte, che si occupasse di finanziamenti per il clima nei paesi in via di sviluppo è stata quella pubblicata nel 2013 dalla Corte stessa: relazione speciale n. 17/2013 Finanziamenti UE per il clima nel contesto degli aiuti esterni, Corte dei conti europea, 2013.

294 Relazione speciale n. 31/2016 Spendere almeno un euro su cinque del bilancio UE per l’azione per il clima: i lavori in corso sono ambiziosi, ma rischiano fortemente di non essere sufficienti, Corte dei conti europea, 2016.

295 Climate-related taxes – Who pays?, Riksrevisionen, Svezia, 2012.

296 The efficiency of tax expenditures related to sustainable development, Cour des Comptes, Francia, 2016. La relazione di audit utilizza per la spesa fiscale l’aggettivo «sostenibile» che nell’ambito dell’audit riguarda soprattutto la dimensione ambientale e climatica della sostenibilità.

297 Per esempio, Are Funds Intended for Reducing Climate Changes, Administered by the Ministry of Environmental Protection and Regional Development, Planned and Used in an Effective Manner and in Accordance with Requirements Set Forth in Regulatory Enactments?, Latvijas Republikas Valsts Kontrole, Lettonia, 2017; The implementation by France of the package Energy-Climate, Cour des Comptes, Francia, 2014. Mitigating climate change, Valtiontalouden tarkastusvirasto, Finlandia, 2011.

298 Ad esempio, Energy policy: need for coherence, Algemene Rekenkamer, Paesi Bassi, 2015; The implementation by France of the package Energy-Climate, Cour des Comptes, Francia, 2014; Climate for the money? Audits within the climate area 2009-2013, Riksrevisionen, Svezia, 2013; Finnish Climate Change Policies – A summary of audits, Valtiontalouden tarkastusvirasto, Finlandia, 2012.

299 Relazione speciale n. 16/2015 Migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico mediante lo sviluppo del mercato interno dell’energia: occorre un impegno maggiore, Corte dei conti europea, 2015.

300 Climate-related taxes – Who pays?, Riksrevisionen, Svezia, 2012.

301 State’s efforts of reducing greenhouse gas emissions, Riigikontroll, Estonia, 2009.

302 Findings on the management and trading of greenhouse gas emissions certificates, Curtea de Conturi, Romania, 2011.

303 Trading System of Greenhouse Gas Emissions Allowances, Valstybės kontrolė, Lituania, 2012.

304 Audit on CO2 control and reduction mechanisms, Tribunal de Contas, Portogallo, 2011.

305 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (cfr. paragrafo 12).

306 Cfr. anche OCSE, The Economic Consequences of Climate Change (Le conseguenze economiche dei cambiamenti climatici), OECD Publishing, Parigi, 2015.

307 Fonte: Eurostat.

308 Direzioni generali Affari economici e finanziari, Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI, Concorrenza, Occupazione, affari sociali e inclusione, Agricoltura e sviluppo rurale, Energia, Mobilità e trasporti, Azione per il clima, Ambiente, Ricerca e innovazione, Affari marittimi e pesca, Stabilità finanziaria, servizi finanziari e Unione dei mercati dei capitali, Politica regionale e urbana, Migrazione e affari interni, Giustizia e consumatori, Politica europea di vicinato e negoziati di allargamento, Cooperazione internazionale e sviluppo, Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee, Eurostat e Segretariato generale.

309 La Corte non ha esaminato le relazioni di audit concernenti:

  • i rendiconti finanziari (audit finanziari);
  • imprese energetiche;
  • progetti infrastrutturali locali non riguardanti il clima, per esempio costruzione di strade;
  • sicurezza o manutenzione in campo stradale/ferroviario/aereo;
  • raccolta di pedaggi;
  • rifiuti sanitari;
  • qualità o inquinamento delle acque;
  • calamità naturali senza collegamenti con i cambiamenti climatici;
  • agricoltura senza collegamenti con l’energia o i cambiamenti climatici;
  • biodiversità senza collegamenti con i cambiamenti climatici (per esempio prestazioni dei parchi nazionali);
  • competenze amministrative delle organizzazioni nazionali o regionali, processi amministrativi (autorizzazioni, concessioni ecc.) o rispetto dei contratti;
  • altri temi solo limitatamente collegati all’energia e ai cambiamenti climatici.

310 228 relazioni delle ISC nazionali e 41 relazioni della Corte dei conti europea.

Equipe di audit della Corte dei conti europea

La presente analisi panoramica prende in considerazione ampie tematiche, sulla scorta delle ricerche condotte e delle conoscenze ed esperienze acquisite dalla Corte, nonché delle relazioni speciali pubblicate dalla Corte e da altre istituzioni superiori di controllo dell’UE a partire dal 2012. Lo scopo è di creare una base di consultazione e dialogo con le parti interessate della Corte e un punto di partenza per futuri lavori di audit della Corte.

L’analisi panoramica è stata adottata dalla Sezione di audit I, specializzata nell’uso sostenibile delle risorse naturali. I lavori sono stati diretti da Phil Wynn Owen, Membro della Corte e Decano della Sezione I, coadiuvato da Olivier Prigent, capo incarico, e da Bertrand Tanguy, vice capo incarico.


Da sinistra a destra: Tomasz Plebanowicz, Vivi Niemenmaa, Gareth Roberts, Katharina Bryan, Marco Bridgford, Olivier Prigent, Mushfiqur Chowdhury, Emese Fesus, Joao Nuno Coelho Dos Santos, Bertrand Tanguy, Phil Wynn Owen, Armando Do Jogo.

Hanno partecipato allo svolgimento dell’incarico Robert Markus, Paul Toulet-Morlanne, Balazs Kaszap, Ingrid Ciabatti, Tomasz Kapera e Ide Ni Riagain. Alla stesura dell’analisi panoramica ha collaborato Richard Moore.

Per contattare la Corte

CORTE DEI CONTI EUROPEA
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1615 Luxembourg
LUXEMBOURG

Tel. +352 4398-1
Modulo di contatto: eca.europa.eu/it/Pages/ContactForm.aspx
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